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Autore: Indaco_    14/08/2018    3 recensioni
Il cuore di Amy saltò un battito capendo bene che quel devastante e incredibile dettaglio non era affatto dovuto ad una semplice coincidenza.
I puri e grandi occhi del piccolo erano di un accecante verde magnetico.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Dance'
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Distesa a letto, Amy non riusciva a dormire. La sua attenzione era completamente presa da molteplici dubbi e questioni. Tra Sonic, Justin e Dylan, ultimamente trascorreva giornate intere nell’insicurezza e nell’ansia. Si sentiva bloccata in tutte le direzioni.
La parte del balletto che aveva rifiutato le bruciava più di quel che voleva ammettere, ma relegare il suo bimbo al riccio adulto non era un’idea promettente.
Oltretutto il tempo scorreva e ogni giorno che passava, si sentiva sempre meno pronta a confessare la notizia della paternità a Sonic.
E in conclusione, Justin necessitava di suo padre il prima possibile, per sostituirlo alla figura di Jason, se ci fosse mai riuscito. 
Questi pensieri non le davano pace, anzi più ci pensava più si trovava le mani legate. Sospirò e chiuse gli occhi, cercando un sonno che non arrivava.
Provò a contare le pecore, si rigirò migliaia di volte, sprimacciò il cuscino, ma nulla di nulla. E sapeva anche perché.
Aveva la coscienza sporca, i sensi di colpa ronzavano dentro di lei insistenti e non riusciva a schiacciarli o ad ignorarli.
Come prima cosa si sentiva una brutta persona per le terribili parole che aveva urlato contro a Sonic, non si era ancora scusata e questo la faceva sentire malissimo. Ad aggravare i suoi sensi di colpa era anche il fatto di aver abbandonato giù di sotto il riccio blu, solo e soletto, senza un minimo di avviso.
Se lo avesse svegliato si sarebbe ritrovata a dover parlare (e perciò a scusarsi) e in quel momento non se l’era proprio sentita. Così aveva provato ad auto-convincersi che stava facendo la cosa giusta, d’altronde svegliandolo l’avrebbe solamente disturbato e lui necessitava di riposo dopo l’enorme salvataggio affrontato.

In quel momento Sonic, svegliato dal dolore pulsante al fianco, si alzò di soprassalto e notando che accanto a lui mancava il piccolo non impiegò molto a capire quello che era successo. Non era deluso dal comportamento della riccia, da una parte la capiva, doveva essere ancora molto arrabbiata per quello che aveva fatto rischiare a Justin, dall’altra parte sperava che tutto tornasse come quella mattina il prima possibile. Non aveva idea per quanto tempo sarebbe rimasta così incazzata, anche perché i tempi di sbollitura dipendevano molto dal motivo per cui si arrabbiava.
E aver quasi ucciso suo figlio era una motivazione più che valida per mantenerla infuriata per parecchio.
Si alzò in piedi mentre la voce di Amy che gli ripeteva la ramanzina si moltiplicava chiara e forte nella sua testa. Estrasse le sigarette d’emergenza da un cassetto in cucina e il più silenziosamente possibile, aprì la vetrata del salotto e si appoggiò con fatica al bordo, se ne accese una e trasse una profonda boccata.
Il suo cervello rallentò il ritmo dandogli il tempo di riflettere sull’intera giornata trascorsa, o meglio, si trovò bloccato sulla visuale di Justin morto, accasciato sulla riva, bianco come un lenzuolo. Un brivido freddo lo fece raggelare, mamma mia, non era mai andato così vicino alla morte come oggi.
No aspetta, era quasi morto per sua madre 9 anni fa, quando l’aveva tratta in salvo da Gold.
“Certo che i “geni Rose” portano un sacco di disgrazie” pensò con un mezzo sorriso, ricordando quella lunghissima nottata in cui era quasi morto.
Osservò per qualche minuto il giardino immerso dall’oscurità ritenendo opportuno scusarsi con la ragazza per aver quasi ucciso il suo figlioletto. Aspirò un’altra boccata di fumo quando un familiare scalpiccio scese dalle scale con grazia.
La riccia arrivò nel salotto decisa ma si bloccò sui primi gradini vedendo che il ragazzo era in piedi. La stanza buia era rischiarata solo dalla vetrata che lasciava passare la luce della luna e in mezzo a quell’oscurità, due cose sembravano brillare di luce propria: la sigaretta accesa e gli occhi verde evidenziatore del riccio, che la stavano fissando sorpresi. Sonic sbuffò una nuvola bianca
< hai sentito l’odore? Se ti da fastidio la spengo subito > Iniziò con un certo imbarazzo, cercando di mettersi in piedi senza l’ausilio della porta a vetri.
