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Autore: Ily18    08/07/2009    1 recensioni
Michael e Sara si ritrovano a vivere nello stesso quartiere e non solo, Michael scopre che Sara è la sua nuova vicina di casa di cui tanto aveva sentito parlare in giro.
Come andrà a finire?
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Michael Scofield, Sara Tancredi | Coppie: Michael/Sara
Note: Alternate Universe (AU), What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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A/N: Vi lascio subito alla lettura! Buon divertimento! (si spera! XD)



Era passata ormai una settimana circa da quando Sara aveva detto a Michael di partire da solo a New York e aveva poi deciso di scappare in lacrime lasciandolo solo nel parco.
Per quanto non pensasse affatto di aver fatto la cosa giusta, Sara cercava ogni giorno di convincersi che non c’era altra via d’uscita a quel problema.
Michael l’aveva quasi portata davanti ad un bivio –cosa che la vocina smentiva prontamente, ma che Sara continuava ad ignorare imperterrita. Lei era la vittima, fine della discussione.

“Ma se sono la vittima, com’è che mi sento da schifo?” Pensò a voce alta, osservando il suo riflesso allo specchio.

Si mise delle ciocche di capelli dietro le orecchie e sbuffando, studiò il riflesso di fronte a lei.
Le tante notte insonni passate a piangere per lui, stavano avendo un effetto devastante sul suo viso che di solito era sempre rilassato, luminoso e sorridente. Le borse che aveva sotto gli occhi erano un chiaro segnale che qualcosa non andava bene.
Ogni notte diventava sempre peggio e quando sembrava che finalmente le crisi di pianto stavano per calmarsi, c’era sempre quel maledetto peluche che le ricordava lui, del loro primo appuntamento al Luna Park.
Si portò le mani sugli occhi per impedire a nuove lacrime di solcare le sue guance.
Per un piccolo, minuscolo secondo fu addirittura capace di sorridere alla sua figura riflessa.
Non aveva mai pensato che un essere umano fosse capace di piangere così tanto!

‘Non è certo una cosa che ti insegnano al corso di Medicina!’ Ironizzò la vocina.
Dopotutto aveva ragione, in fondo aveva pianto anche troppo in quei lunghi, lunghissimi sette giorni senza di lui.
Uno come Michael non si meritava certo tutte quelle lacrime, no?
Dopotutto, il mondo era pieno di ragazzi come lui, perfino meglio, vero?
Michael Scofield non era certo uno su un milione, avrebbe presto trovato qualcuno che l’avrebbe nuovamente fatta sentire speciale, come faceva lui, anche di più, giusto?

‘Uff, ma chi vuoi prendere in giro?’ Disse la vocina nella sua testa. Al sentire quelle parole, Sara sbuffò nuovamente, guardando torvo la sé stessa riflessa allo specchio, prima di poggiare la testa sul muro dietro di lei e portarsi le mani sugli occhi appena chiusi.

Per quanto Sara cercasse di non stare a sentire la vocina nella sua testa, sapeva anche che la vocina aveva dannatamente ragione. Chi voleva prendere in giro? Sé stessa? Beh, se era questo che stava cercando di fare, aveva appena capito che aveva fallito in pieno!
Quello che provava per Michael era palese perfino per una stupida vocina che vagava nella sua testa, come poteva non esserlo per lei?
Più cercava di negarlo, più sapeva che Michael le mancava da morire. Il suo profumo, il suo sorriso, le sue mani, i suoi occhi, il modo in cui la guardava, quando la chiamava Tancredi…

Scosse la testa e tornò a guardare la sua figura riflessa. Avrebbe fatto di tutto per riaverlo, perfino mollare tutto e partire a New York con lui.

‘Se solo non fossi così testarda…’ Disse la vocina sconsolata.

Sara scosse la testa, la vocina aveva nuovamente ragione. Ma se non fosse stata così testarda, probabilmente non sarebbe arrivata dov’era ora. Probabilmente sarebbe stata schiacciata dal peso di essere la figlia del Governatore e tutt’ora starebbe vivendo all’ombra di suo padre, sotto la sua ala protettrice.

‘O…’ Disse la vocina. ‘Lavoreresti in uno squallido ospedale, vivendo una vita triste e solitaria, perdendo l’occasione di vivere una perfetta storia d’amore con l’uomo perfetto che rinuncerebbe ad una grande occasione di lavoro che aspetta da una vita, solo per poter stare con te… Oh già, questa è la vita che stai vivendo ora!!’ Ancora una volta la vocina aveva fatto centro. Aveva usato il metodo dell’andarci giù pesante, ma almeno aveva tutto un senso.

