Serie TV > Sherlock (BBC)
Segui la storia  |       
Autore: Alicat_Barbix    21/08/2018    3 recensioni
In un universo alternativo, in cui i cuori di ognuno interagiscono con i loro proprietari, Sherlock Holmes, brillante consulente investigativo, e John Watson, disperato medico militare in congedo dall'Afghanistan, si incontrano e i loro cuori non riusciranno mai più a tacere. Ma a volte, i fatti presenti sono irrimediabilmente influenzati da sentimenti e decisioni passate...
Dal testo:
(...)
“Su questo tavolo c’è una boccetta buona e una cattiva. Il suo scopo, signor Watson, è quello di scegliere una delle due boccette, sperando di non aver preso quella velenosa.”
(...)
“La boccetta cattiva. Voglio sapere qual è.”
(...)
“E’ il suo cuore il problema, non è vero?”
(...)
“La boccetta.”
Con un fluido movimento della mano, spinge avanti una delle due boccette, un sorriso ferino sulle labbra.
(...)
Chiudo gli occhi e mi avvicino alle labbra la morte. Addio vita. Addio mondo. Addio cuore che non ho più.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
IN A HEARTBEAT
 
by Alicat_Barbix
 
CAPITOLO 5
 
La notte stendeva il suo manto di sposa nera sul cielo. Sherlock se ne stava disteso sul letto, al buio, il torso nudo, gli occhi persi a contemplare il soffitto. E la sua testa… la sua testa era ormai un meccanismo confuso e malfunzionante, un sistema di ingranaggi arrugginiti e rotti. Faticava a stare al passo dei suoi pensieri, ma soprattutto faticava a stare al passo dei suoi sogni. Ogni sera, chiudeva gli occhi e i sogni lo venivano a trovare con ferocia, beandolo nel sonno, ma percuotendolo nella veglia.
Ad una non data ora della notte, vi fu una lieve bussata alla porta e si chiese chi potesse essere: non i suoi genitori – erano fuori per un convegno di lavoro – non suo fratello – era uscito per andare chissà dove con chissà chi – le opzioni restavano assai poche.
“Avanti.” rispose piano e la porta si aprì con un cigolio, rivelando il volto stanco di Margaret, una delle domestiche.
“Signorino, è permesso? Mi spiace disturbarla, ma c’è una visita per lei…”
“Chi?”
“Sherlock?”
Quella voce sembrò illuminare repentinamente l’ambiente scuro e scacciare ogni altra cosa. Scattò in piedi, congedò la cameriera e invitò l’ospite ad entrare. La sagoma di John fece capolino nella stanza buia e, nonostante le tenebre, Sherlock capì subito che qualcosa non andava.
“Aspetta, accendo la luce…”
“No, al buio va bene…” lo bloccò l’amico in un sussurro.
“Okay…”
Sherlock si sedette sul bordo del letto, in volto uno sguardo confuso. John se ne stava immobile in mezzo alla stanza, il capo chino e gli occhi fissi sulle punte dei piedi. “Perdonami se ti ho disturbato così tardi…”
“Ma figurati, non è niente… E’ successo qualcosa di… grave?”
Un sospiro aleggiò per la stanza. “Io e Mary ci siamo lasciati.”
“Oh.” fu tutto quello che le labbra di Sherlock riuscirono ad articolare. Si tese in avanti e, presa la mano di John, lo accompagnò delicatamente a prendere posto sul letto, accanto a lui, ma poi si rese conto che non aveva la più pallida idea di cosa dire o fare in una situazione simile. Per altro, era crudele a dirsi, ma lui era felice. Felice che quella strega avesse finalmente allentato definitivamente la presa sul suo amico, che John smettesse di andare in giro a baciare qualcun altro, che il suo cuore venisse finalmente alleggerito di un peso enorme. Ma si sentì meschino, perché John era lì, accanto a lui, sconsolato e cercava il suo aiuto. “John, senti… forse hai sbagliato a venire qui. Non fraintendermi, mi fa piacere, ma non credo di essere la persona giusta. Per altro, non so neanche cosa dire o come comportarmi in un momento del genere… magari se parlassi con Steve o Oliver…”
“Sono venuto da te, non da loro.” lo interruppe l’amico, prima di affondare la testa contro la sua spalla.
