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Autore: Ode To Joy    06/08/2018    1 recensioni
[!!!SPOILER S7!!!]
In seguito al salvataggio di Shiro dal piano astrale, Matt si ritrova a raccontare a Keith una vecchia storia che non gli appartiene ma di cui, suo malgrado, ha fatto parte.
E di cui, a sua insaputa, il giovane Galra ha scritto la fine.
"Adam non era la persona adatta per Shiro... Ma questo non gli impedì di averlo."
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Holt Matt, Kogane Keith, Takashi Shirogane
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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III
Matt



Provo a spiegartelo come io l’ho spiegato a me stesso. Non ti so dire se nacque subito qualcosa tra loro due.. Per quel che mi riguarda, ho sempre creduto che la chimica tra le persone scatti in modo piuttosto immediato. Almeno, io sono così con le ragazze carine… Ma loro non con me…

Rimaniamo in tema! Tutte le ragioni per cui Shiro orbitava con insistenza intorno ad Adam te lo ha già spiegate. Dopo quelle tre settimane insieme, il processo divenne reciproco.

Tornai dall’Europa e mi sembrò di essere atterrato su di un altro pianeta.

Non solo Adam smise di essere l’uomo invisibile della nostra stanza, ma divenne una presenza constante. Tutto il disinteresse che aveva dimostrato nei primi sei mesi alla Garrison era divenuto altro…

E qualunque cosa fosse, era rivolta a Shiro e solo a Shiro.

Eravamo noi tre insieme la maggior parte del tempo, eppure sono certo che Adam si dimenticasse della mia presenza il più delle volte. Andava ancora in giro con quell’espressione vuota e poco interessata a tutto, ma era più partecipe… A modo suo.

Sedeva con noi in mensa. Intratteneva conversazioni con Shiro riguardo alle loro sessioni di pilotaggio. Erano due fighters: finirono per crearsi una parentesi tutta loro, fatta di strategie di volo e cose che a voi piloti piacciono tanto!

Shiro aveva ragione quella sera nell’infermeria: Adam aveva trovato davvero la sua ispirazione, ma non l’aveva fatto guardando le stelle o ripercorrendo le gloriose imprese spaziali della sua famiglia.

No, quello di Adam era stato un percorso più… Semplice.

Non aveva puntato a qualcosa di grande come Shiro. Era sempre stato un tipo razionale e anche quando si trattò di trovare il suo sogno rimase con i piedi per terra.

Questo, però, è un commento che posso fare solo col senno di poi. Al tempo, io avevo quattordici anni, loro ne avevano appena compiuti quindici ed era difficile dare un nome a quello che ci passava per la testa.

Shiro e Adam sarebbero giunti alle loro conclusioni un po’ più in là, verso la fine dell’anno.

Io… Trovai qualcuno che mi diede un buon suggerimento.



“Non è altro che sana gelosia, Matt,” disse Sam Holt, sollevando gli occhi dal suo microscopio per guardare il figlio.

Il ragazzo lo fissava seduto sulla poltrona dietro la sua scrivania, le braccia incrociate contro il petto e l’espressione di chi è in collera col mondo intero.

“Io non-” Fece per obiettare Matt.

“Lo sei…” Lo interruppe suo padre, aggiustando le lenti del microscopio. “Non hai più Shiro tutto per te. È completamente normale.”

“Io non voglio Shiro tutto per me,” ribatté Matt. “Vorrei che Adam Sànchez non fosse sempre tra i piedi!”

Sam rivolse al figlio un sorriso paziente. “Che è la stessa cosa,” disse. “È il tuo migliore amico. Dividere le sue attenzioni con una terza persona ti pesa e, ripeto, è tutto completamente normale.”

Matt allargò le braccia. “Bene!” Esclamò. “Se è tutto perfettamente normale, perché mi sento così?”

“Figliolo…” Sam Holt si avvicinò e appoggiò entrambe le mani sulla scrivania. “Crescere non è un processo indolore.”

Matt inarcò un sopracciglio. “Questo sì che mi fa sentire meglio.”

“Ritroverete il vostro equilibrio,” concluse suo padre, tornando al suo lavoro. “Devi solo avere un po’ di pazienza.”

Matt si mise le mani tra i capelli. “Ma io non voglio essere paziente!” Esclamò. “Io voglio solo che Adam Sànchez sparisca dalla faccia della terra!”



Ero un adolescente un poco emotivo, lo ammetto.

È che Shiro è sempre stato il mio unico amico e dividerlo col primo stron… Va bene, la pianto!

Mi tenni la mia gelosia infantile per me e aspettai pazientemente che l’equilibrio di cui aveva parlato mio padre tornasse.

Nel frattempo, Shiro e Adam continuavano a passare tutto il tempo insieme ed io ero… Costantemente lì, ad osservare.




Shiro lo aveva convinto a uscire con uno dei pick-up dell’Accademia perché gli aveva promesso uno spettacolo mozzafiato. Adam non era rimasto senza fiato per niente in tutta la sua vita e dubitava che quella sarebbe stata un’eccezione. Suo malgrado, però, in compagnia di Shiro provava qualcosa.

Era stato in vista di una possibile pausa dalla sua noia esistenziale che aveva accettato.

Nonostante il suo scetticismo, era rimasto deluso solo a metà.

