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Autore: Nao Yoshikawa    15/08/2018    2 recensioni
Esistono tanti tipi di famiglia.
E ognuno cerca la propria a modo suo.
Takumi e Soma, Kuga e Tsukasa, Megumi e Shinomiya, Ryou e Akira, sono coppie tra loro diverse, ma accomunati da un desiderio comune: quello di costruirsi una famiglia.
Ma tra problemi, malintesi e situazioni avverse, le cose non saranno per niente facili.
TRATTO DAL SECONDO CAPITOLO:
Tsukasa si portò una mano sul viso. Per quale assurdo motivo in natura aveva permesso a Kuga di prendere la situazione in mano?
“Kuga… abbassa la voce”.
Terunori però gli fece segno di tacere.
“Se ho detto che le pago vuol dire che le pagherò. Cosa pensate che siamo noi, dei barbari? E’ solo un piccolo ritardo, può capitare, amico. Ah, sì? E lo sai io cosa ti rispondo, vaffa...”
“No, no, no!”, Tsukasa gli strappò prontamente il telefono dalle mani. “Pronto? Sì, chiedo scusa, mio marito è un po’ nervoso. Certo, ma certo, assolutamente, non si preoccupi. Grazie, mille grazie. Buona giornata”.
Chiuse la chiamata. Poi sospirò e guardò Kuga, il quale se ne stava imbronciato.
“Terunori, ti prego, per favore… potresti evitare di litigare con ogni essere vivente e non?”
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai, Yaoi | Personaggi: Kuga Terunori, Souma Yukihira, Takumi Aldini, Tsukasa Eishi, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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8 – Partenza

L’idillio era stato rotto. E nella maniera più terribile e catastrofica che nessuno avrebbe potuto immaginare. Takumi era corso immediatamente in ospedale. Satoru stava avvolto in una coperta in braccio a lui, si era addormentato in macchina, Simba invece stava comodamente in braccio a Soma. Quando arrivarono, li trovarono tutti lì. Kuga e Tsukasa, Yuki e Isami, Erina e Hisako, Megumi e Shinomiya, Ryoko e Ibusaki.
“Ragazzi!”, esclamò il biondo. “Mio Dio, che cosa è successo?”.
Yuki si avvicinò a lui, guardando con tenerezza il bambino e accarezzandogli i capelli scuri.
“Che tenero, dorme come una angioletto...”, mormorò con le lacrime agli occhi. E poi scoppiò a piangere in modo disperato, per l’ennesima volta nel corso di quelle ore.
“Ragazzi, che è successo?”, domandò il biondo impaziente. “Ho capito che c’è stato un incidente, ma come sta Jun? Allora?”.
A quel punto sembrò quasi che nessuno avesse la forza di rispondere. Ryou si avvicinò, lo sguardo basso e più serio del solito.
“Ryou!”, esclamò Soma. “Ebbene?”.
Lui scosse il capo debolmente.
“Jun… lei… non c’è la fatta...”, sussurrò senza respiro. Takumi ebbe quasi un mancamento a quella notizia, tanto che fu per lui necessario aggrapparsi a Soma. Erano sempre stati tutti insieme sin dai tempi della scuola. E, di certo, una donna dolce e gentile come Jun non si meritava una fine del genere. Eppure era successo.
“No… non è vero… non è successo… Soma...”
“Takumi, mi dispiace. Vieni qui”, sussurrò attirandolo a sé posandogli un bacio sulla fronte. Era calato nuovamente il silenzio, interrotto soltanto da gemiti mal trattenuti. Kuga guardava verso il basso. Simba sembrava aver percepito la sofferenza del suo padrone, perché aveva poggiato il muso sulla sua spalla, prendendo a guaire.
“Il bambino”, si ricordò ad un tratto. “Dov’è Yukio?”
“Yukio è con Akira”, rispose Megumi asciugandosi gli occhi. Ryou sollevò lo sguardo. Oltre la porta che aveva davanti, Hayama si trovava con il piccolo.