Sherlock rimase per qualche istante paralizzato da quell’improvviso slancio d’affetto dell’altro, ma infine, si sciolse lentamente e gli circondò le spalle con un braccio. Rimasero in silenzio per diversi attimi, finché lui non trovò il coraggio di parlare: “Che è successo?”
“Mi tradiva.”
Quelle parole vennero inghiottite da un silenzio meditabondo. Sherlock assorbì quella rivelazione, la rielaborò, cercò di farla sua. Mary. Tradiva. John. Come si poteva tradire John? John era tutto ciò che si poteva mai desiderare, John era perfetto, John era speciale. John era John. E quella biondina da quattro soldi era stata così stupida da perderlo.
“Come l’hai scoperto?”
Un sorriso triste apparve sulle labbra di John, appena screpolate dal freddo. “Oggi era il suo compleanno. Volevo farle una sorpresa, così sono andato a casa sua, ma la madre mi ha detto che era uscita con un ragazzo, un amico di famiglia, pare, e che erano andati in discoteca. Così ci sono andato anch’io e… l’ho trovata con la lingua ficcata nella bocca di un venticinquenne.”
Sherlock sospirò e prese a frugare tra i cassetti della sua mente, alla ricerca della voce Cose da dire ad un amico che si è appena lasciato con la fidanzata, ma nel campo generale dell’amore non era largamente fornito di esperienze o conoscenze.
Che devo fare? domandò quindi, rivolgendosi a quel cuore dispettoso che si faceva vivo solo nei momenti più scomodi.
Rimanergli vicino.
Sì, ma che devo dirgli?
Niente. Certe volte un abbraccio è più che sufficiente in questi casi, credimi.
Fu per questo che, inconsapevolmente, strinse di più la presa attorno al corpo dell’amico. Il respiro di John si fece per un momento più pesante, ma poi ritornò regolare e la sua mano si allacciò a quella dell’altro non impegnata nel circondargli le spalle. Il cuore di Sherlock sobbalzò e, nonostante provasse l’irrefrenabile desiderio di fuggire a quel contatto così bello eppure così doloroso, rimase immobile.
“Avanti, dillo.”
“Che cosa?”
John si strofinò appena contro la spalla dell’amico. “Ho bisogno di qualcosa come te l’avevo detto che l’amore è uno svantaggio o qualcosa del genere… Insomma, ho bisogno del tuo cinismo.”
Sherlock ridacchiò amaramente: se solo John avesse saputo… “L’amore è un qualcosa di inutile, che fa star male…”
“Concordo.”
“… ma allo stesso tempo riesce a regalarti gioie che non avresti mai creduto di trovare.”
John alzò la testa e nel buio cercò gli occhi di Sherlock. “E questa da dove l’hai tirata fuori, si può sapere?” Fortunatamente il buio, per quanto non assoluto, era tale da garantire alle guance di Sherlock di arrossarsi senza però essere scoperto dall’altro.
John si staccò definitivamente e si buttò all’indietro sbuffando, il corpo prestante che affondava nel comodo materasso del letto, e dopo un paio di secondi il corpo dell’amico fu accanto al suo. “Cazzo, se fa male… vedere la persona che ti piace con qualcun altro...”
“Posso immaginare.”
“E ho solo diciassette anni. Pensa se fosse successo a trenta o quarant’anni. A parte l’importanza del nostro rapporto, ci sarebbe quasi sicuramente stata di mezzo un’intera famiglia, magari dei bambini, chi lo sa… Non riesco a credere che sia stata così meschina da tradirmi e avere il coraggio di buttarsi tra le mie braccia ogni volta che stavamo insieme.” Si passò una mano in volto. “Il problema è che… sto così di merda che avrei preferito non scoprire niente.”
“Non dire così.” lo rimbeccò Sherlock girandosi su un fianco, verso di lui. “Se stasera non avessi scoperto niente, a quest’ora Mary ti starebbe tradendo a tua insaputa e avrebbe continuato per chissà quanto… Magari avresti finito per amarla davvero e una volta venuta a galla la faccenda, saresti stato ancora peggio.”
“Ottima osservazione, Holmes. Visto? Avevo proprio bisogno di te e della tua freddezza.”
