Serie TV > Shadowhunters
Segui la storia  |       
Autore: ClodiaSpirit_    17/08/2018    3 recensioni
- Si alzò in piedi, insieme all’onda del pubblico coinvolto dall’esibizione, applaudendo.                                                                                                                                     
[...]  Nonostante quello sguardo fosse lontano, Alec poté indovinare che erano diversi rispetto a quelli che aveva visto tante volte. -
Alec è un ragazzo intelligente, giovane, eppure gli manca qualcosa di fondamentale: vivere.
Ma cosa succede quando Alec comincia a fuggire e a rintanarsi a Panshanger Park, durante uno spettacolo dato dal circo? E soprattutto, chi è l'acrobata che si cela e cerca dietro tutti quei volti?
Cosa succede quando due mondi opposti ma simili per esperienze di vita si incontrano?
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Isabelle Lightwood, Magnus Bane
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
prologo
Image and video hosting by TinyPic



Clodia's: Andiamo avanti e sta passando anche agosto.
Che tristezza che mi viene pensandoci... ma sapete cosa mi rende più triste? Che man mano stiamo sempre più vicini alla dirittura d'arrivo per la fine della storia. E io già penso al periodo che mi legherà ai libri (e no okay, questa cosa è troppo angst) Questo è l'aggiornamento .

Non voletemi male appena arriverete alla fine. E arrivando alla fine capirete alcune cose che prima o poi dovevano accadere. E un'altra cosa, ho deciso includerò l'immagine della storia ogni qual volta si presenterà uno dei miei passi preferiti. Grazie, scappo via .
E buona lettura.





Le mani si stringevano intorno alla corda, bianche, quasi evanescenti, le vene delle braccia cominciavano ad emergere e delle piccole gocce di sudore gli bagnavano la pelle. Il freddo non sembrava più un problema mentre si dondolava in avanti tenendo tese le gambe, riportandole indietro, il peso che diventava quasi piuma, quasi minuscola essenza leggera nell’aria. Si slegò dalle due liane di cordame e scese atterrando dritto, portandosi in equilibrio con le ginocchia. Magnus si asciugò la fronte con un piccolo asciugamano, l’incavo del collo, per poi tenerlo tra le mani mentre ritrovando il respiro e il battito che si acquistava normalità man mano le sue gambe si abituavano al terreno. Si allontanò dalla piattaforma per tornare alla roulotte.
Appena salì dalla porticina ovale, andò al piccolo lavabo, si sciacquò il viso, il collo, visibilmente rossi per lo sforzo avvenuto poco fa.
Le sessioni di stretching e riscaldamento lo stancavano quasi più dell’allenamento vero e proprio. Si levò l’unico indumento appiccicato alla sua pelle e si infilò dentro il piccolo doccino.

Asciutto e con il rumore del phon prestatogli da Candace che si ripeteva con un rumore piacevole e che gli formava dei piccoli brividi lungo il corpo, si sentì più rilassato e meno in tensione. Aveva messo dei pantaloni da tuta puliti e una maglia vecchia, coperta da una felpa il doppio della sua misura. Quando quasi nessuno era ancora sveglio o tardava ad alzarsi, Magnus adorava sgattaiolare fuori e prendersi un po' di tempo per sé, dopo aver provato. Così come aveva fatto quel giorno.
Afferrò un piccolo oggetto con un gesto abile della mano e uscì dalla roulotte. Magnus si distese fuori nel parco, con quel tempo che imperversava, nuvole grigie e scure sopra la sua testa, fisse all’attaccatura del verde, dell’arancione e del bruno, che creavano i colori tipici dell’autunno. Le gambe erano piegate, rivolte verso il fiume, lo sguardo concentrato. Aprì il libro datogli da Alec giorni prima e spostando il dito tra le pagine, trovò quella che aveva leggermente piegato all’estremità per riprendere il segno da dove si era interrotto. Tenne fermo il libro sul suo grembo e si perse nella lettura. Orfeo stava suonando la sua lira per intercedere presso Plutone e Proserpina, per riavere indietro Euridice.
La ninfa era posta dal profilo sinistro, proiettata come un immagine particolare, evocatrice, fortemente minacciosa ma poetica al tempo stesso.
Magnus la trovò affascinante anche se oscura.
Euridice era ritratta con i capelli raccolti in una lunga coda in cui si insinuava strisciando un serpente. La dichiarazione di Orfeo era qualcosa di estremamente triste quanto bella.


