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Autore: Chemical Beam    06/08/2018    1 recensioni
Alexander Randall, ragazzo relativamente pacifico, ama i dolci, la matematica e soprattutto vincere le gare di scacchi; detesta il francese, non avere le idee chiare e le persone irruenti.
Thomas Harris, ragazzaccio dalle origini irlandesi, ama i biscotti al cioccolato (solo quelli cotti alla perfezione), leggere e suonare la chitarra; detesta le sveglie, gli scacchi e le persone prive di carattere.
Due universi paralleli, destinati a non intersecarsi mai.
Ma se fossero destinati ad un incontro?
La parte fondamentale degli scacchi è non sottovalutare mai il proprio avversario.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: Triangolo, Violenza | Contesto: Scolastico
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Un brivido di freddo gli percorse la schiena e Alexander sospirò per l'ennesima volta.

D'altro canto, non poteva lamentarsi. Era uscito indossando solo una t-shirt ed una felpa, il minimo che potesse fare era alzarsi il cappuccio sulla testa.

E poi, la temperatura di circa dieci gradi che si respirava in Inghilterra ad ottobre era l'ideale per lui– odiava il caldo soffocante. Il freddo invece era perfetto: meglio avere addosso più indumenti che sudare ininterrottamente.

Tuttavia, le basse temperature non erano esattamente ideali quando si doveva aspettare qualcuno.

Alexander stava aspettando Paul da circa dieci minuti –per una volta non era in ritardo, quando si trattava di uscire con l'amico– e ormai stava quasi gelando.

Era fermo davanti all'entrata del parco, in una sorta di piccola salita con la vista sul fiume Dee e sul ponte.

Cercò un punto più riparato, accanto ad un muro costeggiato da alcuni alberi, e si portò le mani davanti alla bocca, soffiandoci sopra per riscaldarle.

Stava maledicendo Paul già da alcuni minuti, quando una presa alle sue spalle fece saltare dei battiti al suo cuore.

«Paul, cazzo!» esclamò, allontanandosi di qualche centimetro dall'amico e riprendendo fiato. «Ti odio».

«Eddai, Alex, sappiamo entrambi che non è vero» gli sorrise l'altro. Con i suoi capelli rossicci e le lentiggini, rappresentava il tipico ragazzo inglese; inoltre, il suo sorriso perenne lo rendeva un raggio di sole anche in un clima freddo come quello.

«Fottiti», rispose Alexander, tirandosi su la cerniera della felpa, nonostante questa fosse già al limite. «Credo di essere congelato, per colpa tua». Lo guardò truce.

«Colpa mia? Andiamo! Sei tu che sei sempre in ritardo e conoscendo la tua estrema puntualità ho deciso che non era il caso di arrivare in orario.»

Alexander sapeva che l'amico aveva ragione, ma non voleva in nessun caso dargliela vinta. 
«A scuola sono puntuale», borbottò, cominciando a incamminarsi verso l'interno del parco.

«Quello è perché sei un secchione, quasi non ti riconosco a scuola», rise Paul, guadagnandosi un'occhiataccia da parte del biondo.

I due erano così intimi che questi battibecchi non potevano intaccare in nessun modo il loro rapporto, che persisteva da più di dieci anni. Ormai erano soliti trattarsi così, ci avevano fatto l'abitudine, e per loro era quasi naturale mandarsi reciprocamente a quel paese.

Camminavano in silenzio lungo le vie del parco, quando Paul parlò.

«E poi, il freddo fa bene alla pelle», comunicò noncurante.

«Che cazzo dici?» rise l'amico, sorpreso da quell'uscita.

«Giuro, l'ho letto da qualche parte. Credimi!» aggiunse, in risposta ad un occhiata scettica da parte dell'altro.

«Mi documenterò», rispose Alexander, scrollando le spalle. «So solo che se avessi dovuto aspettare altri cinque minuti, me ne sarei tornato a casa, e fanculo a te.»

Paul si portò una mano davanti alla bocca con fare sconvolto. «Ma come, pensavo mi amassi!»

Alexander scoppiò a ridere. «Oh, ma sta' zitto. Non sono gay!», esclamò, dando uno spintone all'amico.

Entrarono nel punto principale del parco, e da lì si avviarono lungo una stradina, raggiungendo i piedi di un grande albero di magnolia che li aveva visti crescere.

Infatti, Paul e Alexander erano soliti ritrovarsi sotto quel preciso albero da quando erano piccoli e non lo avevano più abbandonato.

Era il loro rifugio, dove si sentivano riparati dal mondo. Grazie ai lunghi rami dell'albero, potevano vedere tutto ciò che accadeva all'esterno, ma sempre restando in penombra, anche a causa della posizione abbastanza nascosta della pianta. Si sentivano invincibili.

Alexander notò come il parco fosse semideserto a quell'ora e si chiese come mai gli inglesi non uscissero mai dopo una certa ora.
Poi realizzò che forse era a causa del freddo.

«Ah, fanculo, avrei potuto stare a casa», borbottò con il tessuto della felpa sollevato fin sopra la bocca, creando un suono quasi inaudibile, se solo Paul non fosse stato accanto a lui.

Il biondo si stese meglio, posizionando la schiena contro il tronco e piegando le ginocchia davanti a sé, come se fosse rannicchiato, e si strinse le braccia intorno al ventre, strofinandole leggermente.

«Oh, non rompere», lo zittì Paul. «E poi che avresti fatto a casa? I compiti? Ah, no, aspetta, lo so: partitina agli scacchi contro il computer!», esclamò, dopo essersi steso con le braccia sotto la testa, a fargli da cuscino.

