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Autore: fra_eater    02/08/2018    1 recensioni
La seconda battaglia di Hogwarts è violenta, strappa vite e provoca dolorosi lutti, creando ferite che non si possono rimarginare e per ritrovare la pace la via più semplice e più vile, sembra l'unica che riesce a colmare il vuoto lasciato dal lutto.
Questa storia partecipa al contest "Narrami, o musa, del dolore..."indetto da Neera Sharim sul forum di EFP.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Il Secondo Trio (Neville, Ginny, Luna), Il trio protagonista, Ron Weasley, Un po' tutti | Coppie: Ron/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da VII libro alternativo
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Laetitiae proximus fletus.

Narrami, o Musa, del dolore…
 
Dolore.
Non c’è altro intorno a me.
Non riesco a provare altro, a vedere altro.
Mi si stringe il cuore nel vedere Fred senza vita, stretto tra le braccia di George che non riesce a trattenere la sua sofferenza; le sue spalle sono a loro volta circondate da Ron e Percy che lo sorreggono e piangono con lui. Piangono lasciandosi andare a quel pianto catartico di cui abbiamo bisogno, che ci fa ricordare che siamo vivi.
I corpi di Tonks e del professor Lupin sono poco lontani, vegliati dal lutto silenti di Luna e pochi altri studenti.
Questa guerra sta portando via troppe vite innocenti, troppi volti immobili stesi verso un soffitto che non possono più guardare, troppe labbra bianche che non pronunceranno più parole.
La famiglia di Ron è tutta raccolta intorno al corpo di Fred; si asciugano le lacrime, si stringono in un abbraccio.
Io sono con loro stringendo Ginny tra le mie braccia.
È stata forte, Ginny, ha combattuto e tenuto testa a tanti Mangiamorte insieme a Neville e ai pochi altri che ancora credevano in noi, in Harry. Ma ora mi sembra così fragile, come una bambina intimorita da tutto.
I suoi capelli sono sporchi di terra e le sue mani che stringe a pugno contro il mio petto sono arrossate e piene di graffi, sotto le dita noto la terra e il sangue coagulato.
Sposta leggermente il volto ferito e vedo i suoi occhi gonfi, arrossati; a malapena riesco ad avvistare le lentiggini sotto il rossore delle guance. Stringe le labbra e ricomincia a piangere, abbandonandosi sul mio seno e facendosi cullare dal mio abbraccio.
Io non ho il coraggio di guardare Fred.
Accarezzo i capelli di Ginny e guardo gli altri componenti della famiglia che mi ha sempre accolta come una figlia.
I signori Weasley piangono in silenzio, in piedi, lo sguardo fisso sul figlio morto. La signora Weasley sistema i capelli in un gesto del capo, stringe la mano di Charlie con la destra e con la sinistra affonda le unghie sulla spalla destra, dove il signor Weasley ha appoggiato la propria di mano. Vorrebbe abbracciare la moglie, ma non ci riesce. Lo leggo nei suoi occhi che ha il terrore di muoversi, di credere che questo incubo sia vero.
Charlie non piange. È temprato dal pericolo, dal dolore fisico, ma soffre in silenzio.
Bill è in ginocchio, crollato su sé stesso. Ha finito le lacrime sulla spalla di Fleur che lo sostiene, stupenda nonostante il viso sporco e tumefatto; gli accarezza i capelli rossi e lo bacia dolcemente sulla fronte come una madre che culla un bambino, come una giusta sposa che sa di dover essere un’ancora per il marito.
Percy si avvicina al padre, timoroso. Non è il momento giusto per delle scuse, dai sujoi movimenti capisco che ha paura di spezzare il rigoroso cordoglio.
Il signor Weasley spalanca gli occhi come se si fosse appena accorto della sua presenza. Lascia la spalla della moglie per stringere in collo il figlio, cedendo alle lacrime che a lungo aveva taciuto e a lui si uniscono Percy e la signora Weasley e Charlie: si abbracciano e piangono a singhiozzi, felici per essersi ritrovati, distrutti per aver perso una parte di loro.
Parte che giace a terra. La sua identica metà gli tiene la mano.
George piange, come tutti, più di tutti. Non ha perso solo un fratello, ha perso molto di più e non riesco a immaginare quel che possa provare a vedere il suo gemello, il suo riflesso. Una parte di lui è senza vita, è morta con Fred, l’altra parte invece si è abbandonata all’abbraccio di Ron che è stanco, arreso; la rabbia che ho visto poco fa nei suoi occhi, che urlava a gran voce di voler uccidere i Mangiamorte, è scomparsa.
Ron è sfinito. Ha lo sguardo di chi non ha più la forza di lottare, ma che si fa forza per non pesare sugli altri.