‘’O dèi del mondo che sta sottoterra, dove tutti veniamo a ricadere, noi mortali creature, senza distinzione, se posso parlare e se mi permettete di dire la verità, senza i rigiri di chi dice il falso […] a ragione del mio viaggio è mia moglie, nel cui corpo una vipera calpestata ha iniettato veleno, troncandone la giovane esistenza. Avrei voluto sopportare, e non posso dire di non aver tentato. Ma amore ha vinto!’’

Magnus pensò di non aver mai letto qualcosa di così forte, straziante e bello in vita sua. Trovava affascinante il modo in cui si stava appassionando alla lettura, a perdersi tra le pagine e alcune parole. Fortunatamente l'edizione che Alec gli aveva prestato aveva la traduzione al lato della pagina, in modo che Magnus non si perdesse nemmeno una volta nella storia. Era come se Orfeo stesse gridando in tutti i modi quanto fosse niente senza quella donna, come se ogni parte di lui fosse morta insieme a lei.


‘’Vi prego solo di ridarmela in prestito. Ma se il mio destino mi nega questa grazia per la mia consorte, io non voglio riandarmene, no. Così godrete della morte di due! Piangevano le anime esangui mentre egli diceva queste cose e accompagnava le parole col suono della lira (…) Si narra che allora per la prima volta s’inumidirono di lacrime le guance delle Furie, commosse dal canto.’’

E non solo quelle delle furie, Magnus scacciò via una piccola lacrima dagli occhi inumiditi. Si ricompose. Era come se stesse leggendo la chiave segreta del sacrificio, Orfeo era pronto a ricevere qualsiasi esito da chi lo stava giudicando per meritarsi di nuovo l’amore. Magnus stava per girare pagina quando qualcosa, vibrò. Il micro schermo del cellulare di Magnus fu tirato fuori dalla tasca sinistra e trovò lampeggiare un icona a forma di busta: 1 nuovo messaggio.

Magnus lo aprì, leggendo il mittente: Alec. Pochi giorni prima si erano scambiati i numeri.

12:20. Come sta andando la lettura?

Un sorriso si fece spazio sulle labbra e rispose subito.

12:20. Bene. E’ normale che abbia io già provato a smettere di piangere per due volte consecutive o..?

12:21. Sì, più che normale.

A che passo sei arrivato?

12:22. Orfeo ha appena finito di cantare per le divinità degli inferi e ha appena richiesto Euridice indietro.

12:23. Oh.
Quella parte. Sì, è una delle più belle.


12:24. Non è normale che delle pagine scritte possano distruggere così l’anima… è assurdo.

12:24. Anche questo è piuttosto normale se ci pensi… Quante belle frasi sono state da autori diversi, ad esempio:

Da mi basia mille, deinde centum, dein mille altera, dein secunda centum

Magnus storse il naso. Era sicuramente latino, ricordava vagamente di aver fatto qualcosa di simile ma poco, al primo anno di liceo… ma era passato tanto tempo da quando aveva quattordici anni.

12:26. Latino.

Cosa vuol dire, di chi è?

Magnus notò che Alec impiegò molto a rispondergli. Non era mai stato un tipo ansioso, per quanto conoscesse se stesso, non aveva mai avuto problemi d’ansia, se non tensione quando doveva esibirsi. All’ennesimo sguardo dello schermo, Magnus posò l’aggeggio sull’erba, cercando di riprendere il filo della lettura. Cosa che non gli fu possibile dato che il telefono vibrò ancora.

12:32 Dammi baci cento baci mille baci
E ancora baci, altri cento baci, altri mille baci

Catullo.

Magnus si sentì stranamente colpito da un pensiero nuovo. Scosse la testa, non credeva Alec lo stesse prendendo in giro. E poi pensò anche che Alec stesse lontanamente provandoci con lui. No, nessun film Mags, ricordi?

12:34. Non vorrei mettere in dubbio la tua conoscenza, ma sei sicuro che voglia dire questo?

Mandò il messaggio e si sentì più sicuro. Come si ripeteva ogni volta, nessuno poteva prenderlo in giro. A meno che Magnus non lo capisse subito e lo stroncasse sul nascere.

12:35. Perché non dovrebbe voler dire questo?

Nobis cum semel occidit brevis lux, nox est perpetua una dormienda.