Quelle parole, in qualche modo, lo ferirono, perché lui voleva essere tutt’altro che freddo. Voleva essere in grado di stargli accanto nel miglior modo possibile, di confortarlo nel miglior modo possibile, di essere suo amico nel miglior modo possibile. Il problema erano i suoi veri sentimenti, che non facevano altro che ostacolare tutti i suoi buoni propositi: come faceva a non essere freddo? Avrebbe così tanto desiderato lasciarsi andare, piegarsi su di lui e baciarlo, prendergli una mano e portarsela al petto dove il suo piccolo cuore impazziva, ma non poteva. Perché avrebbe rovinato tutto. E non voleva perderlo… non voleva perdere il suo unico amico.
“Ho deciso: non voglio innamorarmi mai più.”
Sherlock venne brutalmente risvegliato dai suoi pensieri. “Cosa?”
“Non riesco a sopportare l’idea di star di nuovo così male per amare qualcuno.”
“Quindi tu… l’amavi?”
John ridacchiò. “No, certo che no… Lei, insomma, mi piaceva e diciamo che ci sapeva fare in molti campi del nostro rapporto, ma parlare d’amore mi sembra esagerato, soprattutto alla nostra età.”
Ah sì, cretino che non sei altro? bisbigliò indispettito il cuore di Sherlock, che stavolta neanche perse tempo a zittirlo, perché aveva ragione: cosa ne sapeva John dell’amore? Erano ormai mesi e mesi che Sherlock lo amava. E John veniva a dire che l’amore non esisteva?
“Dici così solo perché la ferita è fresca.” borbottò.
“E invece no. Vada per rapporti da una settimana, senza impegni, ma rifiuterò ogni altra prospettiva di relazione. E tu mi aiuterai.”
“Io?”
“Esatto. Se dovessi, per qualche strana ragione, invaghirmi pesantemente di qualcuno, tu dovrai fermarmi. Intesi?”
Sherlock capì che l’amico gli stava porgendo una mano per sugellare quella promessa ridicola. Era troppo chiaro, per lui, la storia del al cuore non si comanda, o non si sarebbe mai trovato in una situazione del genere. Ma non poteva certo rifiutarsi, non nella notte in cui John aveva appena rotto con la sua ragazza e aveva bisogno di lui come amico e non di lui come un povero innamorato. Così, gli strinse la mano e promise.
“Bene, adesso direi che è il momento di accendere la luce.” esclamò John alzandosi a sedere e allungandosi verso la lampada da scrivania sul comodino accanto al letto. Solo quando le sue dita premettero l’interruttore, Sherlock realizzò con orrore che non indossava alcuna maglia.
La luce inondò la stanza e lo costrinse a serrare gli occhi per qualche istante, infastidito, ma quando li riaprì, quello che vide lo lasciò senza parole: John lo stava fissando. Gli stava fissando il torace, la pelle, il cuore… Erano vicini, terribilmente vicini, Sherlock si sentì esposto e nudo non nel senso vero della parola, ma nel senso astratto del termine: temeva che il suo cuore potesse far capolino da dietro la sua pelle perlacea con la scritta John, ti amo. John era girato su un fianco, il peso spostato sull’avambraccio puntato contro il materasso e i suoi occhi scavavano in quel fisico. La sua mano si mosse da sola e prese a ripassare la forma del petto dell’amico. Un brivido percorse la schiena di Sherlock, che non riuscì a fare a meno di rimanere immobile, gli occhi fissi sul volto assorto dell’altro.
“Sei dimagrito…” osservò con amarezza John. “Va tutto bene? Non te lo chiedo mai. Parlo sempre di me e… non ti chiedo mai come stai.”
“Sto bene.” mentì Sherlock mentre la sua mano si posava su quella di John, fermando il suo incessante su e giù sul suo petto.
Le dita di John si aprirono appena, lasciando che s’intrecciassero a quelle dell’amico. “E’ che a volte sei strano. Mi sembra quasi che… che tu sia lontano.”
Sherlock spalancò gli occhi e si levò a sedere di scatto. “Non pensarlo neanche per scherzo!”
John si ritrasse appena, un sorrisetto imbarazzato sulle labbra. “Ehi, ehi, non mi mangiare… Dico solo che in certi momenti ho l’impressione che tu voglia tenermi lontano.”
