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Autore: ___Aliena___    05/08/2018    2 recensioni
"Il mistero dell'amore è più grande del mistero della morte. Non bisogna guardare che all'amore" ('Salomé', Oscar Wilde)
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In un tempo dove la Morte pretende di creare la Vita, che cosa resta all'Amore?
Brevi scintille di umanità che lanciano la loro luce nelle tenebre del Nuovo Mondo.
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«Medea, tu sai perché Watari ha deciso di chiamarti così?».
«Era il nome di mia madre».
«E poi?».
«Non lo so, non gliel'ho mai chiesto».
«Cos'è che distingue Medea da tutte le altre eroine tragiche?».
«Di certo non un destino più clemente».
«Alla fine della sua storia, Medea resta in vita. Ricordalo, perché dovrà essere lo scopo della tua esistenza. Tu devi vivere, Medea, non importa quello che accadrà a noi altri. Tu devi vivere».
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Nuovo personaggio, Watari
Note: Missing Moments, OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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WATARI
 
 
 
 
Nel mio cuore c’è un uccello azzurro che
vuole uscire
solo di notte qualche volta
quando dormono tutti.
Gli dico: lo so che ci sei
non essere triste
poi lo rimetto a posto,
 
ma lui lì dentro un pochino canta,
mica l’ho fatto davvero morire,
dormiamo insieme così
col nostro patto segreto
ed è così grazioso da far piangere
un uomo, ma io non piango,
e voi?
(Charles Bukowski, “Un uccello azzurro”)
 
 
 
 
 
«Che cosa c’è, Near?».
«Indossa le scarpe. Gevanni ti accompagnerà da un oculista che ho scelto personalmente. Ti visiterà ed entro questa sera avrai degli occhiali nuovi».
«Non li voglio».
«Non sei stanca delle ombre, Medea?».
«Siamo tutti ombre. Ci dissolviamo per niente, basta venire investiti da una luce al neon».
«Credo sia giunto il momento che tu torni a vederla, quella luce».
«Va bene. Ma quando incontrerai Light Yagami e la sua squadra, io verrò con te».
«Lo so. Proprio per questo hai bisogno di occhiali nuovi».
 
 
*
 
 
Erano lì, immobili, il fiato sospeso come in una bolla.
Near se ne stava accovacciato a terra, delle minuscole bamboline di pezza tra le ginocchia, la camicia sbottonata e tra le mani il Death Note, quello vero, quello che lei aveva ricostruito con meticolosa cura.
 
 
«Lo farò io, Gevanni».
«Ma signorina...».
«Non insista».
«Near mi ha esplicitamente ordinato...».
«È stato un quaderno come questo a portare via mio padre ed L, ed è in un quaderno come questo che sarebbe dovuto trovarsi anche il mio nome. Adesso tocca me».
 
 
Nel turbamento generale Light Yagami rideva sardonico, la testa reclinata all’indietro, gli occhi iniettati. Di tanto in tanto la guardava, avvinghiava le sue pupille con uncini d’acciaio, come a volerle strappare via. Intanto rideva, guaiva, parlava... fece scattare l’orologio.
E infine accadde.
Un  colpo di pistola, il primo, un singolo proiettile sibilante che andò a conficcarsi tra le sue carni molli. Esplose il caos.
Medea lasciò cadere l'arma sottratta ad Halle Lidner e restò ferma al suo posto, le narici leggermente dilatate e il petto scosso da fremiti soffocati. Near le afferrò dolcemente una mano e se la portò alle labbra, assorbendone il calore.
«È finita, Medea».
 
 
*
 
 
«Light! Light, aspetta!».
«Signor Aizawa! Non ha più il frammento di quaderno che teneva nascosto, e con quelle ferite non può andare molto lontano. Si fermerà da solo, senza il nostro intervento».
«Near. Io non prendo ordini da te».
«Bene, come vuole. Pensateci voi».
«Medea, non è necessario che tu venga con noi. Ma se lo volessi, saresti libera di farlo in ogni momento. Saremo per sempre debitori a L e a Watari».
 