Yukio ne era uscito praticamente illeso, eccetto qualche graffio. Non aveva neanche perso i sensi. Adesso, i suoi occhi erano più vispi che mai. Ignorava ancora quale triste destino gli fosse toccato. E Hayama stava cercando le parole giuste per dirglielo. Non era facile dover spiegare a un bambino di tre anni che la madre se n’era andata per sempre.
Il piccolo, seduto sul letto, giocava con un trenino giocattolo, chiedendo impazientemente della madre.
“Quanto ci stanno a curare la mia mamma?”, chiese. Akira si portò una mano sul viso, esasperato. Probabilmente non esistevano parole giuste. Probabilmente doveva essere sincero con delicatezza, nulla di più.
“Yukio… senti… devo dirti una cosa”, affermò serio. “Jun… la tua mamma… lei… lei è andata via”.
Lui lo guardò curioso.
“Dov’è andata? E quando torna?”
“Il… problema è questo. Lei non torna, Yukio. È andata… molto, molto, lontano”.
Si sentì stupido. Yukio gli aveva fatto una domanda semplicissima, e lui non era neanche in grado di rispondere decentemente, né di trattenere le lacrime. L’unica cosa che riusciva a fare era guardare i suoi occhioni e pensare a quanto la vita fosse ingiusta.
“La mamma è morta…?”, chiese poi ad un tratto il piccolo. Hayama si sorprese, non avrebbe mai pensato che un bambino potesse avere un’idea di cos’era la morte Eppure, lui glielo aveva chiesto senza girarci troppo intorno. L’adulto abbassò lo sguardo, annuendo debolmente.
“È cosi...”, riuscì semplicemente a dire. Yukio rimase per qualche attimo immobile. Poi si appallottolò su se stesso. E allora prese a piangere. Era un pianto diverso dagli altri, non dettato da un capriccio o da una caduta mentre giocava. Era dolore vero. E paura.
Akira non poté resistere a quella scena, così abbraccio quel piccolo esserino.
“Mi dispiace, Yukio”
“Non è giusto!”, esclamò. “Voglio la mia mamma. Senza lei sono da solo!”
“Non sei solo!”, l’abbraccio si fece più stretto. “Mi prenderò io cura di te, te lo giuro”.
Lo promise a lui e anche a se stesso. Si sarebbe preso cura di lui, non avrebbe lasciato che finisse in qualche istituto o in mano agli assistenti sociali. Quello era un compito che poteva essere suo e suo soltanto.


