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Autore: Indaco_    02/08/2018    4 recensioni
Il cuore di Amy saltò un battito capendo bene che quel devastante e incredibile dettaglio non era affatto dovuto ad una semplice coincidenza.
I puri e grandi occhi del piccolo erano di un accecante verde magnetico.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Dance'
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La riccia rosa, sollevata dalla preoccupazione che l’aveva assalita per tutto il pomeriggio, strinse forte a se il bambino sommergendolo di baci.
< Mamy! >Esclamò il piccolo felicissimo, ricambiando con debolezza l’abbraccio della madre. A guardare la ragazza, non si capiva se fosse arrabbiata, sollevata o chissà cos’altro e per un solo secondo, Sonic pensò di riuscire a sfuggire ad una delle pesanti prediche della riccia. Ma non fu così. 
Passata la fase di “amore e gioia”, subentrò la fase “distruzione e odio” e con ciò la riccia cambiò espressione nel giro di due secondi, assumendo uno sguardo incollerito.
< Mio Dio! Ma dove siete stati fin ora? Guardate come siete conciati! Vi pare l’ora di tornare? Ti ho chiamato 50 volte ma non mi hai mai risposto! Ero preoccupatissima! Pensavo vi foste persi o chissà che altro! > Urlò livida di rabbia, infuriata nera come poche volte l’aveva vista il riccio adulto.
Sonic sapeva bene che la sfuriata della rosa era diretta a lui soltanto, infatti con grande rammarico ascoltava paziente, avvinghiato allo stipite della porta tenendosi lo stomaco in subbuglio. Justin impaurito dall’atteggiamento della madre era sceso dalle sue braccia, si era zittito e l’aveva lasciata sfogare sapendo bene che la sfuriata si sarebbe conclusa appena passato il momento di rabbia.
< Mi dite dove siete andati per conciarvi in quel modo o devo provare ad indovinare?! >Esclamò imperterrita portando le mani sui fianchi per sembrare minacciosa. Era sconvolta dallo stato di devastazione in cui si trovavano i suoi coinquilini, sembravano usciti da una foresta di rovi e fango tanto erano sporchi.
< Sono caduto nel fiume e Sonic mi ha salvato! > Rispose velocemente e sinceramente Justin, sperando così di risolvere la questione in pochi minuti e poter mangiare qualcosa.
 Sonic strinse gli occhi in attesa della lunga e curata sfuriata che giustamente si meritava, si sentiva particolarmente in colpa per non essere riuscito ad evitare l’incidente. Non avrebbe dovuto portarlo così vicino al fiume, era stato molto imprudente e a causa del suo errore, Justin ne era quasi morto. Era convinto di meritarsi la sgridata di Amy, anche se sperava di sentirne molto meno della metà.
La rosa sgranò gli occhi sconvolta lanciando un’occhiata incredula al riccio appoggiato alla porta, sperava di cuore che il blu si difendesse sminuendo la gravità del pericolo a cui aveva esposto Justin. Aveva ben presente il fiume del parco in piena, era molto violento e aveva mietuto più di un bambino all’epoca della sua adolescenza.
Sapere che suo figlio aveva rischiato di morire, la riempì così tanto di terrore da offuscargli qualsiasi senso della misura. Gli montò nel giro di pochi attimi una rabbia cieca, chiuse gli occhi e serrò la mascella cercando di calmarsi,
< Justin vai su in bagno, c’è la vasca pronta > ordinò senza dar margine d’azione al piccolo, con tono freddo e incollerito.
Esitando per un istante, il riccetto salì le scale con lentezza lanciando un’occhiata preoccupata al suo salvatore, sperava tanto che sua madre si contenesse almeno un po’ durante il discorsetto che avrebbe fatto a Sonic, altrimenti povero lui!
Una volta che Justin se ne fu andato, Amy respirò profondamente per darsi un contegno che non arrivò.
