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Autore: Kylu    15/08/2018    0 recensioni
Sul fatto che Kathleen fosse babbana, non c’erano dubbi.
Vita più che ordinaria (per quanto i suoi continui sogni ad occhi aperti lo permettessero), famiglia che si distingueva unicamente per la sua eccessiva severità, nessun aneddoto della sua infanzia o prima adolescenza a provare quel suo agognato essere speciale. Scuola babbana, vestiti babbani, casa babbana, e – la cosa le provocava una repulsione verso sé stessa inimmaginabile – cervello babbano.
Eppure, c’era qualcosa che distingueva Kathleen Aster da tutti i suoi simili.
Lei credeva.
STORIA IN PRECEDENZA GIA' PUBBLICATA, ORA RIVEDUTA E CORRETTA.
Genere: Azione, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Potter, Famiglia Weasley, Nuova generazione di streghe e maghi, Scorpius Malfoy, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Le sembrava di essere immersa nell’ovatta.
 
Udiva solamente dei suoni confusi, indistinguibili. Percepiva la morbidezza delle coltri sotto e sopra di sé che l’avvolgevano in un abbraccio rassicurante e protettivo. Il buio dietro le sue palpebre era assoluto, denso e opprimente.

Era appena cosciente del fatto che, da qualche parte, il tempo scorresse normalmente, il sole splendesse nel cielo e le persone si affaccendassero nelle loro vite frenetiche. Ma lei non riusciva a trovare un punto d’appoggio grazie al quale poter uscire da quel limbo, da quel torpore che la costringeva all’immobilità.


Dopo un tempo che le parve infinito, finalmente nell’oscurità della sua mente si aprì uno spiraglio di luce, come se dalla volta della grotta in cui era precipitata fosse stata rimossa una pietra.
 
Pian piano riprese la coscienza di sé, e con la percezione del mondo esterno arrivò il dolore, intenso, ingestibile. Non era limitato ad un punto preciso, ma pervadeva ogni singolo osso e muscolo del suo corpo, impedendole di respirare normalmente o di imbastire un pensiero coerente.

“Sta riprendendo coscienza. Datele un altro calice di pozione e portatele una bella dose di cioccolato. Vado a chiamare un Medimago...”

Pozione? Medimago? Ma cosa...

Tutto d’un tratto le piombarono addosso i ricordi della vicenda che aveva vissuto.

La nottata tranquillamente noiosa interrotta dall’apparizione di quelle spaventose figure ammantate che scivolavano lungo la strada verso di lei, il volo dalla finestra per attirarli lontano dalla famiglia, la dolorosa caduta e la disperata fuga lungo la strada, fuga ben presto bloccata da quegli esseri orribili, e la sensazione di venire svuotata finché… finché? Quella luce, calda e rassicurante. Un patronus… Doveva essere stato un Patronus a salvarla!

Si sforzò di aprire gli occhi. Per un pezzo vide tutto bianco, poi il mondo riprese lentamente i suoi colori.

Era sdraiata su un lettino da ospedale con una leggera trapunta candida a coprirle il corpo e un morbido cuscino a sostenerle la testa. Alzò leggermente il capo per esaminare l’ambiente che la circondava. Altri lettini uguali al suo, due di lato e tre di fronte. Uno di essi era occupato da una figura quasi completamente ricoperta da fasciature.

Non fece in tempo a visualizzare altri dettagli del luogo perché in quel momento la porta in fondo alla stanza si aprì e un uomo dall’aria seria e compita vestito di un lungo camice verde acido fece il suo ingresso, una targhetta professionalmente appuntata al petto: Guaritore Stephen Prow.
 
Era alto e robusto, con i lunghi capelli castani ad incorniciargli il volto e due grandi occhi dai riflessi ambrati fissati quasi torvamente su di lei.

“Stephen Prow, suo Guaritore durante il suo ricovero al San Mungo” si presentò con voce tranquilla e baritonale, senza l’accenno di un sorriso.

Pozione. Medimago. Guaritore. Camice verde acido. Kathleen notò un simbolo ricamato su quella stoffa verde: una bacchetta ed un osso incrociati.

“Sono… al San Mungo” balbettò con voce incerta, pronunciando le prime sillabe da quando si era svegliata.

Neanche a quelle parole il Guaritore si aprì in un sorriso. “Reparto Lesioni da Creature, primo piano, per essere precisi” replicò asciutto. “In realtà non sapevamo bene dove metterla. Il punto è che non sappiamo bene... cioè, in realtà non sappiamo neanche chi, anzi cosa diavolo è lei! Ma di questo, ehm, parlerà meglio con chi di dovere. Intanto beva questo e stia zitta. È una nuova versione di Ossofast, ancora più veloce del classico. Beva, ho detto” le intimò Prow.

