Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: Frulli_    02/08/2018    2 recensioni
Inghilterra, 1911. L'Europa sta attraversando un periodo di serenità e ricchezza, la "Belle Epoque". E se Parigi è il fulcro della moda e del divertimento, Londra certo non è da meno! Lo sanno bene i membri della famiglia Norton e dei suoi servitori, che per la Stagione londinese vengono catapultati in un mondo di divertimenti e finzione, dove tutti sono un pò "sottosopra", e rischiano di perdere di vista le cose vere e reali della vita, come i sentimenti e l'amicizia...
Genere: Romantico, Slice of life, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Il Novecento
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
17 . Christmas' here


NdA: ed eccoci arrivati alla fine di questa storia! Ringrazio tutti voi, singolarmente, per avermi seguito con pazienza e amore -anche quando sparivo xD-. Spero che vi sia piaciuto e vi attendo nell'Epilogo.
Grazie a tutti voi!

------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

 
Bushmills, 10 Dicembre 1911
 
Mia cara Charlotte,
sono felice che le cose a Londra stia proseguendo nella maniera migliore possibile. Ho apprezzato molto la tua ultima lettera, ho visto la foto del vostro matrimonio, eravate bellissimi.
Spero che la pasticceria prosegua a gonfie vele, e spero anche di potervi venire a trovare in primavera.
Per quanto mi riguarda qui procede tutto bene. Mio cugino John è così gentile con me, e sua moglie così buona. Ho una stanza tutta per me, e mi occupo del loro giardino e della loro serra: probabilmente la prima baronessa giardiniere femmina! Oltre al giardino studio molto, vorrei un giorno diventare infermiera. Inoltre seguo ancora il St.Mary's, non certo come Direttrice ma ricevo spesso lettere per consigli e domande da parte della mia sostituta.
Le giornate trascorrono velocemente, mi tengo molto occupata nelle mie varie attività, e Rose Castle non mi manca affatto. Lì ormai non c'è nulla o nessuno che mi possa far pensare con malinconia a quel posto.
Non ho notizie dei suoi abitanti, George mi ha solo riferito che Miss Norton è ancora a Londra ed è molto cambiata, ma non ha aggiunto altro nella sua lettera e, sinceramente, poco mi importa. Ora la mia vita è qui, ed è un'altra.


Spero di rivederti molto presto amica mia.
Tua,
Ethel.


