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Autore: Subutai Khan    19/08/2018    2 recensioni
Valentina, a distanza di X anni, riprende in mano il suo vecchio diario e gli racconta lo sconvolgente avvenimento capitatole quello stesso giorno.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
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Caro diario,
si vede che non sono una millennial, vero? Solo una carampana ultratrentenne inizierebbe così. Uno di quindici anni avrebbe attaccato con “Yo, vecchio. Come butta?”.
Era forse un decennio che non ti prendevo in mano, vero? Scusa per averti trascurato, ma sai com’è. Il lavoro, lo stress, i primi capelli bianchi, la paura della menopausa anticipata, un ritardo nel ciclo qua e una molestia sessuale là. Ho sempre poco tempo, e spesso poca voglia.
Ma stavolta vale la pena dedicarti dieci minuti.
Perché quello che mi è successo oggi…
Dunque, visto che è tanto che non ti tengo informato, è giusto che sappia una cosa come premessa: sono lesbica.
Sì, lo so che ti raccontavo in lungo e in largo di come avessi delle turbe adolescenziali con alcune delle mie compagne delle superiori. Ma, appunto, pensavo fossero turbe adolescenziali. Il periodo del dubbio e della sperimentazione.
Ora sono vecchia abbastanza, e con abbastanza due di picche sul groppone, da poterlo dire per certo.
Mi piace l’amica V.
Questo per non stupirti quando ti comunicherò che sono in una relazione stabile con Caterina da ormai quattro anni.
La mia dolcissima, bellissima Caterina.
Ci siamo conosciute in un grigio venerdì di novembre. Era venuta nel salone di bellezza dove lavoro per farsi fare manicure e pedicure, e chiaramente l’ho servita io.
È tornata. Più di una volta. Chiedendo espressamente di me.
Inizialmente, da parte mia, non c’è stato nulla oltre al mero rapporto lavorativo. Sì, si chiacchierava ma nulla più. Però la sua insistenza avrebbe dovuto farmi intuire qualcosa.
E poi, pian piano che le occasioni di vedersi si moltiplicavano, ho cominciato a capire che non le piaceva particolarmente il modo in cui le smaltavo le unghie, o come acconciavo i suoi fluidi capelli biondi, o qualche altra stupidata del genere.
No no. Le piacevo io.
Sulle prime la cosa non era proprio reciproca. Nel senso: non c’era niente che non andasse in lei, e mi faceva comunque piacere averci a che fare. Ma mancava l’interessamento romantico da parte mia.
Le cose sono cambiate quando abbiamo preso a vederci al di fuori del salone.
Successivamente, quando stavamo già insieme, mi ha rivelato che le ho sempre fatto un sesso pazzesco e, non fosse che sarebbe finita in galera per atti osceni, mi avrebbe strappato i vestiti coi denti e mi avrebbe montata sul lavabo dove si lavano i capelli. Il che, lo ammetto, mi ha… sensazione difficile da spiegare. Glissiamo.
Stringendo.
Ci siamo conosciute meglio, prima come semplici amiche e successivamente come quel qualcosa-di-più-ma-non-ancora-niente-di-dichiarato.
Un giorno, appena finito il nostro ormai consueto giro di shopping settimanale sfrenato, ha sputato il rospo. Appena uscite da Desigual mi ha fermato mettendomi una mano sulla spalla, mi ha fatta girare nella sua direzione e mi ha sganciato due missili intercontinentali dritti negli occhi: “Valentina, tu… tu mi piaci tantissimo”.
Era evidente che ci fosse qualcosa fra di noi, ma la tempistica mi ha presa completamente in contropiede. Lì per lì non sono riuscita a spiccicare parola.
Per fortuna un paio di giorni, tanto alcool e lunghe sessioni di introspezione mi hanno fatta rispondere nella maniera migliore.
Era ufficiale: fidanzate.
Ma capirai, non era la prima volta che avevo una relazione con qualcuna. Con Carlotta era finita a sediate, con Monica sono arrivati i carabinieri in tenuta antisommossa, con Daniela è sembrato l’epilogo triste di uno di quei mattonazzi tipo Casablanca o Via col Vento.
Eppure, più passavano le settimane prima e i mesi poi, più mi convincevo che era quella giusta.
Ti sento, infame. Mi ricordo che hai il brutto vizio di bacchettarmi per i miei voli pindarici. Ma cosa vuoi che ti dica, sono fatta così sono fatta proprio così esplorando il corpo umano…
Ops. Scusa. Mi conosci.
Davvero, era un idillio. Non abbiamo mai litigato, ci siamo sempre venute incontro in tutto e per tutto, eravamo rispettose degli spazi e delle stranezze dell’altra, per vedere una scenata di gelosia fra di noi sarebbero dovute intervenire droghe psicotrope pesanti.
Oserei dire che era tutto perfetto.
Fino a oggi.
Premetto un’altra cosa, prima della plastica descrizione dei fatti: non è colpa sua. E non è colpa mia.
È solo stata una cosa… assurda.
Ero andata a trovarla per passare il pomeriggio assieme.
Netflix, una coperta, tanta intimità e forse una ciulata. Ma solo forse.
Stavamo guardando Santa Clarita Diet, in un bingewatching come non ne facevo da tempo. Ad un certo punto lei mette in pausa.
“Uh? Cate, perché hai stoppato?” mi è uscito naturale, guardandola. Era… strana. Timorosa. E ti assicuro che di solito è tutt’altro.
Solo un’altra volta l’avevo vista così. Davanti a Desigual.
Uh oh. Bomba in arrivo. Prepararsi all’impatto.
In quei trenta secondi di silenzio, aspettando che parlasse, mi sono sfrecciate per la mente le più disparate ipotesi: sono eterosessuale, ho l’AIDS/la clamidia/una qualunque altra malattia venerea, fra di noi non funziona e devo mollarti.
Niente del genere, per fortuna. Anzi, era una notizia bella.
“Sai” è riuscita a dire dopo aver tentennato un bel po’ “mi chiedevo… perché… perché… perché non vieni a vivere da me?”.
E in quell’istante l’ho definitivamente realizzato.
Io la amo.
E lei ama me.
Frena frena frena. Non è stata un’illuminazione divina che ha squarciato il velo delle tenebre. In realtà lo sapevo benissimo anche prima.
Ma il tono impacciato, lo sguardo da pulcino bagnato e timido, il muovere convulsamente le mani… sono stati tutti segni del suo totale coinvolgimento emotivo. Che ha fatto da battipista per il mio.
Insomma, è stata la conferma definitiva.
Le sono saltata addosso abbracciandola mentre urlavo come una scimmia urlatrice di sì, sì, sì, sì, sì.
L’ho quasi fatta rotolare giù dal divano tanta è stata la foga.
E poi è successo.
Le nostre labbra si sono naturalmente unite, come era accaduto già decine di migliaia di volte durante la nostra relazione.
BA-DUM.
Improvviso. Fulminante.
I miei occhi si sono appannati.
Il mio respiro si è fatto affannoso.
Le mie membra sono diventate pesanti come piombo.
La testa ha preso a girarmi.
Le sono precipitata addosso tipo sasso gettato fuori dal finestrino di un aereo.
Sono svenuta. O almeno così credevo.