Circa tre giorni dopo ci fu il funerale. C’erano molte nuvole che coprivano il sole, tuttavia non pioveva. C’era soltanto una consistente pioggia di lacrime.
Akira era in prima fila per dare l’ultimo saluto alla donna che praticamente lo aveva cresciuto e che lo aveva reso l’uomo che oggi era. Yukio se ne stava accanto a lui, stringendogli la mano e standosene in silenzio. Akira avrebbe voluto evitare di portarlo lì, ma il bambino aveva insistito, doveva esserci. Ryou era molto meno bravo ad esprimere le sue emozioni, come sempre del resto. Si sentiva semplicemente devastato, soprattutto nel vedere la persona che amava struggersi dal dolore, senza poter fare nulla.
Prima di dire addio per sempre a Jun, quelli che in vita erano stati suoi amici si avvicinarono e posarono un fiore sul suo corpo: una margherita, semplice e timida come lei.
Yukio tirò su con il naso.
“Non voglio… non voglio...”, mormorò ad un tratto. “Mamma...”.
Akira gli portò una mano sulla testa. Se faceva male a lui, non poteva neanche immaginare quello doveva star passando Yukio, così piccolo eppure già così sofferente.
A funerale finito, Takumi e Tsukasa si allontanarono e si sedettero su una delle panchine vicine. Il biondo si massaggiò le tempie.
“Ancora non me ne capacito. Stava andando tutto così bene, e poi è successo questo… E povero Yukio… Fortuna che ci sono Akira e Ryou… Dio, anche se su quest’ultimo non conterei più di tanto”
“Non preoccuparti per questo, sono certo che andrà bene. Accidenti...”, disse poi. “Come faccio ad avere un figlio? E se morissi anche io?”
“È diverso! Lui avrebbe Kuga. Non penso morireste entrambi, sarebbe… davvero una sfortuna”
“Sì… la devo smettere di pensare a certe cose”, sospirò. “Il volo è fissato fra due giorni. Anche se con l’umore un po’ a terra… dovremo andare comunque”
“Su, Tsukasa. Alla fine ognuno di noi ha un bel motivo per andare avanti”
“Sì, immagino tu abbia ragione”, rispose puntando lo sguardo su Kuga, il quale stava passeggiando Simba.
Probabilmente si era immedesimato troppo, ma gli veniva naturale.
“Scusate, interrompo qualcosa?”, domandò Soma avvicinandosi ai due.
“Soma… assolutamente no!”, esclamò Takumi.
“Bene… senti, so che può sembrare strano, ma io vado a lavoro, sento il bisogno di distrarmi. Ma tu rimani pure qui”
“No, vengo a darti una mano”, sospirò il biondo. “Ci vediamo, Tsukasa”.
Lui gli sorrise. Poi decise di avvicinarsi a Kuga, il quale era giustamente troppo silenzioso.
“Ehi...”
“Tsukassan. Questa non ci voleva… accidenti… forse dovremmo rimandare il viaggio?”
“No, io credo di no. Dovremmo farlo adesso, se ce la sentiamo”
“Cavolo, hai ragione”, sbuffò prendendo Simba in braccio. “Io, tu e Rindou dovremmo affrontare un lungo cammino, e non mi riferisco solo al fatto che dobbiamo attraversare l’Oceano Pacifico. Anzi, probabilmente è un cammino che è già cominciato, eh?”
“Già. Comunque sia, credo che Simba stia crescendo, tra poco non potrai più tenerlo in braccio”.
Kuga gli lanciò un’occhiataccia.
“Bugiardo! Dici certe cose solo ed esclusivamente per farmi arrabbiare”.
E questa era una cosa assolutamente vera.

Hayama e Ryou erano tornati a casa loro dopo una giornata stancante e spossante. Il primo teneva in braccio Yukio, il quale si era addormentato con la testa sulla sua spalla.
Si premurò di sistemarlo sul suo letto delicatamente, in modo da non svegliarlo. L’attenzione con cui si dedicava a lui non era sfuggita a Ryou, il quale credeva di aver già capito quali fossero le sue intenzioni.
“Ebbene? Adesso?”, domandò senza troppi giri di parole.
“Adesso che cosa?”
“Di Yukio che ne sarà?”. Akira fece spallucce, scostando lo sguardo.
“Non possiamo lasciarlo da solo. Non ha parenti prossimi”
“Non ha un padre da qualche parte?”
“No!”, esclamò duro. “Io non lascio Yukio ad un estraneo”
“Ah, ma sentilo. Ne parli come se fosse tuo”
“Beh, forse un po’ lo è. Andiamo, abbi cuore! Non possiamo lasciare che venga rinchiuso in qualche squallido orfanotrofio”
“Tu dici così soltanto per colmare il tuo desiderio di avere un figlio”
“E che cosa ci sarebbe di male? Lui ha bisogno di una famiglia, e non intendo abbandonarlo. Quindi lo adotteremo”.
Ryou spalancò gli occhi.
“Non ci posso credere, allora vuoi farlo seriamente! Questa non è una buona idea”
“Così ho deciso e così sarà”
“Non ne siamo in grado!”
“Nessuno è in grado all’inizio, impareremo!”
“La mia opinione non la tieni neanche in considerazione!”
“Sì che la tengo in considerazione. Forse sei tu che non consideri quello che voglio”, sussurrò guardandolo negli occhi.
Hayama era irremovibile su quella sua scelta, e Ryou sapeva che sarebbe stato tutto inutile.
A causa di tutto quel trambusto, Yukio aveva finito con lo svegliarsi. Si stropicciò gli occhi, adesso era davanti ai due adulti.
“Yukio, scusa. Ti abbiamo svegliato?”, domandò gentilmente Akira.
“Io non voglio dormire da solo”, si lamentò gonfiando le guance.
Ryou alzò gli occhi al cielo.
“Beh? Occupatene tu, non guardare me”, borbottò. Akira si trattenne dal rispondere. Prima o poi Ryou avrebbe accettato la cosa, la sua era tutta una facciata, ma lui, che da tanti anni lo conosceva, aveva imparato a conoscere anche il suo lato più sensibile.