Il pugno libero dell’altro si strinse alle coperte, con rabbia, frustrazione, sofferenza… “Non essere assurdo. Non potrei mai tenerti lontano.”
“Wow, suona quasi romantico.” rise John. Sherlock avvertì una cinta di spine avvolgergli il cuore e percepì vividamente la mano dell’altro scivolare via dalla sua. “Ad ogni modo, hai qualcosa di forte da bere? Ho bisogno di dimenticare quella stronza.”
Sherlock non rispose e rimase con le sue mani vuote allacciate in grembo. Ora come non mai, si sentiva solo. Solo senza John. Solo senza amore. Solo.
 
John’s POV. Mi guardo attorno e avverto un peso al petto. Un’ora e mezzo. Sherlock è dentro da un’ora e mezzo e non ho la più pallida idea di che cosa stia facendo. E poi… poi c’è questa sensazione, questa terribile sensazione che gli sia successo qualcosa, che qualcuno l’abbia scoperto e… Scaccio quel pensiero e mi concentro sugli Smith e sui loro uomini. Il numero non è variato da quando Sherlock ha lasciato la stanza. William sembra ormai più ubriaco di mia sorella Harriet.
Ogni cosa è rimasta immutata, l’atmosfera è sempre più ovattata e allegra, i balli sempre più scatenati e irruenti… Ma Sherlock non c’è. E questo basta per infrangere ogni certezza.
“Signor Lewis!” urla una voce alle mie spalle, facendomi sobbalzare. Mi volto e incontro il volto pulito e sbarbato di un giovane uomo di bell’aspetto e dallo sguardo magnetico. Riesco ad indentificarlo in pochi secondi: James Smith, il figlio minore di William Smith. “Mi scusi, non mi sono ancora presentato: James Smith, piacere.”
“Signor Smith, piacere mio.” rispondo stringendogli la mano ma non presentandomi a mia volta visto che è lampante il fatto che mi conosca già.
“Niente formalità! Siamo praticamente coetanei! Chiamiamoci per nome e diamoci del tu, avanti!”
“Come vuole… vuoi, James.”
James mi sorride calorosamente e mi allunga uno dei due bicchieri che tiene in mano, ma io rifiuto con un gesto cortese ma secco. L’ultima cosa di cui ho bisogno è ubriacarmi con Sherlock disperso chissà dove.
“Pensavo… ma dov’è il signor Adams?”
“Si è dileguato poco fa per andare al bagno. Volevi parlargli?” mento cercando di sembrare il più naturale possibile.
“No, no, va bene così. In realtà, volevo fare due chiacchiere con te, se non ti dispiace.”
Gli rivolgo un’occhiata incerta, ma comunque annuisco e lo seguo obbedientemente mentre mi offre di passeggiare un po’ per la stanza, senza mai, però, perdere di vista il mio compito.
“Tu e il signor Adams formate davvero una bella coppia. E devo ammettere che è più affascinante di quanto mi sarei mai aspettato.” Annuisco seccamente, ma non mi sbilancio a rispondere, come se tema che dalle mie labbra possano uscire parole taglienti come quelle che mi rivolge Sherlock. “Senti, non sono esattamente il tipo di uomo che si perde in chiacchiere e gira intorno a determinati argomenti. Perciò, quanto vuoi?”
Mi fermo e lo guardo confuso. “Come, scusa?”
“Quanto vuoi per rompere con lui? Tanto è per i soldi che state insieme, vero?”
“Scusa, ma credo di non aver ancora capito.” ripeto serrando appena i pugni appena scivolati nelle tasche dei pantaloni.
James sospira, come un insegnante che deve rispiegare per l’ennesima volta un concetto ad un bambino disattento. “Mio padre vuole che anche io, come i miei fratelli e sorelle, mi sposi, ma a differenza loro non voglio accontentarmi di legami d’affari. E’ vero, il signor Adams ha tutte le qualità per diventare un imprenditore senza eguali, ma quando stasera l’ho visto ho capito che potrebbe anche essere l’ultima ruota del carro della società e che il mio desiderio non muterebbe.” Incatena il mio sguardo al suo, l’ombra di un sorriso sulle labbra. “Perciò glielo ripeto: quanto vuole perché mi prenda Richard?”