Poggiò le spalle al muro più vicino a si rannicchiò a terra.
Ancora una volta lei sembrava la cattiva della situazione. Era lei che aveva rinunciato a lui, all’uomo che amava, solo per permettergli di afferrare al volo l’occasione della vita -quella che aspettava da sempre e che meritava. E mentre lui sarebbe stato felice a New York, lei avrebbe passato il resto della vita a Chicago a chiedersi come sarebbe stato se…
Interruppe il treno di pensieri perché una domanda le vagava per la testa: com’è che tutto questo la rendeva cattiva? Com’è che sacrificarsi per lui, la rendeva la colpevole di tutto? Lei era quella che sarebbe stata triste e sola, non lui!

‘Sara, sai benissimo perché…’ la riprese la vocina. ‘Hai paura del cambiamento che lui potrebbe portare nella tua vita. Hai terrore di quello che sarà o potrebbe essere.’ La vocina questa volta non era acida, ma tranquilla e quasi compassionevole. ‘Ma soprattutto hai una paura folle che quello che tu speri accada, in realtà non succeda mai.’ Continuò la vocina. ‘Hai paura che Michael faccia come tutti quelli che ci son stati prima di lui, che ti lasci indietro.’ Sara sussultò al ricordo di quanto avesse sofferto per colpa di tutti gli uomini che avevano fatto parte della sua vita, incluso suo padre. ‘E nonostante questa paura ti divori da anni, sai anche che Michael non è come gli altri, l’hai sempre saputo. La prima cosa che ti ha colpito di lui è stata proprio questa!’ Continuò la vocina dandole forza. ‘Beh, questa e anche quei suoi occhi e quelle mani…’ Sara sorrise, la vocina stava iniziando ad addentrarsi in tutt’altro discorso, per cui la tagliò fuori dai suoi pensieri, riconoscente per averla fatta riflettere un po’.

Sara si alzò da terra e questa volta notò che l’espressione della sua immagine riflessa allo specchio era un po’ più distesa di quanto non fosse qualche minuto prima.
Sorrise debolmente alla sua figura, dopodiché uscì dal bagno e si diresse in cucina per prepararsi un caffè.

‘E poi, sul serio Sara, pensi che per te sarebbe così facile dimenticarlo dopo tutto quello che si è inventato dopo che tu hai iniziato ad evitarlo?’ La vocina riprese a parlare senza preavviso proprio mentre lei riempiva la caffettiera con del profumato caffè, che per poco non le scivolò dalle mani. ‘Devi ammettere che il ragazzo è ostinato! Direi testardo quasi quanto te!’ Concluse, lasciando Sara libera di riflettere su quelle parole e di fare quello che era giusto.

Sara ricordava eccome quello che Michael si era inventato per lei in quei giorni in cui lei l’aveva deliberatamente ignorato. Il suo sguardo andò immediatamente a posarsi sul cestino in vimini che teneva sul tavolino di fronte al divano.
Da quando aveva smesso di rispondere ai suoi messaggi, alle sue chiamate e aveva chiaramente deciso di ignorarlo quando bussava alla sua porta, Michael aveva trovato un modo originale e tutto suo per cercare di farle capire che tutto quello che voleva, era lei; che tutto quello di cui aveva veramente bisogno, era averla vicino, farle sapere che le cose tra loro potevano ancora essere aggiustate. Farle capire che c’era una soluzione al loro problema e che lui aveva quella soluzione che avrebbe rimesso le cose apposto.

Velocemente si spostò dalla cucina al salotto e si sedette sul divano, portandosi in grembo quel piccolo cestino in vimini.
Lo fissò per qualche secondo, prima di rovesciarne il contenuto su di lei.
Una pioggia leggera di origami di varie forme e colori le piovve addosso.

Come ogni volta che iniziava quel rituale con i suoi origami, subito le tornò alla memoria la loro prima colazione insieme. Fu lì che seppe che Michael aveva una passione per gli origami e per i suoi vari significati. Fu lì che lui le regalò il suo primo origami, un fiore.
Buttò la testa all’indietro e chiuse gli occhi per impedire che si riempissero nuovamente di lacrime, dopodiché, quando il pericolo fu scongiurato, prese un respiro profondo e tornò ad osservare i tanti origami che stavano sul suo grembo.

Sorrise, dopodiché lentamente, li prese uno ad uno e li rimise nel piccolo cestino di fianco a lei, attenta a lasciare quelli piegati a forma di un cigno fuori dal cestino.
Una volta finito, poggiò il cestino nuovamente sul tavolo e iniziò a raggruppare tutti i cigni sul suo grembo.
Prese in mano il primo e aprì leggermente un’ala, attenta a non rovinarlo. Non se lo sarebbe mai perdonata.
Trovò il messaggio che Michael le aveva lasciato e che ormai lei sapeva a memoria. “Non puoi lasciarmi così, Tancredi.” Lo rilesse a voce alta, ma sentire il suo cognome pronunciato da una bocca e da una voce diversa da quelle di Michael, le portavano solo tanta tristezza. Adorava quando la chiamava così. Prima di lui, nessuno l’aveva mai chiamata in quel modo, forse perché la sua reazione al solo sentire pronunciare quelle 3 sillabe, non era delle migliori. Ma lui… lui riusciva a rendere musicale e piacevole perfino quelle 3 sillabe che per Sara avevano sempre e solo significato tristezza e una croce da portarsi dietro.
Sarà stata colpa del modo in cui lo diceva, della dolcezza che ci metteva, del modo in cui la guardava…