Qualche giorno dopo…

Per Tsukasa, Kuga e Rindou era arrivato il momento di partire. Soma e Takumi si erano gentilmente offerti di accompagnarli, anche perché in questo modo Terunori poteva salutare per l’ennesima volta il suo cucciolo adorato, da cui faceva fatica a separarsi.
“Mi raccomando, pettinagli il pelo una volta al giorno”, piagnucolò rivolgendosi a Takumi. “E se lo metti davanti alla TV non fargli guardare programmi idioti, solo documentari. Simba mio, mi mancherai!”
“Oh, cielo”, sospirò Soma. “Fareste meglio a sbrigarvi, l’aereo partirà tra poco. Pensa alla cosa positiva, quando tornerete sarete… in tre e mezzo”
“Spero effettivamente che sia così”, Tsukasa afferrò Kuga per un braccio. “Grazie per il passaggio, augurateci buona fortuna”
“Buona fortuna!”, esclamarono i due in coro.
“Ragazziiii!”, gridò Rindou entusiasta. “Andiamo, all’avventura!”
“Ho capito!”, sbottò Kuga. “Ciao ragazzi. Ciao, mio piccolo cucciolo!”.
Tsukasa se lo trascinò dietro prima che Kuga cambiasse idea. Simba aveva dal canto suo preso a guaire nel vedere il suo padrone allontanarsi.
“Ti prego, non ti ci mettere anche tu adesso. Non mi piacciono gli addii strappalacrime”
“Ma questo non è mica un addio”, chiarì Soma. “Adesso dobbiamo andare a lavoro”
“Con Simba. Non intendo lasciarlo a casa nostra, non so quello che potrebbe combinare”.

Adesso che Megumi si stava pian piano riprendendo dal dolore per la perdita subita, poteva tornare a concentrarsi sul suo obiettivo: rimanere incinta. Effettivamente non aveva più fatto un test di gravidanza da quella volta all’addio al nubilato di Nene. Quest’ultima e Yuki erano le sue confidenti, una era la ragione, l’altra il sentimento, un equilibrio necessario per non andare fuori di testa.
“Sono un po’ nervosa”, confidò Megumi camminando avanti e indietro.
“Sta tranquilla, su”, tentò di rassicurarla Nene. “Due minuti non sono poi così tanti”
“Due minuti sono tantissimi! Sai quante cose possono accadere in due minuti?”, rincarò la dose Yuki.
“Sì, grazie!”, la zittì l’altra. “Non ascoltarla, Megumi”.
Quest’ultima deglutì, con in mano il test di gravidanza, l’ennesimo. Ad un certo punto le sue preghiere furono finalmente esaudite.
Sebbene ci avesse sperato a lungo, non sarebbe stata pronta comunque.
“Positivo”, sussurrò con un filo di voce.
“FINALMENTE!”, Yuki le saltò addosso. “VISTO? BASTAVA SOLO UN PO’ DI PAZIENZA!”
“Oh, sei sempre così irruente!”, sbottò Nene. “Megumi, ti senti bene?”.
La diretta interessata batté le palpebre. Si sentiva felice, mentalmente esausta, spossata e impaurita. Tutto ciò insieme.
“Io credo di star per svenire”
“Ah, no, non si sviene! Dobbiamo rimanere tutti tranquilli. Anche perché adesso… arriva la parte più difficile”.
Nene aveva appena finito di parlare, quando sentì la chiave infilarsi nella serratura.
Shinomiya aveva appena rincasato, stanco e afflitto. E sicuramente tutto si aspettava, meno che trovare quelle due lì.
Per Megumi fu istintivo nascondere il test dietro la schiena.
“Ma che cosa ci fate voi qui?”. Yuki e Nene si guardarono.
“Noi? Niente… e tu?!”, chiese nervosamente la prima.
“Sapete com’è, ci vivo”, sbuffò seccato. “Megumi, che state tramando?”
“Non stiamo tramando assolutamente nulla, niente di niente!”, esclamò nervosa. “Perché non vai a farti una doccia? Intanto io caccio Nene e Yuki”
“Questa cosa mi piace. D’accordo allora, vado”.
La ragazza si sforzò di mantenere un sorriso, sorriso che scomparve immediatamente dopo.
“Oh, mio Dio!”, esclamò. “È positivo! E adesso? Ci ho sperato per così tanto tempo da non aver pensato a come dirglielo!”
“Beh, farai bene a trovare un modo, perché prima o poi se ne accorgerà”, disse giustamente Nene.
“Lo farò...”, sospirò profondamente. “Sì, lo farò. Ma adesso ve ne dovete andare per davvero”
“Ma io volevo esserci”, piagnucolò Yuki. Nene alzò gli occhi al cielo, afferrando l’amica per un polso e trascinandola con sé. Era meglio non intervenire in quelle questioni private.
Ah, no. Loro erano già abbondantemente intervenute.

