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Autore: La_Sakura    14/08/2018    3 recensioni
Diciassette anni e una città nuova: una sfida per crescere e maturare, ma soprattutto per fare chiarezza con i propri sentimenti. Queste le premesse all'arrivo di Sakura nella ville Lumière. Ma il detto "lontano dagli occhi, lontano dal cuore" si rivelerà corretto? D'altronde il suo cuore è già impegnato... oppure la confusione nella sua testa aumenterà, fino a farle dubitare persino dei suoi sentimenti?
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Luis Napoleon, Nuovo personaggio, Pierre Le Blanc
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sakura no sora - my personal universe'
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Sto aspettando che Pierre e Napo passino a prendermi: sono seduta nella mia postazione da telefonata e picchietto la punta dei miei nuovi stivaletti per terra.
«Nervosa?» mi chiede Flo, carezzandomi la testa.
«Mi sento strana ultimamente.»
«Hai più sentito Yves?»
«No… ma credo che domani andrò da lui…»
La nuova Sakura non mi piace per niente, e ci ho impiegato tre secondi netti per pentirmi di quella discussione col mio amico. Purtroppo mi sono resa conto di essere anche una gran codarda, e non ho avuto il coraggio di presentarmi da lui per fare pace.
«Goditi la serata, domani andrà meglio.» e mi posa un bacio sulla nuca. Annuisco e sospiro, tornando a guardare l’orologio: sono le 20:30, e io ho il dubbio che non verranno più.
«Vabbè. – dico, alzandomi e chinandomi per slacciarmi le scarpe – Ho giusto quel libro da finire di leggere…»
«Mi dispiace… - mormora Flo, che era molto felice di questa uscita, probabilmente sperava che lo strappo tra me e suo nipote si ricucisse – Appena vedo Louis…»
«No. – la interrompo – Per favore… non voglio che si senta più in obbligo nei miei confronti. E anche per il ballo… lasciamo stare, ok? Andrò con i miei amici, e mi divertirò lo stesso. Lui… – sospiro – Lui non ha bisogno di me, ero io ad averne di lui. Mi arrabbiavo perché non capivo che in realtà ce l’avevo con me stessa. È un mio difetto, sai?» le dico, dirigendomi verso la mia camera per indossare qualcosa di più comodo.
«Quale?» mi domanda, curiosa.
«Io ho sempre bisogno di aggrapparmi a qualcuno per emergere. Non riesco a essere me stessa da sola. Quando ero piccola, vivevo all’ombra di mio fratello, poi lui se n’è andato e mi sono avvicinata a Misaki; qui ho trovato uno scoglio in Louis… cioè, io non riesco mai a brillare di luce mia, devo sempre essere accanto a qualcuno che mi attiri nel suo…»
«Caos? Perché, nel caso di mio nipote, è di questo parliamo.»
«Può darsi... ma io in quel caos mi ci trovavo bene...»
«Se vuoi posso annullare la mia uscita e stare qui con te.» mi propone, vedendomi un po' demoralizzata.
«Non se ne parla! Tu e Jean andate pure al cinema! Io rimango qui a leggere il mio libro, ormai sono alla fine e sono curiosa di sapere chi è l'assassino!»
«D'accordo, ma se hai bisogno...»
«Non ti preoccupare, starò bene.»
Lascio che escano per godersi la loro serata e finalmente posso liberarmi da quel peso che sento nel petto. Mi butto a pesce sul divano e fisso il soffitto: i due calciatori mi hanno dato buca, e adesso? È vero che ho quel libro intrigante da terminare, ma non sono dell'umore adatto: sarei più portata a guardare film strappalacrime alla televisione ingozzandomi di gelato, come nelle migliori commedie americane. Decido, però, di non far sì che il malumore prenda il sopravvento, così vado in cucina per prepararmi una bella cioccolata calda e me la porto in camera. Appoggio la tazza bollente sulla scrivania e prendo il libro dal comodino: accendo l'abat-jour e mi immergo nella lettura, sorseggiando la bevanda calda.
Devo ammettere che la trama si sta infittendo parecchio, tant'è che il tempo passa e manco me ne accorgo: è un rumore proveniente dal salotto che mi fa sobbalzare e tornare alla realtà. Ho sognato? Mi volto immediatamente verso la porta, che è alle mie spalle, e osservo il buio del corridoio: niente. Faccio per tornare alla lettura quando sento di nuovo un rumore: eh no, stavolta non ho sognato. Mi guardo attorno impanicata, non c'è nulla che potrei prendere per difendermi. Mi viene in mente che nell'armadio ho l'asta che mi serve per prendere i vestiti posizionati in alto, così la recupero, cercando di fare meno rumore possibile. Brandendola a mo' di mazza da baseball, mi affaccio al corridoio. Buio. Silenzio. Poi di nuovo un rumore. Sembrano chiavi, ma è troppo presto perché Flo e Jean siano di ritorno. Avanzo di qualche passo, tutti i miei sensi sono in allerta. Sì, è un rumore di chiavi, e sono appena cadute per terra. Sento pronunciare un “Merde”, poi di nuovo silenzio: c'è qualcuno in casa, e io sono da sola. Sola e terrorizzata! Il cordless è proprio lì dove si trova questo sconosciuto e non ho modo di raggiungerlo per chiamare qualcuno senza farmi vedere, quindi avanzo ancora, alzando ancora di più l'oggetto che brandisco. Arrivata alla porta che collega la zona notte con la zona giorno, mi affaccio appena per dare un'occhiata: lo sconosciuto che si trova nell'atrio è vestito di nero e indossa una felpa col cappuccio. Mentre indietreggio urto la porta, che scricchiola: il malvivente deve aver sentito perché sento il suo respiro farsi più pesante e tremendamente più vicino. Kami, e adesso che faccio?