< Nono, non mi da fastidio, finiscila pure > rispose sincera avvicinandosi al riccio con discrezione, si appoggiò anch’essa alla finestra e contemplò in silenzio il giardino in quel momento accarezzato da una deliziosa brezza estiva.
Sonic imbarazzato quanto lei, gli offrì la sigaretta cercando di mostrarsi il più spontaneo possibile,
< oh non posso, devo dare il buon esempio a Justin, insomma, sono una mamma ora, non va bene che faccia certe cose … > rispose con pochissima convinzione la ragazza, osservando bramosa il piccolo cilindretto che teneva tra le dita.
< Dai, forza che un tiro ti fa più bene che male > la incitò divertito posandogli il filtro sulle labbra. Senza farselo ripetere, ne aspirò una boccata, il fumo denso le brucio la trachea e parte dei polmoni irritandole per benino la gola, ma resisté all’impulso di tossire per non mostrarsi così sfigata di fronte a lui. Nonostante il bruciore, si sentii subito più rilassata, le fu più facile così intavolare il discorso di scuse che aveva formulato.
< Non riesci a dormire? > La precedette Sonic per rompere il ghiaccio e per capire se fosse ancora arrabbiata,
< già, e temo anche che non riuscirò a chiudere occhio se prima non mi scuserò con te > mormorò imbarazzata concentrando lo sguardo sul giardino un po’ troppo folto. Il riccio, stupito dalla frase appena pronunciata si voltò nella sua direzione e la guardò serio aspettato dettagli.
< Oggi quando sei tornato ti ho detto delle cose orribili, mi dispiace un sacco di averti offeso e aggredito in quel modo, perciò ti chiedo scusa per … > il riccio la bloccò con un gesto della mano, scuotendo leggermente la testa
< prima di scusarti, sappi che tuo figlio è letteralmente morto per qualche minuto. Non ho idea di come sia resuscitato, è avvenuto un vero miracolo oggi. Perciò prima di chiedermi scusa ti assicuro che capisco bene la tua rabbia e la tua sfiducia nei miei confronti, me li sono meritati, quindi non sentirti in obbligo di venire a chiedermi scusa per delle cose che giustamente hai detto. > La rosa restò scioccata dalle sue parole. Justin morto? Era serio? No sicuramente no, i morti non ritornano in vita, probabilmente aveva ricevuto anche una bella botta in testa oltre che alla gamba.
< Perciò ti chiedo scusa Amy, ho rischiato di perdere per sempre tuo figlio per un mio errore. Non ho idea e non voglio nemmeno pensare a cosa sarebbe successo se fosse morto completamente. Scusami > concluse breve con fare serissimo e molto dispiaciuto.
La riccia era rimasta in silenzio con gli occhi puntati sul blu per tutto il breve discorso. Era in palla, non sapeva più cosa dire, da una parte il riccio aveva ragione, meritava le sue scuse, per una piccola distrazione suo figlio era quasi morto. Dall’altra parte però, lo aveva anche salvato e dalle parole che aveva pronunciato doveva essersi preso anche un bello spavento.
< Accetto le tue scuse se accetterai le mie. Ti sei quasi ammazzato per salvarlo, ti sei buttato nell’acqua! So bene quanta paura ti fa, ma l’hai affrontata per lui! E di questo ti sono grata. Non so cosa avrei fatto se fosse morto > Esclamò incrociando le mani dietro la schiena. Provò ad immaginarsi un mondo senza Justin ma non ci riuscì, lo amava alla follia e se lo avesse perso probabilmente sarebbe morta di dolore. Si riscosse dall’orribile pensiero quando Sonic si rivolse a lei
< Oh andiamo Amy, non esagerare. Chi non sarebbe entrato nel fiume per salvarlo? È un bambino! Tutti l’avrebbero fatto > esclamò asciutto passandogli nuovamente la sigaretta. La ragazza trasse una profonda boccata prima di rispondere
< Jason. Non si sarebbe mai buttato per salvarlo > snocciolò guardandolo bene negli occhi per osservare la sua reazione. Il riccio si grattò il naso imbarazzato, staccando lo sguardo da lei
< a proposito di Jason > iniziò con un sospiro buttando a terra il filtrino. Amy interessata, si sollevò dalla finestra e incrociò le braccia in attesa del continuo, era proprio curiosa di sentire cosa aveva da dirle. Imitandola, il riccio blu si sollevò ma una fitta al fianco lo fece traballare facendogli perdere l’equilibrio.