Non cerca il mio sguardo, fissa le mani cianotiche di Fred mentre con un braccio supporta George. È il fratello più piccolo che sorregge il grande, il sassolino che si fa coraggio per essere base della pietra più grande prima che cada frantumandosi.
Se penso che pochi attimi fa ero la persona più felice del mondo mi sento terribilmente in colpa ed egoista.
Ero così felice di baciare Ron, di sentirmi stretta tra le sue braccia e, come ci ha scortesemente ricordato Harry, non mi importava della guerra che incombeva fuori. Ero semplicemente felice.
Ora quella felicità è stata spazzata via.
Si è unita a tutti questi corpi, dimenticata nell’angolo più recondito, sepolta dalle macerie che questo odio e dolore ha portato con sé.
Mi convinco finalmente a guardare Fred.
L’ho visto cadere sotto i miei occhi e ogni fibra del mio essere sperava che si rialzasse, che continuasse a lottare.
Gli è rimasto il sorriso sul volto e forse è proprio quello che fa più male.
Non mi sento di avere gli stessi diritti di questa famiglia a piangere Fred; non era mio fratello, eppure sono qua, a sentire questo senso di vuoto nel cuore, a voler abbracciare uno ad uno queste persone e unire le mie lacrime alle loro, a poter dire “Va tutto bene”
Ma le parole non sono vere. Non va tutto bene. Questa famiglia è stata rotta, privata di una parte del suo cuore e non potrà più essere riparata, questa famiglia così povera ma al tempo stesso così ricca che ha accolto a braccia aperte una come me, una che non ha diritti in questo mondo, che ha rinunciato dolentemente alla propria di famiglia un po' per proteggere la stessa gente che non la vuole.
È vero, Fred non era mio fratello, ma un po' era come se lo fosse.
Ginny si allontana dalla mia stretta. La vedo strofinarsi il naso con la manica consunta della camicia e unirsi all’abbraccio dei suoi con il fratello perduto.
Osservo Ron che li guarda e abbozza un sorriso.
È stanco. È un sorriso affaticato, spezzato dagli incantesimi, dalla magia oscura, dagli sguardi torvi, dall’odio che corrode.
Mi chino su di lui e lo cingo tra le mie braccia. È sorpreso dal mio gesto e arrossisce lievemente.
Non posso abbandonarlo ora che siamo insieme. Lo bacio sulla fronte sudata e sporca. Le rughe sul viso sono delineate da grasso e mentre abbandona la testa sulla mia mano vedo che è pronto a cedere alle lacrime ma so che non può farlo. Deve essere forte. Dobbiamo essere forti.
Lo stringo senza dire niente. Credo che le parole siano l’ultima cosa che voglia in questo momento. Siamo stretti in questo abbraccio, come se ci bastasse solo questo per stare bene.
“Dov’è Harry?”
La voce preoccupata di Ginny rompe il silenzio solenne che si è creato. Usciamo tutti dal nostro stato di rigoroso lutto- eccetto George, che non riesce a distogliere lo sguardo dal volto del gemello- e ci guardiamo intorno alla ricerca di Harry.
Eravamo così presi dai nostri sentimenti che non ci siamo accorti che Harry non si era unito a noi.
Mi guardo intorno nella Sala Grande e lo cerco tra i corpi feriti, stesi o in piedi; perlustro con lo sguardo tra le macerie ma non lo vedo.
“Non dirmi che…” sussurro, presa da un improvviso e temibile dubbio.
“Se conosco Harry, e la sua vena suicida e idiota che io e Fred conosciamo bene” la voce di George è tetra, come se provenisse da un altro mondo “Si sarà recato nella Foresta Proibita per affrontare Voldemort”.
Non poteva più essere un tabù. Il nemico aveva un nome, si era portato via molti di noi e in particolare la metà di George; non ha più il diritto dell’Innominato, della paura scaturita dal suo nome.
 Harry non poteva aver fatto una cosa del genere, non senza di noi, non senza…
“Che razza di idiota”.
Ron si alza, costringendomi a imitarlo e a spostarmi di lato.
Si passa una mano tra i capelli fulvi e piccole goccioline di sudore cadono dall’alto.
Sospira e mi guarda “Non possiamo arrenderci”. Non lo dice a me, lo dice a sé stesso.
Annuisco con vigore “Qualsiasi cosa accada dobbiamo uccidere il serpente”.
Anche lui annuisce.
Sappiamo quello che dobbiamo fare, distruggere gli Horcrux è il nostro compito da quando abbiamo deciso di aiutare Harry, anzi, da quando abbiamo conosciuto Harry. Ci siamo dentro fino al collo e da qui ne usciremo insieme.
Per Tonks, per Lupin, per Fred e per tutti i corpi che hanno emesso il loro ultimo respiro tra le mura del castello.
Sentiamo la signora Weasley protestare, ma ormai è tardi.
Io e Ron corriamo fuori dalla Sala Grande, pronti a portare a termine la nostra missione.
 