Sollevò gli occhi verso l'ampia finestra davanti a sé. Grandi fiocchi di neve vorticavano nel cielo, nero e coperto da grigie nubi. Uno spesso strato di neve già ricopriva ogni superficie tangibile, e nevicava solo da un'ora appena. Prima di cena, constatò John, ci sarebbe stata tanta neve da dover aprire un sentiero per poter camminare in giardino. Non che si potesse andare chissà dove con quel tempo. Il freddo glaciale che proveniva dalla vicina costa aveva congelato ogni albero, filo d'erba e zolla di terra. La neve cadeva copiosa e loro erano a miglia di distanza dal paese più vicino, senza contare che erano appena le cinque ed era già buio pesto.
John, Cathleen e lei avevano trascorso le ultime settimane a raccogliere legna, fare provviste e prepararsi per l'inverno. Ethel era stata entusiasta di poter aiutare suo cugino, ed in generale di poter fare qualcosa di utile: non aveva mai preparato le provviste invernali, a Rose Castle non ve n'era praticamente bisogno. Ma lì, in Irlanda, a Bushmills...era essenziale, ed il clima più capriccioso di una donna francese.
La pendola battè le cinque e mezza e puntualmente Cathleen entrò con il vassoio del thè, sorridendo.
«Oh qualcosa di caldo ci voleva proprio cara» annunciò John alzandosi dalla poltrona e chiudendo il suo libro di preghiere. Ethel lo imitò, ripiegando la lettera appena scritta e riponendola in una busta: l'avrebbe mandata non appena sarebbe stato possibile dirigersi in paese.
«Grazie Cathy» mormorò una volta seduta vicino agli altri, prendendo la tazza servita dalla cugina acquisita. Rimasero in silenzio per una manciata di secondi, assaporando quel tepore intimo dato dal fuoco acceso, il thè fumante e la neve, fuori dalla piccola casa, che tappava ogni suono o alito di vita: non si sentiva volare una mosca, dentro o fuori la sala.
«Sai, Ethel...» annunciò alla fine Cathleen, vaga, poggiando la sua tazza sul piattino «stavamo pensando, io e John...che magari per Natale potremmo andare tutti in Cornovaglia, da tuo fratello. Vorremmo molto conoscerlo»
«Certo, non vedo perchè no. Sempre che riusciamo ad arrivare a Bushmills, con questa neve» rispose Ethel, sorridendo appena.
«Oh da qui a quindici giorni sono sicuro che andrà meglio, vedrai. Qui in Irlanda non nevica mai tanto, l'ultima volta che si è raggiunto il metro di neve forse è stato..cento anni fa» commentò John, ridacchiando.
«In tal caso, sarò felicissima di farvi conoscere mio fratello George e la sua fidanzata Cassie, che immagino per l'occasione trascorrerà anche lei il Natale in Cornovaglia, con il resto della sua famiglia»
«E' deciso, allora. Sarà un Natale fantastico!»
«Ed il primo dopo tanti anni che celebriamo in compagnia, cara»
«Vero, si...e così anche tu, Ethel, avrai modo di rivedere la tua famiglia e...»
«La mia unica famiglia siete voi, e George» precisò Ethel, seria. Sentì gli sguardi di John e Cathleen addosso, così si limitò a sorridere «non mi è rimasto nessun altro»
«Ma se non sbaglio, cugina, sei cresciuta insieme a due giovani tuoi coetanei, e...»
«Miss Norton vive stabilmente a Londra, e ci odiamo a vicenda» la corresse Ethel, seria «In quanto a Lord Norton...» si zittì, deglutendo a fatica.
Alfred.
Erano almeno quattro giorni che non pensava a lui, ma quel pensiero l'aveva fatta ricadere nell'abisso di memorie e rimpianti. Il suo ricordo la perseguitava, l'idea di non aver sposato Mr Mallard né tantomeno lui, di non aver regolato nessun conto, di non aver risolto nulla...di non averlo più visto, né sentito sue notizie.
