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Autore: La_Sakura    07/08/2018    3 recensioni
Diciassette anni e una città nuova: una sfida per crescere e maturare, ma soprattutto per fare chiarezza con i propri sentimenti. Queste le premesse all'arrivo di Sakura nella ville Lumière. Ma il detto "lontano dagli occhi, lontano dal cuore" si rivelerà corretto? D'altronde il suo cuore è già impegnato... oppure la confusione nella sua testa aumenterà, fino a farle dubitare persino dei suoi sentimenti?
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Luis Napoleon, Nuovo personaggio, Pierre Le Blanc
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Sakura no sora - my personal universe'
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Entro in classe a testa bassa, quasi trascinando i piedi, e mi siedo al mio banco, anzi, mi lascio cadere sulla sedia con poca grazia.
«Ehi, che faccia. Tutto ok? Queste vacanze ti hanno proprio distrutta!»
Non so che rispondere, quindi alzo lo sguardo su Yves e Jacques, che passano dal divertito al preoccupato.
«Sakura?»
«Sono un po’ confusa. Ho ricordi vaghi. Non penso di aver combinato grossi guai, ma… l’altra notte ho dormito con Louis.»
Jacques spalanca gli occhi e appoggia i palmi sul mio banco per avvicinarsi di più.
«Ti ha toccato? Ti ha fatto fare cose che non volevi? Io quello lo…»
«Ma no! – esclamo, inorridita – Louis non lo farebbe mai.»
«Ne sei sicura?»
«Jacques, fidati, se fosse successo qualcosa me ne sarei accorta. Io non ho mai…»
Mi accorgo di cosa sto per dire e mi blocco, ovviamente sento le guance diventare più calde e immagino di essere arrossita parecchio. Fortuna i miei amici non commentano e si concentrano sul fatto che ho “vaghi ricordi”.
«Hai bevuto?»
«Sì, ho un po’ esagerato mi sa… e non ci sono abituata.»
«Sei stata male? Hai vomitato?»
Scuoto la testa in senso di diniego e sospiro.
«Però adesso Louis non mi parla più, quindi temo di aver detto o fatto qualcosa di sbagliato. Quando mi sono svegliata, lui se n’era già andato, e non ho più avuto modo di parlargli…»
«Lascia perdere, ti avrà fatto delle avances e tu avrai rifiutato.»
Scoppio a ridere, divertita al pensiero che Louis possa provarci con me. I miei amici sorridono della mia ilarità, e l’argomento viene accantonato per dare spazio ai racconti della serata.
La giornata passa in fretta, e quando usciamo i miei amici mi ricordano che Madi ha organizzato una serata per vedere le foto di EuroDisney che ha fatto sviluppare.
«Potete venire da noi, ordiniamo qualcosa da asporto, che ne dite?»
«Va bene – annuisco e mi volto verso Yves – Ci vediamo alla fermata della metro?»
«Ok, a più tardi allora.»
Mi volto per prendere la direzione di casa, e con lo sguardo incrocio quello di Louis: è strano, quasi cupo. Sembra molto serio in realtà. Scacciando la sensazione di freddezza mi avvicino e lo saluto.
«Ciao, vieni a trovare Florence?»
Annuisce e si avvia senza proferire verbo, così sospiro alzando gli occhi al cielo e mi incammino.
«Che hai da ridere?» mi chiede dopo un po’, e non so come abbia fatto ad accorgersene dato che è davanti a me e non si è voltato neanche per un secondo.
«Sei buffo. E strano. Ma strano forte. Faccio davvero tanta fatica a capirti. Però ti voglio bene lo stesso.»
«Tu… cosa?»
Si volta e mi osserva con gli occhi sgranati, neanche gli avessi detto che ho una pistola e voglio usarla contro di lui. Questo ragazzo ha qualche problema affettivo, ne sono certa.
«Beh, sì… non mi hai fatto nulla di male e sei gentile con me.»
«Solo perché zia Flo mi obbliga.» ci tiene a precisare.
«Sì, ok, la so la storia, tranquillo. Però nonostante i tuoi tentativi di dissuadermi dallo starti vicino, non sei mai stato cattivo con me, e poi io mi affeziono facilmente.»
«Non farlo.» mi dice, e suona quasi come un ordine. Vorrei ribattere che non è una cosa che posso comandare, ma mi rendo conto che sarebbe inutile discuterne con lui. Siamo diversi, sotto molti punti di vista, e nonostante io sia giapponese e non esterni molto le emozioni, sono comunque più espansiva di lui. Lui… pare proprio di ghiaccio.
Quando rientriamo, Flo ci accoglie con un sorriso.
«I miei ragazzi. Louis, ti fermi a cena?»
Lui mugugna qualcosa e si lascia cadere sul divano, e inizia immediatamente a fare zapping tra i canali sportivi della tv satellitare, così decido di lasciare zia e nipote ai loro discorsi e vado in camera mia.
Mi siedo alla scrivania e sfoglio il diario, che inizia ad essere pieno di scritte stupide di Jacques e Yves, di biglietti di ingresso a musei, o bigliettini da visita di ristoranti in cui sono stata. Controllo le consegne per domani, e sbuffo quando vedo la maledetta chimica che mi aspetta.
 