… quel dolore che abbatte la speranza…
 
Alzo la bacchetta per l’ennesima fattura, copro le spalle a Ron mentre cerchiamo il serpente.
Dobbiamo prenderlo, dobbiamo distruggerlo.
Mi prende per mano, spostandomi di lato e lanciando il suo Patrono contro un Dissennatore che velocemente si stava fiondando su di noi.
“Ottimi riflessi” gli sussurro mentre schianto due Mangiamorte oltre la sua schiena.
“Siamo un’ottima squadra” commenta facendomi l’occhiolino “Su, cerchiamo il serpente e poniamo fine a questa battaglia”
 Sorrido e stringo più forte la sua presa.
Guarda le nostre mani e arrossisce, poi distogle lo sguardo e corre, portandomi con lui.
È così strano che in un momento di tale disperazione, in cui non sappiamo se potremmo vedere l’alba di domani, io sia così felice.
Sono così felice solo per il fatto che mi stringe la mano, che mi guarda con dolcezza e mi fa sentire protetta. Lo vedo determinato, risoluto e mi sento così fiera di lui.
Scendiamo le scale, intorno a noi la guerra sta scemando.
Harry è andato ad affrontare Voldemort nella Foresta Proibita. Pochi Mangiamorte e molti Ghirmodori continuano ad assediare il castello e a lanciare incantesimi contro tutto e tutti.
Sento le maledizioni senza perdono innalzarsi ad ogni angolo e temo per Ron, per me, per tutti quanti.
Lascia la mia mano per lanciare un “Expelliarmus” a un Ghirmidore.
Mi guarda soddisfatto di averlo schiantato “Sono bravo, vero?”
Alzo la mia bacchetta e con un movimento fluido scaglio un Depulso oltre la sua testa; quando si volta ne vede non uno, ma ben due Mangiamorte stesi al suolo, contro le macerie del corrimano della scala.
“Non ti eri accorto di loro, vero?” gli faccio il verso e alza gli occhi al cielo per poi sorridermi “Non mi lascerai mai vincere, vero?”
 Sorrido dispettosa e un doloro lancinante improvvisamente mi trapassa il capo, costringendomi a piegarmi su me stessa.
“Harry Potter è morto”.
Sento questa voce nella mia testa e vi riconosco la voce di Voldemort.
Sollevo lo sguardo e vedo i suoi occhi. Sono smarriti, persi, confusi.
Ho appena compreso quello che ha sentito alla vista di Fred steso nella Sala Grande, immobile e privo di vita. Non ci voglio credere.
E dai suoi occhi, neanche lui lo vuole.
 