Mi sono svegliata non so quanto tempo dopo.
Ero sdraiata sul suo letto.
Appena sono riuscita a focalizzare qualcosa di chiaro, ho visto il suo sguardo.
Giuro, non dimenticherò mai quello sguardo. Mai.
Aveva appena pianto, e stava ancora piangendo, tutte le lacrime di una vita. Il sorriso che ho visto nascerle, però, faceva da giusto contraltare.
“Ommioddio ommioddio ommioddio! Stai bene!” ha ululato, avventandosi su di me. Fico, dunque è così che si sentono le carogne quando gli avvoltoi scendono in picchiata su di loro.
Con la bocca impastata facevo fatica a parlare. Tuttavia, sforzandomi, sono riuscita a tirar fuori un “Che… che cacchio è successo?”. Più silenziosamente, invece, l’ho implorata di non stringere così tanto che rischiava di soffocarmi.
Singhiozzi, tanti singhiozzi da parte sua prima di raccattare una risposta: “Non lo so mi s-sei crollata addosso all’improvviso sono andata n-nel panico e e e e e e…”.
“E cosa?”.
Pausa.
“Cate, cos’è successo?”.
“Io… ti ho preso il battito…”.
In quel momento qualcosa si è spezzato dentro di me. Quella voce… era la voce…
La voce di chi parla di un morto.
“Non sentivo nulla. Sembravi una sogliola surgelata”.



“Non c’era battito! Non c’era respiro! Non reagivi in alcun modo!”.
Gelo. Gelo completo.
“Mi… mi… stai dicendo che… che…”.
“Eri morta, Valentina”.



Un flash di logica mi ha spinto a chiedere “E allora… come posso… starti parlando in questo momento?”.
“Non lo so! Ti giuro che non lo so! Ero disperata, ho chiamato un’ambulanza, ho cercato di rianimarti con respirazione bocca a bocca, massaggio cardiaco, voodoo! Le ho provate tutte! E non funzionava un cazzo! Nulla! Ti raffreddavi sempre di più! Ero distrutta! A pezzi!”.
Questo… questo non ha il minimo senso.
La gente non muore così, di punto in bianco. E soprattutto non è in grado, dopo il fattaccio, di farselo raccontare.
“Vale” ha ricominciato senza che le abbia dato alcun input, sempre stringendomi come in un bear hug “hai ripreso colore dopo… dopo che…”.
“Dopo che?”.
“Dopo che, in preda alla frustrazione e al dolore, ti ho… presa a pugni sulla pancia”.
Aspetta. La mia ragazza mi aveva appena detto che ero morta senza apparente motivo dopo averla baciata e che ero magicamente tornata in vita dopo che mi ha percossa?
Qualcuno mi dica da quanto sono finita in una fiaba al contrario. Perché normalmente il bacio del principe azzurro, nel mio caso della principessa, ti sveglia dal sonno senza sogni e non ti ci fa precipitare.
Adesso capisci, vecchio mio, perché ti ho tirato fuori dallo scatolone del ciarpame? Avevo estremo bisogno di esternare. Di condividere il delirio di questo avvenimento con qualcuno che non fosse lei.
Che conseguenze ha tutto ciò per noi? Vai a saperlo. Diciamo solo che, prima di darci alla pazza gioia sul pavimento di casa sua (che per inciso sarà comunque presto casa mia, perché voglia di ritrattare il mio sì non ne ho), sarà il caso di vedere se ‘sta roba si ripeterà o meno. Fosse anche solo per evitarle altre brutte figure, che quando i paramedici si sono presentati alla sua porta si aspettavano al meglio una moribonda e invece hanno dovuto sorbirsi delle scuse su come ci doveva essere stato un malinteso con la telefonata.
Bella storia. Io mi innamoro, per la prima volta in vita mia in maniera così profonda, e poi succede che forse non posso neanche più ricevere il bacio della buonanotte. Si può avere tutta questa sfiga? Universo, che ti ho fatto di male?

   
 
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