Ridacchio per qualche secondo. E’ assurdo, davvero assurdo! Come si fa a credere che l’amore possa essere comprato col denaro? “Perdonami, James, ma credo che tu abbia frainteso le cose. Io e Richard non stiamo insieme per… vantaggi di alcun tipo. Perciò non voglio assolutamente niente da te.”
“Oh, Harry, ogni cosa ha il suo prezzo.”
“E’ vero, ma forse non mi sono spiegato abbastanza bene: Richard non è in vendita.” rispondo scandendo le ultime parole. E c’è quasi rabbia nella mia voce, rabbia vera, come se davvero stessimo parlando del mio fidanzato, cosa che Sherlock non è.
Non sarai mica geloso, Johnny?
“Quindi mi stai dicendo che lo ami a tal punto da rifiutare – vediamo… – un assegno di nove milioni di sterline?”
Inarco le sopracciglia e il mio viso per un attimo si vela di stupore: Sherlock ha fatto davvero colpo se quest’uomo è disposto a sborsare una cifra del genere. Mi trovo a sorridere nel constatare che io ho Sherlock senza neanche aver tirato fuori dal portafoglio un penny.
Piccolo dettaglio: Sherlock non è tuo.
Intendevo come compagnia generica, idiota.
Ma c’è qualcosa di fasullo nella mia risposta, qualcosa che per il momento mi rifiuto di ponderare. “James, mi spiace, ma l’amore non può essere comprato. Questa è la versione gentile e romantica della mia risposta; quella un pochino più autoritaria e, se vogliamo, intimidatoria è questa.” Faccio un passo avanti in modo da ritrovarmi spaventosamente vicino a lui, gli occhi ridotti a due fessure minacciose. “Giù le mani da Richard, non è assolutamente in vendita. E’ già occupato.” Mi allontano nuovamente e, sfoggiando un sorriso radioso, gli poggiò amichevolmente una mano sulla spalla. “Bene, credo che sia tutto risolto. Ah, se vuoi un consiglio, prova quel tipo laggiù: sembra il classico uomo che farebbe di tutto pur di racimolare un qualcosa.”
Non gli lascio neanche il tempo di rispondere: mi stacco e mi allontano nuovamente dalla navata principale, così brulicante di vita e di gioia. Un’oscura inquietudine ha ormai cominciato a stringermi il cuore nella sua morsa d’ombra: dove diavolo è Sherlock?
So che eravamo rimasti d’accordo che non mi sarei dovuto muovere dalla stanza prima che lui fosse tornato, ma non posso più aspettare, perciò mi accosto alla porticina dietro a cui è sparito Sherlock e, dopo essermi assicurato dell’assenza di occhi indiscreti, scivolo furtivamente all’interno della misteriosa stanza.
Mi ritrovo in un corridoio lungo e avvolto dalle tenebre. Lancio rapide occhiate a destra e a sinistra, la mano scivola sulla pistola e la estraggo con lentezza. Mi sembra quasi di essere ritornato in Afghanistan, a portare a termine missioni di logoramento in cui un piede poggiato male poteva significare l’esplosione di una mina. Con passo furtivo, comincio ad ispezionare l’ambiante e, con mia immensa sorpresa, lo trovo completamente vuoto. Non ha senso: gli Smith si sentono davvero così sicuri di loro da lasciare sguarnita una zona della casa? O magari sono semplicemente lontano anni luce dal posto giusto. All’improvviso, una voce cattura la mia attenzione e mi costringe a premermi contro il muro.
“Sì, Raoul. Sì, qui è tutto sotto controllo, è ancora privo di sensi. Che cosa? Il compagno? Ma sei sicuro che stia venendo qui? Non potrebbe essere andato al bagno? D’accordo, terrò gli occhi aperti.”
Merda. Che cosa significa? Privo di sensi? Sta parlando di Sherlock? Dannazione, hanno notato la mia assenza dalla sala. Mi muovo il più silenziosamente possibile verso il luogo di provenienza della voce, ma improvvisamente, una figura con una torcia mi sbuca davanti; fortunatamente si volta nella direzione inversa a quella in cui sono io, dandomi le spalle. Ne approfitto e con uno scatto mi pianto dietro di lui, la pistola puntata contro la sua nuca. Sobbalza a contatto con la pistola, ma si pietrifica non appena realizza ogni cosa.
