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Autore: DewoftheGalaxy    14/08/2018    1 recensioni
Francesco guardò gli abitanti di Assisi intorno a sé.
Tutti avevano una maschera.
Tutti erano lebbrosi che nascondevano le loro piaghe sotto abiti eleganti, troppo orgogliosi.
Ma Francesco quel giorno la maschera se la sarebbe tolta.
Perché dovevano vedere come un uomo stava veramente al mondo.
Nudo.
Nudo.
Nudo e senza coperture.
Nudo e con il suo essere uomo. Essere creatura. Essere terra, argilla, e cenere.
Nudo e libero.
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Storia di un padre che non capisce e di un figlio che invece ha già capito tutto.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
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Suo figlio era diventato pazzo, ora ne aveva la conferma.


Pietro di Bernardone gettò Francesco ai piedi del vescovo e si mise in disparte, accanto alla moglie Pica, pronto ad intervenire quando sarebbe arrivato il suo turno.


Francesco…perché proprio lui?! Lui, il figlio primogenito e prediletto, lui, su cui aveva sperato tanto e fatto sogni e progetti….lui, proprio lui, era impazzito. 
Dava tutto ai poveri e passava tutto il tempo a restaurare quel rudere di chiesa abbandonata dal mondo che era San Damiano. 
Peccato che il signorino avesse dimenticato una cosa: quei soldi era suoi, di Pietro, guadagnati con il lavoro e l’impegno!

 

Con quello stesso impegno con cui il mercante aveva fatto anni di sacrifici e rinunce affinché i suoi figli, Francesco ed Angelo, diventassero bravi mercanti a loro volta.
E all’inizio Francesco sembrava farcela, veramente, era sempre gentile ed educato e sapeva come convincere il cliente.

 

Era, insieme ad Angelo, il suo orgoglio, la luce dei suoi occhi. Il suo Francesco, il suo Chicco, il suo panno migliore.
Il re delle feste e delle allegre brigate.

 

Ma poi era scoppiata quella cavolo di guerra contro Perugia e il figlio voleva andarci anche lui per diventare cavaliere e salire la scala sociale. 
Che ci andasse pure! Erano sogni di gioventù, freschi come i prati bagnati di rugiada.
Tanto sarebbe diventato comunque un mercante.

 

Era stato fatto prigioniero e chi aveva pagato per liberarlo? Lui! 
Lui con quegli stessi soldi con cui aveva pagato i medici che avevano curato Francesco quando, dal ritorno dalla prigione, era stato malato come non mai.

 

E poi? Altre stranezze o speranze svanite del nulla? Ah sì! Voleva partire verso le Puglie al seguito del cavaliere Gualtiero di Brienne ma aveva poi dovuto fermarsi a Spoleto perché gli era venuta la febbre.

 

Pietro si era rassegnato: non era destino che Francesco divenisse cavaliere a quanto pare, piuttosto che divenisse un mercante. I primi tempi dal ritorno da Spoleto non lo aveva
subito messo al lavoro e perciò Francesco passava la maggior parte del suo tempo nella natura, solo o con la figlia dello Scifi, Chiara.

 

Suo figlio era cambiato.
Non sapeva come, quando o perché, ma era cambiato.
Non era più il suo Chicco.

 

Dava i soldi ai mendicanti o ai lebbrosi o organizzava banchetti dove invitava quei derelitti. Oppure…oppure se ne stava sempre a riparare San Damiano, quel rudere!
Doveva smetterla.
Ora.
I soldi non crescevano sugli alberi! Ma lui cosa faceva? Li distribuiva in giro a destra e manca a tutti gli straccioni che incontrava per strada!

 

E poi…oh poi quando aveva buttato giù dalla finestra di casa tutte, tutte, le stoffe della bottega, persino quelle più costose, lanciandole ai mendicanti? Lì Pietro non ci aveva più visto.
L’aveva menato, riempito di botte e gettato nel sottoscala, incatenato. Che se ne stesse lì fino alla guarigione da quella pazzia!

 

Se ne era andato per un viaggio di lavoro ed al suo ritorno cosa aveva ritrovato? Francesco scappato di casa.
Si era infuriato come non mai soprattutto quando aveva visto il figlio ritornare ad Assisi dopo un mese passato a nascondersi nelle grotte in mezzo ai boschi.

 

Vestito solo di un sacco, i capelli nerissimi che zampillavano ribelli intorno al viso come le piume arruffate di un corvo, magro e pallido come non lo era mai stato.
Quello non era suo figlio, era un mendicante, un poveraccio….ma non suo figlio.

 

Suo figlio non veniva colpito con sassi e sterco di animali dai bambini.
Suo figlio non veniva deriso dagli abitanti di Assisi.
Suo figlio non era l’argomento principale dei pettegolezzi delle comari.
Quello, quell’essere, non era suo figlio.

 

Avrebbe voluto diseredarlo affidandosi al console…ma no! Al vescovo doveva affidarsi il malato di mente!

 

Al vescovo Guido, che ora troneggiava davanti a Francesco coperto dal grande mantello di stoffa preziosa che era stato acquistato proprio nella bottega di Pietro Bernardone.
Con la sua enorme e robusta corporatura sembrava un gigante in confronto a Francesco, piccolo e mingherlino.

 

Nella piazza si udiva solo il vociare degli abitanti di Assisi, radunati lì per assistere alla scena, ma tutti tacquero appena videro Francesco.

 

Il ragazzo se ne stava inginocchiato con il capo chino davanti al vescovo, silenzioso.

