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Autore: orchidee    02/08/2018    3 recensioni
Dopo una serata a chiacchierare con le mie amiche dei nostri primi amori, sono tornata a casa ed ero così felice, da buttare sulla carta qualche pensiero. Il giorno dopo ho ripreso quei pensieri e ho provato a dar loro una forma... Ho rubato i figli dei protagonisti delle mie precedenti storie e li ho resi i miei nuovi personaggi. Non ho idea di come si evolverà questa Fanfiction. Per ora ho scritto con entusiasmo il primo capitolo e spero di riuscire ad esprimere i sentimenti provati quella sera. Spero di riuscire a dare alla ma protagonista il carattere che ho immaginato per lei. Vorrei fosse una donna solo all'apparenza fragile e insicura. Che con il passare dei capitoli, acquisti sempre di più l'aspetto della donna forte e consapevole.
È una storia che si discosterà completamente dalla serie. Ho solo usato i nomi, i luoghi per dare una scenografia alla mia protagonista.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2

La rivista che la donna seduta accanto a lui stava sfogliando, era una di quelle che pubblicava solo pettegolezzi, che divulgava piccoli vizi o falsi segreti dei personaggi famosi. C'era finito molte volte su quelle pagine. Foto rubate da metri di distanza, mentre cenava con un'amica, o mentre in compagnia di un'amante passava una vacanza sulla sua barca. Non aveva mai capito cosa avesse fatto per essere considerato famoso e per essere finito tanto spesso sulla bocca di tutti. 
Aveva quasi 35 anni e nella vita aveva sempre fatto quello che gli piaceva. E aveva avuto successo nel suo lavoro. Aveva studiato e lavorato tanto per riuscire ad ottenere quei risultati. L'università, il master negli Stati Uniti, eppure sui giornali parlavano di lui solo per le sue avventure sentimentali. Lo dipingevano come il figlio di due tra i più importanti imprenditori del suo paese, ricco, viziato, che si godeva i soldi che non si era guadagnato. E a lui proprio non piaceva essere riconosciuto come il rampollo di una ricca famiglia o come un playboy.
Proprio non lo sopportava. Lui, aveva prima brevettato e poi venduto, un complesso ingranaggio che permetteva ai motori dei motoscafi da competizione di incrementare la velocità e migliorare le prestazioni. Avrebbe potuto vivere di rendita solo con quella vendita, ma aveva continuato a lavorare su quei motori che tanto lo interessavano ed era riuscito a migliorare altri elementi e il suo lavoro era apprezzato e ben remunerato. 
Sapeva bene di essere fortunato. Era cresciuto in una famiglia meravigliosa, che lo aveva amato e protetto. Da piccolo i suoi nonni gli avevano regalato un pony a cui si era affezionato e aveva trasformato un gioco in un vero e proprio sport che aveva praticato per anni. Prima piccole gare con i suoi compagni, poi competizioni sempre più importanti fino ad arrivare a veri e propri tornei nazionali ed internazionali. Gli piaceva correre con il suo cavallo, saltare gli ostacoli che gli si paravano davanti, ed era bravo. Aveva anche rappresentato il suo paese in numerosi tornei e aveva vinto un discreto numero di medaglie. Ma quello che davvero gli piaceva era la meccanica e aveva deciso di studiarla per capirla, per farne il suo lavoro. Si era laureato col massimo dei voti in ingegneria e poi aveva conseguito un master in una prestigiosa università negli Stati Uniti. Quasi per gioco aveva cominciato a sistemare e migliorare i motori delle auto degli amici e poi, non ricordava nemmeno come, era passato a quelli dei motoscafi. 
Sì, forse in quel mondo ci era finito per gioco, ma poi aveva fatto strada con le sue gambe, con le sue capacità. Era riuscito ad entrare in una piccola squadra che partecipava a competizioni minori, lui stesso pilotava il motoscafo, ma non si limitava a quello, insieme ai meccanici, apportava piccole o grandi modifiche al motore e insieme ai tecnici studiava l'aerodinamica per adeguarla alle modifiche effettuate per migliorare le prestazioni del mezzo. Non era passato molto tempo e un grande ed importante team gli aveva offerto un lavoro come pilota. Ed era stato proprio lì che era riuscito a realizzare un elemento tanto innovativo. 
Era un ingegnere quotato, rispettato e soprattutto molto ben pagato. Aveva avuto offerte da scuderia di automobili, aveva collaborato a progetti internazionali e nel suo campo era un vero e proprio punto di riferimento. Era bravo! Molto bravo e sapeva perfettamente di esserlo. Non era presunzione, era consapevolezza. E si divertiva. Si divertiva a lavorare  sui motoscafi e aveva continuato a partecipare alle regate con gli offshore mietendo vittorie, per qualche anno. 
Ecco, nonostante avesse un cervello decisamente funzionante e brillante, per tutti, lui era il ricco ragazzo viziato che per divertimento pilotava delle piccole e veloci imbarcazioni. Molte delle donne che aveva conosciuto erano interessate a quello. Così si era ritirato anche da quel tipo di attività, e si era dedicato solo alla parte meno esposta del mondo della motonautica. 
Distolse i suoi pensieri, attratto da una foto sulla copertina di un altro giornale. Un giornale di moda, una di quelle riviste patinate in cui la perfezione estetica, era esaltata come un dovere per ogni donna.
Era sempre stata tanto bella? Ricordava quando sua madre l'aveva portato all'ospedale per conoscere la sorellina del suo amichetto. Era piccola, piccola, fastidiosa e rumorosa. Proprio come sua sorella che sarebbe nata dopo pochi mesi. Aveva sperato che la sua mamma e il suo papà gli regalassero un maschietto, ma andava bene lo stesso, tanto era eccitato e felice di diventare un fratello maggiore come sua cugina e Giulio. Erano cresciuti insieme. Loro quattro e i suoi cugini, poi si erano aggiunti gli ultimi arrivati. Lei era carina, ma non andavano d'accordo. Lui, Giulio e Lorenzo, erano maschi e non si divertivano con le femmine. Così facevano sempre i dispetti alle sorelline. Le piccole disegnavano? Loro rubavano i colori. Giocavano con le bambole? Loro le scarabocchiavano con i pennarelli. Sua madre e sua zia, quella che lui considerava una zia, li sgridavano ma, una volta chiesto scusa, tornavano a burlarsi delle sorelline minori. Ma mentre sua sorella teneva loro testa, con un carattere davvero inaspettato per una bambina piccola, lei si limitava a sorridergli. Sorridere a lui, non a Giulio. 
Poi lui si era un po' allenato da quei giochi, era più grande ed era scoppiata la sua passione per i cavalli e per il salto ad ostacoli. Aveva cominciato ad annoiarsi con loro e per qualche anno, pur volendo bene ai suoi primi compagni di giochi, li aveva quasi abbandonati per coltivare nuove amicizie e nuovi interessi, come era normale fosse. Poi la scuole e l'università lo avevano portano sempre più lontano da loro. 