Malgrado tutto, continuano a risuonarmi in testa le parole di Louis. Quel “non farlo”, inteso come non affezionarmi a lui. È come se volesse innalzare un muro tra di noi: subito pensavo fosse dovuto alla mia partenza, ma mancano due mesi, è vero che il tempo vola, ma iniziare a creare un distacco proprio adesso sarebbe da stupidi.
Io mi trovo bene in sua compagnia, è una persona con cui riesco a essere me stessa, senza imposizioni, senza i dogmi della cultura giapponese. Ho imparato tanto da quando sono qui, è un percorso di crescita molto importante, e mi piace fantasticare su dove mi porterà.
Mentre fisso il soffitto, incapace di prendere sonno, e mi ritrovo ad ammettere che senza la presenza di Louis, probabilmente non avrei vissuto certe esperienze, e non parlo solo della vita notturna parigina, dell’andare per locali a bere e ballare fino a non sentirsi più le gambe, o del girare per la città ben protetti nella limousine di Pierre. Parlo della consapevolezza di me stessa che mi ha aiutato ad acquisire: sì, io mi sento una nuova Sakura. Essere lontana da casa mi ha permesso di capire aspetti di me che mi erano sconosciuti: forse sta succedendo lo stesso a Tsubasa… forse anche lui si sente così.
Rifletto sul fatto che sono davvero tanti giorni che non lo sento, presi come siamo entrambi dalle nostre cose, e per la prima volta in vita mia… non me ne sono resa conto. Non ho sentito quella nostalgia implacabile del mio oniisan che mi prende ogni qualvolta ripenso a lui; non mi è venuto il magone perché si trova a migliaia di chilometri di distanza; semplicemente… ne ho preso atto.
Mamma aveva ragione, questa esperienza si sta rilevando davvero importante per me, per la mia crescita, per quello che sarà il mio percorso futuro.
Mi rigiro per l’ennesima volta e capisco che non c’è verso di dormire, quindi mi alzo e decido di provare a farmi una camomilla, qualcosa di caldo potrebbe aiutarmi. Mi dirigo in cucina, cercando di fare meno rumore possibile, ma quando arrivo mi ritrovo davanti a Florence che a quanto pare ha avuto la mia stessa idea e sta versando dell’acqua bollente in una tazza.
«Ricordami di non far preparare mai più qualcosa da mangiare a Jean.» mi dice, riferendosi al buonissimo timballo di riso che suo marito ha preparato ma che, ahimè, risulta essere di difficile digestione.
«Per lo meno, non per cena.» le sorrido, mentre mi porge una tazza. Ci accomodiamo al tavolo e rimaniamo in silenzio per qualche minuto.
«È successo qualcosa con Louis?» mi chiede quindi, per rompere il ghiaccio. Non mi stupisco più di tanto, era inevitabile che si accorgesse della tensione tra noi due.
«Credo che stia già iniziando a distaccarsi da me, immagino per via della partenza.»
«Ma è tra due mesi.» osserva lei.
«Lo so. – soffio sulla bevanda nel vano tentativo di raffreddarla – Ma non ho altre spiegazioni. D’altronde me l’ha consigliato anche lui, di non affezionarmi troppo.»
«Che cosa stupida! – esclama – Tipico di mio nipote! Quando trova qualcuno che gli vuole bene, si spaventa e si allontana! – sospira affranta – Temo che essere cresciuto senza una madre abbia influito molto su di lui, come se… come se fosse convinto di non meritare affetto.»
«Che tipo era Élodie?» chiedo ad un tratto.
«Tale e quale a me. Solare, positiva, sempre pronta a farsi in quattro per le persone che amava. La sua morte ha sconvolto un po’ tutti quanti.»
«Immagino… non deve essere stato facile.»
«No, non lo è stato. Louis era molto piccolo, e suo padre, come vedi, è sempre via per lavoro, e lo lascia solo, sapendo che ci siamo noi a prenderci cura di lui. Credo che mio cognato non abbia ancora superato la perdita, e veda molto mia sorella in Louis. Tu però non ti arrendere, Sakura. Se vuoi bene a mio nipote, come penso che sia, e non parlo di malizia, ma di affetto sincero… beh, ormai avrai capito come devi prenderlo. Sarebbe un peccato per entrambi perdere un’amicizia come la vostra, vi ho visto crescere molto in questi mesi di frequentazione.»
«È vero, Louis ha tirato fuori lati del mio carattere che manco sapevo esistessero.»
«Allora diglielo. Non lo ammetterà mai ma gli farà piacere saperlo. Si sentirà… importante.»
Sorrido pensando a quante arie si darà, quando gli darò parte dei meriti della mia crescita personale. Ma bisogna sempre
rendre à César ce qui est de César.*

* dare a Cesare quel che è di Cesare 


E questo capitolo in parte lo dedico a sissi149 che a più riprese chiedeva come mai Louis frequentasse così assiduamente casa degli zii... 
Non so perché, ma ho sempre dato per scontato che Louis fosse orfano di madre, forse per il caratteraccio che si ritrova (che, beninteso, non vuol dire assolultamente nulla, è solo un mio film mentale). 
Oltre a ciò, ci mettiamo i suoi atteggiamenti ambigui verso Sacchan, e otteniamo un corollario niente male. Ma siamo già a marzo, tempus fugit, e Sakura che dovrà davvero darsi da fare per sbrogliare questa matassa. 
Un bacione grande
Sakura chan

 
   
 
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