“Davvero non lo trovi mozzafiato?” Domandò Shiro incredulo.

Erano entrambi stesi sul retro del pick-up, avvolti in una coperta per proteggersi dal freddo del deserto di notte. Adam stava fissando il cielo trapunto di stelle da almeno mezz’ora, chiedendosi che cosa ci fosse di così assurdamente bello.

Conosceva il nome di ogni costellazione che i suoi occhi individuavano e non era poi così diverso dall’osservarle dalla finestra della loro stanza, al caldo.

“Tu usciresti tutte le notti solo per vedere questo?” Domandò con evidente scetticismo.

“Ti dirò di più,” rispose Shiro. “La casa dei miei nonni è vicino alla spiaggia e nelle notti d’estate uscivo spesso di nascosto per andare a fare il bagno di nascosto.”

“Grande gesto ribelle,” commentò Adam con sarcasmo.

“Rimanevo a galla sulla schiena e rivolgevo lo sguardo al cielo,” proseguì Shiro. “Il mare era un grande specchio che rifletteva la luce di tutte le stelle e io mi sentivo un po’ come se ci stessi nuotando in mezzo. Poco prima di partire, ho scoperto che mia mamma faceva lo stesso da ragazzina.”

Adam si fece più attento a quel dettaglio.

“Adesso ho paura di farlo di nuovo,” ammise Shiro.

“Perché?”

“Perché sto cercando di abituarmi alla sua assenza e farlo me la farebbe sentire più vicina.”

Adam si sollevò su di un gomito. “Non è quello che cercavi fare quella notte nell’ala museo?”

Shiro annuì con un sorriso amaro. “Sì, e non mi ha fatto bene. Come non mi ha fatto bene parlare con i miei nonni. Io sto fuggendo da qualcosa che è già successo.”

“Non è peggio così?” Domandò Adam.

Shiro lo guardò. “Lo è,” rispose. “In questo momento, però, mi fa più paura accettare il dolore.”

“E guardare le stelle così ti offre un po’ di conforto?”

“Esatto…”

Adam accettò quella verità senza dare alcun giudizio. Si stese di nuovo sulla schiena e la volta celeste rispose al suo sguardo. “No,” concluse. “Non sento niente.”

Eppure, qualcosa sentiva ma non era dovuto alle stelle. Forse aveva a che fare col calore che Shiro emanava. Adam aveva trovato il suo equilibrio nella solitudine e il silenzio non lo aveva mai disturbato.

Shiro riusciva a rispettarla quella quiete e Adam non poteva fare a meno di pensare che fosse tutto un po’ meno noioso insieme a lui, comprese quelle stelle lontane e indifferenti ai loro tumulti interiori.

Sempre ammesso che quelli che Adam sentiva si potessero definire tali. La sua indifferenza nei confronti del mondo era ancora lì.

Eppure, qualcosa sentiva.

Uno starnuto dall’interno del pick-up lo strappò dalle sue riflessioni.

Shiro si sollevò sulle ginocchia. “Matt?” Chiamò. “Matt, ti sei svegliato?”

Adam non sapeva come poteva dimenticarsi della presenza di Holt ogni volta, eppure continuava a farlo.

Matt si affacciò dalla finestrella che dava sul retro del veicolo: gli occhiali storti sul naso, i capelli spettinati e l’espressione più intontita che Adam avesse mai visto sulla faccia di un essere umano.

“Ragazzi, si congela qui!” Esclamò Holt. “Che ore sono?”

Shiro scese dal cassone. “Fatti più in là,” disse. “Torniamo a casa.”

“Guido io,” si propose Adam. Non ci teneva a fare il viaggio di ritorno con le mani in mano e Holt che lo fissava. Perché il piccoletto avrebbe preteso di sedersi in mezzo, se Shiro fosse stato alla guida.

In quel modo, Holt se ne sarebbe rimasto schiacciato contro il finestrino del passeggero, mentre Shiro avrebbe segnato una buona distanza di sicurezza tra loro due.

Altre soluzione ottimali per tutti non ce ne erano: Holt non era un pilota e non avrebbe guidato nessuno mezzo di trasporto fino ai sedici anni.

Il piano si rivelò un fiasco: Matt non si riaddormentò contro il finestrino, si sporse in avanti e lo fissò in modo strano fino a che non arrivarono al garage dell’Accademia.



Non accadde altro per il resto dell’anno scolastico.

Sul serio…

Continuammo con la nostra vita fatta di lezioni, di test e di diavolerie d’adolescenti fino a primavera inoltrata. Se Shiro si rese conto che Adam non gli staccava gli occhi di dosso e che lui stesso cercava lo sguardo del suo co-pilota sempre di più, non te lo so dire con certezza.

Quello che so, però, è che la svolta successiva avvenne in mia assenza… Di nuovo.





Alle volte succedeva, una vena d’acqua sotterranea spaccava la roccia e creava dei piccoli laghi tra le gole del canyon.

Shiro aveva trovato uno di quei luoghi durante una delle sue corse liberatorie in hooverbike ed aveva condiviso la sua scoperta sia con Matt che con Adam.

Solo il giovane Sànchez lo seguì in quella nuova avventura..

“Dov’é Holt?” Domandò Adam.