Non sapeva se lei era sempre stata tanto bella. Non lo ricordava. Sicuramente era sempre stata capricciosa, viziata, proprio come sua sorella. A volte non le sopportava quando con i loro schiamazzi lo distoglievamo dallo studio. Quando era costretto a chiudersi a chiave nella sua camera per non essere disturbato. Quella ragazzina poi si era presa una cotta per lui. Peccato fosse una bambina e che lui fosse un ragazzo di successo, innamorato perso di ogni fidanzatina, come era normale fosse. Lei era una bambina. La stessa che sorrideva quando lui le rovinava una bambola, che lo cercava per giocare e che gli aveva affibbiato quel nomignolo, Chicco, semplicemente perché era più facile da pronunciare per una bimba. Non la vedeva nemmeno.
Ma sapeva bene quando per la prima volta l'aveva vista donna, quando si era accorto di quanto quella che era quasi una sorella, si era trasformata ai suoi occhi. 
Camilla gli aveva detto che non voleva più studiare, che aveva deciso di fare la modella e che se non le avessero permesso di farlo, sarebbe scappata di casa. Ma lui non ci aveva fatto caso. Era in una grande città degli Stati Uniti, si divertiva, era giovane e la sua famiglia era l'ultimo dei pensieri. Perché lei era questo per lui, famiglia! Come sua sorella e suo fratello, come i suoi cugini, come il suo amichetto e il fratello del suo amichetto. Era la figlia di quelli che per lui erano degli zii. Ma era speciale e diversa da tutti gli altri. Per lui, lei, era sempre stata la persona che sentiva più vicino.  Forse era stato quello strano affetto che li univa a spingerlo a darle un bacio l’anno precedente. Un bacio senza importanza, che, non aveva dimenticato in fretta. E quando era tornato a casa, per una vacanza, non credeva che tutto sarebbe cambiato.
Aveva fatto una sorpresa a suo padre, l'aveva raggiunto in ufficio. Ma lui stava assistendo ad una delle presentazioni dei modelli che l'azienda avrebbe lanciato da lì a qualche giorno. Lei indossava... Cosa indossava? Non lo sapeva perché era stato folgorato dai suoi occhi. Dai suoi capelli, dal suo viso dolce e sensuale, dal suo corpo perfetto. Non l'aveva quasi riconosciuta, eppure lei assomigliava a sua madre, e… ed era sempre lei, la sua farfallina. Lei invece lo aveva visto subito e, scesa dalla passerella, gli era corsa incontro abbracciandolo. Un attimo, solo un attimo. Un attimo in cui tutto era cambiato. Quell'abbraccio… fu quello il momento in cui capì che per lui nulla sarebbe stato più lo stesso.
La donna che lo aveva abbracciato non era più la bambina noiosa, la ragazzina che distoglieva lo sguardo quando lui la guardava. Era cresciuta, era diventata grande. Bellissima, con quel suo viso sorridente, i suoi occhi neri e i capelli lunghi e lisci. Lo aveva abbracciato felice di rivederlo. Poi gli aveva stampato un bacio sulla guancia. 
Aveva quasi odiato suo padre per aver interrotto quel momento. Poi li aveva raggiunti anche sua madre e da quel momento, si erano scambiati solo qualche parola. Aveva sperato di poter stare solo con lei almeno per un altro momento, ma erano passati dei giorni prima che potesse succedere. Era stato coinvolto dalla sua famiglia, dai suoi genitori e dai fratelli in pranzi e cene con chiunque. Poi con gli amici di sempre, aveva partecipato a serate divertenti e spensierate. Ma lei non era mai presente. Troppo presa dal suo lavoro di modella, dalla preparazione della sfilata, dalle foto, dalla prova degli abiti e delle coreografie. Non aveva mai amato il mondo della moda. Mai. Fin da ragazzino preferiva defilarsi, nascondersi, piuttosto che partecipare agli eventi organizzati dall'azienda della sua famiglia. Raramente aveva assistito alle sfilate, solo quando a chiederglielo era l'amico di sua madre, lo stilista. Ma sapeva che avrebbe sicuramente visto quella sfilata. 
Lei avrebbe indossato quegli inutili abiti e non l'avrebbe persa per nulla al mondo. Era la prima volta che aspettava con ansia un evento simile.

“Mi scusi se la disturbo... Non voglio essere inopportuna, ma mio figlio sembra impazzito da quando l'ha vista! Lei è Riccardo Mendoza? Il pilota di offshore?”
“Beh, sono io, ma ora non sono più un pilota...”
“Mio figlio vorrebbe un autografo... È troppo chiederglielo?”
“No, ma dica a suo figlio di venire a chiedermelo direttamente!” 
Il suo sorriso sincero e bellissimo fece arrossire la donna che corse a chiamare un ragazzetto intorno ai 15 anni.
“Hai un foglio?”
“... Non... No... Non ce l'ho...”
“Mmm come si fa?”
“... Ecco io... Io ho il mio diario di scuola...”
“Perfetto! Allora se vuoi posso firmartelo... Come ti chiami?”
Prese in mano il diario che il ragazzo gli porgeva. Tra le foto dei compagni e di qualche ragazzina notò che ce n'erano molte anche di lui e del suo motoscafo, di alcuni suoi podi. 
“Mi chiamo Manuel”
Riccardo lo guardò e gli sorrise. Si stupiva sempre quando qualcuno lo riconosceva e gli chiedeva una foto o un autografo. 
“Vuoi anche scattare una foto con me?”
Il ragazzino sembrava felice ed eccitato a quella richiesta. Si avvicinò e chiese alla madre di scattare una foto con il suo cellulare. Poi la voce dell'altoparlante comunicò a tutti i passeggeri di riprendere il proprio posto perché il pilota stava iniziando le procedure di atterraggio.
Riccardo salutò il ragazzo e si rimise seduto e il suo sguardo corse alle riviste della donna seduta accanto a lei che però le aveva evidentemente riposte nel proprio bagaglio. Non era poi così importante. Presto l'avrebbe rivista.
I suoi pensieri tornarono a quei giorni e soprattutto alla sera di quella sfilata. 

I suoi genitori non avevano dovuto insistere molto per convincerlo a presenziare a quell'evento. Si era presentato solo, vestito in modo sportivo, non certamente adeguato all'eleganza richiesta in certe serate, ma lui era il figlio del presidente e nessuno gli avrebbe impedito di entrare. Era in ritardo perché voleva che nessuno pensasse che fosse interessato. Ma fremeva per vederla. E quando lei era apparsa su quella passerella, le era sembrata ancora più bella. Aveva aspettato che la sfilata finisse, e sempre cercando di apparire quasi annoiato, si era unito ai genitori e alla sorella che erano in compagnia dei genitori e del fratello di lei.