La ragazza ingurgitò il contenuto di una boccetta di vetro tutto d’un fiato. Aveva un sapore disgustoso. Al contrario dell’apparente gelo di quella sostanza liquida e di un particolare rosso aranciato, però, Kathleen si sentì come riscaldata, rinvigorita, e una scarica di energia le attraversò le membra. Quando ebbe finito il Guaritore, sempre osservandola con occhio critico, estrasse un lungo bastoncino di legno scuro e lo mosse con un leggero movimento del polso.
Un paio di secondi dopo, un vassoio stracolmo di pezzi di cioccolato sfrecciò nella stanza attraverso la porta ed andò a posarsi sul comodino accanto al letto di Kathleen.

La giovane Aster rimase semplicemente a bocca spalancata, non trovando la forza neanche per distogliere lo sguardo da quella che, si rese conto in quell’istante, era una vera e propria bacchetta

Prow dovette accorgersene, perché, infastidito, la ripose frettolosamente in tasca e con un brusco cenno del capo ordinò alla ragazza di cominciare a mangiare. Lei non se lo fece ripetere due volte e si avventò su quella delizia. In pochi minuti spazzolò via tutta la cioccolata, non curandosi di sporcarsi mani, bocca e naso come una bambina. Per tutto il tempo, il Guaritore rimase a fissarla in silenzio, severamente, come disapprovando il suo comportamento così puerile.

Finito di mangiare Kathleen si ridistese sul letto, esausta come dopo una lunga corsa.
 
Le sembrava che la vita le stesse sfuggendo di mano. Troppi fatti erano avvenuti nelle ultime ore.
 
Si sentiva così stanca, così spossata… E troppo confusa per rendersi conto che tutto quel che era accaduto, era realmente accaduto.

“Oh, non si rilassi troppo, ha visite, signorina…”

“Aster. Kathleen Aster”.

“Detto francamente, signorina Aster, il suo nome qua dentro non importerà a molte persone. L’unica cosa che conta è capire cosa e come…” e con questa nota enigmatica il Guaritore si congedò con fare teatrale, lasciando però aperta la porta della stanza.

Kathleen si prese qualche secondo per osservare l’altro paziente del reparto. Sotto le bende si riuscivano a distinguere dei lineamenti da ragazzo, giovane e anche piuttosto attraente. Capelli lunghi, neri e ricci, pelle scura.

È stato aggredito da qualcosa che pensano possa essere un Inferius, ma non ne sono certi, e lui per il momento non è in grado di ricordarlo” disse una voce vicino alla porta.
 
Kathleen si tirò su a sedere di scatto e si girò verso l’uomo che aveva parlato.

Era magro e non troppo alto, ma dal fisico evidentemente agile e allenato. I capelli corvini erano parecchio disordinati e gli scendevano sulla fronte fino a coprirgli gli occhi, di un verde stupefacente, cerchiati da piccoli occhiali rotondi.
E sulla fronte, proprio sotto quel groviglio di capelli…

“Non è possibile. Non è possibile. Non è possibile!” Kathleen chiuse gli occhi e si portò le mani davanti alla faccia.
 
Harry Potter si avvicinò al letto della ragazza e si sedette sul bordo, girandosi verso di lei e scostandosi i capelli dalla famosa cicatrice a forma di saetta. La scrutò da dietro le lenti, ricordando molto il modo di osservare le persone del vecchio Albus Silente. 
 
Era una ragazzina abbastanza comune, constatò: corporatura media, altezza media, pelle chiara. Ma quei capelli… quei capelli erano davvero incredibili. Persino più disordinati dei suoi, sembravano formare una vera e propria criniera infuocata dietro la quale la ragazzina poteva nascondere le proprie fragilità.
 
Sorrise e la guardò con dolcezza. Come doveva essere difficile per lei venire strappata dalla propria vita comune e ritrovarsi in un mondo che doveva esistere solo nei libri…
 
“Va tutto bene… Kathleen, giusto?” disse con voce calma e tranquillizzante. La giovane Aster riuscì ad annuire. Poi tolse le mani dal viso, si sistemò meglio i cuscini dietro alla schiena per stare dritta e si sforzò di guardare quella leggenda umana negli occhi.

Era ormai un uomo di mezz’età, ma non aveva perso quell’aria da ragazzino simpatico, un po’ timido ma furbo, che lo contraddistingueva. Era simile, davvero molto simile all’attore che lo aveva impersonato nei film.