Chiuse gli occhi e prese nuovamente un respiro profondo, dopodiché richiuse l’ala del cigno e lo rimise nel cestino con tutti gli altri origami, prima di prenderne un altro.
Aprì dolcemente un’ala e lesse a voce alta il messaggio. “Non puoi farmi andare a NY prima di aver avuto quella serata pizza e film che ti avevo promesso.”
Questa volta non poté evitare di sorridere nel ricordare quella notte. La notte del loro primo appuntamento. Il Luna Park, le giostre, lo zucchero filato, il pupazzo che aveva vinto per lei e che l’aveva quasi costretta a chiamare Michael Scofield II, l’imbarazzo del saluto finale, indecisa se abbracciarlo o meno.

Ancora una volta sentì gli occhi riempirsi di lacrime che minacciavano di caderle sul viso da un momento all’altro. Chiuse gli occhi sperando che ancora una volta questo gesto la aiutasse a frenarle.
Cercò di non pensarci e ripose anche questo origami tra tutti gli altri nel cestino.
Ne rimaneva solo uno da leggere, ma ormai non aveva nemmeno più bisogno di aprirlo per ricordarne il messaggio. “So che c’è un modo per mettere le cose apposto tra noi.” Disse fissando il cigno che teneva in mano, per quella che le sembrò un’eternità.

L’improvviso squillo del suo cellulare la riportò alla realtà. Ripose anche l’ultimo cigno insieme a tutti gli altri e si precipitò a prendere il suo cellulare che stava ancora nella borsetta dalla notte prima. C’era solo una persona che l’avrebbe chiamata a quell’ora del mattino, per cui non si preoccupò nemmeno di guardare il nome nel display e rispose senza pensarci. “Hey Katy!” Disse con voce squillante, sicura al 100% che dall’altra parte del telefono ci fosse l’amica.

“Hey Sara!” Rispose altrettanto squillante Katy. “Rileggevi gli origami che ti ha mandato, eh?” Chiese con tatto, teneramente, notando che la voce dell’amica era leggermente roca a causa delle recenti lacrime.

“Beccata!” Rispose Sara ridendo. “Mi ritengo colpevole!” Continuò, asciugandosi una lacrima che aveva iniziato a rigarle la guancia.

“Hey, che ne dici se passo da te ora?” Propose Katy, sperando di tirarla un po’ su di morale.

“Sicura di voler rischiare tanto?” Le chiese, cercando di restare seria. “Lo sai vero, che potresti andare incontro ad una ragazza terribilmente lagnosa?” La avvertì ridendo.

“Mai più lagnosa di mia madre che mi vuole costringere a passare al setaccio ogni singolo negozio di Chicago che venda tendine da cucina!” Disse seria, facendo ridere Sara di cuore. “In più prometto di portare con me quelle patatine che adori tanto sgranocchiare. Che ne pensi?”

“Penso che ora sì che si ragiona!” Rispose divertita. “Sai benissimo che senza quelle patatine, non potresti mai mettere piede in casa mia!” Aggiunse cercando invano di suonare seria.

“Ovviamente!” Rispose altrettanto seria Katy.

“Allora aspetto te e le patatine tra pochissimo!” Disse cambiando tono e suonando assolutamente impaziente di rivedere la sua amica e farsi stringere forte da lei. Dopo aver riletto gli origami di Michael, aveva disperatamente bisogno di un abbraccio.

Chiuse la telefonata e poggiò il cellulare sul mobile di fronte a lei.
La casa aveva bisogno di una ripulita e, stranamente, la cosa rallegrava Sara. Se era occupata con le faccende di casa, avrebbe avuto meno tempo per pensare a lui. E poi, onestamente… la casa aveva decisamente bisogno di una ripulita, dopotutto stava aspettando ospiti di lì a poco.



A/N:  Prometto che questa volta non parlerò a vanvera.
Volevo solo ringraziare di cuore chi, nonostante questa storia sembri infinita e io non aggiorni spessissimo (purtroppo la colpa è della fantasia, non mia), sia ancora qui a leggere questa storia. Grazie, grazie e ancora GRAZIE!!!
Ovviamente, grazie anche a chi ha commentato finora e a chi lo farà in futuro! :) *ily fa capire che ha bisogno di un po' di incoraggiamento* XD XD

ps: tra l'altro (in teoria) ancora 4-5 capitoli e avremo finalmente il capitolo finale! :)

Al prossimo aggiornamento! :)
   
 
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