… che si presenta di fronte ai miei occhi…
 
Improvvisamente il cortile sembra troppo piccolo.
I Mangiamorte sogghignano felici ed eccitati mentre attendono l’arrivo del loro Signore.
Mi si affianca Luna, impassibile. Pian piano arrivano tutti gli altri increduli, delusi, smarriti.
Cerco un briciolo di speranza nei loro volti ma non ci riesco.
Vedo la rabbia nello sguardo di Ron, la disperazione in Seamus, la paura in Cho Chang e la resa in quello della McGrannitt.
Improvvisamente mi sembra così vecchia. Tutti noi lo sembriamo. Vecchi e arresi, pronti a soccombere.
La speranza, forse l’unica cosa che ci univa, era appena morta e giaceva immobile, tra le braccia di Hagrid piangente.
Sento il groppo alla gola alla vista del corpo di Harry come un bambino addormentato.
L’urlo di Ginny rompe il silenzio e mi volto in tempo per vederla tra le braccia del signor Weasley, più atterrito di lei.
Fu il primo “NO!” che si alzava nel cielo, pochi altri la seguirono, per poi ricadere nel silenzio più solenne.
Mi volto per cercare lo sguardo di Ron. È afflitto, spezzato e cerca il mio. Mi rispecchio nei suoi occhi cobalto e forse, dopo non so quanto tempo, vedo il mio volto: paura. Non c’è altro modo per descriverlo.
Abbiamo appena perso tutto.
“Visto?” Voldemort ci fissa ridendo. Guarda i nostri volti con i suoi occhi da serpe, tronfio del suo operato. Accanto a lui Bellatrix Lestange balla una danza della vittoria, lanciando saette rosse dalla sua bacchetta ricurva.
“Harry Potter è morto! Lo capite adesso, illusi? Non è mai stato altro che un ragazzo che contava sul sacrificio degli altri!”
“Ti ha sconfitto!” urla Ron accanto a me, e l'incantesimo si rompe: i difensori di Hogwarts urlarono e urlarono di nuovo fino a quando una seconda esplosione più potente li zittì un'altra volta.
 “È stato ucciso mentre cercava di scappare di nascosto dal parco del castello” prosegue Voldemort, compiacendosi della menzogna, “ucciso mentre tentava di mettersi in salvo...”
Si interrompe. C’è qualcuno che avanza dalle nostre righe e si porta avanti. Cerco di mettere a fuoco per riconoscere di chi si tratta con fatica e solo ora mi rendo conto che sto piangendo.
È Neville.
Che sta facendo quel pazzo? Come può stare lì?
Voldemort lo deride e io abbasso lo sguardo. Non mi sono mai sentita così piccola.
“Mostri spirito e ardimento, e discendi da una nobile stirpe. Sarai un Mangiamorte molto prezioso. Abbiamo bisogno di gente come te, Neville Paciock»”
 “Mi unirò a te quando l'inferno gelerà” ribatte Neville “Esercito di Silente!”
 Dalla folla si leva in risposta un boato che gli incantesimi tacitanti di Voldemort non riescono a domare.
 “Molto bene” prosegue l‘Oscuro Signore “Se questa è la tua scelta, Paciock, torneremo al piano originale. L'hai voluto tu” concluse con calma. Qualche istante dopo, da una delle finestre infrante del castello qualcosa di simile a un uccello deforme vola nella mezza luce e atterra in mano a Voldemort. Lui scrolla l'oggetto muffito tenendolo per la punta: era il Cappello Parlante.
“Non vi saranno altri Smistamenti alla scuola di Hogwarts” annuncia Voldemort. “Non vi saranno più Case. Lo stemma e i colori del mio nobile antenato, Salazar Serpeverde, basteranno per tutti, non è vero, Neville Paciock?”
Mi gela il sangue nelle vene mentre punta la bacchetta contro Neville.
Neville si irrigidisce mentre Voldemort gli ficca in testa il Cappello.La folla davanti al castello fu percorsa da un fremito e come un sol uomo i Mangiamorte levarono le bacchette, per tenere a bada i combattenti di Hogwarts.
Voldemort mise a fuoco il Cappello Parlante e con lui Neville emise un urlo. Ron fa per correre in avanti e io lo trattengo, in lacrime. Non possiamo fare niente.
Improvvisamente un boato dalla Foresta e Grop che si fa avanti per salvare il fratello.
Tutto sta accadendo troppo velocemente.
Al grido di Grop rispondono i ruggiti dei giganti di Voldemort, che lo caricano come elefanti, facendo tremare la terra. Provo a lanciare un incantesimo, ma è troppo lontano. Tutti stanno scappando per non essere schiacciati dai giganti e mi trovo incastrata tra la folla.
 Poi un rumore di zoccoli, il vibrare degli archi, e una pioggia di frecce cade sui Mangiamorte, che rompono i ranghi, urlando sorpresi.
Una mano mi afferra e mi porta fuori dalla folla impanicata. Io e Ron siamo di nuovo all’ingresso, in tempo per vedere Harry cadere dalle braccia di Hagrid e Neville che con un solo, rapido, fluido gesto si libera dell'incantesimo; il Cappello in fiamme gli cadde dalla testa e lui ne estrae qualcosa di argenteo, con l'impugnatura sfavillante di rubini.
 Con un solo colpo, Neville mozza la testa dell'enorme serpente.
Trattengo un urlo di gioia. L’ultimo Horcrux è stato distrutto.
La bocca di Voldemort si spalanca in un urlo di rabbia che nessuno riuscì a sentire. Poco lontano dalla testa del serpente il corpo del Bambino Sopravvissuto riprende la vita.
“Il ragazzo! È vivo!”
L’urlo della Lestrange è sufficiente per portare l’attenzione su Harry e per raggelare la folla che ruggisce rinvigorita di speranza.
Harry è in piedi, ansante, con la bacchetta stretta in mano.
Voldemort urla.
“Possiamo ancora fare scacco matto”.
Guardo Ron che ha appena detto questa frase.
Stringo forte la mia bacchetta.
“Ora è il nostro turno”.
 