Lei tardava, forse troppo impegnata con lo stilista, Ugo, che da una vita lavorava per quell'azienda. Ma poi anche lui li aveva raggiunti. I giornalisti, i clienti e tutti coloro che in un modo o nell'altro facevano parte di quel mondo lo circondavano e gli facevano domande sui suoi studi, sulle ragioni che lo avevano spinto a smettere di cavalcare, sui suoi progetti o semplicemente se si trovasse lì per prendere il posto che tutti si aspettavano avrebbe ricoperto. Ma lei dove diavolo era? Ricordava la delusione, la frustrazione di vederla arrivare con quel modello. Un ragazzo alto, ben vestito. Si era morso un labbro per essersi vestito come se stesse andando a vedere un film da solo. Le stringeva la mano e le sorrideva. Prima che i suoi genitori le potessero parlare, l'aveva baciata, di fronte a loro, a tutti. Era evidente che al padre avesse dato fastidio, mentre sua madre l'aveva accolto con simpatia. Lui avrebbe voluto scaraventarlo fuori da una finestra ma finse indifferenza, aveva salutato lei, poi aveva stretto la mano a lui. Era evidentemente irritato e avrebbe voluto andarsene. Fu il suo amico, Giulio, a capirlo per primo. Gli aveva detto che sua sorella frequentava quell'idiota da qualche tempo, che per lui aveva perso la testa e che nonostante fossero insieme da poco più di tre mesi, lei voleva sposarlo.
Gli aveva anche dato una pacca sulla spalla, ma quel gesto amichevole, lo aveva innervosito ancora di più e lo aveva mandato al diavolo. Poi era tornato a casa e dopo qualche giorno era tornato negli Stati Uniti. L'aveva dimenticata.

Ritirò il suo bagaglio e si diresse all'uscita dell'aeroporto dove ad attenderlo c'era sua sorella, Camilla, che gli sorrise e gli saltò al collo felice.
“Bentornato fratellone! La mamma sta preparando una cena favolosa! Solo per te!”
“Come stai piccolina?”
“Piccolina? Lo sai che sto per sposarmi, vero?”
“Certo che lo so! È che per me, sarai sempre la mia sorellina!”
“Vogliamo andare? A casa non vedono l'ora di riabbracciarti...”
“Immagino! Anche papà?”
“Soprattutto lui! Lo sai com'è fatto!”
I due si diressero verso l'auto della donna e lei gli parlò di quanto fosse felice. 
La sua sorellina. La piccola Camilla. La bambina che l'aveva un po' deluso perché lui avrebbe voluto un fratello, come Giulio, per giocare e dividere la camera. La bambina che sapeva come rigirare suo padre, che le concedeva qualsiasi cosa! Quante volte era riuscito a convincerlo attraverso le sue suppliche? Sorrise ricordando quanto fossero stati felici da bambini. A quei tempi, erano due gocce d'acqua. Continuavano ad assomigliarsi, ma col tempo i lineamenti di Camilla, si erano addolciti, era bellissima, con un naso piccolo e sottile, gli occhi marroni, brillanti e un sorriso allegro e contagioso. Era sempre stata carina. E ricordava bene quando suo padre le impediva di uscire o di andare alle feste. Era esageratamente protettivo nei suoi confronti. A quel punto era lui che lo convinceva a darle un po' di libertà. 
Suo padre si fidava ciecamente di lui. Era il suo futuro, quello dell'azienda. Lo sapeva bene e sapeva di averlo deluso profondamente quando invece che agli affari, aveva preferito la sua passione, quando si era allontanato dalla famiglia e dall'azienda per rincorrere i suoi progetti. A portare avanti l'azienda dei nonni non sarebbe stato lui. Anche sua madre era delusa, non lo aveva sostenuto, ma non lo aveva ostacolato. Solo suo nonno Roberto lo aveva sempre spronato ad essere se stesso. Erano lui e la nonna Margherita ad avergli regalato il primo cavallo, era stato nonno Roberto a caldeggiare la sua passione per l'equitazione prima e con i motori dopo. Il nonno Roberto. La sua perdita era stata terribile e lei… lei era con lui. L'unica ad aver capito quanto la sua morte lo avesse sconvolto. 

Quando tornava a Bogotà, quelle poche volte, i suoi pensieri si mescolavano ai ricordi. A casa sua, a Miami, non pensava mai al passato. Là, aveva la sua vita, il suo lavoro, i suoi interessi. Quella città era giovane, fresca, piena di svaghi e di opportunità. Non gli mancava mai Bogotà, eppure era felice di essere lì. Era preparato a tutte le domande a cui avrebbe dovuto rispondere, alle richieste, alle speranze. Avrebbe sicuramente deluso nuovamente suo padre. 
A volte aveva pensato che avrebbe preferito che lui non fosse suo figlio. Del resto era cresciuto per quattro anni con un altro padre. Lo ricordava vagamente e solo molto tempo dopo aveva capito come stavano le cose. Forse il suo vero padre, Armando, lo vedeva molto più simile a quel Michelle che lo aveva visto nascere, nonostante lui gli somigliasse in modo evidente. E c'erano stati momenti in cui rimpiangeva che non fosse il primo marito di sua madre ad averlo concepito. Durante uno dei tanti litigi glielo aveva anche detto. E suo padre aveva pianto. Non l'aveva mai visto piangere, mai. Si era sentito un mostro. Sua madre lo aveva schiaffeggiato. E lui era rimasto intontito, sbigottito. Gli aveva chiesto scusa, ma da quel giorno tra loro qualcosa sembrava essere cambiato. Il suo rapporto col padre era tornato sereno, lui aveva accettato le sue scelte, convinto da suo nonno, ma quelle parole pronunciate in un momento di rabbia non erano state dimenticate. Si era pentito ogni giorno per averle dette. Ogni giorno. Lo aveva ferito profondamente. Perché per suo padre, il rimpianto più grande era quello. Non averlo potuto crescere, non averlo visto nascere. Era il più grande dolore della sua vita. 
Non aveva mai chiesto perché le cose fossero andate in un certo modo. Ma era chiaro che anche per la madre fosse un dolore enorme ricordare il passato. Sapeva solo che per un malinteso lei si era sposata con un altro uomo, Michelle, che insieme erano stati felici, o almeno così lei diceva. Poi tutto era cambiato. Il suo papà se n'era andato ed era arrivato Armando. Il suo vero padre. Si erano voluti bene da subito. Tutti i regalini che gli faceva, erano ancora tutti nella sua camera di bambino e ragazzo. Amava suo padre! E aveva cercato di renderlo orgoglioso di lui, anche se non sembrava esserci riuscito.

“Non hai ascoltato una sola parola di quello che ti ho detto, vero?”
“Cosa?”
“Non importa, so di essere noiosa e monotematica... Eccoci qui! Sei l'uomo più atteso del mondo!”
“Già... Andiamo!”
Quella casa era sempre la stessa. I colori, i fiori, era tutto uguale. La sensazione però non era quella di tornare a casa. Si sentiva inquieto, nervoso. La sorella gli aprì la porta e la madre non aspettò nemmeno che entrasse per buttargli le braccia al collo. Ricambiò il suo abbraccio e solo in quel momento si rese conto di quanto le fosse mancata.
