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Autore: Federica20000824    02/08/2018    0 recensioni
Secondo classificato al premio nazionale di scrittura "Che Storia!"
Germania, anni '90 dell'Ottocento. Fritz Haber e Clara Immerwahr studiano chimica. Sono giovani, hanno grandi ideali, grandi quasi quanto le loro ambizioni. Ma mentre la loro Patria si avvia alla Grande Guerra, le loro vite si trovano a doversi misurare con un conflitto molto peggiore di quello bellico, irrisolvibile, nel quale nessuno detiene la Verità, tantomeno la Giustizia.
" È notevole la capacità di sintetizzare in poche pagine alcune rilevanti problematiche del Novecento, dal rapporto fra scienza e potere alla responsabilità dell'intellettuale nei confronti della società, dall'uso indiscriminato delle scoperte scientifiche non a scopo salvifico ma come armi di distruzione di massa al tema delle donne scienziato, che nel primo Novecento cominciano con fatica a conquistare posizioni nel mondo della ricerca e ad assumere il giusto ruolo che loro compete. Le "anime di gas" - ed è questo uno dei significati principali che il racconto vuole tramandare - non appartengono soltanto alla storia più drammatica dei due terribili conflitti mondiali che hanno insanguinato il Novecento, ma sono parte della nostra storia attuale, della nostra cronaca quotidiana, in cui spesso il sogno di Prometei impazziti scavalca irragionevolmente i confini dell'ovvio e del reale".
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
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-Clara, stai bene?- Il bambino.
-È troppo presto. Rosa ti prego, è troppo presto.- Mia sorella corre giù per le scale, la sento urlare alla cameriera di chiamare la levatrice. Ma è troppo presto.
Dio, fa che stia bene.
Il dolore lacerante accompagna i miei pensieri. 
Non apprezzo la mia vita di moglie. 
Non è così che la immaginavo.
Ridotta a ricevere donne inette per parlare di gonne e tende.
Anche se esclusa, preferivo essere un’interlocutrice alle tesi. Una ricercatrice. Preferivo frequentare le letture di saggi all’Università. Preferivo essere l’assistente di un professore. Preferivo essere la Signorina Immerwahr. 
Non credevo che una cosa escludesse l’altra. Pensavo di poter continuare i miei lavori. Signora Haber non significava “nullafacente” nella mia testa.
Con un urlo più forte degli altri, il bambino viene alla luce.
-È un maschio!- Sarà felice tuo padre. 
Scoppia a piangere. 
Sospiro. 
Grazie, Signore. 
-Si chiama Hermann.- Lo appoggiano sulla mia spalla, fra i cuscini.
Si calma immediatamente. Profuma di me.
Dormi, stanca mente.
Dormite, manti dell’anima.
Dormite, mani rapaci.
Dormi, Hermann.
Sono passati tre anni da quel giorno.
-Mamma, mamma- Hermann, vai fuori.
Lasciami scrivere. Mi guarda, con quei grandi occhi castani, con le manine e le braccia tese verso di me. 
-Hermann, lascia stare la mamma, vieni qui.- La governante lo prende in braccio. Escono dalla porta. Sono così stanca, così frustrata. Continuo le mie annotazioni. Fritz chiude il portone principale. Non saluta nessuno.
Ma ti amo. Mentre dormi.
Quando i tuoi occhi sono persi nelle proiezioni oniriche della tua coscienza.
Quando la tua razionalità ti lascia.
Allora ti amo.
Ma ti devo amare anche mentre mangi, mentre leggi, mentre cammini.
Ti devo amare mentre spari. Ti devo amare mentre urli e mentre progetti la tua brama di gloria in laboratorio.
Perché sono tua moglie, e ho giurato a Dio che lo avrei fatto per ogni giorno della mia vita.
Finché la morte non ci separerà.
-Mamma. - Rileggo la mia trattazione. Maledetto. Maledetto sia tu fra gli uomini, Fritz.
Ringraziamenti alla mia amata moglie, per la silenziosa collaborazione, 1905.
Tutte coloro a cui la leggo, credono sia opera sua.
Tutti coloro a cui la leggo, che abbia condotto lui la ricerca. Lui, che è il più misero degli uomini.
Lui che deve smettere di vedere tutto come una bomba.
Un orologio.
Una macchina.
Deve smettere di vedere il mondo e l’eternità come un meccanismo di domino infinito.
Amore un effetto? Una causa?
Non l’espressione naturale della mia anima?
Non mi sono innamorata della tua anima? Non amo la tua anima?
Ma tu non ne hai una, e me ne sono resa conto troppo tardi.
-Mamma.- Sei solo troppo perso nell’ansia di essere il primo. Di essere il migliore. Di negare te stesso per la Germania.
-Mamma.- Hermann. Se non avessi avuto te, sarei potuta scappare. Avrei potuto lasciarlo qui. Avrei potuto essere felice di nuovo.


 
  
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