“Ore di laboratorio eccezionali per crediti extra,” rispose Shiro, liberandosi degli occhiali da motociclista e della giacca troppo pesante per quel caldo pomeriggio di primavera.

Adam non credette alle sue orecchie. “È il primo del suo corso.”

Shiro annuì. “E vuole restarci. Ha detto qualcosa a proposito del non avere bellezza e prestanza e di doversi difendere come può.”

“Ecco perché siete amici: è un altro ossessivo come te.”

Shiro ignorò il commento e si sporse oltre il ciglio del dirupo per dare un’occhiata allo specchio d’acqua sottostante. “Bello, vero?”

“Tu vedi bellezza ovunque, Takashi.”

“Qualcuno deve pur compensare te, che non la vedi da nessuna parte.”

“Sei sceso giù?” Domandò Adam.

“No.” Shiro si tolse la t-shirt con disinvoltura. “Volevo andare a dare un’occhiata oggi.”

Quando Adam si accorse di quello che stava facendo, Shiro si era quasi liberato dei pantaloni. “Che hai in mente, Takashi?” Domandò, aggrottando la fronte.

Shiro gli fece l’occhiolino. “Stai a vedere!” Lo superò correndo e si lanciò dal dirupo con un salto.

Adam gelò. Gli occhi sgranati e le labbra dischiuse in un grido che non trovò voce immediatamente. “Takashi!” Guardò di sotto e vide l’acqua increspata nel punto in cui il suo compagno di stanza era atterrato. “Takashi!”

Shiro riemerse un istante più tardi. Adam tornò a respirare, ma il suo cuore continuò a battere velocissimo.

“Vieni!” Disse Shiro a gran voce. “L'acqua è splendida!”

Adam strinse i pugni e digrignò i denti. “Tu sei un fottuto pazzo!” Tuonò. “Folle suicida! Non coinvolgermi più in una cosa del genere!”

Shiro rise e quel suono riecheggiò contro le pareti di pietra della gola. “Alla fine ci sono riuscito!”

“A fare che cosa?” Adam era fuori di sé.

“A farti arrabbiare!” Shiro sparì di nuovo sotto la superficie dell’acqua, lasciando l’altro da solo a gestire l’impatto di quelle parole.

Da quanto tempo Adam non sentiva il cuore battere così? Era panico e non c’era nulla di positivo in quello, ma era qualcosa.

Shiro riemerse una seconda volta. “Avanti, Adam! Lasciati andare!”

“Fanculo…” Sibilò tra i denti. Fece due passi indietro e si liberò velocemente dei vestiti, tranne l’intimo.

Si voltò verso il ciglio e prese un respiro profondo. Saltò senza pensare. Se avesse pensato, non lo avrebbe mai fatto.

Toccò l’acqua prima di quanto aveva previsto e non fu un impatto del tutto indolore, ma l’emozione di lanciarsi nel vuoto fu indescrivibile.

Adam tornò in superficie e ingoiò aria come se qualcuno lo avesse costretto con la testa sott’acqua. In realtà, si sentiva bene… Benissimo.

Shiro lo guardava sorridendo. “È come sentire la libertà scorrerti nelle vene, vero?”

Adam boccheggiò come un pesce fuor d’acqua per alcuni istanti. “È così che ti senti?” Domandò. “Quando voli… È così che ti senti?”

Il sorriso di Shiro assunse delle sfumature dolcissime. “No,” rispose. “Quello è anche più bello.”

Suo malgrado, anche gli angoli della bocca di Adam si sollevarono. “Sei un pazzo!” Gli schizzò l’acqua addosso.

Shiro rise e rispose al gesto.

“Hai cinque anni, Takashi?”

“Tecnicamente, ne compio quattro il prossimo anno!”

Restarono in acqua fino a che non si ritrovarono con i polpastrelli raggrinziti. Uscirono e si stessero sulla calda pietra dorata, in un punto in cui non batteva il sole.

Adam guardò il cielo e rise a sottovoce.

Shiro si sollevò sui gomiti. “Che cosa c’è?”

Adam puntò l’indice verso l’alto. “Abbiamo le hooverbike e i vestiti lassù.”

L’altro alzò lo sguardo, poi rise a sua volta. “Non credo torneremo in tempo per cena.”

“No, non lo credo nemmeno io.”

Shiro incrociò le braccia sulla roccia e vi appoggiò il viso.

Adam lo guardò: la sua bocca era parzialmente coperta dall’avambraccio ma lo capiva dalla luce dei suoi occhi che stava sorridendo.

“Sei felice,” commentò il giovane Sànchez.

“Tu no?”

“Non penso di possedere un concetto definito di felicità.”

“Non è vero.” Shiro si fece più vicino. “Ti ho visto prima. Non sei la persona efficiente ma arida che credi di essere.”

“Sono quello che sono Shiro. Né più né meno.”

“Sei una persona che dice di essere indifferente a tutto ma aiuta un compagno in difficoltà.”

“Quello è merito tuo, te l’ho detto. È pura logica. Ci si difende meglio restando in gruppo.”

Shiro rise. “Mascheri ogni emozione con la logica.”

“Tu non le mascheri affatto.”

“È un difetto?”

“Enorme. Non puoi essere il migliore e scoprirti così.”

“Ecco che provi di nuovo a proteggermi.”