12:36. …

12:36. Carme 5, una delle tante dedicate a Lesbia.

Magnus si diede ufficialmente dello stupido.

12:37. Sei molto più preparato di me, scusa… che significa invece questa?

12:38. Non preoccuparti.

Significa: Ma quando muore il nostro breve giorno,

una notte infinita dormiremo.


12:38. E’ veramente bellissima…

12.39. Posso prestarti anche questo se vuoi, è più piccolo e raccoglie tutte le poesie.

12:39. Alexander, non pensi che io me ne stia approfittando un po’ troppo?

Eccolo lì, il senso di imbarazzo. Ma quale imbarazzo, in fondo, si prestava a una cosa innocente come scambiarsi qualche informazione, favore? Si sentiva come se si trovasse ad avere di nuovo quindici anni, alle prese con le prime relazioni innocenti. Se mai fosse ritornato indietro, avrebbe riprovato tutto, ma adesso di fronte alla situazione che gli si presentava, l'imbarazzo aveva bussato e si sforzò di capire perchè. Magnus si diede un pizzicotto dopo aver inviato quel messaggio, non pensi che me ne stia approfittando, ma che modo è di essere delicati?

12:40 No, non lo penso. Affatto.

Silenzio.

Magnus rilesse quelle tre righe. Era ufficiale: stava diventando stupido.

12:42. E’ che…insomma Alec, non vorrei che tu pensassi che voglia solo ecco… non so, farlo solo per questo.
Per ottenere cose. Beh non voglio questo, non ne sono il tipo.

12:43. Non penso che tu lo sia.

Credo di essere più un peso io per te di quanto tu lo sia per me.

Vengo a trovarti quasi ogni giorno e non tengo conto che a te possa magari dare fastidio.

Ma non sei un peso. Né un approfittatore. Sei tu.

Magnus rilesse tutto il messaggio almeno tre volte. Era ovvio che entrambi sembravano sentirsi in colpa per qualcosa che non era assolutamente vero. Magnus trovava piacevoli le giornate con Alec. Gli piaceva passare il tempo a parlare e a pensare ad altro oltre che alle prove, al numero, alla stanchezza. Era bello avere qualcuno che ti portasse via la realtà per qualche ora. Magnus pensò che Alec non se ne rendesse conto, ma la sua presenza al tendone gli faceva bene. Più bene di quanto anche Magnus stesso arrivasse a percepire.

12:46. Come io non lo sono per te, tu non lo sei per me, Alec.

Mi fa piacere stare in tua compagnia, sono serio.

Non pensare che possa annoiarmi, alcune giornate sono… difficili. Certe volte penso che non ne arriverò a capo ma poi penso… penso a quanto tu ti sia interessato o ricordato di me. E allora… allora mi sento diversamente, mi sento più.. felice.

Magnus esalò fuori una nuvola d’aria pesante e fredda, che si condensò davanti ai suoi occhi e poi si librò in alto.

12:47. Davvero lo pensi? Tutto questo?

12:48. Non mi piacciono le bugie. Quindi sì, lo penso.

Il piccolo schermo si rigirava fra le sue mani, la testa si alzava, si fissava su un punto indefinito e poi ritornava a osservare il telefono. Per Magnus, era strano ma così naturale parlare con l’altro che quasi dimenticava perché in quel momento, si sentisse tanto nervoso.

Alec si ritrovò quel testo così d’improvviso che quasi non era pronto. Ma pronto per cosa poi? Lui non era un peso. Magnus lo ringraziava della sua presenza. Tu non lo sei per me, rilesse. Si portò il telefono con le mani sotto al mento, la testa immobile ferma alla parete, gli occhi chiusi. Tutte quelle volte che aveva ricevuto una chiara traduzione di indifferenza, quando suo padre lo lasciava da solo, quando provava ad urlare ma l’urlo gli si fermava in gola. Tutte quelle volte sembravano solo polvere ora. Certe volte penso che non ne verrò mai a capo, Alec sentì la propria voce nella sua testa, ma poi penso a quanto tu ti sia interessato, ricordato di me.

Così riprese la tastiera fra le mani e digitò di getto.

12:52. Magnus, se tu sapessi, capiresti perché.

Voglio solo dirti:

grazie.