 
*
 
 
Near sgusciò oltre la porta socchiusa come un cucciolo di gatto nella notte, i piedi scalzi e una barretta di cioccolato tra le mani pallide. Rimase sulla soglia, le orecchie tese a carpire il respiro regolare che promanava dalla figura nel letto. Oscillò lievemente la testa bianca. Gli parve così bizzarro trovarsi lì, in piedi, senza sapere con precisione cosa lo avesse spinto a muoversi. Sin dal giorno del suo arrivo, era stata lei a trascorrere notti insonni e a vagare senza meta come uno spettro che avesse smarrito la strada per l’aldilà. Near era convinto che quelle continue veglie non fossero altro che una imposizione involontaria, nate un po’ per fuggire agli incubi della sua mente, e un po’, forse, per tenere in vita la memoria di L, imitandolo inconsapevolmente. In fin dei conti, tutti sapevano quanto lei gli fosse riconoscente, nonostante titubasse ancora nel parlare di lui. Era come se arrancasse in una nebbia di ricordi, dalla quale estrapolare vaghe immagini nebulose.
 
 
«Pioveva  forte e suonavano le campane. Io ero chiusa in camera, alla ricerca dei miei vestiti. Lui era giù, con lo Shinigami. Ho battuto sulla porta per farmi aprire, ma non mi hanno sentita. Le mie dita hanno sanguinato a lungo. Poi mi hanno tirata fuori, ma lo Shinigami se l’era già portato via».
«Lo Shinigami hai detto?».
«Sì. Se l’era preso, mi restava soltanto il corpo freddo, più freddo del solito... Aveva ancora la bocca sporca di fragole... Credevo le avesse lasciate tutte a me... Mio padre invece era bellissimo, sembrava che dormisse».
 
 
Gevanni l’aveva da subito squadrata col cinico sguardo di un medico di fronte al delirio di un folle, ma ben presto si era dovuto ricredere. Near, dal canto suo, non aveva mai avuto dubbi.
 
 
«Non è pazza. Vuole mostrarci il corso degli eventi attraverso i suoi occhi. Non ignorate quello dice».
 
