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Autore: rocchi68    12/08/2018    3 recensioni
Scott aveva smesso di provare paura da diversi anni ormai.
Non negava, e di certo non si vergognava a dirlo in giro, che da bambino era emotivamente instabile e ogni cosa poteva terrorizzarlo a morte.
Il buio era stato sconfitto solo quando aveva sei anni e solo quando aveva compreso che non c’era nulla da temere in un lungo e tetro corridoio senza illuminazione. Poteva sussultare se sua sorella si metteva in un angolo per qualche stupido scherzo con cui farlo schizzare nella sua stanza, ma a vivere lontano miglia e miglia da quella disgraziata sentiva di non correre seri rischi.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dawn, Scott
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Scott aveva smesso di provare paura da diversi anni ormai.
Non negava, e di certo non si vergognava a dirlo in giro, che da bambino era emotivamente instabile e ogni cosa poteva terrorizzarlo a morte.
Il buio era stato sconfitto solo quando aveva sei anni e solo quando aveva compreso che non c’era nulla da temere in un lungo e tetro corridoio senza illuminazione. Poteva sussultare se sua sorella si metteva in un angolo per qualche stupido scherzo con cui farlo schizzare nella sua stanza, ma a vivere lontano miglia e miglia da quella disgraziata sentiva di non correre seri rischi.
Perfino il terrore dei mostri sotto il materasso o di quello dentro l’armadio era stato schiacciato come se niente fosse. E tutto questo quando aveva appena dieci anni e aveva compreso che quello stupido film horror che aveva intravisto a casa di suo zio era solo una sciocchezza di poco conto.
Guai, però, se prima di coricarsi, non si fosse messo a controllare sotto il materasso con una torcia l’eventuale presenza di orribili mostri pelosi. E di certo non avrebbe mai lasciato un piede a penzoloni oppure fuori dalle coperte: il demone con i suoi artigli affilati sarebbe stato capace di prenderlo per trascinarlo nel suo antro oscuro oppure di tranciarglielo di netto, facendolo morire dissanguato.
Da quella sera, da quando aveva smesso di osservare le piastrelle polverose sotto il suo letto, e nelle successive le sue paure si erano esaurite.
I ragni, i serpenti o anche solo i topi non l’avevano mai terrorizzato più di tanto: cosa che sua sorella e sua madre non potevano affermare con altrettanto orgoglio e che lo spingeva ad armarsi di una mazza da baseball per cacciarli dalla sua proprietà.
Nemmeno la scuola, con le classiche minacce di vari professori nevrotici che millantavano d’aver stroncato studenti ben più meritevoli di una zucca vuota, l’aveva sgomentato a tal punto da farlo tremare come una foglia sferzata dal vento.
Solo alcuni scherzi erano stati capaci di spaventarlo: si trattava di un Buh nel momento di massima distrazione, di una mano gelida che si piantava sulla spalla mentre era impegnato a riflettere o di un passo felpato che si avvicinava e che lo costringeva a un salto e a un urletto poco virile.
Ora che, però, aveva 25 anni suonati non c’era quasi più nulla a spaventarlo o così pensava prima di quella sera.
 