< Come? Come ti è saltato in mente di portarlo al fiume? Tu più di me sai quanti ne sono morti! Serviva proprio aggiungere lui alla lista? Oltretutto non sai nemmeno nuotare! Sei stato un’irresponsabile nel pieno senso della parola! Non puoi permetterti di non calcolare gli inconvenienti! Tu sei l’adulto e tu devi pensare a lui! 24 anni per niente! Porca troia Sonic hai idea di quanto siete andati vicino alla morte oggi? Ne hai una fottutissima idea? Io si! Scordatelo se pensi che te lo affiderò ancora anche solo una cazzo di ora e … > si bloccò a metà discorso quando vide il riccio blu ruotare il busto in fretta verso l’esterno e vomitare una specie di fanghiglia sul prato.
La rabbia scemò un po’ a quella vista, sostituita dalla preoccupazione quando una gamba del riccio cedette sotto il peso del suo corpo, facendolo accasciare al suolo in preda ai conati.
< Sonic! > Esclamò con una punta di panico correndo in suo soccorso, si inginocchiò al suo fianco e con fatica lo aiutò a sostenere il busto e gli aculei, mentre il povero riccio a momenti vomitava anche l’anima.
Amy avvertì i brividi di freddo correre sulla pelle del ragazzo e in un momento di pausa tra un rigetto e l’altro, gli passò attorno alle spalle la felpa nera che indossava. Non era gran cosa ma almeno lo riparava un pochino dall’aria fredda che soffiava in quel momento.
< Andiamo dentro! Ti porto in bagno almeno li c’è caldo! >Tentò di esortarlo con la voce carica d’ansia. Sonic in preda ad una nausea pazzesca tremava dal freddo, si sentiva uno straccio, non solo per lo stato pietoso in cui riversava, ma soprattutto per le parole che la riccia gli aveva rivolto.
Sapeva di essersele meritate ma l’ultima frase, quella in cui Amy affermava che non avrebbe più affidato il piccolo a lui, lo preoccupava. Ovvio, il figlio era della rosa e la ragazza poteva affidarlo a chi voleva, lui di certo non poteva contestare le decisioni in merito a ciò. Ma la minaccia di non poter più correre assieme al bambino lo preoccupava più di quel che pensava.
  All’invito di entrare in casa, Sonic scosse debolmente la testa, la gamba non rispondeva ancora e poi non sarebbe riuscito nemmeno ad alzarsi in quel momento.
< Non riesco a cammin … > mormorò, ma un ultimo conato gli mozzò la frase, mentre lo stomaco si contrasse per eliminare i restanti residui di terra e foglie. La riccia non prese alla lettera il suo “non riesco a camminare”, pensava infatti fosse solo una questione di stanchezza, così senza preavviso lo tirò faticosamente in piedi, decisa a tutti i costi di portarlo in casa. Non poteva di certo lasciarlo vomitare in giardino!
Il ragazzo, troppo stanco per protestare, si aiutò per quel che poté con l’arto sano, dovette però caricare più peso del previsto sulla riccia, la quale diede fondo a tutta la sua forza per sostenerlo e trascinarlo all’interno.
Quei 10 metri che separavano l’ingresso dal wc, furono i più lunghi della loro vita. Si accorse subito che il blu stava peggio di quello che sembrava, ma sia a causa della fatica sia a causa dell’orgoglio non approfondì il discorso. Con un ultimo sforzo  riuscì a portarlo in bagno, dove preventivamente aveva già preparato la vasca di acqua bollente. Lo aiutò a sedersi sul bordo con più delicatezza possibile, erano entrambi senza fiato e stanchi come se avessero ballato per tutto il giorno.
Sonic si lasciò scivolare sulla seduta improvvisata senza tante cerimonie, era veramente esausto. Amy si riavviò i capelli sciolti e respirò profondamente mentre il sudore le colava giù dal collo in piccole gocce,
< ora ti lavi, se hai problemi chiamami, qualsiasi problema ok? Io ti porto il cambio tra poco, sono su con Justin > lo avvisò sperando che si riprendesse almeno un po’. Il riccio, bianchissimo in volto, si limitò ad annuire e ringraziare, poi aspettò che la ragazza uscisse dal bagno prima di sollevarsi barcollante e controllare la ferita riportata. Il fianco era coperto da una grande chiazza nera-violacea con il centro di un malsano color giallo, che si estendeva per buona parte della coscia.