 
Era stato un conforto averla vicino, vederla affannarsi alla ricerca di un modo per aiutarlo ad ogni costo; era come quando, ai tempi della Wammy’s House, lei gli restituiva i pezzi dei puzzle che i compagni dispettosi si divertivano a nascondere.
L'epilogo era ormai giunto; lui era riuscito ad uscirne salvo, e questo lo doveva soltanto a L, a Mello... Ed anche a lei.
Le lenzuola si mossero con un fruscio leggero, scuotendolo dal turbine dei suoi pensieri. Medea sollevò piano il busto, stropicciandosi il viso con uno sbadiglio. «Nate... che succede?».
Il ragazzo sorrise nell’udire quella voce impastata pronunciare il suo nome. Le dita corsero immediatamente a tormentare una ciocca di capelli sulla tempia. «Ho fatto un sogno».
«E allora?».
«Ho sognato che Gevanni ti chiedeva di sposarlo, ma tu lo rifiutavi perché eri innamorata di Roger».
Dopo un attimo di attonito silenzio, una risata cristallina sgorgò con irruenza dalle labbra della giovane. Erano passati anni dall’ultima volta che Near aveva potuto godere di quella melodia genuina.
Stavo quasi per dimenticarla...
«È stato soltanto un sogno, Nate».
«Lo so».
Medea allungò la mano verso il comodino per afferrare gli occhiali e accese la luce, riuscendo così a scorgerlo nitidamente. «Che cosa c’è?».
Near le porse la barretta di cioccolata, la testa piegata verso il basso. «Mi aiuti ad aprirla?».
Medea sorrise ancora, liberandosi dalle coltri e facendogli posto sul letto.
Mangiarono la cioccolata senza nessuna fretta, godendo appieno l’abbraccio della quiete. La giovane si portò un quadratino al naso, assaporandone l'aroma penetrante. «Ti piace?».
Lui scrollò le spalle. «Più o meno».
«È abbastanza amara, ma credo che sia buonissima. Basta un pezzetto per riscaldare tutto il corpo».
«Proprio come Mello».
«Lo so. Sono fiera di ciò che avete fatto, Nate, ed anche Lawliet lo è. Siete rimasti fedeli a voi stessi fino alla fine, avete piegato il corso degli eventi a vostro vantaggio e siete riusciti dove lui, in passato, ha fallito». Un velo di malinconia le adombrò il volto. «Sai, c’è stato un momento in cui ho sperato davvero che Kira vincesse, che le forze a lui contrarie riconoscessero il suo operato e si arrendessero; ho sperato che il mondo intero diventasse miope, proprio come lo sono io... e volevo  vederti fuggire lontano, saperti al sicuro in un luogo dove nessuno avrebbe potuto guardarti in faccia e scoprire il tuo nome. Sono stata così sciocca!». Si lasciò cadere di peso sul cuscino, stringendo contro il ventre l’involucro vuoto della cioccolata. Near le si accostò a carponi, stendendosi supino accanto a lei. Alla fioca luce che rischiarava la stanza, notò per la prima volta gli intricati ghirigori tracciati dalla giovane sul muro e pensò che il direttore dell'albergo avrebbe senz'altro preteso un risarcimento.
Quillsh Wammy. Nato il 1° Maggio 1933. Morto il 5 Novembre 2004.
«Una vera stupida» Medea si lasciò sfuggire un sospiro. «Ma poi mi sono ritrovata tra le mani quel quaderno della morte e all’improvviso ho capito. Mello, il sovrintendente Yagami, mio padre... erano andati via per un motivo, erano andati via per noi. È stato come svegliarsi da un sogno durato centinaia di anni, più spaventoso di Gevanni o Roger che chiedono la mia mano» sghignazzò sommessamente, lancandogli un’occhiata di sottecchi. «Avevi ragione tu: non potevo continuare a vivere di ombre». Ogni traccia di ironia scomparve a poco a poco dalle sue labbra. «Interrogai me stessa, interrogai mio padre giorno e notte e lo supplicai di suggerirmi che cosa avrei dovuto fare. Lui era coraggioso, era molto più della semplice spalla di L... Alla fine mi ritrovai a pensare che lo scopo della sua intera esistenza è stato quello di proteggere me, ed io, nel profondo, desideravo soltanto proteggere te».
Near si puntellò sui gomiti. «Per questo hai sparato a Light Yagami?».
Medea assentì decisa. «Sì. Avrebbe scritto il tuo nome, ne ero sicura, e sapevo molto bene che non sarei riuscita a sopravvivere a qualcun altro».
«Hai sofferto per lui?».
«Una parte del mio cuore si è disintegrata con quella pallottola. Non giudicarmi, Nate, ma non riesco ad odiarlo. Era infantile, annoiato, fragile... era soltanto un uomo. Non mi è mai importato niente di Kira, e sinceramente non m’importa nemmeno adesso, ma credo che con quello strumento omicida tra le mani, una persona comune avrebbe potuto reagire unicamente in due modi: morire di paura oppure bramare il ruolo di un dio».
«Potrei ribattere a questa opinione con innumerevoli motivazioni contrarie».
«Lo so, ma la mia mente è troppo semplice per comprenderne anche soltanto mezza».
Tacquero un istante.
