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Autore: Soul Mancini    15/08/2018    3 recensioni
[Seconda Jarohn della mia carriera da scrittrice (?). Un esperimento un po' particolare; niente di più, niente di meno. Grazie a chi mi supporterà e sopporterà ^^]
I
«Il mare serve a questo, no? La sabbia è fatta per sporcare, l'acqua è fatta per lavarla via.»
II
«Era così bello starsene così, in pace, a coccolarsi a vicenda.»
III
«Ora tutte le tessere del puzzle cominciavano ad andare al loro posto.»
IV
«Il suo tocco fu subito in grado di rilassarmi e rassicurarmi, era come un sedativo.»
V
«Osservarlo mentre riposava, ma in generale mentre faceva qualsiasi altra cosa, era come contemplare un quadro.»
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Daron Malakian, John Dolmayan, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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ReggaeFamily

IV



John, ma tu hai capito dov'è il ristorante che ha detto Shavo?”

Vivi in questo posto da quando sei nato e ancora non ci hai capito niente.”

Che posso farci se non mi hanno dotato di senso dell'orientamento? E poi Los Angeles è grande, non la posso conoscere tutta!”

Ora mi faccio mandare la localizzazione da Shavo.”

Con i gomiti poggiati sul piano del tavolino e il mento sui palmi delle mani, osservavo John che armeggiava con il suo cellulare. Di certo era più abile di me, che non sapevo neanche cosa fosse questa localizzazione da inviare.

Shavo aveva deciso di invitare noi del gruppo e dello staff in un ristorante che aveva da poco scoperto e che, a detta sua, dovevamo assolutamente provare. Il tour era finito da un pezzo e io sapevo che aveva nostalgia di tutti noi.

John aveva deciso di scendere a Los Angeles, sia per partecipare alla cena che per passare un po' di tempo con me.

Avevamo deciso di prendere un aperitivo insieme prima di recarci sul luogo, e ora sedevamo a un tavolino di fronte al mare.

Okay, non è molto distante da qui” annunciò John lanciando uno sguardo al display del suo cellulare, poi lo ripose in tasca e prese a osservarmi.

Smettila di fissarmi così” gli intimai, leggermente a disagio.

Serj e Shavo sanno tutto.”

Rimasi a bocca aperta. Impallidii, poi scossi il capo, poi sbottai: “Come sarebbe a dire? Oh cazzo, glielo hai detto tu?”.

Io e John avevamo chiarito la questione già in precedenza, i ragazzi prima o poi l'avrebbero scoperto e l'avrebbero dovuto accettare: noi due stavamo insieme, era così e basta.

Allora perché a quella notizia ero completamente entrato nel panico? Forse speravo che quel momento fosse ancora lontano, avevo paura di scoprire le reazioni dei miei amici.

Mi battei una mano sulla fronte e sbuffai.

Daron, calmati. Ci sono arrivati da soli, okay? L'ho notato già da un po': si lanciavano occhiate complici e facevano di tutto per lasciarci da soli, poi qualche giorno fa io e Shavo parlavamo al telefono e ha sputato il rospo” spiegò con calma John con un'espressione serena in volto. Cercava di tranquillizzarmi.

Ma io ero sempre più agitato. “Oh merda... e cos'ha detto?”

Il batterista sospirò. “Daron, cosa ti preoccupa di preciso? Serj e Shavo non sono omofobi e soprattutto ci vogliono bene, perché hai paura della loro reazione?”

Bella domanda, non lo sapevo nemmeno io. “Dimmi cosa ti ha detto Shavo!” sbottai, afferrando una bustina di zucchero dal contenitore di fronte a me e torturandola. Qualche secondo dopo, a furia di essere tirata e torta, la carta si stracciò e lo zucchero si riversò sul tavolo. Qualche granello mi volò addosso e si sparse a terra.

Daron!” John allungò una mano e la strinse forte attorno alla mia. Il suo tocco fu subito in grado di rilassarmi e rassicurarmi, era come un sedativo. “Shavo è contentissimo per noi, ha iniziato a blaterare su quanto fossimo carini e teneri insieme. Ormai sia lui che Serj hanno assimilato la notizia.”