Alec spense il cellulare, rifugiandosi nel suo involucro, nel suo rifugio. Questa volta però sembrò respirare meglio l’aria del giardino fuori, mentre si appoggiava al muretto, gli occhi puntati al cielo e la striscia bianca, forse di un aereo che tagliava il blu grigiastro smorzandone la tinta uniforme.



**



Il mese passò lasciando un novembre già presente nel clima e nel tempo che scorreva, portando con sé le ultime ore di pratiche, le ultime repliche. Magnus sapeva che una volta finite quelle sarebbe dovuto salire di nuovo su qualche treno malconcio pieno di bagagli e altre suppellettili, per chissà quale altra località. Non sapevano poi molto, solo qualche diceria che avrebbe potuto riguardare sempre l’Inghilterra ma spostandosi completamente. Un posto quotato da tutti fu sicuramente la zona a sud-ovest dell'Inghilterra, come South Hampton. Secondo le teorie dei restanti suoi colleghi invece si sarebbero spostati ancora di più, incrociando le scogliere o la vastità dell’Isola di Smeraldo irlandese con il suo folklore e la sua brilla allegria. Magnus non conosceva poi molto, ma aveva sentito dire che era uno dei posti più belli da vedere nel mondo. L’idea era allettante per alcuni aspetti ma contrariamente al sentimento collettivo, Magnus pregò soltanto che tutto quello sarebbe avvenuto più tardi possibile. Il loro capo comico doveva ancora contare tutto ciò che aveva guadagnato – secondo lui più da solo e per conto suo, che per la loro presenza e i loro sforzi – in quei giorni di serate. Alcune erano state un totale disastro, altre invece avevano riscosso obiettivi portandoli a pieno compimento.