...che può dare la forza…
 
 
 
“Ciao, Mezzosangue”
Mi si è raggelato il sangue nelle vene a sentire quella voce, quella risata folle.
Mi sono voltata in tempo per scorgere il lampo di luce verde uscire dalla bacchetta di Bellatrix Lestrange e schivarla in tempo.
La scritta incisa sul mio braccio ha iniziato a pulsarmi, ora capisco quello che ha provato Harry fino ad ora. Ho agito d’istinto lanciando uno schiantesimo a cui sono seguiti altri due: Luna e Ginny si sono affiancate a me, unite in un fronte unico contro la vecchia megera.
Bellatrix ride, maligna “Hai la sorellina a salvarti ora?”.
Ride mentre ci attacca. Luna e Ginny sono forti e insieme riusciamo a farla indietreggiare; ma Bellatrix lo è ancora di più e sa essere letale. Il suo contrattacco è talmente forte che mi ritrovo a terra, con la schiena che batte violentemente contro quello che credo essere un masso.
Respiro profondamente per contrastare il dolore e tra la folla che combatte riesco a scorgere Ron in tutto questo trambusti e lo vedo con suo padre affrontare Fenrir Greyback.
Cerco di urlare “Bombarda” nello stesso momento in cui il licantropo si lancia contro Ron e viene schiantato dal signor Weasley.
“Avada Kedavra
L’annuncio dell’incantesimo di Bellatrix mi porta alla realtà e mi abbasso di istinto, anche se inutilmente: il colpo era per Ginny.
 Mi alzo in piedi a fatica ignorando il dolore alla schiena per raggiungere le mie amiche, ma vengo spinta via da una signora Weasley furibonda che ci intima di andar via, che Bellatrix è sua.
La Mangiamorte ride divertita “Cosa sarà dei tuoi figli quando ti avrò ucciso?” la canzona sprezzante Bellatrix, folle come il suo Signore, schivando le maledizioni di Molly come se fossero di una primina “Quando mammina sarà morta come Freddie?”.
“Tu... non... toccherai... mai... più... i... nostri... figli!” urla la signora Weasley scansionando le proprie parole da incantesimi.
La maledizione di Molly Weasley passa sotto il braccio teso di Bellatrix e la colpisce in pieno petto, al cuore. Il sorriso maligno di Bellatrix si congela, i suoi occhi si dilatano per poi cadere all’indietro, priva di vita e incapace di nuocere oltre.
Non riesco a credere ai miei occhi. La signora Weasley, la pacifica e dolce signora Weasley, la madre di Ron e di altri sei figli, ha ucciso la seguace più accanita di Voldemort, la strega che mi ha torturato e inciso la mia pelle con un marchio di odio.
Dalla folla si leva un boato di gioia.
Ron si avvicina a me di corsa per assicurarsi che stia bene, asciugando con un dito il sangue secco da una ferita sulla mia guancia
“Credo che siamo arrivati alla resa dei conti” commenta con un sorriso, rassicurandomi
“Ora tocca a Harry” esclamo asciugandomi il sudore dalla fronte.
“Se non ci riesce lui punto su mia madre”.
 