“Se affondi tu, affondo anche io,” fu la giustificazione di Adam.

“Affonderemo comunque insieme,” replicò Shiro. “Non potrà essere così terribile.”

Adam gli concesse la vittoria con un sospiro. “Se la metti in questi termini…”

Rimasero in silenzio per un po’, poi Shiro allungò una mano e scostò una ciocca di capelli castani dal viso di Adam.

“Che stai facendo?” Domandò quest’ultimo.

“È strano vederti senza occhiali,” disse Shiro. “Hai gli occhi più grandi senza le lenti a coprirli.”

Adam gli afferrò la mano per allontanarla dal suo viso ma non la lasciò andare. Se la portò davanti agli occhi e la esaminò.

Shiro sorrise incuriosito. “Adesso devi dirmi che cosa stai facendo tu.”

“Niente…” Rispose Adam distrattamente. Gli piaceva solo sapere di poter toccare Shiro in quel modo per il semplice gusto di farlo.

La distanza tra loro era minima, tanto che Adam poteva avvertire il calore dell’altro sulla pelle.

Giocò con quella mano ancora per un po’. L’appoggiò sul petto, senza lasciarla andare.

Quando si voltò, Shiro era un po’ più vicino di quanto aveva previsto. Sentì le sue dita infilarsi tra le proprie e il modo in cui si toccavano smise di essere casuale per divenire intimo.

Shiro aspettava. Adam non si mosse.

Era troppo tardi per chiedersi a che punto entrambi fossero volati in quella direzione. Erano lì e non volevano tornare indietro.

Fare ancora un passo avanti, però, era più complicato. Lo era già guardarsi negli occhi con sincerità sapendo di volersi.

Shiro non aveva paura di lanciarsi nel vuoto. Lui non temeva l’ignoto nascosto tra le stelle.

Adam sì. Adam era quello che esitava, che calcolava il rischio e agiva di conseguenza.

Liberò la sua mano da quella di Shiro e si alzò in piedi. “Andiamo,” disse. “Troviamo un modo per risalire.”

Non si voltò a guardare Shiro negli occhi o avrebbe dovuto fare i conti col fatto che gli aveva fatto male.




Dopo quel pomeriggio, l’equilibrio tanto agognato tornò come per magia!

Adam sparì dalla nostra quotidianità nello stesso modo repentino in cui ci era entrato. Io non potevo essere più felice… Se non fosse stato che Shiro non lo era affatto.

Andava a lezione, incantava tutti con il suo talento e collaborava con Adam come i loro ruoli imponevano, ma non si guardavano più negli occhi.

Il pavimento della Galaxy Garrison divenne così interessante per loro quando erano in presenza l’uno dell’altro che mi fu impossibile farmi gli affari miei.

Sì, avevo di nuovo Shiro tutto per me, ma che amico sarei stato se avessi ignorato i suoi sorrisi tristi o il modo in cui si distraeva ogni due per tre?

Qualcosa era successo. Qualcosa gli aveva fatto male.

Io non avevo la minima idea della natura di quanto accaduto. Avevo una sola certezza e mi bastava: era colpa di Adam Sànchez e io lo avrei fatto cantare!




Il piano di attacco di Matthew Holt non era un vero e proprio piano di attacco. In realtà, non era neanche un piano.

Vi era l’ombra di uno schema nella scelta del posto e dell’ora in cui agire ma nulla di più. Non che avesse molta scelta.

C’era un solo giorno della settimana in cui Shiro non si presentava in sala mensa all’ora di pranzo per via delle ore extra nel simulatore: martedì.

A tre martedì precisi dalla fine delle lezioni, Matthew Holt, armato di tutto il coraggio che aveva, tese un’imboscata ad Adam Sànchez.

Si sedette, semplicemente, di fronte a lui durante l’ora di pranzo, quando la sala mensa era la zona più affollata dell’intera Accademia. Matt era stato furbo nella scelta dell’orario: nessuno avrebbe potuto ammazzarlo di botte e nascondere il suo cadavere con decine di testimoni tutt’intorno.

Anche se Adam gli era sempre sembrato troppo apatico per essere incline all’omicidio. O forse era tanto annoiato dalla vita che Matt gli stava offrendo il giusto movente per muoverla in una direzione inedita e più avvincente.

Da parte sua, Adam si limitò a guardarlo perplesso. “C’è qualche problema, Holt?”

“No,” rispose Matt troppo di fretta. “Cioè, sì!”

“Sì o no, Holt?”

“Perché non lo dici tu a me?” Matt incrociò le braccia contro il petto.

Adam sbatté le palpebre un paio di volte. “Perché io e te non abbiamo mai avuto niente da dirci…”

“E io adesso voglio parlare!” Esclamò Matt, come un bambino capriccioso. “E non fare quella faccia sorpresa, sai benissimo di cosa sto parlando!”

Adam non stava facendo nessuna faccia sorpresa. Al massimo, irritata. “So che non sono affari tuoi, tanto per cominciare.”

“Lo sono eccome, se hai fatto male al mio migliore amico!”

Adam non ebbe la risposta pronta a quell’accusa e Matt si sentì un po’ più sicuro di sé. “Non voglio litigare,” aggiunse in fretta.

“Ti sei seduto come se volessi far scoppiare una guerra,” gli fece notare Adam.