**



Andando avanti, Magnus non faceva più caso ai ritmi a cui era sottoposto. Solo, avrebbe preferito che fosse concessa un po’ di grazia a lui, quanto a tutti i suoi colleghi lì dentro. Candace era stata costretta a lavorare duramente tutto il giorno per un capriccio di Mr. Sanders e si era visto a consolarla - com’era giusto che fosse – per quanto le corde vocali le facessero male e fosse stata costretta a raccontargli tutto quasi mimandolo. Tutto quello necessitava coraggio. Quindi si armò di questo e a piene falcate, si diresse dritto nel piccolo stanzino, adibito ad ufficio del proprietario se non che capo del circo. Quel posto gli faceva venire i brividi per quanto era angusto. Più ricordava tutte le volte che c’era stato, più avrebbe voluto uscire e ritornare indietro. Ma ormai era lì e doveva cavarsela da solo. E poi il solo pensiero di ritornare indietro, di tirarsi indietro, gli rimandava il viso rigato di Candace e il suo continuo gesto, la mano che si toccava la gola e la disperazione dipinta sugli occhi. E poi lui era pur sempre Magnus Bane, mica nessuno. L’uomo in questione, era di spalle, se ne intravedeva solo la schiena girata coperta da una giacca di velluto bordeaux, i capelli bruni ma più sul biondo erano mossi e secchi all’altezza del viso. Tutto quello doveva finire.
« Mr. Sanders » esclamò Magnus immobile, nel silenzio della stanza. L’uomo alzò la testa, in ascolto.
« Magnus » la voce di Mr. Sanders era un misto di acido e grave «Dimmi, cosa ci fai tu qui, » l’uomo si guardò una mano e le dita di questa si abbassarono una dopo l’altra « cosa posso fare per te? »
« Dobbiamo parlare di ciò che è successo con Candace o meglio » Magnus si schiarì la voce cercando di non vacillare, uscì più determinata « di ciò che lei ha causato perché forse è troppo cieco e forse senza un cuore per poter capire »
Finalmente l’uomo si girò, le mani completamente aperte sul piccolo tavolo da scrivania. Con un unico colpo di reni si alzò, facendo trascinare con violenza la sedia sul pavimento che emise un rumore stridulo. Mr. Sanders aveva circa una quarantina d’anni. Se li sarebbe portati bene, se non fosse stato per le rughe ai lati degli occhi e i solchi evidenti lungo il naso arrivando quasi fino alla bocca. Aveva degli occhi color ghiaccio, come se un pezzo di vetro si fosse sostituito alle iridi.
« Spiegati meglio, ragazzo! » uscì acido alzando la voce. Magnus se lo trovò di fronte, appoggiato al bordo della scrivania, con le braccia conserte.
« Sto dicendo che non va bene quello che le ha fatto, » Magnus spiegò mentre sentiva una forza costruirglisi nel petto ed espandersi sempre più « Sto dicendo, » continuò deciso « che non va bene quello che sta facendo a noi Mr Sanders » mise più enfasi alla fine, sperando di essersi fatto capire.
Mr. Sanders arricciò la bocca, annuendo poco convinto, alzò gli occhi e squadrò Magnus attentamente.
« E così, l’anello debole » di tutto ciò rise in modo beffardo e falso, sporco « sarei io, dunque? » constatò. Magnus sentì la rabbia corrergli dentro ma cercò di tenerla a bada. La tensione si tagliava col coltello nella stanza.
« Come nostro superiore, non penso assolutamente. Vorremo solo essere lasciati liberi di sapere cosa succederebbe se provassimo a trovare un accordo, gestire le ore di dovuto allenamento. Niente aggiunte, né diminuzioni, » chiarì Magnus « solo non vorremmo che si arrivasse ai livelli di questi giorni, di oggi » rimarcò saggiamente.
Il signor Sanders si trovò ad alzarsi dalla sua postazione a camminare avanti. Magnus si sentiva quello sguardo di vetro conficcato dentro, iniziava a contrarsi, a iniettarsi di rosso, le vene attorno al bianco cominciare ad uscire.
« Vi sono sembrato scortese » la sua sembrava più un affermazione o una meditazione del tutto vuota di convinzione, la mano del capo circo si toccò la cinghia dei pantaloni, alzandoseli appena. Magnus meditò bene le parole che dovevano uscire dalla sua bocca ed arrivare in modo diretto a quell’ombra che assumeva piano le forme di un cannibale.
« Mr Sanders, » pronunciò con cautela « non vogliamo più soldi, né più costumi. Per quel che so, i miei vanno benissimo. Potrei anche portarmi avanti con quelli per diverse sere di fila, » analizzò la questione toccandola piano con un soffio di fiato « Vorremo capire perché questo costa più il nostro sforzo, che quello di essere soltanto capiti. Quello che sto cercando di dire è… » deglutì davanti gli occhi in attesa e a lampadina del capo circo « Vogliamo provare in modo tranquillo »
« Sarei la distrazione cattiva o il carnefice quindi? » l’insolenza salì nel tono, tramutandosi in vetro.
« Non ho detto questo, signore » replicò Magnus.
« Provate
tranquillamente. Non sono io a distrarvi, ma la vostra insana idea di essere già arrivati. Da quando, sentiamo » pronunciò di un tono più alto « sono la sfera di tutti i vostri ripensamenti? » La fronte si pieghettò in almeno tre linee pesanti « Da quanto ricordo, non la sono mai stata »
« Nessun ripensamento, qui si parla del nostro umore e della nostra stabilità come esseri umani, quali siamo » forse Magnus aveva caricato troppo.
« E da quando se posso permettermi, dio santo, » il tono salì in grandezza
« SAREI IO A SUBIRE GLI ORDINI DEI MIEI STESSI ARTISTI? » i denti digrignati, l’espressione furiosa. Sembrava una bestia. Magnus non osò fiatare. Mr. Sanders si portò una mano a ravvivarsi i capelli, alcuni di questi ora erano fuori posto e gli ricadevano molli sulla fronte. La sua pelle era già lucida per i nervi, il sudore, il calore del sangue che velenoso gli pompava in corpo. « Vi ho dato un tetto, un lavoro, una casa, un pubblico, vi ho accolti quando nemmeno la metà di voi aveva un futuro deciso. Ho acquistato questa impresa e ho cercato di costruirvi un riparo dalla strada, vagabondi e miserabili com’eravate. » esclamò allargando le braccia « ED E’ COSI CHE MI RIPAGATE?! » ringhiò.
« Non vogliamo impartire ordini » chiarì Magnus evidentemente frustrato e disperato
« Vogliamo solo essere ascoltati. Non vogliamo dettare nessuna legge: vogliamo solo non doverci preoccupare di farci del male per arrivare a soddisfare i suoi interessi. Lei sembra non voler capire... » Magnus deglutì e serrò le mani a pugno lungo i fianchi « Siamo abbastanza giovani e in forze per poter continuare, ma non arriveremo a farci sfruttare come delle bestie, se è questo che si aspetta da noi! » azzardò anche lui questa volta facendo sentire la sua voce. Forse Magnus non avrebbe dovuto dirlo dopotutto. Ma era vero. Erano diventati stanchi di subire e lui, lui doveva pur riuscire a smuovere le cose. Mr. Sanders girò lentamente lo sguardo a terra, chiuse gli occhi. Fu un attimo interminabile. La calma prima della tempesta. « Vogliamo solo farci sentire, » sussurrò impercettibilmente, non spiegandoselo le parole non uscivano più alte. « e vogliamo continuare a lavorare, ma non così. » Forse la richiesta in fin dei conti era troppo, ma era pur sempre un canto disperato per essere capiti.
Forse però l’unico disperato in quel momento poteva sembrare lui, in piedi di fronte alla figura impostata di un uomo che sfruttava le carte a suo favore.
Quella carta, si sentiva nel profondo, era lui. Magnus avrebbe ricordato anche quel giorno, come tutti gli altri del resto. Ogni volta nasceva da una cosa diversa. Ma se c’era una cosa che non cambiava mai oltre alle modalità in cui quello avveniva, era il carattere ostinato di quell’uomo tanto da trasformarlo in qualcos’altro, in un demonio.
« Non detterete nessuna legge, Magnus » confermò.
Arrogante l’uomo rialzò lo sguardo, il tono acido che si abbassava in determinata cattiveria « Non oggi, né domani. E sai perché? Perché non siete nessuno per poterlo fare » il collo gli s’irrigidì mentre parlava « Hanno mandato te, perché loro avevano paura, non è così? »
Magnus fece cenno di no. L’uomo sorrise derisoriamente. « E anche se fossero venuti, non avrebbero risolto nulla. Hai del coraggio, te lo riconosco » l’uomo si portò una mano alla cinghia, le dita tozze e dalle unghia corte che giravano sfiorando freneticamente la fibbia grande e appuntita, Magnus si ritrovò ad indietreggiare, lo sguardo consapevole, la gola che gli bruciava come se ci stesse ardendo o scoppiettando del fuoco all’interno. Neanche quel giorno avrebbe potuto essere cancellato « Te ne do atto. Davvero un gran coraggio. Ma vedi, Magnus » rise beffardamente, un gorgoglio che usciva prepotente, cominciò a sfilarsi la cinta « Il coraggio non serve quando non si ha il potere sugli altri. Non è niente quando si demolisce e si scala la vetta: sono le basi. E’ pura legge di sopravvivenza »