Forse era in America, forse era già sposato con Candice, forse aveva ripreso in mano la sua finta vita e...
«Cara, tutto bene?» la voce calma di Cathleen la fece tornare alla realtà. Si limitò ad annuire e sorridere appena, prima di riprendere a bere il suo thè.
«Organizzeremo il viaggio con calma» si limitò a dire John, avendo notato un cambiamento nella cugina «d'altronde non abbiamo mica fret...»
La frase di John venne interrotta, a sorpresa, dal suono squillante del telefono, l'ultimo acquisto di casa Herbert, e probabilmente l'unico in tutta la zona.
«Oh cielo, e chi sarà mai adesso?» chiese preoccupata Cathleen.
John si alzò, serio. «Vado io cara, state pure qui» annunciò. Uscì dal salotto, chiudendo la porta. Lo sentivano parlare, la voce ovattata per via delle porte chiuse. Ma sembrava alquanto scosso e perplesso. Cathleen ed Ethel si osservarono più volte, confuse, rimanendo in silenzio.
La porta del salotto si aprì dopo qualche secondo, e John rientrò nella sala accomodandosi sulla sua poltrona.
«Chi era caro?» chiese Cathleen, osservandolo.
«Era Mrs Murphy, della merceria di Bushmills. Dice...dice che c'è un uomo, all'osteria del paese, che sta cercando un modo per arrivare qui da noi. Dice che vuole parlare con te» rispose John, andando a guardare Ethel.
«Me?» sottolineò confusa Ethel, cercando di capire chi potesse mai essere. Non certo Mr Mallard, sapeva dalle sue ultime lettere che era felicemente stanziato a New York. «Oh cielo non sarà mica George? Forse ha bisogno di aiuto e..»
«No cara cugina non preoccuparti, non è George» precisò subito John, calmo.
«Come...fai a saperlo? Mrs Murphy ti ha dato un nome?» chiese Ethel, osservandolo.
John deglutì, sorridendo appena. «Mrs Murphy...lo sai quanto male riesca a non capire un accento che non sia irlandese, no? Hai problemi anche tu, ricordi? Magari ha capito male e...»
«John, che nome ti ha dato Mrs Murphy?» insistè Ethel, fissandolo.
«Norton. Lord Norton»
Fu come se una secchiata d'acqua fredda si rovesciasse improvvisamente su Ethel, facendole sgranare gli occhi. Alfred? Alfred era arrivato fin lì, in Irlanda, sotto la neve ed il freddo, per lei? Che cosa diavolo voleva...? La risposta la sapeva benissimo: probabilmente aveva rotto con Candice, di nuovo, e stava cercando in Ethel un porto sicuro a cui promettere mare e monti prima di tornare dalla sua fidanzata ufficiale, fra qualche giorno.
No, pensò, non gli avrebbe permesso di umiarla ancora.
«Richiama pure Mrs Murphy, e dille che Miss Herbert non ha nessuna intenzione di riceverlo» annunciò calma, alzandosi dalla poltrona.
«Ma cara, ha fatto un lungo viaggio, voleva venire da Bushmills a qui a piedi, ha la vettura rotta e...»
«Non m'importa, John. Non voglio vederlo, non voglio riceverlo»
«Ethel» la voce calma di Cathleen la richiamò alla razionalità e alla calma «riflettiamo un attimo. La tormenta non finirà prima di una o due ore, ed è ormai molto tardi per poter viaggiare. Lord Norton non potrà muoversi prima di domattina, e nel frattempo tu hai tutto il tempo per poter valutare i pro e i contro di questa visita. Mal che vada, avremmo conosciuto un tuo...amico di vecchia data, prenderete un thè e vi saluterete promettendovi di scrivervi ogni tanto. No?»
Ethel ascoltò attentamente la cugina, prima di annuire appena. «Va bene..» mormorò, prima di tornare seduta e finire il suo thè, in silenzio.