La luce del corridoio si accende e io chiudo gli occhi il più possibile e cerco di farmi piccola piccola per non farmi vedere, ma...
«Che cazzo fai con quell'attrezzo in mano? - e me lo leva.  Non posso crederci: apro gli occhi e vedo Louis che soppesa il bastone – Maledizione, Sakura, potevi farmi male!»
«Che diamine fai, Louis! Non si usa più suonare, o dichiarare quando si entra in casa? Sono morta di spavento!»
«Credevo non ci fosse nessuno, non dovevi uscire con Pierre?»
«Sì, dovevo uscire con te e lui, ma non vi siete presentati, così sono rimasta in casa.»
«Avevo detto a Pierre che non avevo nessuna intenzione di vederti, e che poteva pensarci lui a farti da balia in giro per Parigi. Evidentemente ha preferito altri divertimenti.» commenta, guardandomi con quel ghigno sarcastico che lo contraddistingue.
«Non c'è problema. – esclamo, voltando i tacchi e tornando in camera – Mi sto godendo la serata in un altro modo. Fai poco rumore e chiudi la porta quando esci.»
Ovviamente, come suo stile, non mi fa raggiungere la mia stanza perché mi supera e mi si piazza davanti.
«Che vuoi?»
«Non volevi parlare con me?»
«Ho cambiato idea, dopo che ti sei intrufolato in casa come un ladro, cercando di farmi venire un infarto.»
«Ti ho detto che non pensavo fossi in casa.»
«E quindi cosa volevi fare qui, da solo, eh?»    
«Stare da solo, appunto. Ma ormai sei qui anche tu...»
«C'ero da prima di te, quindi non fare il furbo. Vai di là e divertiti, ubriacati, ammazzati, fai quel che vuoi, ma stai lontano da me.»
Lo sposto di peso e faccio per entrare in camera, quando la sua frase arriva come una stilettata.
«Ma ti senti? È per questo che voglio starti lontano, Sakura. – mi volto e lo osservo stranita, lui mi fissa con quegli occhi profondi e pieni di mille sentimenti differenti – Ti ho già contagiato fin troppo col mio carattere, il mio malessere e tutto quanto. Non voglio che tu diventi come me.»
«Ma che stai dicendo! Io sono io, non...»
«Ho parlato con Yves.»
Il gelo. Improvvisamente arrossisco per la vergogna, perché mentre io non ho avuto il coraggio di andare da uno dei miei migliori amici qui, lui (o Napo, questo non mi è dato saperlo) ha fatto il primo passo verso una persona che mal sopporta, e l'ha fatto per me.
«Sakura, io... a me piacerebbe esserti amico. Mi piacerebbe davvero. Ma io e te siamo troppo diversi, non possiamo coesistere. Meglio se ci limitiamo ai saluti e alle frasi di circostanza. Io... – lo vedo abbassare lo sguardo, per poi tornare a fissarmi – Io non sono come voi. E non lo sarò mai.»
Detto questo, si volta e se ne va. Sento la porta di casa chiudersi, poi le mandate per la serratura. Quindi, il silenzio.  
 
Sto continuando a fissare il campanello senza avere il coraggio di premerlo: quel “Leroux” impresso sulla carta mi fissa, e sembra che mi voglia far capire quanto sia stata stupida nel comportarmi così.
«Guarda che quel campanello non si suona da solo.»
La voce alle mie spalle mi fa trasalire: Jacques mi raggiunge e lo suona al mio posto.
«Io non…»
«Andiamo. – mi sospinge verso l’androne del palazzo, dopo che dall’interno si sono premurati di aprirci – Non vorrai fare tardi alla nostra sessione di Fifa?»
«Ma io…»
Mi trascina letteralmente in casa di Yves, che non sembra molto sorpreso di trovarmi lì, e mi piazza subito in mano un joystick.
«Che squadra scegli?»
«Che domande fai?» rispondo, selezionando la bandiera della mia patria.
«Allora rendiamola interessante…»
La bandiera verdeoro del Brasile illumina lo sfondo della televisione: mi volto verso di lui e lo osservo con astio.
«Non avrai la vittoria.»
«Vedremo.»
La partita inizia e io mi catapulto subito nel vivo dell’azione: corro, salto, scarto, passo, tiro, il tutto cercando di impedire a Jacques di segnare. Nel frattempo, sento che Yves si accomoda alle mie spalle, e improvvisamente la tensione si fa sentire, e mi ricordo perché sono lì.