… che deriva da una gioia effimera…
 
 
Voldemort era morto.
Giaceva a terra, defunto.
Harry era di fronte a lui, ansimante, con due bacchette in mano.
Eravamo tutti immobili ad ammirare la scena.
Non potevamo credere che fosse vero, che tutto fosse finito.
Mangiamorte e maghi guardavano la scena con un certo timore, chi sperava chi temeva che fosse vero.
Ron mi stringe la mano.
Nell’istante in cui mi volto a guardarlo, il mondo si sblocca e tutti urlano, chi di gioia chi disperato.
È finita.
Abbiamo vinto. Harry ha vinto!
Si elevano grida di adrenalina pura, il boato della libertà, del bene che vince sul male che si eleva entusiasta tra abbracci e baci e urla liberatorie.
Comincio a saltellare euforica e improvvisamente Ron mi afferra per le spalle, ruotandomi velocemente dal mio posto e baciandomi con urgenza.
Sono così felice.
Ora siamo liberi e rispondo con entusiasmo al bacio.
Ron porta le sue braccia al mio collo, stringendomi in un abbraccio cascante.
“Ron” ridacchio “pesi”.
Ma Ron non risponde. Il suo peso morto si aggrava su di me e un terribile presentimento mi avvolge improvvisamente.
“Ron?” lo chiamo.
Nessuna risposta. Mi prende il panico e arretro, piano.
“RON!”
Il corpo di Ron scivola sul mio, cadendo a terra con un tonfo mentre si affloscia in una posa innaturale, mezza supina. Ha gli occhi vitrei.
Mi piego su di lui, chiamandolo ancora e scuotendolo per le spalle che pesano tantissimo.
Tremo, respirando a fatica e mi guardo intorno, nel tentativo di cercare qualcuno che mi aiuti e i miei occhi si posano su di lui permettendomi di vederlo, di vedere il Mangiamorte con la bacchetta alzata guardarmi infastidito e sollevare la bacchetta verso di me.
Mi si spezza il respiro nel momento in cui viene schiantato lontano da un lampo azzurro.
Non mi ha portato via.
Abbasso lo sguardo e Ron è ancora lì: le labbra lievemente dischiuse per il nostro secondo e ultimo bacio, i suoi occhi cobalto eternamente fermi che mi fissano spaventati.
Provo a scuoterlo ma è freddo.
Gli tiro uno schiaffo con tutte le mie forze ma non reagisce.
Prendo con mani scosse da tremori la sua testa fulva e la porto sulle mie ginocchia, pulendoli il viso con la manica lacera.
Non riesco a parlare, ho paura di farlo. Se parlassi, se emettessi un solo suono tutto diverrebbe così vero e io non voglio perché non è vero! Non può essere vero, assolutamente no!
Ron sta scherzando. È un gioco, un suo stupido scherzo per farmi spaventare.
Non riesco a sentire nulla intorno a me. Le grida di gioia mi sembrano come dei suoni ovattati, sovrastati da un insolito dolore che sento nel petto, all’altezza del cuore e che si fa sempre più lacerante, come se volesse aprirmi in due e farsi strada per partecipare ai festeggiamenti.
Ron, alzati, ti prego.
Abbiamo vinto, non puoi scherzare ora che è finita.
Mi sento la testa scoppiare. Continuo ad accarezzarti il volto, ma i tuoi occhi non si muovono e le tue labbra stanno perdendo il loro colore roseo, divenendo sempre più pallide.
Ron, basta scherzare.
Mani sconosciute improvvisamente ti afferrano e cercano di stringermi.
Il mio stato di immobilità scompare.
Mi guardo intorno e volti conosciuti a cui non associo un nome ti sollevano da terra, ti allontanano da me.
“LASCIATELO! Ron sta scherzando, lasciatelo!” inizio a scalciare e a ridere come un’isterica mentre cercano di trascinarmi via “Lasciatemi, devo stare con lui! Devo andare con lui!”
“Hermione, calmati”.
È la voce di Harry. È lui che mi trattiene.
“Harry, lasciami andare. Ron sta scherzando, ha bisogno di me! Io devo andare… io… Lo devo prendere a schiaffi. Non mi piace quando scherza così, non…”
“Ron non c’è più, Hermione. È morto”
È stata la signora Weasley a parlare.
Me la ritrovo di fronte: ha il volto solcato dalle lacrime, lo sguardo di una madre che ha abortito un feto quando ormai si era formato, che non è stata in grado di stringere per una singola volta la mano del figlio perduto e che ora è consapevole che non potrà provare mai quell’esperienza.
Allontana bruscamente le braccia di Harry dalla mia vita e mi stringe al suo petto materno e allora piango. Piango perché ora capisco che è vero.
Piango perché non ho altro da poter fare, perché non ho potuto salvarlo, perché è morto sulle mie labbra.
Piango perché ho perso l’amore della mia vita.
 
 
…quel dolore che porta inesorabilmente alla fine di tutto.
 