Restò stupito dalla sua grandezza, non aveva mai preso una botta simile in vita sua. Non si azzardò a toccarla, sapeva bene senza il bisogno di prova alcuna che sarebbe esplosa in una dolorosa fitta. Con molta difficoltà entrò nella vasca, stando ben attento a non sbattere il fianco su qualsiasi possibile oggetto. Appoggiandosi al bordo, a forza di braccia e utilizzando l’arto sano, riuscì a scivolare sul fondo con delicatezza. Non si sentiva affatto bene, una dolorosa emicrania gli stava spappolando il cervello, si sentiva come una centrifuga di mirtilli e sabbia.
Sospirando per lo stato in cui si trovava e rosicchiato dai sensi di colpa, adagiò la testa sul bordo della vasca. Cullato dolcemente dall’acqua calda, chiuse gli occhi rilassando la muscolatura e senza rendersene conto si addormentò dopo qualche attimo.


Intanto nel piano superiore, Amy stava lavando Justin. Gli aculei pieni di fango sembravano dei malfatti rasta e la riccia si stava slogando un polso a furia di strigliarglieli. Justin, in uno stato di dormiveglia, raccontò per filo e per segno l’intera vicenda, o almeno la parte che ricordava. Il piccolo infatti non aveva idea di cosa fosse successo da quando era emerso dall’acqua. Sapeva che era affondato e che il fango lo aveva bloccato e sapeva anche che era riuscito ad emergere, ma poi nulla, il cervello non aveva registrato nient’altro.
Ricordava solo che si era svegliato con un forte senso di soffocamento e che Sonic lo aveva aiutato ad alzarsi e a prendere fiato. Amy provava ansia e preoccupazione per i suoi due blu, erano entrambi stanchi morti ma Justin fortunatamente era sano come un pesce a parte per qualche piccolo ematoma, mentre Sonic sembrava più di la che di qua. Non ne era sicurissima, ma era quasi certa che il ragazzo  avesse una gamba ferita da come si spostava, non poteva di certo essere solo stanchezza. Sembrava che non riuscisse a “controllare” l’arto destro. Oltretutto era impaziente di conoscere la sua versione della storia, di come l’aveva salvato e come erano usciti dalla corrente.
Quel fiume l’aveva sempre terrorizzata, quando era in piena nulla poteva sopravvivere alla sua furia. Oltretutto i lavori di pulizia degli argini e del corso d’acqua non erano mai eseguiti per l’intera lunghezza del torrente, perciò straripamenti e ostruzioni erano sempre presenti, in qualsiasi momento dell’anno. Bastava un tronco o un masso e i due sarebbero diventati due grosse frittate. Unendo i suoi  ricordi con la spiegazione di Justin, si rese conto di quanta cavolo di fortuna avevano avuto per tornare a casa vivi e vegeti. Ringraziò intensamente l’essere superiore che aveva vegliato su di loro.
 
Una volta che Justin fu lindo e pulito, (operazione che costò non poca fatica a sua madre) fu rivestito e mandato giù in salotto, mentre la ragazza prendeva dei vestiti puliti per l’altro riccio. Appena mise piede nella camera di Sonic il profumo familiarissimo le invase il naso e la memoria, riportando a galla ricordi che nemmeno si immaginava di possedere ancora. A parte la sostituzione del letto rotondo con un letto matrimoniale normalissimo, l’arredamento non era cambiato di una virgola.
La stanza era in gran disordine, la scrivania era invasa da coppe e medaglie, pc, tablet, cuffie e vestiti. Non voleva ficcanasare e toccare troppo in giro, d’altronde era la sua camera da letto e lei non doveva neanche esserci entrata, così si limitò ad aprire gli armadi per cercare qualcosa di adatto. Con sua piacevole sorpresa notò che il guardaroba era stato completamente e profondamente rinnovato, al posto delle tute pacchiane e dei cappellini da truzzo, erano presenti felpe e indumenti normalissimi. Il colore regnante era il nero, seguito da grigio, bianco e blu e qualche raro accenno di verde militare. Preso il cambio, Amy si catapultò in salotto e notò che Justin si era beatamente addormentato sul divano in posizione fetale. Il piccolo aveva uno sguardo sereno e rilassato, anzi sembrava addirittura felice e questo bastava e avanzava a renderla euforica. Lo lasciò indisturbato anche se avrebbe voluto tanto stringerlo tra le sue braccia e sommergerlo di baci.