 
11 Dicembre 1911


Il mattino successivo la campagna irlandese fu svegliata da un sole intenso che, in aggiunta ad un freddo glaciale e quasi da record, ghiacciò ogni superficie calpestabile della terra.
Ethel aveva trascorso la notte in bianco, come una sposa emozionata per il suo grande giorno, ma la verità era che non sapeva che cosa aspettarsi dalla visita di Alfred. Era stufa delle sue promesse, delle sue romantiche frasi che poi non attuava mai, di aspettare...aspettare che lui decidesse, che si rendesse conto di quel che davvero voleva. Ed ora, cosa voleva? Fare altre promesse da non mantenere?
Si alzò dal letto, avvolta nel pesante scialle di lana. Il fuoco in camera era ancora acceso, alimentato tutta la notte. Si sedette sulla poltrona vicino ad esso, posando gli occhi sul tavolino affianco a lei. C'era una lettera, lì, poggiata da settimane. Recava l'indirizzo di Little Hall, ed il nome di un mittente che non si sarebbe mai aspettata: Daisy.
Non aveva il coraggio di leggere le sue offese, le sue ingiurie o prese in giro, le sue ennesime angherie. Voleva dimenticare, anche lei. Ma a quanto pare il destino le stava giocando brutti scherzi.
«Avanti, non fare la bambina» brontolò tra sé, afferrando la lettera ed aprendola.
 