 
 È morto a causa mia.
Ho assistito di nascosto agli interrogatori dei Mangiamorte catturati effettuati dal signor Weasley e Kingsley prima dell’arrivo degli Auror che gli hanno scortati via.
Quel Mangiamorte che ha ucciso Ron - che ho scoperto essere Dolohov, uno dei più accaniti sostenitori di Voldemort- aveva puntato me e Ron mi ha stretto tra le braccia e baciato solo per scambiare il suo posto con il mio.
Non ho parlato più con nessuno da quando Ron è stato deposto accanto a suo fratello Fred, nella Sala Grande.
Gli hanno chiuso gli occhi in un gesto di carità. Ho sentito qualcosa morire in me in quel momento.
Avevo un nodo alla gola e non riuscivo più a guardare quei corpi privi di vita che non meritavano tutto questo.
Io non dovrei essere qui a respirare, a vivere, quando lui è steso su quel pavimento, quando la mia vita è morta con lui.
L’aria umida dei sotterranei mi pizzica il naso.
Hanno tutti abbandonato le segrete e i segni della battaglia sono ovunque; del castello è rimasto il suo scheletro, sembra stato svuotato della sua anima e mi rispecchio in queste pareti tormentate…
Sto vagando per il castello, ignorata dai pochi avventori che non sono nella Sala Grande a curarsi o ad abbracciarsi di gioia per essere vivi.
Nessuno si è accorto di me.
Harry e Ginny continuavano a stringersi in abbracci rassicuranti e piangevano in silenzio d’avanti al corpo senza vita di Ron: avevano entrambi perso un fratello e quel dolore insipido non riuscivo e non riesco a comprenderlo.
Non mi capacito di come possano continuare a guardare il suo corpo senza vita senza farsi prendere dalla disperazione, senza consumarsi dalle lacrime e desiderare ardentemente di essere lì, con lui, a prendergli la mano in quell’eterno viaggio.
Ho visto Neville e Luna curare ferite insieme a Madama Chips; i Malfoy silenziosi, stretti in un abbraccio e in disparte: loro rappresentano una famiglia di rei che è sopravvissuta, che verrà ignorata fino al momento del giudizio, ma almeno stanno insieme, sono una famiglia, la mia non sa neanche della mia esistenza.
I corridoi di Hogwarts evocano ricordi felici che mi trafiggono il petto come lance.
Perché i miei occhi sono ancora aperti a vedere tutto ciò? A respirare quest’aria putrida che mi ricorda che io sono viva, quando invece dovrei esserci io stesa su quel pavimento sporco e carico di detriti?
Raggiungo il cortile e l’aria fresca mi schiaffeggia, il silenzio regna sovrano.
Della battaglia solo le pietre sembrano mostrare i segni qui fuori.
Rovine di ricordi di vittoria.
Domani tutto sarà passato, questo giorno entrerà nei libri di storia e i suoi caduti saranno gli eroi strappati troppo presto a un mondo che aveva ancora bisogno di loro.
Io avevo bisogno di lui.
Io ho bisogno di lui.
L’aria salmastra del Lago Nero mi entra nelle narici. Non mi ero accorta di essere arrivata qui.
Alzo gli occhi al cielo e vedo le stelle brillanti sul manto blu.
“Perché mi hai abbandonato, perché l’hai fatto, idiota?” inizio a urlare.
Devo farlo, devo urlare.
Urlo contro il cielo accusandolo di avermi strappato Ron, il mio Ron.
L’unica persona che io abbia mai amato mi ha lasciato; mi ha ingannato con quel bacio, mi ha strappato alla morte prendendo il mio posto come un egoista vanesio, come uno stupido insensibile che mi sta lasciando qui, su questa terra infame, a sopportare una vita senza di lui.
“Era per me!” continuo a vomitare parole e a piangere disperata “Quell’anatema era per me! Io dovevo morire, non tu! IO!”
Le mie urla non hanno smosso niente, neanche quest’acqua che continua immobile e invisibile a scorrere, a portare la vita sotto di sé.
Mi sento insultata, ferita.
Ron ha preso il mio posto.
Non doveva.
Ron ha preso il mio cuore, il mio amore anni fa.
Non doveva farlo.
Ron mi ha fatto capire di amarmi, ha distrutto le mie difese e il mio orgoglio poche ore fa. Mi ha reso immeritevolmente felice per degli attimi, facendomi scordare della battaglia e sperare che dopo tutto ciò avremmo potuto vivere insieme, felici.
Cado su me stessa, specchiandomi nel Lago grazie alla luce della luna.
Del mio volto riesco a scorgere gli occhi gonfi, i capelli arruffati, lo sguardo spento.
Sento qualcosa nella tasca della felpa che preme sul mio fianco. Affondo la mano e mi si ferma il respiro.
Una zanna di Basilisco.
Un senso di nausea e oppressione, quasi claustrofobico, mi invade e ricomincio a piangere.
Era stata un’idea di Ron entrare nella Camera dei Segreti e prendere le zanne. Si era rivelato geniale e io ero stata così orgogliosa di lui.
Il dente è lucido al chiarore della luna, bianco e senza alcuna traccia di sangue di cui il proprietario ne era così spaventosamente assetato cinque anni fa.
Se lo conficcassi nel mio petto non sentirei più questo dolore, non avvertirei più l’assenza di Ron così violentemente e non sarei costretta a vivere in un mondo senza di lui.
Ho paura.
Per la prima volta in vita mia non riesco a pensare lucidamente.
Non riesco a capire cosa dovrei fare eppure so che Ron non vorrebbe che gettassi tutto, che sarei un’ingrata perché lui ha sacrificato la sua vita per garantire la mia.
Non posso farlo.
Dovrei tornare dalla mia famiglia e…
E niente.
Mi alzo in piedi.
Un passo.
La mia famiglia non sa che io esisto.
Due passi. L’acqua mi bagna le scarpe.
Non posso vivere con i Weasley; sarebbe una tortura quotidiana rivedere le sue cose, la sua famiglia che tanto lo ricorda.
Continua ad avanzare nell’acqua scura. I pantaloni aderiscono alle mie gambe mentre le alghe me le frustano violentemente, come a volermi intimare di tornare indietro.
Harry è l’eroe del momento. Ha vendicato la sua famiglia, salvato il mondo magico. Non ha più bisogno di me.
Nessuno ha più bisogno di me.
Che motivo ha continuare a vivere senza l’affetto dei propri cari, senza nessuno da amare, senza nessuno che ti ami?
Sollevo la zanna di Basilisco all’altezza del mio petto e lancio uno sguardo alla torre di Grifondoro.
Tante volte avevo sbirciato gli allenamenti di Quidditch da quelle finestre cercando quella testa rossa tra le tante con lo stesso cognome. Fantasticavo come tutte le adolescenti su una vita insieme nei rari momenti in cui passavamo più di una settimana senza litigare e tenerci il muso: una casa con giardino, un cane, due bambini che corrono sul prato, entrambi con i capelli rossi.
Ora quei sogni di ragazzina sono spariti, lacerati da due occhi cobalto vitrei, dalla pelle diafana, da un corpo rigido, da delle labbra dischiuse in un ultimo bacio eterno.
La punta del dente attraversa la stoffa della felpa e mi punge la pelle.
Non fa male.
Non riesco più a sentire niente.
Aumento la forza di pressione, sento lo sterno che si scheggia. Mi sposto tra la terza e la quarta costa e premo con veemenza.
Continua a non sentire nessun dolore fisico.
Gli occhi di Ron privi di vita su di me mi fanno tremare. Continuo a vederli e ignoro le alghe che si attorcigliano intorno alle mie cosce.
Comincio ad avvertire delle presenze intorno a me, il popolo del Lago è stato disturbato ed è incuriosito da questa visitatrice che si prepara a perire.
Do un’ultima spinta e lo sento, il veleno.
Quando ho letto della letalità del veleno di Basilisco non sapevo che fosse così celere il suo effetto.
Le gambe mi cedono, cado su di esse e mi bagno velocemente fino al petto.
Fa caldo.
La stoffa bagnata contro la mia pelle mi da’ fastidio.
Sono una pessima Grifondoro: non ho il coraggio di vivere.
Non posso vivere con questo dolore e consapevolezza di essere stata la ragione della morte di Ron, del mio Ron.
Mi faccio scivolare nell’acqua.
Qualcosa mi afferra, portandomi più al largo,
non apro gli occhi, non ne ho voglia.
Il veleno scorre veloce nelle mie vene. Ho perso la zanna nell’acqua e sento il sangue uscire dalla ferita.
Non andare via, veleno, devi fare quello per cui sei stato creato.
Non riesco più a trattenere il fiato, apro la bocca e l’acqua insapore mi entra dentro, nei polmoni.
Non riesco più a pensare in maniera logica…
Ron… la colpa è tua…
Non mi importa…
No, è mia…
Non lo so…
Non…
Ron…
 