“Tesoro mio! Come sei bello!” 
Una lacrima rigò il volto della donna che poi tornò a stringerlo con amore.
“Ciao mamma! Mi sei mancata tanto! Dov'è papà?”
“Arriverà presto! È uscito con Edoardo... C'è una sorpresa per te!”
“Davvero? Credevo che la cena che hai preparato, fosse già una sorpresa!”
“Camilla, perché gliel'hai detto? Non importa! Sono sicura che tuo fratello immaginava che non sarebbe stata una serata come le altre! Vieni tesoro! Raccontami come stai! Come vanno le cose?”
Riccardo le sorrise e cominciò a raccontarle della vita che conduceva, del suo lavoro. La madre pendeva dalle sue labbra, lei adorava i suoi figli. Li aveva cresciuti amandoli incondizionatamente. Li aveva seguiti, appoggiati e sostenuti sempre. Ma non li aveva mai viziati e aveva insegnato loro a guadagnarsi ogni cosa, il rispetto per loro stessi e per gli altri e soprattutto a ringraziare sempre per quello che avevano. Ma Riccardo, nonostante i contrasti, nonostante fosse impossibile da capire e comprendere, aveva qualcosa di speciale. Per lei e per suo marito, quel figlio che non sembrava trovare una strada definitiva, che sembrava sempre essere alla ricerca di qualcosa, era diverso da tutti gli altri. 
Riccardo stringeva la mano della madre e la guardava. La sua bellezza non era ancora sfiorita, nonostante gli anni fossero passati e qualche ruga le solcasse il viso. Era ancora una donna bella ed elegante. Soprattutto nei modi, sempre gentili, educati. Camilla si era accoccolata tra le sue braccia, come quando era bambina ed erano la mamma o il papà a raccontar loro qualche favola. Riccardo si sentiva allegro e felice, sereno. Era talmente assorto nel raccontare di tutti i progetti e i lavori di cui si stava occupando che non si accorse che il padre e il fratello più piccolo lo stavano ascoltando. 
“Chicco! Ma da quanto tempo non la tagli quella barba?”
“Edoardo... Papà...”
“Ciao Riccardo! Non immagini quanto sia felice di vederti!”
Suo padre aveva gli occhi umidi. Era felice davvero di vederlo. Riccardo si alzò e senza esitazioni lo abbracciò. Sapeva che durante il suo soggiorno a Bogotà avrebbero avuto modo di discutere, ma in quel momento aveva solo bisogno che il loro abbraccio comunicasse al padre tutto il suo amore. 
“Chicco e io?”
"Ciao piccola peste!”
“Che bello rivederti!”
“Ti ho detto mille volte di venire a trovarmi, ma tu sei sempre tanto impegnato!”
“Hai ragione! Ma lo sai bene che lavorare come praticante, implica azzerare il proprio tempo libero!”
“Già lo immagino!”
La sua famiglia era tutta lì. E lui aveva dimenticato tutte le ansie e le preoccupazioni che quella città gli provocavano. Forse quella vacanza sarebbe stata diversa dalle altre, forse non si sarebbe pentito del suo ritorno, almeno quella volta.
La serata era passata allegramente, senza intoppi, senza discussioni o recriminazioni. L'attenzione era passata da lui ai fratelli, prima ad Edoardo, che si era laureato e che lavorava come praticante in uno dei migliori studi legali della città, poi alla sorella, Camilla, che si sarebbe sposata entro qualche settimana. Era quello il motivo del suo ritorno. Il matrimonio di sua sorella con il suo migliore amico, Giulio. Erano sempre stati affiatati loro due. Ricordava bene che era quasi geloso del loro rapporto. Del resto avevano tanto in comune. Loro erano i figli perfetti di due famiglie perfette. La loro unione sembrava fosse scritta prima ancora che loro stessi la iniziassero. Entrambi avevano seguito le orme dei genitori. Si erano laureati col massimo dei voti in economia e finanza, avevano iniziato la loro carriera lavorativa nelle aziende di famiglia, partendo dal basso, lui come magazziniere e lei come semplice segretaria di uno dei dirigenti. Si erano fatti le ossa per essere preparati a quella che era la loro strada, la conduzione di una delle aziende di moda più importanti e floride dell'America latina e di una compagnia finanziaria con interessi milionari in tutto il mondo. Non ci era voluto molto perché riuscissero a dimostrare il loro valore negli affari. In fondo entrambi aveva sempre dimostrato interesse per quello. Fin da bambini erano bravissimi in tutte le materie che riguardavano la matematica, l'economia e in generale con i numeri e la gestione dei loro interessi. La piccola Camilla da bambina aveva imparato, per esempio, ad amministrare tutte le paghette e i regalini che le venivano fatti. Con oculatezza, riusciva a racimolare dei gruzzoletti davvero notevoli per la sua età. E non li sprecava mai! E Giulio era un mago della matematica e dei numeri. L'economia aziendale era la sua materia preferita. Ci sapeva davvero fare! Era stato chiaro a tutti che sarebbero stai loro due a prendere le redini della TerraModa e dell'Ecomoda. I suoi genitori e quelli di Giulio non avevano dubbi. E poi c'erano Edoardo e Claudio, il fratello di Giulio, che avevano studiato giurisprudenza e il cui futuro era brillante e roseo. Tutti i figli dei proprietari avevano trovato il loro posto. Anche lei, Francesca, la donna che nonostante tutto frequentava i suoi sogni, era parte integrante di quel mondo. Tutti, i suoi fratelli, i suoi amici più cari, i suoi cugini lavoravano per l'Ecomoda o la TerraModa, tranne lui. Lui era l'unico Mendoza che non solo aveva rinunciato a quelle maledette aziende, ma che aveva lasciato la città e il paese. L'unico a cui gli abiti, i consigli di amministrazione, i lanci e le collezioni o i pacchetti finanziari, non interessavano. Anche i figli dei suoi zii lavoravano per loro. 
Laura, sua cugina, era diventata la stilista che avrebbe sostituito Ugo Lombardi una volta che si fosse ritirato. Aveva studiato moda e si era affidata completamente a lui per imparare il mestiere. Era stata un'eccellente apprendista. Aveva imparato tutto sulle stoffe, sui materiali. Sui tagli migliori per ogni tipo di materiale e sapeva cucire, ricamare e disegnare. Ugo la considerava l'unica Mendoza degna del suo nome, anche se in realtà era sua madre a chiamarsi così. Col tempo aveva cominciato a lasciarle sempre più spazio, fino a farla collaborare direttamente con lui. Poi l'aveva guidata nelle sue prime creazioni e alla prima delle collezioni firmate interamente da lei. E lo stilista sembrava davvero aver trovato la sua erede. La portava in palmo di mano, era il suo mentore e insieme avevano iniziato una collaborazione perfetta. Lorenzo, il fratello di Laura invece si occupava dei clienti internazionali della TerraModa. Era un ottimo professionista, viaggiava in tutta l'America Latina ed era un punto di riferimento dell'azienda in diversi paesi. Era spesso in viaggio e sembrava che suo zio Nicola lo ritenesse davvero un eccellente dirigente. Tutti loro erano stati all'altezza del loro nome. Tranne lui. Sapeva che il padre lo avrebbe voluto vedere diventare il presidente della sua azienda, era designato il suo ruolo. Era quello il motivo dei loro conflitti. Ma quella sera non ce n'erano stai. Era la loro serata ed era stata perfetta. Il padre aveva voluto regalargli l'orologio appartenuto a suo nonno. Lo aveva fatto restaurare ed era quella la sorpresa a cui si riferiva sua madre. 