«Lui lo sapeva» la ragazza abbassò mestamente le palpebre. «Lawliet... Ha sempre saputo che Kira fosse Light Yagami. A volte penso che anche lui avesse alle spalle un qualche spirito pronto a sussurrargli la verità. È solo una fantasia, certo, anche se in effetti non ho mai compreso il suo metodo investigativo... Procedeva per prove e per errori, e di solito non sbagliava mai».
«E tu invece? Avevi capito che si trattasse di Light?».
«Io sapevo che in Giappone c'era un uomo convinto di poter cambiare il mondo con il potere della Morte. Sapevo che il grande L aveva sfidato quest'uomo in diretta come se fosse soltanto un gioco. Sapevo che, in attesa della risoluzione del caso, sarei stata libera di comporre delle poesie e di esercitarmi con una delle tante lingue che avevo appreso alla Wammy's House. Sapevo che, una volta tornati a casa, avremmo brindato nell'ufficio di Roger in attesa del risveglio di un nuovo assassino. Di certo non immaginavo che questo Kira avrebbe sconvolto ogni mia convinzione».
Un moscerino andò a posarsi sulla lampadina incandescente con uno sfrigolio sommesso. Medea si tirò su a sedere. «Che cosa faremo ora?».
Near si volse verso di lei. Le pupille dilatate avevano invaso quasi completamente le iridi ambrate, facendole apparire come due profondi pozzi oscuri circondati da un’aureola di luce. Incastonata in quel viso esangue, improvvisamente assorto, insondabile, gli parve di scorgere per una frazione di secondo l’ombra di L che ammiccava compiaciuto nella sua direzione.
Sei sempre stato lì, vero?
Medea continuò imperterrita. «Adesso sei tu l’investigatore più geniale della Terra, colui che è riuscito addirittura a porre Kira sotto scacco. Immagino che inizierai presto ad occuparti di un altro caso, non è così?».
Il ragazzo annuì.
Lo sguardo della giovane di addolcì, assorbendo pian piano ogni traccia del riflesso di L. «Potresti accompagnarmi alla Wammy’s House, che ne dici? Mi piacerebbe tornare lì per un po’, respirare di nuovo il profumo delle tende, dei tappeti... Adesso che sei salvo, ho bisogno di un nuovo obiettivo e credo che quello sia l’unico luogo dove cercarlo».
«Oppure potrei offrirtelo io» Near prese ad attorcigliarsi nervosamente i capelli alle dita, distogliendo pensieroso lo sguardo. L'invito pronunciato tempo prima da Aizawa continuavano a rimbombargli nelle orecchie come una incessante eco; non sapeva spiegarne il motivo, ma lo riempiva di un'agghiacciante inquietudine.
Saremo per sempre debitori a L e a Watari.
Medea gli sollevò il mento con un ghigno malizioso. «Vorresti forse sposarmi prima che lo faccia Gevanni?».
Lui la ignorò. «Vorrei che accettassi di ricoprire il ruolo di nuovo Watari, Madison, e restassi con me».
Medea si ritrasse con uno scatto repentino. «Che diavolo stai dicendo?».
«Non è uno scherzo».
«È il ruolo di Roger».
«No, è il tuo ruolo». Questa volta fu lui a prenderle il viso tra le mani per evitare che lo abbassasse. «Ascoltami. Quando hai raggiunto l’SPK, io sapevo perfettamente che, senza nemmeno accorgertene, avresti contribuito a sbrigliare la matassa in cui eravamo invischiati. Mi hai rivelato l’esistenza degli Shinigami, hai trovato Mello, hai creato una copia esatta del quaderno... Non ti imporrò nessun vincolo, sarai libera di agire e andartene via quando e come vorrai, ma ti chiedo di provarci, Madison». Si scostò un poco. Incrociò l’indice e il medio delle due mani in modo da formare una M con le dita; la capovolse lentamente e, sotto lo sguardo sbigottito della ragazza, la M divenne una W. «È nel tuo nome».
Medea boccheggiò alla ricerca di ossigeno. Una voce familiare fece capolino nella sua testa, inondandola completamente e avvolgendole le membra.
Devi vivere. Lo devi fare, Medea, è nel tuo nome.
Con un balzo si sollevò in piedi e si diresse verso la finestra. Il cielo continuava a versare lacrime incessanti, come l'ultima volta. «Nate!» ingoiò a fatica un singhiozzo. «Nate, le senti le campane?».
Near sgranò impercettibilmente gli occhi, la candida chioma completamente arruffata. Soppesò con attenzione quella domanda tanto insolita. «Io non sento niente».
Medea sorrise. «Nemmeno io».
 
 
 
 
 
 
 
 
AVVERTENZE!
 
Penultimo capitolo della raccolta, protagonisti Medea e Near, o meglio, Madison e Nate. Come sempre, alcune precisazioni:
il dialogo tra Near e Aizawa è tratto dall’ultima puntata dell’anime, ovviamente con modifiche funzionali alla storia;
la vicenda si svolge non molto tempo dopo la chiusura del caso;
per quanto riguarda le date, ho seguito la cronologia del manga. Nell’anime, queste sono spostate di circa tre anni, se non mi sbaglio.
Ringrazio tutti quelli che continuano a leggere questa storia, spero vi stiate divertendo a leggerla. Ancora un episodio e si giungerà alla fine... Mi sembra così strano pensarci! A presto!
   
 
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