«Tanto è un computer, perderesti sicuramente», gli sorrise, dando un pugno sul braccio dell'amico.

«Serve per fare allenamento, idiota». Alexander ricambiò il pugno. «Ah, ma che ne vuoi sapere tu. Piuttosto dimmi, qui che cosa facciamo invece?»

«Beh, qui guardiamo cosa succede.»

E i due si persero ad ammirare il verde che li circondava. Se Paul amava guardare il paesaggio con una visione d'insieme, Alexander, invece, aveva una passione per i dettagli. La concentrazione e lo spirito di osservazione sviluppati grazie agli scacchi facevano sì che si perdesse in ogni minimo particolare.

Notò un lampione che diffondeva luce ad intermittenza– probabilmente la lampadina all'interno era quasi fulminata; notò le insegne con le direzioni, attaccate alla cima di un palo, muoversi leggermente per il vento. Percepì il sibilo di quest'ultimo, così maestoso ma per lui confortevole.

Paul si accese una sigaretta e quando espirò via il fumo, il vento lo trasportò nella direzione di Alexander, che gli lanciò un'occhiataccia. Subito dopo si alzò e andò a sedersi nella stessa posizione di prima, ma alla sinistra dell'amico, borbottando «il fumo uccide».

L'altro ridacchiò, dicendogli che era un modo per riscaldarsi contro il freddo.

Il biondo lo ignorò, scuotendo leggermente la testa, e continuò a guardare intorno a sé.

Qualcosa colpì la sua attenzione.
Un ragazzo seduto su una panchina in una via laterale, proprio sotto al lampione fulminato.
Era vestito completamente di nero e visibile solo perché la luce intermittente gli illuminava il volto.

Era tutto solo, e il biondo si chiese che cosa stesse facendo.

Dopo qualche secondo che lo fissava, Alexander riconobbe in lui il ragazzo del pullman, quel tipo che gli si era rivolto di malo modo solo poche ore prima.

«Cazzo» mormorò tra sé e sé.

«Cosa?» chiese Paul, espirando il fumo.

«Eh?»

«Hai detto "cazzo". Perché?» rise l'amico.

«Ah, io... Non me ne sono accorto».

Per qualche motivo, non voleva dire all'amico dell'episodio accaduto quel pomeriggio e non capiva perché– in fondo, si erano sempre detti tutto.

Tuttavia, Alexander voleva tenere quello sconosciuto per sé, ma era soprattutto curioso di sapere chi fosse, che scuola frequentasse, la musica che ascoltava, perché gli si era rivolto in quel modo.

«Io... Devo andare, Paul. Scusa», comunicò, dopo essersi alzato.

«Di già? Che ore sono?» chiese l'altro, sorpreso.

Alexander controllò il telefono che portava nella tasca posteriore dei jeans blu chiaro. «Le nove meno venti, ma mi sono ricordato che devo fare una cosa.»

«Cosa?» Paul gettò via la sigaretta, dopo averla spenta.

«Ehm... Mi ero scordato che dovevo studiare delle pagine di chimica per giovedì.»

«Tanto vale che venga con te, a questo punto» disse l'altro, alzandosi a sua volta e pulendosi i pantaloni.

«E comunque, sei un secchione del cazzo», mormorò Paul sorridendo e scompigliandoli i capelli, essendo più alto di lui di circa quindici centimetri.

«Stai zitto», gli intimò l'altro.

I due amici si incamminarono, e Alexander decise di percorrere la strada che al lato aveva il lampione rotto.

Quando giunse in prossimità della panchina, andò un po' più avanti, fermandosi alle spalle dello sconosciuto.

Il biondo sbirciò oltre i suoi capelli neri; notò che stava leggendo e si chiese come riuscisse a farlo, con la luce che andava ad intermittenza.

«Avete tanto da fissare?» chiese il ragazzo, con una voce strascicata, senza alzare gli occhi dal libro.

Alexander continuò a guardare il libro e dopo qualche difficoltà riconobbe le parole di Ulisse, libro scritto da Joyce.

Alla mancata risposta, lo sconosciuto girò il busto, fronteggiando così i due ragazzi ma tenendo il segno delle pagine con le dita.
Appena notò il biondo, sollevò un angolo della bocca a formare un sorriso beffardo e alzò il sopracciglio.

Stava per dire qualcosa, quando Paul lo interruppe.
«No, ora ce ne andiamo», e girò i tacchi, facendo voltare Alexander e camminando lungo le vie per uscire dal parco.

«Che cazzo stavi facendo?» chiese Paul all'amico, ridendo.

«Ehm... Stavo vedendo cosa leggeva» mormorò l'altro, con fare abbastanza imbarazzato.

«Mi sembra ovvio, sì» disse il rosso con tono ironico. «Sembravi un allocco, fermo così a guardare quel tipo», lo prese in giro.

Alexander arrossì vagamente e non disse niente, piuttosto si sistemò meglio la felpa e si sbrigò ad uscire dal parco.

Il ragazzo sulla panchina li guardò andare via, ancora con quel sorriso e il sopracciglio alzato. Una volta visti uscire definitivamente dal parco, si voltò di nuovo verso il proprio libro, mormorando un "idiota" tra i denti e riprendendo a leggere dal punto in cui era stato interrotto.

​***

Note dell'autrice: ciao! Sì, sono sempre io e chi altro dovrebbe essere, razza di- Ci stiamo avvicinando alla fine della prima parte del
la storia! Come vi sembra? Vi piace? Lasciate una recensione, mi rendereste felicissima!
Inoltre, avevo pensato ad una sorta di "cast", con i personaggi principali, e ad una copertina. Vi interesserebbe? Fatemi sapere!!
 

  
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