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Autore: inunotaishobae    14/08/2018    2 recensioni
Dopo aver vissuto per tutta la sua vita nella sua città natale, Rin trova finalmente il coraggio di raccogliere le sue poche cianfrusaglie e trasferirsi a Shibuya, quartiere di Tokyo, per raggiungere Kohaku, Sango e Miroku, amici di vecchia data. Ormai la sua casa è diventata dimora di fantasmi del passato che sembrano non volerle lasciare spazio per volgere lo sguardo al futuro, dunque allontanarsi sembra l'unica soluzione per trovare, dopo momenti oscuri, giorni più luminosi e floridi. Il suo carattere gioviale e affabile le servirà ad affrontare la sua nuova vita con coraggio e grande volontà.
Nel frattempo, un misterioso e meticoloso Sesshomaru si prende cura del suo giardino nella sua abitazione a Shibuya, in un vicinato tranquillo e silenzioso che sembra quasi assecondare la sua natura, così distante e apparentemente parallela a quella della giovane dal fare espansivo - o forse no?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rin, Sesshoumaru | Coppie: Rin/Sesshoumaru
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Per quanto avesse sospettato il contrario, Rin osservò come il primo integro giorno trascorso fosse passato velocemente; era certa che la compagnia di Miroku e Sango avesse avuto un impatto significativo sullo straordinario fenomeno, e sicuramente perdersi in mille vetrine di negozi, fare la spesa come se fosse un giorno come un altro le aveva dipinto un sorriso sulle labbra illuminato dal crepuscolo incandescente, tinto di rosso.

“Hai avuto modo di conoscere i tuoi vicini?” – una distratta Sango cercava di far scivolare il cinturino in cuoio sul polso sinistro per controllare l’ora. “Sembra una zona molto carina, ci sono stata qualche volta, non ricordo per quale occasione però…”  - un cipiglio perplesso le fece crucciare le labbra.

Arricciando un sorriso morbido, Rin scosse la testa. “No, non ancora” – il cellulare nella sua tasca vibrò, e un led colorato cominciò a lampeggiare ripetutamente come per catturare il suo occhio e distrarlo dai colori caldi del tramonto – che non avrebbe mai immaginato così visibile da un quartiere trafficato come quello di Shibuya.
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Con la solita audacia di chi non ha davvero qualcosa da perdere, Kohaku non mancava mai occasione di farsi vivo in qualche modo, pur di tenere accesa quella scintilla di contatto che Rin sentiva essere fredda e distante.

“Cavolo, quanta insistenza!” – Sango tratteneva un ghigno divertito dopo aver letto distrattamente il nome del fratello sullo schermo del cellulare. “E’ evidente che lui sia molto felice che tu abbia finalmente deciso di venire a vivere qui” – Rin ascoltava l’amica mentre pigiava velocemente una risposta, declinando l’invito con qualche ho bisogno di tempo per studiare. “Dubito che tu sia dello stesso spirito, però” – e si sciolse finalmente una cristallina risata.

Un flebile rossore accentuò le leggere lentiggini che punzecchiavano le guance di Rin, la quale cercava di masticare improbabili scuse. “No, non è così! E’ solo che… Che lui è… E’ così…”
“Appiccicoso” – terminò per lei Sango, alzando una mano per farla ricadere sulla spalla dell’amica, come un segno di devota solidarietà nei suoi confronti. “Kohaku sa essere davvero insopportabile, mi dispiace” – disse in un sospiro.

Se fosse stato qualcun altro, probabilmente Rin avrebbe tentato di accennare una conversazione riguardante la sua poca predisposizione ad incontri che non avessero fatto parte della sfera colma di pudore che aveva sempre rappresentato per lei l’amicizia. Ma l’idea di incattivire un ragazzo così disponibile, perdere un amico fondamentalmente leale e più unico che raro non lasciava altra soluzione che rassegnarsi all’eterna procrastinazione di un incontro che Kohaku desiderava fortemente.
“…la cena” – Sango aveva appena pronunciato quelle che sembravano le ultime sillabe di una lunga sentenza di cui Rin aveva perso l’intero contenuto.

“La cena?” – ripeté, il turbine di pensieri che l’aveva rapita cominciò a diventare una brezza leggera, spazzando via gli ultimi segni di un caos distruttivo.
“Non hai sentito una parola, accidenti” – Sango esclamò nervosamente, le sopracciglia lievemente crucciate. Un lieve rantolio dal fondo del petto si disperse nella gola, come ad accentuare il suo più che evidente fastidio. “Ho detto che Kagome e InuYasha saranno a cena con noi”

“Oh, fantastico! Mi piacciono davvero tanto, sono una coppia così affiatata” – mugugnò Rin, facendo viaggiare la mente all’incontro della sera prima con i due, la passeggiata verso casa, il giardino e l’inebriante profumo di rose ad aleggiare nell’aria…