Trassi un profondo respiro e tenni gli occhi fissi sulla chiazza bianca di zucchero sul piano grigio del tavolino.

Tu ti preoccupi troppo di ciò che gli altri potrebbero pensare di te,” proseguì John, “io ti conosco e so che non è da te. Come mai? Ti vergogni?”

Io non mi vergogno e non mi interessa quello che pensano gli altri!” ribattei piccato. Forse perché ero consapevole che invece era proprio così.

E allora perché hai ritratto la mano?”

Inizialmente non capii di cosa stesse parlando, poi mi resi conto che già da qualche secondo avevo liberato la mia mano dalla sua stretta e avevo incrociato le braccia al petto.

Perché lo avevo fatto?

Abbassai il capo, sempre più confuso e incazzato con me stesso. Tutti avevano accettato la relazione tra me e John. Tutti tranne me.

Così non andava. Stavo ferendo la persona che amavo di più al mondo e mi sentivo una merda.

Non lo so, John. Non ero mai capitato in una situazione del genere” ammisi, poi finalmente alzai lo sguardo e puntai i miei occhi dritti nei suoi. Dovevo riscuotermi, scusarmi e tornare a essere il Daron di sempre, quello che decide per sé e non rende conto a nessuno, quello pronto a soffrire tutta la vita per far stare bene le persone che ama. Mi ero posto troppi problemi e paranoie per quella situazione. Perché, poi? Si trattava solo di sentimenti, qualcosa di così genuino e spontaneo.

John sostenne il mio sguardo, in attesa che dicessi qualcosa.

Hai ragione, John, e io sono un coglione. Non siamo né assassini e né stupratori, non abbiamo commesso nessun reato e non abbiamo nulla da nascondere. Come ho fatto a dubitare di Serj e Shavo?” Allungai entrambe le mani sul tavolo, riempiendomi le braccia con lo zucchero che ancora non ci eravamo preoccupati di pulire, e afferrai quelle grandi e forti di John. “Sei arrabbiato con me?” domandai, mettendo su un'espressione da cucciolo bastonato.

Lui scoppiò a ridere e intrecciò le sue dita tra le mie. “Se mi arrabbiassi ogni volta che dici o fai qualche stronzata, ti avrei lasciato perdere anni e anni fa!”

Mi sciolsi finalmente in un sorriso e, per la prima volta dopo mesi, mi sentii veramente libero. Solo allora capii che la paura del parere altrui nasceva da una mia insicurezza, e capii anche che contro quell'insicurezza ci avrei lottato con tutte le mie forze. Lo avrei fatto per John.

Ti ho mai detto che quando sorridi sei troppo tenero?” se ne uscì John, sorprendendomi; raramente si lasciava andare a frasi dolci, ciò che provava preferiva dimostrarlo.

Osservai le sue guance in fiamme e il suo viso così dolce, quindi sorrisi ancora di più. Era in quei momenti che sentivo di amarlo davvero tanto, quando si mostrava così vulnerabile ed emotivo.

Tra le risate, sciolsi l'intreccio delle nostre mani, mi alzai e mi precipitai dentro a pagare il conto prima che lui potesse protestare.

Ma mentre passavo accanto a lui non resistetti e gli stampai un piccolo bacio sulla fronte.


Camminavamo fianco a fianco, diretti alla mia macchina, pronti alla cena con Shavo e tutti i nostri amici.

Non avevamo voglia di parlare, ci bastava stare vicini per dirci tutto.

Io osservavo il sole che, in procinto di scomparire oltre l'orizzonte, si specchiava nelle quiete acque del mare e tingeva tutto di rosso.

Il tramonto era uno dei miei momenti preferiti, proprio perché adoravo il rosso.

Ero talmente perso nei miei pensieri che non mi ero reso conto di essermi fermato in mezzo al marciapiede, incantato da quello splendido spettacolo naturale. Mi resi conto di ciò che stava succedendo solo quando John mi attirò a sé e mi abbracciò con trasporto.

Mi strinsi a lui, poggiai la testa sulla sua spalla, inspirai il suo profumo e mi abbandonai contro il suo corpo così accogliente e protettivo.

Non esisteva un luogo in cui potessi stare meglio di così.



   
 
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