Portare Simba al lavoro non si era dimostrata poi una scelta sbagliata. Quando meno c’era Joichiro che se ne occupava… o probabilmente era solo una scusa per non lavorare.
“Ma che bel cagnolino!”, esclamò l’uomo con gli occhi che brillavano. “Ti va una salsiccia?”
“Papà, non dare cibo a Simba! Kuga non ci ha raccomandato altro”, sospirò Soma.
“Oh, andiamo. Fammi fare un po’ di pratica per quando arriverà il mio nipotino”
“Oh, sì, effettivamente è la stessa cosa!”, esclamò Takumi con un coltello in mano, cosa che lo fece apparire piuttosto minaccioso. Soma si avvicinò cautamente, togliendogli il coltello dalle mani.
“Così va molto meglio”
“Sì, scusa. Sono solo stressato. L’attesa mi innervosisce”
“Dai, Takumi! Felicità!”, suo marito tentò di rallegrarlo. Poi si portò una mano sulla tasca, dove il suo telefono aveva preso a vibrare. Magari si trattava di Kuga. Possibile che fosse già arrivato?
Sebbene si trovasse nel bel mezzo del lavoro, rispose comunque. Il numero del mittente era strano.
“Pronto? Chi è?”
“Buongiorno, parlo con il signor Yukihira Soma?”, domandò una voce femminile.
“In carne ed ossa. E io con chi parlo?”
“Sono un’assistente sociale. Un po’ di tempo fa, lei e il suo compagno avete fatto richiesta di adozione, vero?”
“Soma, ma chi è?”, domandò Takumi. Il rosso lo guardò.
“Sì, è esatto… non mi dica che non è stata accettata! È perché siamo due uomini?!”
“Coooosa?!”, il biondo sembrava già pronto ad andare all’attacco. “Ci parlo io, dà qua!”
“Assolutamente no, tutto il contrario!”, disse l’assistente sociale. “Sareste disposti a venire fino in Hokkaido? Ci sarebbe un bambino che vi aspetta...”.
Soma si poggiò ad uno dei banconi nel tentativo di non svenire. Quella notizia era arrivata all’improvviso, non si era neanche preparato psicologicamente.
Takumi se ne accorse e, almeno inizialmente, si spaventò.
“S-Soma?”
“Sì! Certo che veniamo! Anche subito!”
“Bene, allora. Tuttavia… c’è una piccola questione da risolvere. Nulla di grave, ve ne parlerò quando sarete qui”
“Sì! Sì cavolo!”, esclamò Soma felice. “La ringrazio davvero. Grazie, grazie, grazie!”.
Takumi sbuffò impaziente. Cos’era successo? E perché lui doveva essere sempre il secondo a sapere le cose?
Il rosso chiuse la chiamata, guardandolo poi con gli occhi che brillavano.
“E quindi? Vuoi parlare sì o no?”.
Per tutta risposta, suo marito si avvicinò, donandogli un bacio ardente e carico di passione.
“Mh, ma cosa? Che significa questo?”, chiese Takumi.
“Preparati, perché si va in Hokkaido. Nostro figlio ci aspetta”
“C-cosa?”, sussurrò lui con gli occhi spalancati. “Cosa?! Stai dicendo sul serio?”
“Sì che dico sul serio! Mi hanno appena chiamato per dirmelo!”.
Takumi avrebbe voluto fare tante cose, ridere, piangere, urlare al mondo la sua gioia, ma di fatto non riuscì a spiaccicare mezza parola. Era rimasto letteralmente paralizzato e con le lacrime in bilico sulle ciglia. Poi portò una mano sulla spalla di Soma.
“Sta succedendo davvero?”. Lui annuì.
“Davvero, Takumi”, lo rassicurò, dandogli una carezza su una guancia.
Quella sensazione era una delle più belle che avessero mai provato. Ed erano sicuri che quando avrebbero avuto il bambino sarebbe stato ancora meglio.
“Ho sentito bene?!”, esclamò Joichiro con Simba in braccio. Quest’ultimo teneva una salsiccia in bocca. “Andrete in Hokkaido?”
“Hai sentito bene, vecchio e… COSA TI AVEVO DETTO?!”.