“Sono eccessivamente emotivo,” si giustificò il giovane Holt. “Voglio molto bene a Shiro e non posso vederlo stare male.”

L’altro rimase in silenzio.

“Avevo avuto l’impressione che gli volessi almeno un po' di bene anche tu, Adam.”

Ancora silenzio.

“Avete litigato?” Ipotizzò Matt. “Hai detto qualcosa contro le stelle? Shiro è piuttosto sensibile riguardo quell’argomen-”

“Non l’ho baciato perché sapevo che avrei provato qualcosa nel farlo,” lo interruppe Adam. “Sento qualcosa solo quando sto con lui, va bene? Non m’importa niente delle stelle ma la passione che prova lui è contagiosa, ti entra dentro e quando te ne accorgi è troppo tardi. Shiro non ci prova nemmeno a conquistare le persone, lo fa e basta. È nella sua natura. È nato per essere ammirato, seguito, stimato… È un astro nascente in un cielo di cui non m’importa niente ma è impossibile…” S’interruppe e fece una smorfia. “È impossibile non farsi investire da quella luce.”

Matt se ne rimase a fissarlo con espressione inebetita per un lungo istante di silenzio. “Bacio?” Domandò. “C’è stato un bacio?”

La determinazione negli occhi di Adam si tramutò in confusione. “Non c’è stato,” chiari. “Non sei qui per questo?”

Matt non era più certo di niente, tantomeno del motivo per cui era seduto a quel tavolo. “Un bacio…” Una rabbia strana gli incendiò il petto. “Tu non lo hai baciato per paura di provare qualcosa? Che razza d’idiota sei?”

Lo sguardo di Adam si fece più duro. “Non giudicarmi come se mi conoscessi.”

“No, ma io conosco Shiro!” Esclamò Matt. “So quanto può avergli fatto male questa cosa!”

Gli occhi di Adam si fecero gelidi. “Pensi che mi abbia fatto piacere?”

“Penso che sei fuggito da una cosa che poteva renderti felice,” rispose Matt. “Lo hai detto tu che provi qualcosa solo con lui. Cos’é il tuo? Una specie di suicidio emotivo?” Non rimase seduto per ascoltare la risposta. Non lo interessava.



So che tutti questi drammi potranno sembrarti ridicoli, ma devo sottolineare che avevamo quindici anni e nessuno di noi era stato ancora rapito, torturato e sbattuto al centro di una guerra.

Ciò che muoveva me erano due desideri: la felicità del mio migliore amico e capire perché non era stato onesto con me.

No, Adam non era per Shiro. Non era alla sua altezza e per me non lo sarebbe mai stato. Quello che credevo io non aveva importanza: Shiro vedeva in Adam la sua felicità e quest’ultimo gli aveva spezzato il cuore.




“Perché non me lo hai detto?” Matt entrò nella loro stanza quasi urlandolo.

Seduto sul letto, Shiro lo guardò confuso ma solo per un istante. Abbassò lo sguardo e prese un respiro profondo. “Vuoi sederti?” Propose gentilmente.

“No!” Matt aveva una gran voglia di piangere. “Voglio prendere la mazza da baseball di mio padre e spaccarla in testa ad Adam Sànchez!”

Il sorriso triste che Shiro gli rivolse non lo fece sentire meglio.

“Perché?” Domandò Matt avvicinandosi. “Perché proprio lui, Shiro? Perché un sociopatico incapace di provare qualsiasi cosa?”

Shiro scosse la testa lentamente. “Non lo so…” Mormorò con voce rotta. “Io non lo so, Matt. Non so quando o come è successo… È accaduto e basta.”

Matt piangeva. Non ne aveva alcun diritto ma lo faceva. “Non lo meritavi…” Singhiozzò. “Non meritavi quello che ti ha fatto.”

Shiro scosse la testa. “Non ha fatto niente.”

“Appunto!”

“Non è obbligato a provare qualcosa per me, se non lo vuole!” Fu il turno di Shiro di alzare la voce, di lasciare che le lacrime gli rigassero le guance. “È successo e basta, Matt. È inutile parlarne.”

Il giovane Holt tirò su col naso. “Non ti avrebbe mai capito fino in fondo, Shiro,” si sedette accanto al suo migliore amico.

“Non è vero,” replicò questi. “L’ho guardato negli occhi e ci ho vista riflessa la stessa passione che provo io.”

“Era la stessa perché era la tua,” disse Matt. “Quelli come Adam non possiedono una loro luce, possono solo vivere del calore degli altri.”

Shiro si asciugò il viso e non replicò.



Fuori dalla stanza, con i pugni serrati e la fronte appoggiata alla porta chiusa, Adam si costrinse a fare un passo indietro e se ne andò.

Gli sarebbe piaciuto poter tornare a quando non provava niente, a quando il suo petto non assomigliava a una bomba sul punto di esplodere.

Era troppo tardi. Shiro gli era entrato dentro e si era guadagnato un posto lì, vicino al suo cuore.



Cambiò qualcosa dopo il mio intervento?

Assolutamente no!

Il mondo andò avanti. Shiro cominciò a stare meglio o, forse, riuscì a fingere meglio. Non lo so!

Quando arrivò l’ultima settimana di lezioni del nostro primo anno alla Garrison, sembrava di essere retrocessi alla prima.