Sopravvivere era l’unica opzione nella gabbia di quel circo, l’unica e sola.

Mr Sanders sembrava l’immagine evanescente di un mezzo uomo o forse era solo un impressione e anche la metà di quell’uomo era già bella che sfumata. Dicendo così, l’essere avanzò di più. Magnus cercò di dirigersi verso la porta.
Era socchiusa, visto che non ci si degnava mai di farla chiudere nonostante si tenessero anche conversazioni private lì dentro. Sembrò arrivarci quando una mano adulta dietro di lui toccò la maniglia e girò la chiave di forma rotonda e di ferro, per poi infilarsela nella tasca dei pantaloni. Magnus provò a prendere il piede di porco dentro quel vaso, in basso, vicino a quella ma proprio mentre ci arrivò con le dita, sfiorandone la punta, fu afferrato violentemente per un braccio e costretto a girarsi. Magnus resistette ma avvertiva la morsa. La carne quasi stritolata come se fosse un essere umano qualunque, senza importanza e senza tante cerimonie di coscienza. Magnus chiuse gli occhi, le sue labbra tremarono inevitabilmente. Solo pochi minuti e sarà tutto finito, si ripeté. L’uomo alleggerì di poco la presa, fino a sganciarla. Senza che l’uomo lo toccasse ancora, Magnus scansò un altro tocco della sua mano e si girò da solo.

«Adesso, da bravo » sibilò a denti stretti Mr Sanders mentre annodava la cinghia tra le mani « sfilati la maglietta »

L’orrore di quella stanza lo avrebbe percepito chiunque in quel momento.

In modo diverso però, l’orrore lo subì soltanto Magnus.



Raccontano che per sette mesi continui egli pianse […] e facendo muovere le querce con il canto: come all’ombra di un pioppo un afflitto usignolo lamenta i piccoli perduti. Piange nella notte e immobile su un ramo, rinnova il canto.

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Shadowhunters / Vai alla pagina dell'autore: ClodiaSpirit_