Le prime ore in aereo, Kuga le aveva passate a parlare e a straparlare con Tsukasa, il quale si trovava al centro tra lui e Rindou, impegnata a guardare fuori dal finestrino e ad ascoltare musica. Era davvero difficile trattenere l’entusiasmo di suo marito, che già con le mente era proiettato nel futuro.
“Ovviamente il nome lo deciderò io. Ah, e poi dovrò comprare un sacco – e ripeto – un sacco di vestiti carini. Finalmente non dovrò più sfogarmi solo su Simba, non è una cosa meravigliosa?”.
Tsukasa sorrise nel guardarlo. Aveva già intuito chi sarebbe stato a comandare.
“Questo non è giusto. Sarai il suo preferito, mentre io sarò il genitore ansioso e rompiscatole”
“Beh, onestamente come posso non essere il preferito di qualcuno?”, gongolò. “Comunque, non farti troppi problemi, all’inizio i bambini non capiscono certe cose. Piuttosto, perché non sento Rindou?”.
Si accorse solo in seguito di come la ragazza si fosse addormentata profondamente.
“Bene… dovresti dormire anche tu, il viaggio è ancora lungo”
“Io non voglio dormire!”, esclamò lui a braccia conserte. “Sono troppo entusiasta per farlo!”.
Tsukasa si accasciò, rassegnato. Prima o poi Kuga sarebbe crollato. E infatti ciò avvenne due ore dopo. Troppo esausto per continuare a parlare, Terunori chiuse gli occhi – solo per qualche secondo diceva lui – e si addormentò.
A quel punto Tsukasa poté finalmente riposare.
Quando Kuga si svegliò, si sentì per qualche attimo spaesato. Aprì gli occhi, ritrovandosi accanto Tsukasa che leggeva. Rindou invece dormiva ancora, probabilmente non si era svegliata neanche mezza volta.
“Tsukasa…?”
“Kuga, ti sei svegliato. Meno male. Guarda, siamo arrivati!”.
Terunori scattò su, e ignorando il fatto che così facendo avrebbe svegliato Rindou, la scavalcò per guardare fuori dal finestrino. I suoi occhi brillarono. Erano arrivati in America, dove avrebbero realizzato il loro sogno.


NDA
Buon Ferragostoooo!
Incredibile la quantità di cosa che sono successe. Jun è morta... e mi dispiace, davvero, ma esigenze di trama. E' chiaro che Hayama vuole adottare Yukio, è altrettando chiaro che Ryou non è tanto d'accordo.
Finalmente Megumi è incinta, quanto Shinomiya darà di matto appena lo saprà?
Poi, so che non è molto credibile il fatto che Soma e Takumi già adottino, ma non potevo far passare anni, nel mio mondo ideale le adozioni si fanno subito. Poi, Kuga, Tsukasa e Rindou sono arrivati in America. E niente, un punto di partenza per tutti ^^
   
 
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