Unica differenza: Shiro e Adam non si parlavano più. I test al simulatore furono perfetti. La prova pratica quasi commosse Iverson… E per arrivare a commuovere Iverson ce ne vuole!

Una volta con i piedi per terra, Shiro e Adam tornavano a essere due estranei. Da parte mia, decisi che quella era la prova decisiva che Sànchez non era assolutamente materiale romantico per il mio migliore amico.

E che diavolo! A quindici anni, Shiro era già stato ferito dal mondo troppe volte ed altrettante si era rimesso in piedi con un sorriso. Potevo accettare che il primo stron… Che Adam aumentasse il carico? Assolutamente no!

Ero così arrabbiato con lui che ne parlai con mio padre, lo feci per chiedergli in prestito la mazza da baseball. Lui fu più ragionevole e mi convinse che un bel giorno, Shiro si sarebbe svegliato e quel dolore non lo avrebbe più sentito. A distanza di anni ti dico che, sì, una cotta a quindici anni andata male non ti uccide.

Tuttavia, quando ci sei in mezzo e ogni giorno ti sembra durare una vita, il consiglio “dai tempo al tempo” non è dei migliori che ti possano dare.

Shiro meritava qualcuno che avesse il suo cuore! Qualcuno che guardasse le stelle con la stessa passione… Gli avrebbe risparmiato tanti problemi più avanti.

Vedi, la cosa non mi era del tutto chiara, ma Adam ce l’aveva una passione e quella era Shiro. Provava qualcosa solo con lui in una vita fatta di noia e meccanicità, immagino che era questo che intendesse dire. E non lo biasimo… Non lo biasimo perché quello che mi disse in mensa era vero. Conosci Shiro, sai che quello che quelle parole erano solo la pura e semplice verità.

Ci era voluto quasi un anno, ma Adam aveva trovato la pazienza e la dedizione per instaurare un rapporto con un’altra persona e conoscerla.

… Doveva tenerci davvero.

Ma queste sono solo prove indiziarie! Perché io, investito del super potere del migliore amico di vedere oltre, già sapevo che Adam non poteva vivere della luce di Shiro in eterno, ma non avevo alternative da proporre, capisci?

Per fare un esempio: tu dov’eri quando Shiro aveva quindici anni? Dov’eri quando io e lui avevamo più bisogno di te? Te lo dico io dov’eri: da qualche parte ad avere otto anni ed essere legalmente inutile!

Adam non era la persona adatta per Shiro… Ma ciò non gli impedì di averlo.




L’ultimo week end prima della chiusura del dormitorio, Oliver radunò tutti i cadetti del primo anno che avevano superato gli esami finali e li convinse a passare un pomeriggio insieme nel deserto. Una specie di saluto collettivo, prima di tornare ognuno alla propria a casa.

Shiro e Matt furono dei loro prima di subito.

Seppero che anche Adam aveva accettato l’invito solo il giorno stesso, quando scesero tutti nei garage e lo trovarono già a cavallo di una hooverbike.

Matt notò l’occhiata che lui è Shiro si scambiarono ma aveva deciso che quella sarebbe stata una bella giornata e non fece nulla per gettare sale su una ferita ancora aperta.

Lo fu.

Adam non disse una parola per tutto il tempo e quello fu un bene. Liberi dal fardello degli esami, era più facile ridere insieme e ripercorrere i momenti migliori del loro primo anno. Ci fu solo un momento di malinconia: quando si resero conto che la loro classe era stata praticamente dimezzata dei giudizi finali degli insegnanti.

La Galaxy Garrison era così: solo i migliori arrivavano fino in fondo. Dei presenti quel pomeriggio, Matt sapeva che non tutti sarebbero arrivati al giorno del diploma. Lui non era meno a rischio di altri.

Di quei cadetti, avrebbe scommesso tutto a occhi chiusi solo su Shiro… Al massimo, Adam. Sànchez però si era perso per sempre la possibilità di entrargli in simpatia e Matt non avrebbe pianto per lui se se lo sarebbero persi lungo la strada.

Quel giorno ebbe un brutto difetto: fu troppo breve.



Lo so che per te la Galaxy Garrison è stata una cosa diversa.

Immagina di viverla ora. Immagina che Hunk e Lance siano stati con te fin dall’inizio e che tu abbia condiviso con loro gioie e dolori.

Che dico? Non lo devi immaginare, devi solo pensarlo in un contesto che non comprende una guerra, ma una semplice realtà scolastica.

Oh… Quanto vorrei che quel posto sia stato per te quello che è stato per noi.

Anche Shiro ne sarebbe felice, sai? Soltanto un terzo della nostra classe arrivò al diploma, eppure mi ricordo i nomi di tutti quelli che erano seduti nella Sala degli Ufficiali quella prima sera.

È un ricordo nostalgico ma mi scalda il cuore.

Avere una squadra ti fa sentire così, vero? Ora lo sai. Hai dovuto aspettare parecchio per scoprirlo, ma ora lo sai. Sai perché riuscirai a comprendere questa storia meglio di me?

Perché, come te, Adam era certo che bastassero lui e Shiro per conquistare il mondo.

Sai perché tu vinci il paragone infame che sto facendo? Perché a te il mondo non è mai bastato… E nemmeno a Shiro.