 

<< Ed ecco qui il nostro generoso peccatore…. >> Cominciò il vescovo, mettendo a zittire subito gli Assisani. 
<< Che cos’è questa storia che tu saresti diventato matto Francesco? >>

 

Il diretto interessato alzò il capo, mostrando due liquidi occhi marrone scuro che sembravano voler nascondere qualcosa.
Silenzio.

 

<< Hai capito la mia domanda? Perché fai questo? Ti vuoi mettere in ridicolo davanti a tutta la città? >>

 

<< E, soprattutto, vuole mettere in ridicolo la sua famiglia Eccellenza! >> Esclamò Pietro di Bernardone anche se non era stato chiamato in causa. 
<< Ha sempre avuto tutto quello che voleva! Sempre! Gli ho sempre dato tutto, non gli è mai mancato nulla, e…. >>

 

Due perle lucide si affacciarono agli occhi del mercante. 
Tutto ciò che aveva fatto per Francesco era stato gettato al vento, tutto, gettato per una ribellione che lui non comprendeva. 
Contro cosa stava andando suo figlio? Che via, che vita, stava scegliendo?

 

<< …e potete chiederlo a chiunque in città di quando io l’abbia viziato! Di quanto amore paterno gli ho dato! Di quanto io abbia pagato per ogni suo desiderio! 
Vuole spassarsela con gli amici? Bene pago io. Vuole andare a giocare alla guerra? Bene pago io. Deve essere liberato di prigione? Bene! Pago io.
Deve fare il poverello straccione che chiede l’elemosina per strada e dilapida il mio patrimonio? No! È diventato pazzo! La mia roba, le mie stoffe nelle mani di quei putridi lebbrosi e mendicanti… >>

 

Il vescovo Guido, seppur con uno sguardo comprensivo, gli fece segno di tacere con la grossa mano e si chinò su Francesco.

 

<< E tu? Cos’hai da dire a tua discolpa ragazzo? >>

 

Quest’ultimo sembrava essersi risvegliato solo allora da una sorta di trance e guardò per un secondo Guido negli occhi.

 

<< Dico che ne avevano bisogno, perché sono miei, nostri fratelli. >>

 

Così dicendo Francesco incrociò l’azzurro sguardo di Chiara, la quale se ne stava in prima fila ad ammirare la scena. 
In quello sguardo Chiara capì tutto ciò che l’amico aveva in mente.

 

<< Bisogna donare Vostra Eccellenza. >> Continuò il ragazzo. << Donare. >>

 

Francesco guardò gli abitanti di Assisi intorno a sé.
Tutti avevano una maschera.
Tutti erano lebbrosi che nascondevano le loro piaghe sotto abiti eleganti, troppo orgogliosi.

 

Ma Francesco quel giorno la maschera se la sarebbe tolta.
Perché dovevano vedere come un uomo stava veramente al mondo.
Nudo.
Nudo.

 

Nudo e senza coperture.
Nudo e con il suo essere uomo. Essere creatura. Essere terra, argilla, e cenere.
Nudo e libero.

 

Si alzò, e, con le mani giunte, guardò verso il cielo.

 

<< Al mondo nessuno sa più cosa sia la libertà, perché siamo diventati tutti ingranaggi di una folle macchina che non si ferma mai. Sempre in movimento, sempre di corsa.
Bisogna…dobbiamo….dobbiamo correre liberi nei campi! Arrampicarci sugli alberi! Tuffarci nei fiumi e nei torrenti! Sentire la terra nuda sotto i piedi! 
Dobbiamo essere liberi come gli uccelli nel cielo: senza possedere nulla! Se tanto hai non ti concentri sulla vera bellezza! Invece, se poco hai, se niente hai, tu la bellezza la vivi! La respiri! >>

 

Sorrideva, era tutto infatuato.

 

<< E la bellezza sta con l’amore, e io l’amore l’ho trovato nel Padre che sta al di sopra di tutti i padri della terra, in Colui che ha creato tutto questo e che mi ha amato molto prima di Pietro Bernardone! >>

 

Cosa?! Pietro non credeva alle sue orecchie.

 

<< E io rinuncio! Rinuncio a tutto per quest’Amore che da’ bellezza, libertà e la vera ricchezza! >>

 

Detto questo Francesco si tolse la tunica e la depose ben piegata ai piedi del padre.
Era completamente nudo.
Era completamente libero.

 

Si esponeva al mondo con le sue fragilità e i suoi timori, nasceva a nuova vita.
Qualcosa era maturato.

 

Gli abitanti di Assisi sussultarono indignati e ci fu chi rise e scherzò.

 

Francesco si avvicinò al mercante: << Finora ho chiamato te mio padre sulla terra ma d'ora in poi posso dire con tutta sicurezza: Padre nostro che sei nei cieli, perché in lui ho riposto ogni mio tesoro e ho collocato tutta la mia fiducia e la mia speranza. >>

 

Intanto il vescovo aveva avvolto il ragazzo con il suo grande mantello portandolo vicino a sé. Nonostante nel mantello Francesco ci stesse dentro tre volte, sorrideva.

 

Qualcosa si era rotto, Pietro lo sapeva, una crepa che sarebbe mai andata a posto. Incrociò lo sguardo con Chiara, la figlia dello Scifi ed amica di Francesco.
Chiara sapeva il perché, ma non l’avrebbe mai detto.
Chiara aveva capito tutto mentre gli altri niente.

 

E, stringendosi a sé la moglie piangente e l’unico figlio rimastogli, si sentì geloso di quel Padre che stava nei cieli, perché con il Suo amore gli aveva portato via il figlio.

 

Perché l’Onnipotente voleva riprendersi così presto la creatura che era stata affidata a lui?

 

 

 

 

 

 

   
 
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