Era stanco. Il volo, la tensione, la serata gli avevano tolto tutte le energie. Non fece fatica ad addormentarsi, nel suo letto, nella sua camera, circondato da tutti i suoi ricordi.

Le accarezzava la pelle nuda, pallida. Il respiro sul suo petto, lo faceva rabbrividire. Fare l'amore con lei era stato indescrivibile. L'aveva desiderata per tanto tempo e ora che l'aveva tra le sue braccia non l'avrebbe lasciata andare. Le sue gambe lunghe e affusolate erano intrecciate alle sue e si sentiva completo e in pace con se stesso.

“Chicco! Chicco sei sveglio?”
La donna che sembrava toccare, scomparve nel momento stesso in cui aprì gli occhi. Suo fratello si era seduto sul letto e gli tirava i capelli, come aveva fatto mille volte quando erano bambini.
“Adesso sì!!” 
“Sognavi qualcuna che conosco? È bella? Mi sono preso la mattinata libera! Andiamo a correre!”
“Ma che diavolo di ore sono?”
“Le sette! Siamo già tutti in piedi! Mamma ha preparato la colazione!”
Le abitudini della famiglia Mendoza non erano cambiate! In quella casa ci si svegliava sempre presto, da sempre. Ci si svegliava presto e si faceva colazione tutti insieme. Quelle piccole regole insopportabili. 
“Lasciami in pace!” Riccardo tirò uno dei cuscini addosso al fratello che, ridendo, uscì dalla sua camera. 
Il profumo del caffè invase le sue narici, la voce dei suoi familiari gli arrivava alle orecchie ma quel risveglio lo aveva infastidito più del dovuto. Era tanto che non la sognava. Che non sognava di toccarla, di averla nel suo letto. Si alzò e si diresse verso la cucina. Salutò senza entusiasmo e sua sorella non perse l'occasione per fargli notare che avrebbe almeno potuto indossare una maglietta.
“Scusa sorellina! Non sono abituato a condividere gli spazi! Ma non preoccuparti, prendo solo un caffè e poi corro a fare una bella doccia! Tra meno di un'ora sarò bello e perfetto come piace a te! Contenta?”
“Tesoro siediti! Ecco il caffè, ci sono i tuoi muffin preferiti, quelli con il cioccolato, del succo di frutta e la marmellata!”
“Grazie mamma, ma non ho molta fame...”
“Hai programmi per oggi?”
Intervenne suo padre.
“Non proprio, papà. Credo girerò un po' per la città...”
“Non vieni a correre con me?”
“Non oggi. Magari posso fare una visita a mamma, o passare a trovare Giulio...”
“Allora sbrigati! Preparati così ci accompagni! Ti va?”
“Ai tuoi ordini sorellina!”
“Beh, allora se non vuoi passare la mattinata con me vado in ufficio anche io!”
“Wow! Sempre tutti stacanovisti, vedo!”
Quella battuta in apparenza innocente, nascondeva un sarcasmo che tutti avevano colto. Riccardo era sempre stato così, pungente, allergico alle convenzioni e alle restrizioni. Nel suo lavoro era preciso, puntuale, preparato. E anche quando pilotava gli offshore calcolava ogni dettaglio, rispettava le regole ed era capace di arrivare al limite, sfiorarlo e superarlo solo in certe circostanze. Ma con la sua famiglia, col tempo, era diventato intollerante alle regole e alle tradizioni. Quello che più odiava era organizzare tutto nei particolari perché la loro vita privata combaciasse perfettamente con quella pubblica e con quella lavorativa. Per troppo tempo aveva visto i suoi genitori e i suoi fratelli come dei soldatini perfetti, ligi al dovere, senza macchia! Mai un errore. Ma lui si sentiva in una gabbia. Non amava oziare a letto, ma voleva svegliarsi presto per piacere, non dovere, lavorava per passione non per obbligo. Alla fine era scappato. Aveva trovato la sua strada lontano. La madre lo guardò con rimprovero e lui, alzando le mani, chiese scusa a tutti. Ecco cosa non sopportava, loro erano fatti della stessa pasta, non li giudicava, non li compativa, non facevano fatica a convivere con quelle regole, anzi, per loro non erano nemmeno regole, semplicemente a loro piaceva vivere così. Organizzati, convenzionali. 
Lasciò la cucina e tornò nella sua camera. Si spogliò e butto i pantaloni del pigiama per terra, l'unica ribellione che si sarebbe concesso. Si ripromise di comportarsi in maniere ineccepibile. La serata bella e serena era passata, ora doveva solo abbozzare e ingoiare. Quel supplizio non sarebbe durato molto, solo qualche giorno. Poi se ne sarebbe tornato a casa, a Miami, alla sua vita!
Si fece la doccia cercando di lavarsi anche i cattivi pensieri e decise che si sarebbe vestito con cura. Aprì l'armadio. Osservò quanto fosse in ordine, le camice ordinate per colore, pantaloni e giacche per le varie occasioni. Richiuse le ante e aprì la sua valigia. Era ancora lì, la madre non aveva avuto il tempo di svuotarla, lavare i vestiti, stirarli e ordinarli. Meglio! Prese dei pantaloni e una maglietta senza guardare il colore, né che fossero completamente stropicciati e si vestì. Ecco, il primo proposito era stato cancellato.  Non erano nemmeno le otto del mattino e avrebbe dato qualsiasi cosa perché la giornata passasse presto. 