“Lo sono sempre stati, sono convinta che siano nati per incontrarsi…” – sorrise dolcemente Sango, le buste nelle sue mani a lasciare lievi solchi sulle dita.
“Anche tu e Miroku siete una coppia molto… Unica” – completò la frase Rin.
“Già, ma loro hanno un’intesa fuori dal comune, sono semplicemente fatti per stare insieme” – sospirò lei, delusa. “Per quanto Miroku possa essere fantastico, ha i suoi momenti in cui riconosco il tipico babbeo che in fin dei conti è sempre stato”

Una risata sfuggì dalle labbra di Rin, un accentuato arco di cupido disegnava la sagoma di un cuore dal colore maturo e la consistenza piena, la sua bocca. “E’ uno spasso”

“Oh, indubbiamente” – concordò velocemente Sango, strappando un’altra piccola risata dalla giovane.
Tra le chiacchiere il tempo che le divideva dalla casa di Sango e Miroku sembrava essersi dilatato per restringersi come una molla. Rin aiutò volentieri Miroku a preparare la cena, lasciando a Sango il compito di preparare la tavola per gli invitati che stavano per arrivare.

Dopo aver incontrato i visi ormai familiari di Kagome e InuYasha, Rin scambiò con loro un caloroso saluto, qualche parola con Kagome per poi prendere posto, nello stesso ordine della sera precedente. Il sottile brusìo di sottofondo che accompagnava come sempre i pasti consumati fu interrotto da una vibrazione, simile a quella di un cellulare.
“Scusatemi un momento” – InuYasha si allontanò per quelli che sembrarono due minuti, dal salotto potevano tutti sentire le diverse esclamazioni del ragazzo.
Kagome sospirò, le spalle si rilassarono in un atteggiamento di resa, i suoi occhi socchiusi. “Il solito” – borbottò, bagnandosi le labbra con le due dita di vino che Miroku aveva versato nei calici dei presenti.

“Con chi sta parlando?” – una divertita Sango cercava quasi di allungare l’orecchio per seguire la conversazione, così da poter immaginare al meglio cosa l’interlocutore potesse dire dall’altra parte della linea per far infervorare un già di suo irascibile e scontroso InuYasha.

“Probabilmente sua madre” – rispose Kagome, asciugandosi velocemente gli angoli della bocca. “Sospetto che lei avesse organizzato una cena di famiglia e che InuYasha abbia deliberatamente deciso di infischiarsene per venire qui” – sospirò di nuovo. “E’ tremendo! Se me lo avesse detto lo avrei convinto a passare del tempo con i suoi, so quanto sua madre tenga a questo tipo di cose”
Miroku ridacchiò sfacciatamente, nascondendo il ghigno divertito con il dorso della mano. “Accidenti, brutta storia” – asserì con aria ilare. “Una madre arrabbiata è sempre una rogna” – aggiunse infine.

Sango rideva divertita dalle diverse esclamazioni di InuYasha. Ad un tratto riuscii a sentire distintamente un avevo detto a Sesshomaru di farvelo sapere, non è colpa mia se tuo figlio soffre di demenza senile a quest’età, non prendertela con me, e a giudicare dalle fragorose risa che seguirono, probabilmente anche gli altri avevano sentito chiaramente.

InuYasha tornò una manciata di secondi più tardi, un’espressione accigliata rendeva i tratti del suo viso marcati e fortemente intimidatori. Kagome fece presto ad appoggiare una mano sulla sua, chiedendogli cosa fosse capitato.
“Sesshomaru ha dimenticato di dire a mia madre che non sarei stato a casa per cena” – sbuffò, visibilmente irritato. Nel frattempo Rin faceva un’attenta analisi del nome appena pronunciato da InuYasha, notando quanto fosse particolare e bizzarro. “Non visita i miei per settimane e non viene rimproverato per questo, ma se io manco per qualche ora da casa ricevo questo tipo di telefonate” – il tono di voce sempre più graffiante, i suoi occhi rivolti al cellulare appoggiato sul tavolo.
“Sai che lui è impegnato con l’università e il suo lavoro, è normale che i tuoi non se la prendano con lui” – dettò risolutamente Kagome, allontanando la mano da quella del suo compagno. “Smettila di comportarti da poppante”

“A chi hai dato del poppante?” – ruggì ferocemente InuYasha quando lo squillo di un telefono irruppe nell’aria della stanza di nuovo, interrompendolo.
Sbuffò fortemente e masticò un vi detesto con gli occhi pieni di fiamme rivolti al cellulare e una mano infilata in un atteggiamento frustrato tra i capelli.
Si alzò e lasciò la stanza di nuovo la stanza, questa volta la conversazione assunse immediatamente toni ostili. “Non ho intenzione di ripetermi, papà” – esordì InuYasha, e Sango non riuscì a trattenersi dallo scoppiare in una fragorosa risata, trattenendosi l’addome scosso da spasmi per la mancanza d’aria e le risa convulse.