Passò invece all’altro riccio, quello che in quel momento si era appena svegliato a causa di una fitta lancinante al fianco. Quei 15 minuti di sano riposo l’avevano aiutato a riprendere un briciolo di fiato, si sentiva ancora stanchissimo ma ora riusciva almeno a lavarsi. Si stava appunto spazzolando con cura gli aculei incementati di fango quando la riccia bussò alla porta.
< Sonic? Come va? > Domandò con un filo di preoccupazione, restando in attesa per una risposta.
< Ehm … tutto bene, tra 5 minuti vengo fuori, lasciali pure li i vestiti > rispose con tono sbrigativo, sentendosi ancora in colpa per le parole che Amy gli aveva urlato contro. La rosa obbedì senza aggiungere null’altro e si diresse in cucina per preparare qualche chili dog. Non le piaceva affatto aver lasciato tutto sul pavimento ma non se l’era sentita di intavolare un discorso, non dopo quello che gli aveva detto. Riflettendoci non era stata gentile ne tanto meno educata.
Gli aveva urlato contro tutto e di più, dandogli dell’irresponsabile e anche dell’immaturo, non riflettendo su diversi punti che le venivano in mente solo in quell’istante. Come prima cosa Justin non era morto e il merito andava interamente al riccio, che oltretutto aveva rischiato la propria vita per quella di un bambino che credeva non fosse suo figlio. Come seconda cosa, era stato un incidente, se ci fosse stata lei al posto di Sonic, probabilmente sarebbero morti entrambi.
E non era vero nemmeno il fatto che il blu fosse un’irresponsabile, infatti, a quel che gli aveva raccontato Justin, Sonic si era premunito di restare a distanza di sicurezza dal margine.
“Stupide formiche” imprecò con un profondo sospiro, iniziando a cucinare il primo chili dog. Doveva chiedergli scusa, non poteva chiudere la discussione facendo finta di nulla, erano parole terribili quelle che gli aveva urlato in faccia e non se le era nemmeno meritate. Decise di scusarsi a tavola, così sarebbe stata anche un’ottima occasione per dimostrare a Justin che quando si sbaglia si deve anche chiedere scusa.
Preparò la tavola mentre mentalmente formulava delle scuse sincere da dire a Sonic. La cosa non era per niente facile, avrebbe dovuto ammettere che aveva torto e la cosa non la entusiasmava. Sbuffò e rigirò l’ultimo chili dog, armandosi di coraggio e abbandonando un po’ di orgoglio per quelle dannate scuse.
< Justin? Sonic? È pronto! > Urlò a gran voce per farsi sentire.
Aspettò per qualche minuto l’arrivo di padre e figlio, ma più il tempo passava più sospettava che nessuno l’avesse minimamente ascoltata. Si diresse spazientita in salotto, per vedere cosa stavano combinando
< ragazzi? È pronto di la! Ho anche fatto i chili dog, non avete … > iniziò decisa, per poi scemare al silenzio appena vide che i due stavano dormendo fisso sul divano.
Incredula dalla stanchezza che stavano dimostrando, con un mezzo sorriso e uno sbuffo, si rintanò in cucina dove sparecchiò e risistemò ogni cosa, ben attenta a non fare rumore.
Grazie a Dio erano tornati.


Spazio autrice:
Buonasera, spero che vi piaccia anche questo capitolo! Consigli, critiche o segnalazioni di errori sono ben accetti! Sto cercando disegni o immagini che raffigurino la storia, ma al momento non ne ho trovati di carini. Perciò inserirò altre foto non appena le troverò/disegnerò.
 Grazie e buona serata! Baci!
 
  
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