“Prova a muoverti, parlare o anche solo pensare a come svignartela e sei morto, chiaro?” lo ammonisco con voce cupa e posso quasi percepire il suo terrore. “Molto bene, cominciamo con una domanda facile: dov’è Richard Adams?”
“E’… in una di quelle stanze.” bisbiglia a fil di voce indicandomi il corridoio da cui è appena sbucato.
“Bene, adesso portami da lui.”
Lo incalzo spingendolo con la canna della pistola e lui si affretta a camminare, le mani che gli tremano. Noto che, appesa alla cintura, ha una pistola, perciò prima che possa anche solo rendersene conto gliela sfilo e la getto dietro di me. Lo sento deglutire a forza, ma non si interrompe e continua a camminare rapidamente. “E’-è qui dentro.”
Ma non ho bisogno delle sue parole per scorgere a terra il corpo abbandonato di Sherlock. Senza riflettere, afferro il tizio e lo trascino dentro, scaraventandolo a terra, il più lontano possibile dall’ingresso, mentre io mi chiudo la porta alle spalle, chiudendola a chiave, e mi inginocchio su Sherlock.
“Ehi? Ehi, Sherlock? Mi senti?”
Ma lui non risponde. Ha gli occhi chiusi, il respiro pesante, e i suoi ricci sono lievemente incrostati di sangue. Mi volto rabbiosamente verso l’uomo degli Smith. “Che gli hai fatto, eh?”
“Io… l’ho drogato.”
“Con cosa?”
“Ketamina.”
“A che dosaggio?” Non mi risponde e si preme con occhi impauriti al muro. “A CHE DOSAGGIO?”
“15-17,5 mg/kg…”
Spalanco gli occhi. “Hai la più pallida idea di… Con quella dose si stendono i cavalli non gli esseri umani!”
Senza smettere di tenere sotto tiro il tizio, afferrò il corpo freddo di Sherlock e lo avvolgo con la mia giacca, sperando che con quel poco tessuto possa riscaldarsi appena un poco.
“Quanto fa?”
“Un quarto d’ora circa…”
Dannazione. Fra poco cominceranno le allucinazioni e i deliri… Merda. Non ora. “L’hai perquisito?”
“S-sì…”
“E non hai trovato niente? Una cartellina, per esempio.” Mentre parlo, cerco frettolosamente il numero salvato dell’ispettore Lestrade e mi porto il telefono all’orecchio.
“No, non aveva niente…”
“Lestrade? Abbiamo un problema. Sherlock è stato drogato, siamo ancora dentro e non abbiamo la cartella.”
“Okay, resta calmo. Uscite di lì subito, anche senza la cartella, ma uscite. Vi mando subito una macchina.”
Butto giù in fretta e mi carico Sherlock sulla schiena, la pistola ostinatamente puntata contro l’insulso individuo di fronte a me. Mi chiedo come sia riuscito a sopraffare Sherlock, con quella faccia terrorizzata che si ritrova.
“Avanti, alzati.” lo esorto ringhiando. “Quante altre guardie sorvegliano questo posto?”
“Nessuna.” risponde semplicemente lui alzandosi.
“Nessuna?”