Londra, 1 Novembre 1911

Non so come cominciare questa lettera, quindi dirò solo “Ciao Ethel”,
So che non vorresti vedermi o sentirmi, figuriamoci leggere una mia lettera. So che impiegherai ore, forse giorni per deciderti ad aprirla: ti capisco. Non ti amo nemmeno io, se è questo che stai pensando. Ci siamo arrecate odio e rancore per fin troppo tempo, e non pensare che la colpa sia solo mia. E' di entrambe. Ma non ti scrivo per chiederti scusa, o per riceverle. Ti scrivo per Alfred, che riempie entrambi i nostri cuori.
E' giusto che la verità venga fuori. Perchè la mia vita non ha più senso, ed ho sofferto troppo per poter andare avanti in questa maniera. Comincio a fare ammenda proprio da voi, chiedendoti scusa non per la mia gelosia verso di te, ma per quello che ti ho arrecato.
Se le cose tra te e Alfred non sono andate è stata colpa mia, sempre colpa mia. Quando lui era a Parigi ero io che intercettavo le vostre lettere, bruciandole e facendovi così credere che non vi fosse più interesse uno per l'altra. La prima volta che ti chiese di sposarlo lo feci ubriacare io, ed io lo gettai tra le braccia di altre. Lui non fece nulla, non a fatti, ma ovviamente l'alcool diede i risultati da me sperati. Anche l'ultima volta è stata colpa mia: Alfred stava venendo da te ma io e Candice ci siamo accordate per fermarlo, e lui è stato costretto ad abbandonarti.
La verità, eccola: ero gelosa, ero furiosa con voi. Non mi facevo capace di come Alfred, così ricco nobile e bello, potesse innamorarsi di te, così banale e semplice. Ma adesso ho capito, sai: gli uomini tascorrono le serate con me solo per la mia bellezza, ma nessuno vuole sposarmi, ho un carattere troppo strano, come dice George. Ho deciso di “arruolarmi” nella Croce Rossa, con la speranza di potermi così redimere e, in un certo senso, sposare una buona causa.
Ti sto scrivendo tutto questo perchè è Alfred che me lo ha chiesto. Lui ti ama ancora, sta venendo in quel buco dove ti trovi attualmente ed ha voluto che ti scrivessi, affinchè capiate entrambi che non è colpa vostra, ma mia e di Candice soltanto.
Non hai idea di quanto mi pesi scrivere tutte queste verità, denudarmi dalle mie menzogne...ma immagino che il cammino della redenzione cominci proprio da qui.


Vi auguro il meglio,
Daisy.