“Bene, Kathleen… So che ti senti ancora molto stanca e giù di corda, ma avrei davvero bisogno di sapere un paio di cose. Non so se lo sai, ma io sono a capo dell’ufficio Auror del Ministero della Magia. Diciamo che ho ottenuto di esentarti da una tanto infinita quanto inutile udienza al Wizengamot - ehm, il tribunale supremo dei Maghi – in cambio di una tua spontanea… Diciamo un tuo racconto dettagliato di chi sei, da dove vieni e cosa esattamente è successo due sere fa, durante l’attacco dei dissennatori." Spiegò Harry. Fece una pausa, come per lasciare il tempo alla ragazzina di assimilare quanto aveva detto.
 
 "Il tutto sarà registrato direttamente dal ministero in modo da poter essere esaminato in seguito da Psicomaghi specializzati e altra gente del genere” continuò, “E sempre che tu sia d’accordo… L’alternativa, però, sarebbe importi un bell’incantesimo della memoria e riportarti a casa, ma ho come l’impressione che questa opzione non ti piacerebbe” concluse Harry con un mezzo sorriso.

Due sere fa… significava che aveva passato due giorni nel mondo magico, senza dare notizie alla sua famiglia, senza sapere come stessero…
 

“I miei genitori? Mio fratello?” chiese, improvvisamente angosciata.

“Stanno tutti bene. Da quello che mi è sembrato di capire durante il sopralluogo, ti sei gettata dalla finestra per allontanare i Dissennatori da loro. Sbaglio?”
 
Kathleen scosse la testa.
 
“Per ora sono sotto un Confundus che evita loro di preoccuparsi per te, e saranno in questo stato finché non si deciderà… il da farsi”.

La ragazza annuì, rassicurata.
 
Harry la fissò attentamente, in attesa, le domande sottointese sospese tra loro. Vide Kathleen chiudere gli occhi e sospirare un paio di volte. Estrasse la bacchetta e mormorò un Incantesimo di Registrazione.
La giovane Aster cominciò a raccontare. Raccontò della sua vita fino a quel momento, delle sue convinzioni, di quel mondo babbano che le stava stretto, del suo modo di essere diversa. Poi parlò di quella notte, una come tante altre passata insonne alla finestra, almeno fino all’arrivo di quelle terribili creature che sembravano essere spuntate da uno dei suoi incubi. E poi la fuga disperata, il dolore, la sensazione di essere svuotata. Infine, quella luce calda e rassicurante, e il buio dell’incoscienza.

Harry rimase ad ascoltare in silenzio fino alla fine quel fiume di parole che usciva dalla bocca della ragazza. Solo alla fine pose un’unica, semplice domanda.

“Il patronus… Non hai idea di chi possa averlo evocato?”

Kathleen scosse la testa, abbattuta.

Harry sorrise. “Tranquilla, non ci aspettavamo il contrario… Ma è di assoluta, vitale importanza scoprire questo punto della vicenda. Perché già è terribilmente sconvolgente che due Dissennatori si addentrino in un sobborgo babbano senza alcuna apparente ragione – nessuna presenza di maghi, niente del genere – ma che un mago si trovi lì, pronto ad intervenire e salvare la situazione… E ultimo, ma non meno importante, c’è da considerare il fatto che tu sia stata in grado di... di vedere. E questo – che tu possa vedere i Dissennatori e che loro abbiano scelto proprio te come vittima – non pensiamo sia un puro caso. Indagheremo” concluse Harry.

La ragazza annuì lievemente, più confusa di prima. “Ma come può essere possibile? Come posso… Come ho potuto vederli? Io sono… Voglio dire, sono solo una babbana. Tutto questo non ha senso” continuò a bofonchiare tra sé. Harry sorrise con tenerezza.
 
“Che tu sia solo una babbana penso sia da escludere, a questo punto. Non trovi?”
 
L’uomo si alzò dal bordo del letto e si passò una mano fra i capelli. “Per ora ti lascio riposare. Tornerò domani per comunicarti di persona quello che si sarà deciso riguardo te e ciò che è successo.” disse, sorridendo di nuovo. Kathleen ricambiò con un sorriso incerto. Era spaventata, disorientata, ma avrebbe tanto voluto dire a – le sembrava ancora impossibile riuscire a crederci – a Harry Potter quanto fosse stato meraviglioso poterlo conoscere. Avrebbe voluto ringraziarlo per essere stato così gentile con lei, riservandole lo stesso affetto di un padre nonostante non la conoscesse nemmeno.
 
Lo guardò in silenzio avviarsi verso la porta con un ultimo cenno della mano.
 
 “Riprenditi in fretta, mi raccomando!”
 
E con questa nota allegra la più grande leggenda di tutto il Mondo Magico uscì dalla stanza, lasciando Kathleen in preda a milioni di pensieri.
  
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