“No.” Un ghigno gli deforma il volto. “Vi stavamo aspettando…”
Alle mie spalle, echeggia uno sparo e la serratura salta. Sto per voltarmi ma con la coda dell’occhio intravedo l’ometto saltarmi addosso. Senza riflettere, lascio che l’arma gli spari un proiettile preciso dritto in fronte. Si accascia a terra senza un lamento e io mi affretto verso la finestra di fronte a me. Nella stanza, irrompono una decina di uomini armati, con giubbetti antiproiettile e passamontagna. Faccio appena in tempo a lanciarmi all’esterno, frantumando la finestra, che un proiettile mi fischia a un soffio dal viso. Cado a terra, nell’ampio giardino, il corpo assopito di Sherlock su di me. Rotolando di fianco, riesco a portarmi sopra di lui e me lo trascino appresso il più velocemente possibile. Non mi volto, so anche troppo bene che sono vicini. Le loro armi sputano colpi a poca distanza da me, ma un dolore alla gamba mi costringe a terra. Stringo i denti e, schermando il corpo di Sherlock col mio, incomincio a sparare a raffica. Due o tre di loro gemono, altri due crollano esanimi come ciuffi di paglia al vento, ma non ho tempo per constatare i danni che io provocato loro e che loro hanno provocato a me. I miei occhi si concentrano invece sul corpo di Sherlock, temendo che possa trovare il foro di un proiettile da qualche parte, ma fortunatamente sta bene, sta perfettamente bene. Mi alzo urlando di dolore per la ferita alla gamba e continuo a sparare finché la pistola ha carica. In lontananza, odo la frenata brusca di una macchina e scorgo le lucette rosse e blu della polizia chiamarmi verso di loro. Corro. Corro con tutto il fiato e la forza che in corpo. Corro proteggendo Sherlock come meglio riesco. Corro percependo la gamba e il braccio bruciare orribilmente. Udendo gli spari, due agenti della polizia escono frettolosamente dall’auto e cominciano a sparare a raffica sui nostri inseguitori. Neanche mi rendo conto se sono arrivato o meno. Un paio di braccia mi avvolgono e mi trascinano dentro l’auto. Qualcuno cerca di strattonarmi via il corpo di Sherlock, ma io lo stringo a me, scuotendo la testa, forse blatero qualcosa senza senso. Intorno a me, voci, spari, sterzate. Con forza immensa, riapro gli occhi da quello che credevo essere un sonno irrimandabile e li punto su Sherlock. Sta bene, mi dico. Starà bene. E questa consapevolezza mi alleggerisce il cuore e mi culla tra le sue braccia mentre il buio mi avvolge.
 
Sherlock’s POV. La prima cosa che avverto è un senso di nausea e un mal di testa trapanante. Apro a fatica gli occhi e intorno a me scorgo un’unica cosa: bianco. Bianco il soffitto. Bianche le lenzuola. Bianca la flebo attaccato al mio braccio. Bianco il viso di Lestrade, seduto accanto a me, ancora non resosi conto del mio risveglio. Mi trovo in ospedale, questo è chiaro, ma non riesco a ricordare niente.
“Lestrade.” mormoro non riconoscendo quasi la mia voce.
Appena mi sente, il suo volto si illumina e scatta in piedi. “Sherlock! Per l’amor di Dio, finalmente!”
“Che è successo?” chiedo massaggiandomi la tempia con le dita.
Lui sospira e si risiede. “Tu e John eravate a casa degli Smith per recuperare quella cartella, ma a quanto pare sapevano del vostro arrivo e così si erano preparati a dovere. Ti hanno teso un’imboscata e sei stato drogato pesantemente…”
“John?” La mia voce è improvvisamente acuta, spezzata dalla preoccupazione.
“Gli hanno sparato alla gamba ed è stato colpito di striscio al braccio. Fortunatamente l’arteria non è stata colpita, ma ha reso tutto difficile, sai? Ha dormicchiato in macchina ma arrivati in ospedale, si ostinava a non lasciarti. Voleva aspettare finché non ti fossi svegliato.”
Sgrano appena gli occhi. John ha davvero fatto questo per me? Una sensazione di malessere mi avvolge, ma non ha niente a che vedere con la fisicità. John ha chiesto ai medici di rimandare le cure per stare con me… Mi passo una mano sul volto e cerco di levarmi a sedere, ma le braccia mi cedono rovinosamente.
“Sherlock, cosa diavolo…”
“Portami da lui.”
“Sta dormendo, è sotto anestetici…”
“Portami da lui.” ripeto nuovamente, dipingendomi in volto uno sguardo risoluto, uno sguardo che Lestrade conosce molto bene. Sospira e mi aiuta a sistemarmi sulla sedia a rotelle appena consegnata da un’infermiera brunetta.
L’ospedale è stranamente tranquillo, fatta eccezione per qualche infermiere e uno o due dottori impegnati nelle visite. Lestrade mi conduce rapidamente fino al reparto e alla camera di John. Dorme. Il volto disteso, gli occhi serenamente chiusi. Non è cambiato dal John ragazzino che si addormentava sulla mia spalla durante film che lui stesso proponeva. Faccio scorrere le ruote con le mie stesse mani, allontanandomi dall’ispettore.
“Immagino che tu abbia molto di cui occuparti ora che bisogna progettare una nuova infrazione dagli Smith.”