Ethel sollevò gli occhi dalla lettera, sconvolta, poggiando il foglio sul tavolino affianco a sé. Non sapeva cosa pensare. Era davvero una lettera di Daisy, quella? Non riusciva a crederci...eppure la calligrafia era sua, e lo stile anche. O avrebbe sinceramente pensato che avesse scritto sotto dettatura.
Daisy aveva creato tutto quel male. E se n'era anche pentita. Sbuffò, perplessa: davvero la vita era strana. Una persona altezzosa e snob come Daisy che va a curare i malati, chiedendo prima scusa per i danni fatti. Poteva davvero capitare una cosa simile?
Ma la questione era un'altra: Alfred. Ecco perchè era a Bushmills, perchè sapeva che Daisy le avrebbe detto la verità circa il loro passato. Le azioni di Daisy avevano portato una rottura tra loro, entrambi convinti che fosse colpa dell'altro, o di un ma cato sentimento...ma ora? Era tutto diverso, era tutto un altro punto di vista, che non aveva mai valutato. Non avrebbe mai pensato che Daisy sarebbe stata capace di tutto ciò. Non l'avrebbe perdonata, non subito almeno. Forse, col tempo...
«Ethel, cara? E' pronta la colazione» la voce di Cathleen dal corridoio interruppe il fiume del suo ragionamento.
«Arrivo!» esclamò, alzandosi e prendendo a vestirsi. Si impose di non indossare nulla di speciale o elegante: l'arrivo di Alfred non doveva sconvolgere la sua vita. Non più di quanto non avrebbe già fatto. Scese in salotto e consumò la sua colazione in silenzio, sentendosi addosso gli sguardi dei cugini. Poi si alzò, diretta all'ingresso e infilandosi cappotto, stivali, guanti e scialle.
«Se arriva qualche visita per me, sono nella serra!» gridò da lì, alludendo ovviamente all'unica visita possibile quel giorno. Una risposta chiara alle loro domande non chieste Quindi aprì la porta, venendo subito colpita dal freddo glaciale della costa irlandese, un freddo a cui a stento si era abituata ma che, tutto sommato, non le dispiaceva. Solo perchè sapeva che aveva un tetto sopra la testa ed un pasto caldo. E questo la riportò al pensiero del suo ex-orfanotrofio. Chissà cosa stavano facendo i bambini, e Joseph...
Aprì la porta della serra, sbattendo appena gli stivali e scuotendo l'orlo del vestito per evitare che la neve in eccesso entrasse nella struttura, bagnando il pavimento. Subito potè percepire il caldo stazionario dentro la serra, e sorrise fra sé. Si spogliò del soprabito e degli indumenti eccessivi, quindi si arrotolò le maniche sopra i gomiti e cominciò a controllare pianta per pianta, lucidando le foglie, annaffiandole o eliminando qualche foglia secca. Era troppo distratta per dedicarsi alle piante in maniera decisa e pratica. Troppo agitata. Guardava i limoni e le arance senza davvero osservarli, studiarne la crescita o una eventuale regressione o malattia.
Aveva il cuore che batteva come un martello e si impose di respirare regolarmente, di fingere che non ci fosse nulla da temere o...
«Ethel? E' permesso?» annunciò la voce educata e composta di Cathleen, aprendo la porta della piccola serra. Quando la cugina assumeva quel tono voleva dire che c'era qualcun altro presente, oltre a lei. Ethel sussultò, si ricompose e lentamente uscì da dietro una grossa pianta di limone.
«Eccomi Cathleen» annunciò, avvicinandosi lentamente. Potè così scrutare tra le foglie delle piante la figura di Alfred, imbacuccato in un pesante pastrano. Doveva gelarsi di freddo, lì, in confronto al clima più temperato di Norfolk o Londra.
«C'è qui Lord Norton, per una visita...vi porto il thè?» chiese la cugina.
Ethel sollevò gli occhi sul ragazzo, incontrandone lo sguardo: non era molto cambiato, rispetto a qualche mese prima. Sembrava solo teso, e nervoso, come forse lo era lei.
«Miss Ethel...»
«Lord Norton...benvenuto in Irlanda. Sì Cathleen grazie, portaci pure il thè» rispose Ethel pacata, parlando più di quanto si sarebbe mai aspettata.
«Bene...» Cathleen si strinse nel cappotto ed uscì dalla serra, richiudendo bene la porta.
«Togliti pure il cappotto, qui fa abbastanza caldo. O quando uscirai ti ammalerai» commentò seria Ethel, prima di girarsi e prendere a lucidare delle grosse foglie verdi ed esotiche.
«E così passi il tempo qui alla serra?» chiese Alfred come nulla fosse, togliendosi di dosso il pastrano. Le si avvicinò, affiancandola senza avvicinarsi troppo.
«Mi rilassa. Sto anche studiando, come infermiera»
«Ah si? Anche Daisy, sai? Beh lei veramente più come...»
«...come crocerossina. Lo so» precisò Ethel, senza guardarlo «mi ha scritto...»
«Davvero?» chiese Alfred, con la voce leggermente incrinata dall'agitazione.
«Già...» precisò lei, riprendendo a camminare. Alfred la seguì come un'ombra.
«Come ti trovi qui?»
«Bene, grazie. Il clima è un po' rigido, ma la calma è paradisiaca. Meglio di Londra sicuramente. Ma immagino che a te piaccia ancora»
«Non mi è mai piaciuta, in verità. Infatti adesso abito in campagna, verso Oxford. Vado a Londra solo quando necessario. Ho...venduto Little Hall e Blue House, la villa al mare. Con il ricavato ho acquistato un piccolo cottage in campagna»
«E Daisy dov'è andata ad abitare?» chiese curiosa Ethel, senza ancora guardarlo.
«Abita con un'altra ragazza, ha praticamente sperperato tutti i suoi soldi. Quando vogliamo ci ritiriamo a Rose Castle. Avrei dovuto venderla, ma...non ce l'ho fatta. Ho troppi ricordi in quel castello, ci siamo nati e cresciuti...papà non avrebbe voluto»
«Nemmeno Lady Maud, no. Hai fatto bene...» ammise Ethel «E così Lord Norton vive in un cottage...»
«Già, assurdo no? E George, che dice?»
«Immagino lo vedrai più tu di me, sicuramente. Dice che sta bene, che l'azienza procede bene e che in primavera si sposerà con Cassie. Sono molto felice per loro...»
«Verrai al matrimonio?» chiese Alfred.
Ethel annuì. «Anche prima. Mio cugino John voleva conoscerlo e pensavamo...di andare in Cornovaglia per Natale, partendo fra una decina di giorni circa. Neve permettendo»
«George ha invitato anche me, sai? Potremmo...sedersi vicini durante la cena, se ti va. Ti va?»
Ethel sollevò solo in quel momento gli occhi sul ragazzo. Deglutì, ma alla fine sorrise appena.
«Va bene...»
«Va bene?» chiese Alfred, come se non fosse sicuro.
«Si, va bene ho detto» precisò Ethel ridacchiando.
«Bene...ottimo...» mormorò il ragazzo, tornando in silenzio a guardare le piante.
La ragazza si sentì le dita sfiorare da quelle di Alfred e incerta rispose prima che il ragazzo le afferasse con dolcezza la mano nella propria.