La rosa lo notò e gli offrì l’aiuto necessario a mantenersi ritto,
< si può sapere cosa ti sei fatto a quella gamba? > Borbottò leggermente preoccupata, lo conosceva bene: Sonic odiava mostrarsi debole, affaticato, dolorante o malconcio, piuttosto di ammettere di essere vulnerabile preferiva fare il figo e peggiorare le sue condizioni fisiche. E se non riusciva a nascondere o sopportare qualche ferita allora si, c’era da preoccuparsi, e da come trascinava la gamba non si trattava di una semplice botta.
< Oh bhe … mi sono scontrato con un … ramoscello, nulla di grave però > precisò il riccio esausto, avvicinandosi zoppicante al divano.
< Un ramoscello dici? Ti ha colpito sulla gamba? > Lo interrogò per fare chiarezza e costringerlo a tradirsi, sedendosi accanto a lui sul divano.
< No, il ramo mi ha colpito al fianco, ma da qui in giù tutto è addormentato, più o meno > rispose indicando il punto colpito con una smorfia. 
La riccia annuì preoccupata,
< posso vedere? > Chiese con apprensione, sperando di poterlo aiutare in qualche modo.
< No! Meglio di no, non è affatto fotogenica e poi è una botta come tante! Nulla di preoccupante! > Rispose con ansia, ravviandosi i capelli per darsi un po’ di contegno.
< Oh andiamo Sonic! Non fare il bambino! C’è n’è già uno in casa e quello basta e avan…> esclamò la riccia sollevandogli in velocità la maglia. Si bloccò quando vide l’estensione e il colore dell’ematoma. La macchia era di un nero malsano con  il centro di un orrido giallo. Copriva interamente il fianco e probabilmente buona parte della coscia, cosa che non si premurò di controllare per ovvie ragioni di privacy.
< Nulla di cui preoccuparsi eh? > Sbottò la rosa dirigendosi in cucina a passo svelto,
< esatto, guarirà in poco tempo come sempre > rispose a tono il ragazzo, sistemandosi la maglietta stropicciata. Amy tornò dopo qualche secondo con uno straccio ripieno di ghiaccio e senza tante esitazioni, glielo poggiò sul fianco dolorante tra le varie lamentele del 24 enne.
< Stavi dicendo riguardo Jason? > Continuò la ragazza, desiderosa di conoscere il seguito della frase. Sonic respirò profondamente per prendere tempo, non sapeva se era una buona idea raccontargli le confidenze che Justin aveva detto a lui, ma dopotutto Amy era sua madre e necessitava sapere.
Così senza tanti giri di parole gli raccontò in breve le confessioni del suo piccolo, tralasciando la parte che riguardava lei.
La riccia rimase senza parole, come prima cosa non capiva perché certi discorsi li faceva con Sonic e non con lei. Non che fosse gelosa, anzi, era felice che tra i suoi blu si instaurasse un buon rapporto, ma era una condizione del tutto nuova per lei e temeva che Justin si staccasse da lei.
Come seconda cosa non le andava a genio che il bambino raccontasse la storia delle loro vite a Sonic, non voleva che il riccio provasse pietà o dispiacere per loro, perciò era meglio che restasse all’oscuro di certe cose.
Immersa nei suoi pensieri, Amy cominciò nervosamente ad avvolgere un aculeo attorno al suo indice,
< a che pensi? > La apostrofò il blu seduto accanto a lei, risistemandosi il ghiaccio sulla pelle.
< Non voglio che cresca con il terrore quotidiano verso Jason > rispose sincera mordendosi l’interno della guancia.
< Uhm … dal mio punto di vista sento più rabbia, che terrore. Oddio, certo, presumo muoia di fifa quando lo vede incazzato, ma ne parla con una certa irritazione > rispose il riccio trattenendo uno sbadiglio a stento. Amy si stiracchiò e si acciambellò meglio sul divano, mentre gli occhi cominciavano a farsi pesanti
< cosa devo fare So? >
< A me lo chiedi? Speravo mi dessi tu qualche consiglio, il figlio è tuo > rispose con una nota amara il riccio blu, scandendo involontariamente bene la parola “tuo”.
Il cuore della ragazza cominciò a martellare come un martello pneumatico, la verità si stava srotolando sulla sua lingua in migliaia di frasi, sarebbe bastato aprire la bocca e lasciarne scivolare fuori una qualsiasi.
Sonic aspettando una risposta che non arrivava, si girò e la guardò per capire cosa c’era che non andava.
La riccia aveva gli occhi puntati su di lui, seri, incredibilmente verdi, profondi e meravigliosi, sembrava quasi che tentasse di parlargli telepaticamente e in quel momento invidiò parecchio il potere di Silver. Il suo stomaco fece una capriola dall’agitazione, oltretutto il silenzio che era caduto stava durando decisamente troppo, trasformando velocemente la pausa in un momento imbarazzante.