Devo dirlo di nuovo: avevamo quindici anni. E, come molti a quell’età, Shiro e Adam scambiarono il loro primo amore per quello della vita. Errore comune, quasi obbligatorio da commettere.

E indovina? Lo stronzo – sì, lo stronzo! – aspettò che me ne andassi per farlo!





Se ne andarono uno alla volta. Qualcuno parlò di valigie ancora da fare e qualcun altro di voli da prendere a orari terribili.

Matt fu l’ultimo ad alzarsi e chiese a Shiro se voleva rientrare con lui.

“No, resto ancora un po’,” disse con un sorriso. “Voglio vedere le stelle da qui un’ultima volta, prima di partire.”

Adam alzò gli occhi al cielo senza farsi vedere: sarebbe tornato a guardare le stelle nel deserto della Garrison in meno di tre mesi. Suo malgrado, però, l’angolo destro della sua bocca si sollevò nella brutta copia di un sorriso - di più non era capace di fare. Quello era Takashi Shirogane, non ci si poteva aspettare nulla di diverso da lui.

Matt non insistette oltre e s’incamminò lungo il sentiero, verso il punto in cui avevano parcheggiato le hooverbike e i pick-up.

Solo dopo che sparì dietro le rocce rese rosse dalla luce del sole calante, Adam parlò. “Tornerai in Giappone?” Domandò.

“Sì, passerò l’estate a casa dei miei nonni,” rispose Shiro. Allontanò lo sguardo dal cielo e gli rivolse lo stesso sorriso di quando si erano conosciuti. Non era passato neanche un anno d’allora, eppure ad Adam sembrava fosse trascorsa una vita intera. Era una sensazione normale a quindici anni, dicevano. Il tempo sarebbe tornato a scorrere veloce più avanti, crescendo.

Ora, però, il mondo intero sembrava essersi fermato lì, sul ciglio di quel canyon, con il vasto deserto davanti a loro e il tramonto all’orizzonte.

Adam sapeva che era solo una sensazione, che non si poteva spiegare con le leggi della fisica. Quella illusoria bolla di sapone sarebbe scoppiata non appena uno dei due si sarebbe alzato.

Adam non era ancora pronto per farlo. “Passerai dieci settimane a nuotare tra le stelle?” Domandò, riferendosi alla storiella sul mare che gli aveva raccontato tempo prima e che aveva trovato ridicola. Anche lui si sentì ridicolo a domandarlo, ma quella sensazione sparì al suono della risata di Shiro. “Sì,” rispose. “È il motivo per cui mi manca il mare.”

Adam annuì sommessamente è tornò a guardare l’orizzonte. Non aveva altro da dire, eppure non voleva alzarsi.

“Quando avrò di nuovo il mare, però, mi mancherà tutto questo,” aggiunse Shiro in un mormorio, quasi avesse paura di dirlo ad alta voce. Il sole era sparito dietro la linea dell’orizzonte e stavano spuntando le prime stelle.

Adam sapeva che Shiro aspettava che dicesse qualcosa di più ma non era bravo con le parole suggerite dal cuore. Aveva sempre coperto il silenzio con quelle ripetute con fermezza dalla ragione.

Quando la temperatura cominciò ad abbassarsi, Shiro si alzò in piedi. “Meglio andare, prima che faccia troppo freddo.”

Adam non disse nulla in proposito. Lo guardò incamminarsi lungo il sentiero e pensò che non era ancora pronto perché quel momento s’infrangesse e il tempo tornasse a scorrere.

Non chiamò il suo nome. Era già in piedi prima ancora di aprire bocca. Dovette correre per raggiungerlo e pararsi di fronte a lui.

Gli occhi grigi di Shiro si fecero grandi per la sorpresa ma Adam non gli diede il tempo di dire niente. Se avesse parlato, avrebbe ripreso a pensare e avrebbe perso il coraggio.

Lo afferrò per i fianchi e lo baciò con un po’ troppo impeto e un po’ di goffaggine. Fu più veloce di un battito di cuore, eppure fu sufficiente. Quando Adam si allontanò, gli occhi di Shiro erano ancora grandi, sorpresi ma la luce che li illuminava era pari a quella delle stelle che stavano comparendo nel cielo, sopra di loro.

Il sorriso che sbocciò sul viso di Shiro non era paragonabile a nessuno di quelli che Adam gli aveva visto rivolgere al mondo. Si convinse che fosse solo per lui.

Quel sorriso gli diceva che lo aspettava da un po’.

Eccomi. Adam non lo disse. Ci ho messo un po’, scusami.

Shiro non aveva bisogno di parole. Gli prese il viso tra le mani e lo baciò a sua volta, con più calma, più dolcezza.

Il tempo si dilatò ma nel momento in cui si separano, non era passato più di un istante.

Il mondo aveva ricominciato a girare, ma era cambiato e non sarebbe più tornato lo stesso.

Shiro lo lasciò andare, fece scivolare la mano sulla sua guancia come una carezza. “Ciao…” Sussurrò, prima di voltarsi e tornare a camminare. Sapeva che Adam non lo avrebbe seguito, che aveva bisogno di un momento per abituarsi a quel mondo nuovo, dai colori così brillanti.