 
24 Dicembre 1911


In Cornovaglia non nevicava mai, figuriamoci la Vigilia di Natale. Ma quell'anno la Provvidenza aveva voluto regalare una serata indimenticabile, magica.
Ethel non faceva che guardare fuori dalla finestra, incantata da quello spettacolo come fosse la prima volta che vedeva la neve ricoprire di bianco immacolato ogni cosa su cui si posasse. Ma forse sì, forse era davvero la prima volta che era felice a Natale, la prima volta che non pensava ai suoi genitori. Non nella maniera in cui aveva pensato a loro negli ultimi decenni. Osservò il riflesso che emanava il vetro della finestra, l'interno del salotto in cui si trovava.
Suo fratello George aveva fatto le cose in grande, e non solo per impressionare i suoi futuri suoceri. Anche lui, come Ethel, voleva festeggiare quel Natale come si conveniva, con le persone che amava.
C'era un enorme ceppo che ardeva nel camino, biancospino e ghirlande di pini e nastri rossi che pendevano intorno alle pareti. Un enorme albero di Natale era magnificamente decorato e sembrava brillare di luce proprio. Sotto di esso, una catasta di regali per tutti loro. Sul tavolo al centro della sala la servitù serviva salmone affumicato e sidro per le signore, o brandy per gli uomini. Chiacchieravano allegri gli ancora pochi presenti nella sala, ed Ethel si girò proprio verso di loro. Posò gli occhi verso George, che intratteneva allegramente John e Cathleen. Sorrideva, seppur con pacatezza, ma aveva gli occhi che brillavano e l'allegria che lo avvolgeva in quell'atmosfera calda ed intima. John e Cathleen si muovevano all'unisono, come fossero uno l'ombra dell'altra, e sorridevano raggianti nell'ascoltare il loro unico parente maschio, l'unico che a Dio piacendo avrebbe portato avanti il buon nome della famiglia Herbert.
Ethel si girò ancora, verso Charlotte e Marco, anche loro invitati da George in quel giorno di festa. Vestivano bene e con sobrietà, segno che il negozio a Londra non andava poi così male. Ma doveva ammetterlo: il vestito di Charlotte cominciava ad essere troppo stretto intorno al ventre rigonfio della sua appena scoperta gravidanza. Le sorrise con dolcezza, prima di volgersi verso Cassie, che si stava versando l'ennesimo sidro, sorridente. Salutò con un cenno elegante i genitori di Cassie, seri e sulle loro in un angolo della sala, prima di avvicinarsi a lei.
«Non starai esagerando?»
«Oh ma dai, questo sidro è così leggero...non fare come zia Adel, su» precisò Cassie ironica.
«Per amore del cielo, non sia mai! Allora...sei emozionata?» mormorò all'amica, lanciando un'occhiata alla sala.
«Se conti che la prima volta che si sono visti mi hanno venduto come una vacca da monta sì, sono molto emozionata»
«Cassie!» esclamò Ethel in un sussurro, ridendo a quel suo paragone contadino.
«Che c'è? E' la verità. Ma suppongo sia la parte pragmatica di un matrimonio. All'amore ci pensiamo noi» precisò Cassie, prima di sorridere verso George il quale, con tutta risposta, sollevò appena il bicchiere verso le due ragazze.
«E tu, sei emozionata? E' la prima volta che rivedi Alfred dopo il vostro breve incontro a Bushmills no?»
«Sì, è così. Sono...agitata, è vero. Ma voglio godermi questa bella serata, in onore della nostra bella famiglia e di chi non c'è più...»
Cassie sorrise e le strinse una mano. «Sono sicura che sarebbero felici per voi, cara» mormorò la giovane con empatia.
La porta del salotto si aprì lentamente e il vociare si zittì nel salotto alla vista degli ennesimi ospiti di quella serata. Alfred e Daisy fecero il loro ingresso, eleganti come sempre ma con l'aria serena e sorridente lui, tesa e agitata lei.
Ethel deglutì, irrigidendosi appena.
«Immagino che una seconda possibilità si dia a tutti, no Ethel?» mormorò Cassie, leggendole nel pensiero.
Il primo che andò a salutare Daisy fu George, il padrone di casa.
«Benvenuta Daisy, e Buon Natale»
«Grazie George, Buon Natale anche a te. Miss Howard...Buon Natale anche a voi» rispose Daisy, stretta al braccio del fratello, come spaventata.
Era miracolosamente in carne, o almeno non era più anoressica. Vestiva in maniera sobria e leggera, con pochi gioielli addosso. Non sembrava nemmeno lei. Ethel si avvicinò lentamente, facendosi coraggio con gli sguardi eloquenti di Alfred.
«Buona sera Daisy...Buon Natale. Ti trovo...in ottima forma» annunciò, senza particolare enfasi e cercando di sorridere. Poteva essere fisicamente cambiata quanto voleva, per Ethel era ancora la ragazzina viziata e antipatica di sempre. Ma la sua risposta la sorprese.