Decise di spezzarlo prima che le cose peggiorassero ulteriormente,
< cioè, si sa che i figli quando si fanno si è in due, ma Jason non ha molta voglia di andarci dietro, perciò il figlio è prevalentemente tuo > si affrettò a spiegare per evitare pericolosi equivoci. La riccia si riprese dalla sua trance e sbatté le palpebre per inumidire gli occhi secchi,
< oh certo. È … proprio così > sospirò con un forzato sorriso. Sonic le sorrise incoraggiante, dio solo sapeva quanta voglia aveva di abbracciarla e stringerla a se,
< eddai Amy, sei una madre meravigliosa! Non farti troppi problemi, vedrai, tutto si aggiusterà, Justin smetterà di pensare a Jason, e tu con lui >concluse con un occhiolino.
< Speriamo > rispose la riccia avvicinandosi al blu, il cuore cominciò a battergli più forte, sperava che il mirtillo non lo sentisse.
Il profumo di cipresso e cardomomo le arrivò subito alle narici,
< come hai fatto a salvare entrambi oggi? Sai a malapena galleggiare! > Lo stuzzicò con un sorriso malizioso, desiderosa di conoscere la storia completa.
Sonic che come batticuore era messo a pari livello della riccia, cercò di darsi un po’ di contegno, nemmeno i ragazzini di quindici anni si comportavano in quel modo! Ricambiando il sorriso, le raccontò a grandi linee il suo salvataggio, evitò di raccontargli la parte del tronco e la pre-morte del suo piccolo, si concentrò invece sulla quantità di acqua, foglie e terra ingerita.

Nonostante la tematica del dialogo non fosse comica, Amy si ritrovò più volte a trattenere le risate per non rischiare di svegliare Justin, e per quell’ora che rimasero assieme accantonò ogni problema. Quel riccio aveva la capacità di rasserenarla, infondergli coraggio e speranza, farla sentire all’altezza di ogni situazione. E fu proprio in quel momento che capì quanto ancora fosse importante per lei, perché prima di essere il padre di Justin era stato l’amore della sua vita e riassaporare per un istante la ricchezza che aveva perduto per un suo errore, la faceva sentire viva.
Dal canto suo Sonic, aveva ignorato il fianco pulsante per tutta l’ora ed era stato incredibilmente bene. La sincera preoccupazione della riccia nei suoi confronti era un balsamo per il suo spirito, il suo modo di prendersi cura di lui, il continuo tentativo di aiutarlo, il reale interesse che nutriva per le sue opinioni e per i suoi sentimenti, era il suo rifugio personale. Era come una presa di corrente, lo caricava e fortificava, lo sosteneva e lo aiutava in qualsiasi cosa. E fu quella sera che capì che gli anni passati a cercare di sostituirla erano stati solo anni sprecati, nulla, nulla poteva prendere il suo posto. Niente e nessuno. Nel suo cuore regnava lei soltanto e adesso che gli si presentava l’occasione, giurò a se stesso che non l’avrebbe più, mai più lasciata.

Conclusero la serata a parlare del più e del meno, con tanta voglia di buttare giù muri che li separavano. Ma nessuno dei due era ancora pronto per affrontare il delicato discorso della loro separazione, sapevano più che bene che sarebbero nati rancori e dispiaceri, ma sapevano altrettanto bene che era anche l’unico modo per ricongiungersi.
< Vuoi che ti aiuti ad andare in camera? Non dormirai bene qui sul divano > mormorò Amy coprendo con la mano uno sbadiglio. Il riccio scosse debolmente la testa appoggiata allo schienale, gli aculei riversati ovunque tranne che per il verso giusto, lo facevano assomigliare vagamente ad una stella marina,
< no Amy, a meno che tu non riesca a portarmi in braccio fin su. In quel caso, e solo in quel caso, accetto > condizionò lui socchiudendo un occhio. Lei rise, sistemandogli un cuscino accanto al fianco dolorante,
< mi spiace So, possiamo provarci ma dubito altamente di riuscirci. Al momento mi limito ad augurarti una buona notte > esclamò con un occhiolino e un sorriso.
< Dovrai aspettare parecchio allora. Buonanotte a te Amy > augurò a tono ricambiando il sorriso.
La riccia risalì i gradini, portando con se l’immagine del ragazzo che le sorrideva con quegli occhi verde magnetico.
 
Spazio autrice:
Buonasera coraggiosi lettori, ecco un altro capitolo. Spero veramente che vi piaccia! Critiche e consigli sono ben accetti!
Ciao e baci.
  
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