La sorella lo squadrò come fosse un alieno. Era impeccabile con il suo abitino su misura e le sue scarpe costose. Perfettamente truccata, pettinata sembrava uscita da una rivista di moda. Non gli disse nulla, forse aveva capito che era inutile imbastire una discussione che non avrebbe portato a nulla. Anche suo padre tacque. Il fratello invece gli fece notare che non si trovava a Miami e che almeno una giacca avrebbe dovuto indossarla. Sapeva bene che quelle erano solo i primi contrasti che avrebbero avuto. Era diverso da tutti loro. Nel modo di vestire e di vivere. Anche le donne che sceglieva non appartenevano al loro mondo ovattato. Forse gli piacevano proprio perché completamente diverse! Nessuna modella o attricetta come suo fratello, nessuna donna in carriera come Giulio... Le sue donne erano state delle compagne di studi, nemmeno tanto belle, oppure ragazze conosciute a dei concerti in luoghi sperduti, delle colleghe. A lui piaceva conoscere il loro mondo. Non perché temesse fossero interessate ai soldi o alla sua posizione. Non gli importava nulla di quello. Semplicemente perché preferiva avere stimoli diversi. Era stato per un po' di tempo con una donna che per vivere faceva il meccanico, ed era pure brava. Non che non avesse avuto donne bellissime, ma erano state solo avventure. L'unica eccezione era stata lei, Francesca, ma era una storia che non si sapeva spiegare, finita prima di cominciare, per poi riprendere e finire di nuovo. Una storia che vivevano da sempre. In un certo senso ne era quasi felice, era sicuro che col tempo l'avrebbe trovata vuota come tutte quelle oche delle sue amiche o noiosa come sua sorella e i suoi fratelli! Eppure a Giulio voleva bene davvero. Era il suo perfetto contrario, ma erano amici veri. Era il suo migliore amico da sempre. Giulio, il fidanzato di sua sorella, l'uomo perfetto, il figlio ideale. Forse lo invidiava un po'. Invidiava lui, non la sua vita preconfezionata e solo perché aveva trovato la sua strada ed era soddisfatto di se stesso. 
Lui era soddisfatto di se stesso? No! Si sentiva irrisolto, incompleto. Era quello che lo disturbava di Giulio, di sua sorella, della sua famiglia! Loro sapevano ciò che volevano, sapevano come ottenerlo. Era un suo problema. Solo suo! Gli altri erano solo i suoi alibi. 
Eppure c'erano stati dei momenti in cui si era sentito appagato. Ogni momento passato con lei.

Dopo aver lasciato sua madre e sua sorella alla TerraModa, andò all'Ecomoda. Sospirò e si sforzò di sfoderare il suo sorriso più sincero. Prima vide le vecchie segretarie che lo avevano visto crescere, Sandra e Mariana, poi a turno Giulio, la zia Marcella, Claudio, Laura e Ugo, la zia Camilla, gli corsero incontro per salutarlo, abbracciarlo. Ovviamente per quella stessa sera era stata organizzata una cena in suo onore a casa degli zii Marcella e Nicola, naturalmente non poteva mancare, naturalmente si finse felice. E lo era, sotto un certo punto di vista. Non poteva negare di voler bene a quelle persone. Anzi, erano le persone a cui teneva di più al mondo. Il problema era lui! La mattinata nel complesso fu piacevole. Giulio e suo padre Armando lo accompagnarono a vedere tutti i cambiamenti effettuati in azienda, orgogliosi di quanto fosse cresciuta, anno dopo anno, di quanto fosse solida e importante. Come se a lui importasse. Finalmente tutti furono riportati ai loro impegni e lui poté uscire per fumare una sigaretta. Non fumava mai. Solo quando tornava a Bogotà. Erano quasi un rito quelle sigarette fumate di nascosto. Ed era sciocco nascondersi perché tutti sapevano del suo vizio. Quello che non sapevano era che lui fumava solo in quella città. 
Si sedette su una panchina posta in un piccolo parco poco distante dall'azienda. Poteva vederne l'ingresso tra i rami di una siepe mezza secca. Ecco, un'altra cosa che sembrava sempre uguale. La siepe che lo divideva dall'Ecomoda.
“Mi ha sempre incuriosito questa tua fuga. In un posto tanto squallido poi...! Davvero non ho mai capito perché tu debba nasconderti per una sigaretta!”
“Perché non mi nascondo per la sigaretta ma da tutto quello che c'è oltre questo posto squallido!”
“Danne una anche a me!”
“Non avevi smesso?”
“Inizio, smetto e ricomincio molte cose, Chicco!”
“Tieni, finisci la mia!”
Prese la sigaretta, sfiorandogli le dita e si sedette accanto a lui.
“Non sei felice di vedermi?”
“Sempre, Francesca! Lo sono sempre!”
“Odio la barba in un uomo! Dovresti ripensare almeno alla lunghezza!”
“Sicuramente questa sera mi raderò!”
“No, non lo farai!”
“Mi conosci poco! Per una bella donna potrei fare qualunque cosa!”
“Forse! Ma non per me! ... Mi sei mancato, sai?”
“Davvero? Perché hai bisogno di dire la cosa giusta? Sai bene che non è necessario!”
“Credi non sia vero?”
“Credo che almeno tu, potresti trovare frasi più originali!”
“Tipo?”
“Tipo evitare le formalità! Mi sei mancato, come stai? per quanto tempo resti... Magari potresti semplicemente dirmi che vorresti venire a letto con me!”
“Ma io non voglio venire a letto con te! Sono fidanzata, lo sai?”
“L'ultima volta che ci siamo visti, a Miami, eri sposata con qualcuno se non sbaglio. Ma abbiamo fatto l'amore per una settimana intera mentre tutti ti davano per dispersa!”
“Questa volta è diverso!”
Riccardo la guardò ridendo.
“L'hai detto poco fa! Tu smetti, ricominci e inizi molte cose!”
“Non questa volta!”
“Anche tu mi sei mancata, Francesca!”
“Sarcastico e scortese sempre!”
“A Bogotà, le cose sembrano non cambiare mai!”
“Ho voglia di abbracciarti!”
“Hai voglia di venire a letto con me!”
“Sei disgustoso!”
“Ma guarda... Anche tu sei diventata una brava ragazza? La figlia buona e giudiziosa che ogni papà sogna di avere?”
“Beh, le cose cambiano! Anche a Bogotà
“Solo alcune cose cambiano! Ma non tu! Tu non sarai mai come mia sorella! Faresti troppa fatica a comportarti come lei! E a te la fatica non piace!”
“Se è per questo, anche tu non assomigli né a Giulio né a Edo, né a Claudio! Ma contrariamente a me tu ne soffri! Io non voglio essere come Camilla! Non invidio la sua vita! Non invidio la sua perfezione! Tu sì! Tu vorresti essere come loro!”
“Ma io potrei essere come loro in qualunque momento! Potrei indossare un bell'abito, radermi e non farei alcuna fatica a diventare uno dei dirigenti di quella maledetta azienda! E lo sai bene! Potrei che so, trovare un modo per migliorare qualche stupida macchina per il confezionamento, realizzare qualche ridicolo macchinario per la produzione di una cosa qualsiasi che si produce la dentro! Se non lo faccio è perché non mi interessa farlo! Ma tu? A parte la modella cosa sai fare?”
“Io...”
“Sai fare l'amore! Oh, io lo so bene quanto tu sia brava a fare l'amore, ma non conta!”
“Volevo solo essere gentile! Volevo salutarti e parlare un po' con te! Ma l'unica cosa che sai fare è umiliarmi e mortificarmi! Vattene al diavolo!”