 
Why, who me, why?
Feet don't fail me now
Take me to your finish line
Oh my heart it breaks every step that I take
But I'm hoping that the gates, they'll tell me that you're mine

 
-Born to die; Lana Del Rey
 
 
 
N.d.A.
Il titolo del testo Laetitia proximus fletus, in latino significa “Dal riso alle lacrime il passo è breve”; l’autore è sconosciuto e ritengo che ben si allinea al momento in cui Hermione, in preda alla gioia per la vittoria, si rende conto che Ron non c’è più.
Normalmente Hermione è una ragazza forte, che difficilmente si farebbe prendere dallo sconforto togliendosi la vita, ma è fragile, spezzata, stanca; non ha una casa dove tornare, un amore da vivere, chiunque si trovi attorno le ricorda Ron, il suo Ron che ha dato la vita per lei e non riesce a sopportarne il peso.
Nonostante la sua fredda intelligenza è innamorata di questo ragazzo da troppo tempo e la sua morte non può che essere l’ultima goccia che ha fatto traboccare il suo vaso, portandolo in frantumi.
La parte del discorso tra Voldemort e Neville l’ho presa dal libro de “I doni della Morte”, quindi se il dialogo vi suona famigliare, è per questo motivo.
Detto questo vi ringrazio per aver letto fino a qui e ringrazio infinitamente Neera Sharim per avermi proposto questo bellissimo pacchetto a cui spero di aver reso giustizia.
 

 
  
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