Era rientrato verso mezzanotte e aveva paura.
Durante il viaggio di ritorno era stato quasi tutto tranquillo, ma a poche miglia dal suo appartamento il terrore era ritornato a illuminare il suo vetro e aveva bussato con veemenza.
Era come in quel libro che aveva letto durante l’estate del quarto anno delle superiori, dove alcuni ragazzi scappavano da una città, dimenticando il mostro, salvo poi ritornare indietro dopo tante primavere e ricordare ogni singolo episodio come se si fosse verificato appena 5 minuti prima.
Inconsciamente non aveva avuto una paura così distruttiva da annientarlo come quei poveri ragazzi risvegliatisi dopo 27 anni come degli adulti seri e coraggiosi, ma un timore che non riusciva a lasciarlo tranquillo.
Con le mani tremanti afferrò il mazzo di chiavi e lo rigirò diverse volte prima di trovare quella più lunga e sottile del suo appartamento. Se qualche vicino si fosse avventurato per le scale in quel preciso istante, abbozzando magari un saluto solo sussurrato, sarebbe stato raggelato dallo sguardo demoniaco del rosso.
Prima di scontrarsi e di discutere, inserì la chiave nella serratura e aprì la porta, ritrovandosi avvolto dalla classica oscurità di chi fa troppo tardi la sera.
Essenzialmente non doveva nemmeno fermarsi per quello straordinario, ma c’erano stati alcuni problemi in fabbrica e le caldaie, a seguito di un calo di pressione imprevisto, avevano avuto bisogno di una riparazione d’urgenza.
Aveva avvertito per tempo a casa e la fidanzata, nonostante il fastidio di non poter passare il proprio tempo insieme all’amato, aveva preparato un bel toast per quando fosse rientrato.
Anche se erano oltre 8 ore che non metteva nulla sotto i denti, la paura gli aveva chiuso lo stomaco e avrebbe fissato quel piatto con lo sguardo di chi vorrebbe mangiare, ma che è ben consapevole di non digerire nemmeno un boccone.
Richiusa a chiave la porta dell’appartamento, restò per alcuni interminabili secondi avvolto dall’oscurità.
Era come se fosse su una delle poltroncine del cinema con il biglietto nella mano destra e con bibita e popcorn nella sinistra, in attesa chiaramente che sul maxischermo fosse proiettato il film per cui aveva scucito ben 10 dollari fumanti.
Peccato che non ci fosse nessun film ad attenderlo, sempre che non si trattasse di un autobiografico che gli ricordava quanto avesse paura.
Il salotto e il piccolo corridoio che l’avrebbe condotto nella sua stanza erano avvolti dall’oscurità: non poteva pretendere che la sua ragazza rimanesse sveglia fino a quell’ora, solo per aspettarlo e per chiedergli il resoconto della giornata.
Alla luce di quello che aveva vissuto, avrebbe pregato che lei fosse sul divano, per poi gettarsi tra le sue braccia e farsi cullare dal suo battito.
Sfilandosi le scarpe, togliendosi la maglietta nera sgualcita e i jeans rovinati, restò in biancheria intima e pazientò alcuni secondi davanti alla porta socchiusa della camera matrimoniale. Con i vestiti tra le mani entrò nella stanza, li appoggiò sulla sua solita sedia e, sempre senza accendere la luce, si sedette sul suo lato di materasso.
La sua fidanzata dormiva beatamente e non era per niente consapevole del dramma che Scott stava vivendo e che in quegli istanti sembrava essersi ingigantito.
Giratosi un attimo a scorgere la sua figura, le carezzò lievemente il corpo e ricevette una scossa che lo spinse a infilarsi sotto il lenzuolo e ad attaccarsi al corpo della giovane.
Lei dormiva pancia in su e Scott messo sul fianco destro, allungò le braccia e le mani a cingerla, a percepire quel contatto rassicurante e a proteggerla da un qualcosa che nessuno avrebbe potuto mai escogitare ai loro danni.
Sentire quella fragile creatura tra le sue braccia, lo sciolse e lo portò a piangere per sfogare tutta la paura, lo stress e la rabbia accumulati.
Quei movimenti, a tratti irruenti, portarono al quasi risveglio di Dawn che sbatté leggermente le palpebre e cercò di capire cosa stesse accadendo.
Muovendo la mano cercò l’interruttore e dopo averlo acceso, cercò di mettersi sul fianco per dare risposte ai dubbi che l’avevano colta. Che cosa stava accadendo? Perché l’aveva risvegliata? Ma cosa più importante perché Scott si stava comportando in modo tanto singolare?
Di solito non esternava i suoi sentimenti con tanta spontaneità, sempre che non fosse leggermente alticcio a causa dell’alcool, ma qualcosa doveva averlo turbato per scacciare i suoi soliti propositi di silenzio e segretezza.
Fissatolo negli occhi e con bocca ancora impastata, si accorse delle lacrime del ragazzo e ciò la portò a una carezza con cui rincuorarlo.
 
“Ho avuto paura, Dawn.” Esordì, scusandosi per averla risvegliata così, senza preavviso, nel cuore della notte.
 
“Paura? E di cosa?” Domandò di conseguenza, sbattendo gli occhi per risvegliarsi del tutto.
 
“Ho avuto paura di perderti.” Mormorò, cercando di affondare il suo viso nel corpo della giovane.
 
“Ma…”
 
“Credevo di non vederti più.”
 
“Che cosa è successo?” Tentò, sperando che non fosse troppo scosso e che non si chiudesse su sé stesso, così com’era solito fare abitualmente.
 
“Un’auto.” Rispose laconicamente, credendo erroneamente che lei fosse in grado di leggere nella sua mente.
 
“Potresti essere più chiaro?”
 
“Ero all’incrocio e avevo semaforo verde davanti a me.” Soffiò, tirando su con il naso e cercando di trattenersi dal non crollare totalmente.
 