Si allontanò di corsa inciampando in una buca. Restò in piedi con grazia. Non c'erano dubbi, camminare su quei tacchi altissimi era il suo lavoro! Rise divertito. Quando si arrabbiava diventava ancora più sensuale e attraente. L'avrebbe rincorsa volentieri ma se l'avesse fatto sarebbe finita come le altre volte. Avrebbero fatto l'amore, si sarebbero giurati di non lasciarsi più e poi ognuno sarebbe tornato alla vita di prima. Per anni la loro storia si ripeteva, gli stessi gesti, le stesse promesse, la stessa passione. Si amavano davvero. Si amavano di un amore che non sarebbe mai finito. Loro due erano i figli imperfetti. Quelli che in un modo o nell'altro avevano deluso i propri padri. Lei non aveva nemmeno frequentato l'università. Odiava studiare. Aveva intrapreso la carriera di modella come faceva ogni volta che trovava interessante o intrigante qualcosa. Per lei tutto era un gioco. Era talmente bella che non le era stato difficile sfondare in quel mondo. Abbastanza capricciosa da far impazzire qualsiasi fotografo ma capace di realizzare servizi fotografici unici. Aveva sfilato per l'Ecomoda, ma poi aveva girato il mondo per il suo lavoro. Era ricercata e richiesta. Non sapeva nemmeno lei se quel lavoro le piacesse. A volte si annoiava e correva da lui. Passavano qualche settimana insieme, di nascosto, e poi tornava a fare la modella da qualche parte, per qualche stilista famoso. La vide scomparire dietro la porta dell'Ecomoda e si accese un'altra sigaretta. 
C'era stato un momento in cui lui avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei, anche cambiare vita. Sarebbe stato disposto a tornare a Bogotà, ad entrare a far parte di quell'azienda. Per un momento aveva quasi pensato di sposarla. Ci aveva sperato e creduto davvero. Poi aveva capito che sarebbe impazzito a vivere la vita monotona e sempre uguale dei suoi fratelli. Lui doveva scappare da tutti loro e trovare la sua strada. Così tutto era finito. Per ricominciare puntuale ad ogni visita di lui a Bogotà, o ad ogni fuga di lei dai suoi impegni. Quando era iniziato il loro strano e a volte doloroso amore lo ricordava bene, ma quel gioco? Chi tra loro aveva stabilito i limiti? Chi diceva basta? A volte lei sembrava tanto innamorata da diventare un'altra e lui chiudeva la loro storia per non sentirsi sopraffatto, altre era lui a pendere dalle sue labbra, dai suoi gesti e lei scappava lasciandolo disperato. Ma quei giorni non li avrebbe passati a rincorrere quella donna. L'avrebbe esasperata, sì, non poteva rinunciare a quel loro gioco crudele, sensuale e stuzzicante, ma si sarebbe fermato prima di toccarla, perché passato quel limite non sarebbe stato capace di fermarsi. Lo aveva voluto lei. Era lei che ad un certo punto era scomparsa. 
Tornò in azienda. Altre modelle gli passarono davanti, cinguettii insopportabili gli arrivavano alle orecchie. Cercò di non farci caso e raggiunse Sandra e Mariana. Si fece coccolare da loro. Erano due pettegole, chiacchierone ma voleva loro bene. Ricordava quando da piccolo sua madre lo portava a trovare il suo papà e loro erano sempre gentili e carine. Gli regalavano caramelle e cioccolatini e capitava rimanesse con loro se i suoi genitori dovevano discutere di qualcosa di più serio o importante, discorsi a cui lui e gli altri bambini non dovevano partecipare. Domandò dei loro figli e non si stupì sapendo che avevano iniziato a lavorare nei diversi settori dell'Ecomoda. Quel luogo sembrava un regno a cui si accedeva per diritto ereditario. Era assurdo, ma se tutti loro erano felici così, perché avrebbe dovuto biasimarli? Ma riusciva a solo a pensare che le loro fossero vite tutte talmente banali, che chiunque le avrebbe biasimate.
“Riccardo! Mio Dio... Sei un uomo!”
“Zio Nicola! Lo sono ormai da qualche anno!”
“È bello vederti...”
“Anche per me!”
Non era suo zio, ma per sua madre, quell'uomo, era un vero fratello. E c'era sempre stato. Lo ricordava da sempre, da prima di suo padre. Aveva foto di quando era piccolo con lui. Una di queste, era stata scattata quando aveva solo pochi giorni. Gli voleva bene ed era l'unico con cui si sentisse in sintonia.
Lui non era perfetto. Quando era solo un bambino, aveva abbandonato la famiglia e per qualche tempo aveva vissuto una vita completamente fuori dalle regole dei Mendoza e dei Valencia. Aveva temuto che anche il padre se ne andasse lasciandoli soli. Ma non era successo. Poi anche lui era tornato in famiglia. Giulio e Francesca ne erano stati così felici. Tutto era tornato alla normalità. Ma Nicola, ai suoi occhi, era rimasto il ribelle, quello che aveva deciso di dire basta. Non era importante se per poco. Aveva avuto il coraggio di mandare tutto al diavolo!
“Hai già visto tutti?”
“Sì, a parte zio Mattia e Lorenzo, ma immagino che stasera alla cena ci saranno...”
“Non sarà così male! Stare con la propria famiglia non è terribile! Al contrario!”
“Ma io non lo penso affatto!”
“Davvero? Beh io credo di sì. Ma non posso biasimarti! Non io! Hai visto Francesca?”
“Credo sia con Laura e Ugo...”
“La mia bambina ha un fidanzato... Uno nuovo!”
“Tua figlia ama l'amore!”
“Già... E tu? Tu hai trovato qualcuno di speciale?”
“Ogni donna è speciale! Ma forse loro non pensano la stessa cosa di me!”
“Sono sicuro non sia così! Cerca di non rovinare la serata a tuo padre questa sera! Lui è davvero felice che tu sia qui!”
“Non lo farò!”
“Vado da Francesca... Alla mia principessa chiederò di non rovinare la serata a sua madre!”
“Sarà una perfetta padrona di casa!”
“Non te l'ha detto? È tornata nel suo appartamento! Lei e sua madre hanno deciso che in questo modo sarà più difficile litigare!”
Si allontanò e si diresse verso l'atelier di Ugo e lui tornò sulla sua panchina. Un'altra sigaretta sarebbe stata un buon modo per distrarsi da tutto.
Così viveva di nuovo sola. Ricordava bene quel piccolo appartamento. Aveva smesso di contare le volte in cui ci era stato, sempre per lo stesso motivo, ma la prima volta che ci era stato non l'aveva dimenticata. Erano passati anni. 
Dopo quella sfilata, la prima a cui aveva partecipato con entusiasmo, non si erano più visti per qualche tempo. Lui era tornato negli Stati Uniti e aveva ricominciato a vivere come prima. Ma il padre l'aveva implorato di partecipare alla festa di compleanno di sua madre e lui non era riuscito a dirgli di no. E si erano rivisti. Francesca ne era stata felice. Ma qualcosa in lei sembrava strano. Era sempre bellissima, ma un velo di tristezza le incupiva il volto. Era stato Giulio a dirgli che il modello con cui voleva sposarsi, se n'era andato con un'altra donna, lasciandola sola e triste. 