A giudicare dalla conversazione sembrava che l’interlocutore fosse cambiato, anche l’uso delle parole era ben diverso e dunque tutti ci voltammo verso Kagome per interrogarla riguardo l’uso di termini che, tutti bene o male sapevamo, InuYasha non avrebbe mai – un figlio maschio, in generale – rivolto a suo padre.
“Sta molto probabilmente parlando con suo fratello” – sospirò lei, poggiandosi un fazzoletto piegato in lunghezza sulle gambe coperte da una gonna scura.
Miroku sollevò le sopracciglia quasi sorpreso. “Accidenti, non vanno d’accordo, quei due”

Kagome annuì sconfitta. “Sono davvero diversi, antipodi, potremmo dire” – accennò, spostando il peso all’indietro per poggiare le spalle rilassate sullo schienale della sedia. “Sesshomaru è il maggiore, tranquillo, molto silenzioso, detesta la confusione e semplicemente un cervellone. Dedica le sue giornate allo studio e al suo lavoro, e, da quanto ne so, una volta lui stesso mi aveva accennato ad un giardino di cui si prendeva cura. Come vedete” – sospirò, scrollando le spalle distrattamente. “Lui e InuYasha hanno praticamente zero in comune”

Una sensazione d’inquietudine cominciava ad attanagliare lo stomaco di Rin, la quale aveva ascoltato preziosamente ogni parola di Kagome, cercando in ogni modo di respingere la possibilità lontana che lei stesse parlando della persona che aveva incrociato distrattamente la sera prima. “Quindi tu lo hai visto?”
Kagome annuì. “Certo! Io e Sesshomaru andiamo molto d’accordo, è una persona estremamente piacevole, devi solo avere la premura di entrare nelle sue grazie, ecco”
Rin cercò di allentare la presa che le aveva stretto la gola. Stava per domandarle come fosse fatto esteticamente, cercando di togliersi ogni tipo di dubbio, ma Sango la precedette con la sua solita naturale irruenza e spontaneità.

“Immagino sia un bell’uomo” – fece subito lei, beccandosi un’occhiata stranita da Miroku. “Il padre di InuYasha è molto attraente, suppongo dunque che…”
“Lo è” – completò Kagome, osservando l’aria. “Lui e InuYasha si somigliano per certi versi, i loro capelli, persino i loro occhi sono simili, anche se quelli di Sesshomaru sono lievemente più sottili e dal taglio quasi spigoloso, ma in fatto di stazza si nota decisamente la differenza; Sesshomaru, rispetto a suo fratello, è meno robusto, ma lievemente più alto, probabilmente” – finì.

Rin fece tesoro di quelle informazioni, conservandole gelosamente nella sua memoria, quasi catalogandole. Sperava fortemente che prima o poi avrebbe potuto mettere a tacere quei dubbi tanto persistenti.
Quando InuYasha tornò a tavola la cena era ormai quasi conclusa; Rin non fu molto loquace quella sera, era troppo impegnata a collegare i tasselli nella sua testa. Diversi ma apparentemente simili, il suo giardino, silenzioso…
Quanto scervellarsi in quella testolina! Sentiva che prima o poi del fumo sarebbe fuoriuscito dalle sue orecchie. Tornò a casa, ringraziando se stessa di aver usato l’auto per raggiungere i suoi amici quel pomeriggio, la stanchezza gravava abbastanza prepotentemente sulle sue spalle, e non vedeva l’ora di tornare a casa per poter incontrare l’abbraccio caldo e avvolgente del suo comodo letto spazioso, rotolarsi tra le lenzuola per crearsi un bozzolo dove riposarsi dovutamente prima di cominciare la settimana al liceo e affrontare il turno di tirocinio il pomeriggio.

Dopo essersi accertata di aver bloccato le portiere della sua auto con un click dalle sue chiavi fece per aprire il cancello d’apertura al suo giardino che non arrivava minimamente alla bellezza disarmante di quello accanto. Si soffermò nuovamente ad ammirarlo alla luce soffusa dei lampioni, ispirando il profumo bagnato dei cespugli di rose, le lunghe file di violette blu, le sorprendenti e piacevoli note pungenti delle erbe aromatiche.
Quasi come se l’avesse sentita inspirare furiosamente quelle fragranze, il proprietario, con grande cura, si fece vedere, in tenuta da casa e a piedi nudi, sul portico appena fuori casa sua. Rin non se ne accorse – fortunatamente, sennò sai che figura? Non avrebbe dormito per giorni per la vergogna – e indugiò ancora qualche secondo nella sua meticolosa osservazione.

Dopo un po’ sentì un sorriso sporcarle le labbra, nato involontariamente, e cominciò a dirigersi verso l’entrata di casa sua, afferrando velocemente le chiavi dalla sua profonda e affollata borsa, un miscuglio di cerotti, salviettine umidificate e qualche barretta di frutta secca e cereali. Il suo occhio fu catturato da una leggera sfumatura di luce, e voltandosi incrociò per la seconda volta quello sguardo così indecifrabile e freddo, fermandosi e sfidandolo senza accorgersene per quelli che parvero decimi di secondo.

Un sussulto le fece vibrare il cuore, si scostò velocemente e si rifugiò dietro la sua porta – ma poteva percepire i suoi occhi bruciare ancora nei suoi. Inerme e concentrata sul ticchettìo dell’orologio, sentiva ancora quel dolce profumo floreale inebriarle i sensi.
   
 
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