“Sai che puoi dirmi tutto e non dovresti vergognarti: io ho paura ogni giorno se penso che il tuo lavoro possa essere pericoloso.” Si lasciò andare, ammettendo quella sua insolita fobia che la coglieva ogni qualvolta agitava la mano dalla finestra per salutarlo prima che salisse in auto.
Tutte le volte temeva che quello fosse il loro ultimo saluto: un po’e, scusate se esagero, come l’ultimo bacio che i soldati lasciavano alle loro amate prima di partire per la guerra, senza sapere se avrebbero mai fatto ritorno.
 
“Io lo faccio per il nostro futuro.”
 
“Questo lo so, ma ho comunque timore che ti possa accadere qualcosa di brutto.”
 
“Dawn…”
 
“Che cosa sarebbe successo a questo semaforo?” Domandò Dawn, vedendolo tremare come un pulcino spelacchiato.
 
“Sai che, nonostante il semaforo verde, aspetto sempre quei due-tre secondi per evitare brutte sorprese. “
 
“Hai paura che tuo padre ti osservi?”
 
“È da quando quel tir l’ha investito sulle strisce, straziando il suo corpo, che non riesco a fare a meno di questa lezione crudele.” Sospirò rassegnato.
 
“Mi dispiace, Scott.”
 
“Ero fermo a quel semaforo e non avendo nessuno dietro a mettermi fretta, ho avviato la macchina con lentezza, sicuro d’avere la precedenza.”
 
“Invece?”
 
“Un folle su uno stupido SUV è passato con il rosso e per pochi centimetri non mi ha preso in pieno.”
 
“Cosa?!” Chiese con rabbia, sentendolo sussultare.
 
“Era come se una voce mi dicesse di frenare e le ho dato retta.”
 
“Scott…”
 
“Vedi Dawn…io non ho paura di morire: è una cosa abbastanza normale, no?”
 
“Sei cattivo quando parli così.” Borbottò la giovane, mentre lui serrava il contatto in cui l’aveva stretta.
 
“Io ho avuto paura di non vederti più, di non poterti abbracciare e di perdermi i nostri momenti e i nostri baci.” Ammise, attaccandosi alle labbra sottili della fidanzata, per poi staccarsi dopo essere rimasto senza fiato.
 
“Scott…” Soffiò rossa in viso.
 
“Stavo per morire di paura.”
 
“Stai calmo, sei a casa, sei con me adesso.” Lo rincuorò, facendolo sospirare.
 
“È quello che sarebbe potuto accadere che mi spaventa.”
 
“Come?”
 
“Una volta mi andava tutto bene, non avevo quasi mai paura, ma quando ho evitato quel SUV, ho capito che la cosa più grave che potrebbe accadermi è quella di perderti.”
 
“Sei uno sciocco.” Mormorò, donandogli un bacio.
 
“Lo so, ma per quanto sia irrazionale, è l’unica paura che mi pervade.”
 
“E immagino che per questa paura, tu non abbia toccato cibo e sia subito venuto a letto.” Azzardò, facendolo annuire.
 
“Io…”
 
“Sei un vero testone.” Lo rimproverò, carezzandogli il volto contratto.
 
“Ma io…”
 
“È già sabato e possiamo dormire fino a tardi.” Borbottò maliziosa, insinuando una mano tra i loro corpi e costringendolo a staccarsi.
 
“A cosa stai pensando?”
 
“Fa un po’ caldo questa sera e una bella doccia potrebbe farci stare meglio.”
 
“Vai pure avanti, Dawn.”
 
“Non hai capito: facciamo la doccia insieme.” Replicò divertita, alzandosi dal letto e avviandosi verso il bagno.
 
“Dawn…”
 
“E poi ti farò dimenticare questa brutta nottata.” Continuò languida, rimanendo sulla porta e facendosi squadrare dal fidanzato.
 
“E va bene.” Borbottò sorpreso.
 
“Io intanto vado a preparare l’occorrente.” Proseguì, sculettando come al suo solito e facendo sorridere il fidanzato.
 
Nel vederla allontanarsi e nel pensare a ciò che sarebbe accaduto di lì a breve, riuscì a dimenticare la grande paura provata.
E con sguardo carico di speranza, raccolse un paio di boxer, non prima d’aver ringraziato il suo angelo custode per quel riflesso improvviso e non prima d’aver abbozzato un ghigno verso la foto del padre che continuava a fissarlo dal comò.
 
“Avrò sempre paura di perdermi tutto questo.” Soffiò, accostando la porta e percorrendo il corridoio che l’avrebbe portato nel bagno, dove la sua piccola Dawn lo stava aspettando con la spugna già alzata e con uno shampoo dall’odore assai invitante.






Angolo autore:

Era da parecchio che non scrivevo una one-shoot e forse lo si nota.
Spero che sia di vostro gradimento e che non ci siano troppi errori in giro.
Alla prossima!
 
   
 
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