Quella notte l'aveva chiamato e gli aveva chiesto di raggiungerla in quel piccolo appartamento in centro, che i suoi genitori le avevano regalato per permetterle di vivere la sua indipendenza. 
Era in lacrime. Piangeva tanto che quasi lui non capiva quello che diceva. L'aveva fatta calmare e poi l'aveva consolata. La stringeva tra le sue braccia e poi lei aveva alzato lo sguardo verso di lui. Non era riuscito a fermarsi, l'aveva baciata sulle labbra senza quasi rendersene conto. E lei l'aveva ricambiato. E poi altri baci, sempre più intimi, profondi. Si era rivolta a lui e gli aveva chiesto di fare l'amore. Nessuna altra parola era importante. Lui l'aveva fatta scivolare sul letto e l'aveva spogliata. Senza pensare a nulla se non a lei. E lei si era abbandonata all'uomo di cui era stata sempre innamorata, quando lo sognava da bambina e lo spiava mentre studiava nella sua camera. Aveva sognato fosse lui l'uomo che avrebbe sposato. Che sarebbe stato il padre dei suoi figli. Sognava come tante ragazzine un amore come quello dei suoi genitori. Era la prima volta che facevano l'amore ed era la prima volta per lei. Lui non l'aveva immaginato. Francesca doveva sposarsi. Lui era lì proprio perché il fidanzato l'aveva lasciata. E quando si era reso conto che era vergine, l'aveva guardata quasi impietrito, ma lei gli aveva sorriso e l'aveva baciato. L'aveva pregato di continuare e lui l'aveva fatto. Ma senza fretta, con dolcezza perché quel momento fosse indimenticabile, perché per lei fosse un momento speciale, l'aveva ricoperta di attenzioni. E lei aveva dimentica il suo ex, l'abbandono e tutto il resto. Sarebbe stata la donna di Riccardo Mendoza e lui il suo uomo. Glielo aveva giurato. Nessun uomo avrebbe preso il suo posto. Ma lui, pur provando qualcosa di profondo per lei, qualcosa che gli riempiva il cuore, era andato via. Per un attimo ci aveva creduto anche lui. Avrebbe potuto rimanere nella sua città e vivere la vita che tutti si aspettavano. Avevano passato giorni e notti indimenticabili, lei si era completamente abbandonata a quell'amore e lui le aveva detto di amarla. Ma non era bastato. Lui non poteva fermarsi. Doveva rincorrere la sua vita e l'aveva lasciata. Le sue lacrime non erano state abbastanza, l'aveva pregato, ma lui le aveva solo detto che il loro amore non aveva un futuro. Lui doveva andare via. Francesca si era presto consolata con altri uomini ma quando le sue storie finivano lo raggiungeva, non era importante che lui fosse a Boston, a Cartagena o a Miami, lei lo raggiungeva e tra loro la passione e l'attrazione vincevano. Stavano insieme per qualche giorno, a volte per settimane ma poi bastava una parola sbagliata detta da uno dei due e tutto finiva. Ogni volta che lui, per un motivo o per l'altro era a Bogotà la cercava, la loro strana relazione ricominciava e non importava che lei avesse un fidanzato, che lui stesse con un altra donna. Gli altri scomparivano. 
Era successo anche quando si era sposata Las Vegas con un calciatore o era un nuotatore? Lui nemmeno lo ricordava. L'aveva chiamato dicendogli che se lui non l'avesse fermata, si sarebbe sposata. Era ubriaca e lo implorava di raggiungerla. L'aveva mandata al diavolo e lei aveva mantenuto la promessa. Si era sposata per ripicca, per vendetta. 
Quanto aveva riso, tornato a Bogotà. Ci era tornato per assistere a quello che sarebbe successo. I suoi genitori erano in ansia, arrabbiati e furiosi. La loro unica figlia si era sposata in una città straniera, senza nessuno di loro, con un uomo dissoluto e chiacchierato che aveva conosciuto da pochi giorni. La madre, sua zia Marcella, non faceva altro che rinfacciarle la libertà che le avevano dato, che stava rovinando la sua vita. Lui assisteva compiaciuto a quelle scenate facendola impazzire dalla rabbia. Più lui rideva soddisfatto, più lei si impuntava con tutti che quello era l'uomo della sua vita. Ma non era durato. Era a Miami solo da pochi giorni e lei l'aveva raggiunto. Gli aveva gridato in faccia il suo odio, il suo disprezzo. L'aveva anche schiaffeggiato, gli aveva dato un schiaffo su quella faccia sarcastica che senza nemmeno una parola la prendeva in giro. Forse però, quei giorni erano stati i più belli della loro vita. Erano saliti sulla sua barca e si erano diretti verso i Caraibi. Lontani da tutti. Nessuno sapeva che fossero insieme. Avevano spento i telefoni e avevano vissuto l'uno per l'altra. Una notte mentre facevano l'amore, lei era andata oltre. Gli aveva chiesto un figlio e lui si era stupito di se stesso, aveva sorriso e poi l'aveva baciata. Sì, era d'accordo. Un figlio loro, non era la prima volta che ci pensava, lei era la sua donna e pensarla madre di suo figlio era qualcosa di dolce. Le disse che lo voleva anche lui, lei lo aveva stretto e una lacrima le aveva rigato una guancia. Una settimana. Il tempo che uno dei due pronunciasse una parola sbagliata. Chi era stato quella volta? Non lo sapeva, ma tra loro era finita ancora una volta. Ma era cambiato tutto. Quella settimana li aveva cambiati, era chiaro che entrambi volevano qualcosa di diverso. Che avrebbero potuto davvero essere qualcosa di diverso. Non solo amanti occasionali ed entrambi lo avrebbero voluto. Ma qualcosa tra loro era sbagliato. Anzi loro due erano sbagliati. I due figli imperfetti di famiglie perfette, cresciuti nell'amore delle loro famiglie, tra gli agi, erano capaci solo di bastare a loro stessi.
Non si erano più visti da quella volta. Nemmeno sentiti. Lei era tornata dalla sua famiglia e attraverso i legali delle due aziende era riuscita a far annullare il matrimonio e per un certo periodo era sparita dalle riviste. Camilla una volta gli aveva detto che sembrava distrutta da quell'esperienza. Era stato tentato di partire e portarla via da Bogotà e da tutti loro, ma qualcosa lo aveva bloccato. 
Non sarebbe mai stato pronto a vivere per lei. E sapeva bene che nemmeno lei lo era. Si amavo e si sarebbero sempre amati, ma non erano fatti per il matrimonio, per la famiglia e per i figli! Non ancora almeno. Perché prima o poi, forse, sarebbero stati insieme davvero. Come i loro fratelli. 
Lei era la sua donna. Avrebbero potuto vivere divisi per sempre, ma le cose non sarebbero cambiate.
   
 
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