Adam lo guardò allontanarsi. Non si disturbò nemmeno ad aggiustare gli occhiali storti sul naso.

Il momento era finito. Il tempo era tornato a scorrere anche per lui.

Con le labbra ancora tiepide dei baci di Shiro, sorrise.



Lo giuro, quando Shiro me lo disse, reagii da buon amico e con maturità.

Sì… Me lo confidò solo alla fine delle vacanze estive, mentre eravamo alla casa al mare dei miei genitori. Ovvero, all’incirca trentacinque giorni dopo il fatto.

No, non ricordo i giorni precisi perché la cosa m’irritò.

In fondo, era la loro storia, non la mia!

Perché avrei dovuto essere informato del primo bacio del mio migliore amico?




Quando Shiro ebbe finito di raccontare, Matt lo fissò con gli occhi sgranati e le labbra dischiuse per un minuto infinito. Alla fine, Shiro arrossì e rivolse lo sguardo al mare. Erano seduti sulla spiaggia di fronte alla casa per le vacanze dei genitori di Matt, in California.

Shiro era rimasto in Giappone per più di un mese, aveva fatto felice i suoi nonni ed era riuscito a passare davanti alla camera vuota di sua madre senza avere un crollo emotivo.

Nel suo racconto, Shiro si era dimenticato di dire che una delle ragioni per cui il ritorno a casa era andato così bene era il bacio con Adam. Meglio, i due baci con Adam.

“E quindi?” Domandò Matt, senza cancellarsi dalla faccia quell’espressione esterrefatta.

Shiro sbatté le palpebre un paio di volte. “E quindi cosa?”

“Come cosa?!” Sbottò. “Vi siete baciati tre settimane dopo che lui ti aveva spezzato il cuore! Non vi siete detti niente? Non vi siete più sentiti?”

Shiro scrollò le spalle e scosse la testa. “Ci vedremo la prossima settimana alla Garrison.”

“Oh!” Matt si mise le mani tra i capelli. “Quello ha avuto tutta l’estate per andare in crisi esistenziale!”

Shiro rise. “Adam non è tipo da crisi esistenziali.”

Matt lo guardò storto. “Ti sei mai chiesto che ruolo hai avuto nella sua vita, prima che si decidesse a baciarti? È solo molto silenzioso mentre va in panico.”

“Lo conosci meglio di me, ora?” Domandò Shiro divertito.

“Ma chi ha voglia di conoscerlo?” Matt si alzò in piedi. Aveva bisogno di farsi una nuotata e di riflettere sulla nuova situazione che si era venuta a creare… E aveva già trentacinque giorni di ritardo sulla tabella di marcia.

Shiro sospirò è lo seguì. “Matt…”

Il giovane Holt lo guardò con aria sfinita.

“Sei arrabbiato?” Fu la domanda.

Matt avrebbe preferito annegare piuttosto che rispondere, ma voleva bene a Shiro e qualcosa glielo doveva. “Sei felice?” Domandò. “Se la prossima settimana Adam ti accogliesse con un bacio, tu ne saresti felice?”

Shiro annuì con un sorriso. “Sì, molto.”

Matt scrollò le spalle. “Allora va bene.” Disse, preparandosi all’inevitabile catastrofe.



Mi capisci, vero? Come potevo fidarmi dopo quello che Adam aveva già fatto?

La settimana successiva, tornai alla Garrison preparato: con la mazza da baseball di mio padre nascosta nel borsone… Per ogni evenienza.

Fu una bellezza arrivare all’Accademia e poter andare direttamente in dormitorio senza dover passare sopra un centinaio di persone.

Primo colpo di scena: Adam era già lì.

Secondo colpo di scena: pensi che l’inizio del nostro primo anno alla Garrison sia stato troppo da teen-drama? Ti svelo un segreto: l’inizio del secondo fu peggio!




Adam era accanto al proprio letto, intento a svuotare il borsone. Guardò i due compagni di stanza attraverso le lenti degli occhiali ma ne vide solo uno.

Shiro sorrise e fu come venir abbagliato dal sole, ma Adam non distolse lo sguardo.

“Ciao…” Disse il suo pilota. Sì, il suo pilota.

Adam si chinò su di lui e rubò quel sorriso luminoso con un bacio. “Ciao,” rispose con voce incolore. Eppure, era felice.

C’era sorpresa negli occhi grigi di Shiro, ma era una cosa buona.

“Ci vediamo dopo,” aggiunse Adam, superandolo.

“A dopo…” Rispose Shiro in un mormorio.

Solo quando tentò di uscire dalla porta, il giovane Sànchez si accorse della terza persona presente nella stanza.

Matt era rimasto sulla soglia come congelato, gli occhi talmente sgranati da essere quasi fuori dalle orbite e la bocca spalancata. Assomigliava a un pesce lesso ma Adam gli risparmiò il commento. “Mi fai passare, Holt?”

Matt si fece da parte molto lentamente e non tolse gli occhi di dosso da Adam fino a che non scomparve in fondo al corridoio.

“Ma sul serio?” Domandò, rivolgendosi più a se stesso che all’amico. “È tutto vero?”

Quando si voltò a guardare Shiro, il suo migliore amico sorrideva.

Come avrebbe potuto non farlo?

“Coraggio,” disse il pilota con allegria. “Disfiamo i bagagli.”
   
 
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