“No, non esattamente. Donovan si sta occupando di tutto, mi sono preso il giorno apposta per stare qui in ospedale e…”
“Magari hai questioni personali da trattare con tua moglie o con chi ti pare.”
“Non che io sappia…”
“Cristo, Lestrade, ti dispiacerebbe lasciarci soli?” sbotto alla fine voltandomi e rivolgendogli uno sguardo eloquente. Lui si schiarisce la gola e rimane per qualche istante imbambolato, ma alla fine si volta, borbottando un certo, scusa ed esce.
Quando rimango finalmente solo con John, sospiro di sollievo e mi avvicino ancora di più al letto. Resto in silenzio mentre arriccio le labbra in cerca di qualcosa da dire o da fare, ma l’unica cosa su cui riesco a concentrarmi è questo calore al petto che provo guardandolo. Assomiglia così maledettamente a ciò che sentivo da ragazzo, ma non può essere successo di nuovo, vero? Insomma, ora è tutto diverso, non ho più diciassette anni, non provo più niente del tipo, perciò non può essere.
Sospiro e ripenso alle parole di Lestrade su come John si sia ostinato a rimanermi accanto piuttosto che lasciarsi operare. Per quanto ne sapeva, poteva anche star morendo, eppure si è intestardito per non lasciarmi. Sorrido mentre gli prendo tentennante la mano. “John Watson… sei un idiota.” sussurro scuotendo appena la testa e carezzandogli la pelle liscia col pollice. “Più cerco di spingerti via e più tu ti attacchi come una cozza.” Mi prendo qualche istante per ponderare le parole successive, ma è come se non ce ne sia bisogno, come se ogni frase venga da sé in un moto di liberazione. “Per un uomo che non fa altro che tenerti a distanza e ripudiarti, tu hai rischiato la tua vita piena di prospettive meravigliose, salvando quella di un pazzo che è ancora bloccato a vent’anni fa…” Lo guardo e mi sembra come se un fuoco rovente mi corroda l’anima. “La verità… la verità, John, è che io non ce la faccio a guardare avanti, ad accettare il tuo perdono. Io non riesco a dimenticare, la ferita che mi hai inflitto da ragazzo è ancora troppo aperta e sanguinante. Prima credevo fosse diventata una semplice cicatrice, poi tu sei tornato e mi sono reso conto che è ancora lì, viva e dolorosa.” Gli stringo più forte la mano e ci poggio sopra la testa. “Perdonami per trattarti come ti tratto… Probabilmente non hai sentito una parola di quello che ho detto, ma neanche mi importa. Perdonami anche per come ti tratterò, perché tu significavi troppo per te e ho il terrore che significhi troppo ancora oggi, ma non voglio soffrire nuovamente. Sono stanco di soffrire. Perciò continuerò ad essere lo stronzo di sempre… così, magari, riuscirò ad allontanarti una volta per tutte.”
Gli deposito un bacio sul dorso della mano, prima di lasciarglielo e di uscire dalla stanza con manovre stentate e difficoltose. Appena esco, Lestrade mi corre incontro e mi chiede se ho bisogno che mi spinga, ma io non rispondo e tiro avanti.
Sono stanco di soffrire. E John è l’unica persona in grado di farlo. Chiudo gli occhi e spero che, da qualche parte dentro di me, il cuore spezzato di tanti e tanti anni fa continui a rimanere silente e ostile di fronte a lui.

SPAZIO AUTRICE
Scusate se pubblico oggi, ma sono tornata stanotte da una gita fuori e quindi non ho potuto pubblicare. Scusate tanto! Ad ogni modo, in questo capitolo abbiamo assistito ad una svolta importante nella vita di Sherlock adolescente, che ha appena scoperto che - forse - ora che non c'è Mary a rubargli John potrebbe avere una possibilità con lui. Ma sarà davvero così? Passando al presente, qualcuno sta diventato un po' geloso, eh? E guarda guarda se non è il nostro John Watson!!! Ad ogni modo, a quanto pare Sherlock sta cominciando ad abbassare un po' troppo la guardia... Non è che presto riceverà una brutta sorpresa da se stesso?

Lunedì prossimo pubblicherò quello che, ritengo, essere il mio capitolo preferito... Non vi svelo altro. Appuntamento a lunedì prossimo, allora!!!
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Alicat_Barbix