«Buona sera a te Ethel, Buon Natale. E grazie...il lavoro in Croce Rossa è faticoso, ed ho aumentato i pasti giornalieri, per avere più forze durante il giorno. Alfred mi ha detto che anche tu stai studiando come infermiera, vero?»
«Ho appena cominciato, sì...è faticoso ma interessante»
«E' un lavoro che dà molte soddisfazioni»
Ethel rimase senza parole. Non aveva mai sentito la parola “lavoro” uscire dalla bocca di Daisy, se non per disprezzo e derisione. Daisy Norton, la non più ricca Contessa, che lavorava...forse aveva ragione Lady Maud, forse davvero i tempi stavano cambiando, e la nobiltà un giorno non avrebbe più avuto nessun peso.
«Bene, ci accomodiamo nella sala da pranzo?» chiese George, interrompendo quella situazione di imbarazzo. Tutti gli invitati seguirono il padrone di casa verso la stanza adiacente, ben addobbata e imbandita.
«Allora posso...sedermi vicino a te, sì?» Alfred rimase in piedi vicino ad Ethel in attesa di risposta.
«Sì...certo» mormorò Ethel, ostentando malamente una certa reticenza.
«Grandioso...!» Alfred sorrise e le allontanò appena la sedia prima di riavvicinarla al tavolo, una volta seduta. Poi fece la stessa cosa con Daisy, poco lontano, ed infine si sedette.
Ethel sorrise a Charlotte e Marco, seduti proprio davanti a loro.
«Mr Conti, Mrs Murphy! Che piacere rivedervi! Come state? La gravidanza procede bene?» chiese Alfred, cercando di evitare gli sguardi di paura che la giovane sposata, a buon motivo, lanciava verso Daisy. D'altronde non c'era da meravigliarsi: per colpa di Daisy, lei perse il lavoro a Rose Castle.
«Molto bene, vi ringrazio signore...»
«Quale signore, Mrs Murphy. Chiamatemi pure Alfred, mh?» precisò il ragazzo senza alcuna finta gentilezza.
«Alfred...certo» precisò Charlotte, incera «E voi, Miss? Come state...?» azzardò a chiedere a Daisy, la quale forse non si aspettava nemmeno che la giovane le rivolgesse la parola.
Rimase spiazzata, arrossendo in viso. «Io? Io sto bene, si...molto. La gravidanza vi dona, sapete...avete già delle voglie? So che le donne incinte ne hanno molte»
«Crema inglese soprattutto, Miss...la adora» precisò secco Marco, beccandosi puntulamente un pestone dalla moglie «Che c'è...!» protestò il ragazzo, scrollando le spalle.
Daisy sorrise appena, come mortificata. «Non stento a crederlo, Mr Conti...la vostra crema era deliziosa. Ero io che ero salata come il Mar Morto» precisò sincera Daisy.
Ethel stentava a credere a quel che aveva appena sentito. Daisy Norton che si auto-criticava?
Si girò verso Alfred che si limitò a scrollare appena le spalle.
«Che c'è? Ti avevo detto che era cambiata...»
«Si ma...non pensavo così» ammise sincera Ethel.
«Quando si cambia, si deve cambiare solo in meglio. Ah, prima che me ne dimentichi...ti saluta la Regina»
Ethel quasi si strozzò con l'acqua a quella notizia. Arrossì. «La Regina si ricorda di me?»
«Mh-mh, puoi scommetterci. Mi ha pregato di convincerti a riportarti alla Direzione del St.Mary's House, con nuovi fondi per la sistemazione dell'edificio. Dicono che la tua sostituta non sia brava come te. E poi mi ha detto un'altra cosa...»
«Cosa?»
«Ti passare a trovarla dopo il nostro matrimonio»
Ethel avvampò di colpo e di nuovo. «Ma davvero?»
«Già...beh diciamo che forse ho esagerato leggermente nell'illustrarle la nostra attuale situazione...sentimentale. Ma era così entusiasta che mi sono lasciato andare alla fantasia»
«Oh...capisco» si limitò a dire Ethel, in imbarazzo. «Sappi Alfie che questa è la richiesta di matrimonio più assurda che abbia mai sentito» precisò poi, sorridendo senza guardarlo.
«Lo ammetto, alquanto bizzarra. Ma ho capito una cosa: le situazioni romantiche, a noi, portano sfiga»
Ethel ridacchiò divertita, sentendosi stringere la mano dal ragazzo, rispondendo alla stretta.
«E' un sì, vero?» mormorò Alfred, speranzoso.
Ethel sollevò gli occhi per guardarlo ed annuì, sorridendo.
«Signore e signori» la voce di George si alzò, come tutto il resto del corpo, con il calice in alto. Gli invitati fecero altrettanto, imitandolo. «Un brindisi! Alle nuove scelte e ai cambiamenti positivi, alla famiglia e agli amici...che questa sera possa essere la sera più bella della nostra vita! Toast!»
«Toast!» esclamarono gli altri, prima di bere e cominciare così la deliziosa cena.
Quella, davvero, sarebbe stata la più bella serata della loro vita.

 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: Frulli_