«L’altra sera ho quasi avuto un infarto.» dico, mentre cerco di scartare un difensore.
«Ah sì? – Yves si avvicina – Come mai?»
«Louis pensava che non ci fosse nessuno in casa ed è entrato come se fosse un ladro… sono morta di paura…»
«Avete parlato?» mi chiede.
«Noi no… ma voi sì… – finalmente arrivo al punto. Appoggio il joystick, approfittando della pausa tra primo e secondo tempo, e mi volto verso il mio amico – Mi dispiace… mi sono comportata proprio da stupida. Non so cosa mi sia preso, o forse sì…»
Yves si avvicina e mi passa un braccio attorno alle spalle, facendomi appoggiare la testa alla sua spalla.
«Succede, Chérise… abbiamo avuto la nostra prima discussione.»
«Non ci sono abituata…» mormoro, quasi con le lacrime agli occhi.
«Ma che fai! – esclama Jacques, avvicinandosi a sua volta – Piangi?»
«Lo sapete che sono emotiva…» sorrido, asciugandomi le lacrime.
«Louis ti ha detto di cosa abbiamo parlato?»
«Non proprio… mi ha solo detto che lui non è come noi, quindi non possiamo essere amici, anche se gli piacerebbe.»
I miei due amici si scambiano uno sguardo strano, così mi volto per osservarli entrambi.
«Che c’è?»
È Yves a prendere la parola, dopo qualche secondo di silenzio.
«Ho una teoria…»
«Kamisama, tu e le tue teorie! Sentiamo.»
«Credo che lui sia attratto da te.»
Ecco, questa non me l’aspettavo. Alzo un sopracciglio, mentre il mio sguardo passa da Yves a Jacques, da Jacques a Yves: entrambi annuiscono, convinti.
«Dai, è palese! Guarda gli atteggiamenti!» esclama poi Jacques, sornione.
«Siamo solo amici.»
«Magari da parte tua sì. Ma da parte sua?»
«Voi due mi farete andare al manicomio! – esclamo, alzandomi e allontanandomi di qualche passo da loro – Come vi vengono certe idee? Ve l’ha detto lui?»
Non rispondono, ma dai loro sguardi intuisco che c’è qualcosa di più.
«Che poi… – aggiungo, mentre mi dirigo in cucina per prendere da bere – Sono mesi che ci conosciamo, e ancora non mi avete spiegato perché non vi sopportate.»
«È un coglione. – sbotta Jacques, finalmente – Non lo tollero. Direi che sia una cosa a pelle.»
«Anche lui mi ha messo in guardia su di te, sai?» rimbecco, e lui scoppia a ridere.
«Non avevo dubbi! – dice – L’anno scorso l’ho fatto sospendere per qualche giorno.»
«Che cosa!? – esclamo – E perché mai?»
«Una rissa per una sciocchezza. – minimizza lui, facendo spallucce – Ma la colpa è andata tutta a lui. Ha rischiato la bocciatura.»
«Non si fanno queste cose.»
«Gli è servito da lezione. – asserisce il mio amico – Infatti adesso vedi che si trattiene?»
«Tuo fratello non ha tutti i torti quando lo definisce un attaccabrighe, Sakura. – Yves si fa serio – Ha un pessimo carattere, è molto impulsivo.»
«Me ne sono accorta… – mormoro, ripensando alle volte in cui ha avuto certi scatti nei miei confronti. Sospiro e torno ad osservare i miei amici – Forse avete ragione voi… è che mi piaceva l’idea di averlo come amico, ha avuto certe premure nei miei confronti che mi hanno fatto pensare che in fondo ci tenesse… ma probabilmente era davvero tutta una montatura, per far felice sua zia. Pazienza.»
«È che tu sei così… ingenua.» Yves mi abbraccia, e io sono felice di aver fatto pace con lui. È vero, in fondo anche se non ho trovato un amico in Louis, ho sempre i miei super eroi a cui aggrapparmi.
«Andiamo! – esclamo quindi, riprendendo il joystick – Che qui c’è un galletto francese da spennare!»
«Ah, è così, eh? – Jacques raccoglie la sfida – Vediamo chi pagherà la crêpes, domani!»



Sakura ha affrontato la questione con Yves (e l'immancabile Jacques) e mette nuovi tasselli al puzzle della sua permanenza a Parigi - che, per inciso, è agli sgoccioli. 
Non vi prometto nulla, ma giovedì proverò a postare la seconda parte di aprile, e poi, come accennato, non sarò connessa fino al 27 agosto.
Nel caso in cui non riesca a postare giovedì, ci vediamo a fine mese! Spero potrete perdonarmi nel caso in cui fallirò l'aggiornamento... saranno cause indipendenti dalla mia volontà! 
Nel frattempo vi auguro un buon ferragosto - sperando dalle vostre parti sia meno piovoso che qui da me.
Vi abbraccio forte
Sakura 
   
 
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