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Autore: SabrinaSala    26/08/2018    14 recensioni
André l’aveva penetrata con quel suo sguardo irriverente e sornione, annientandola, spazzando via in un battito di ciglia la sua ostentata sicurezza, fragile come il più sottile bicchiere di cristallo.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Hans Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 16 -  IL MONDO ADDOSSO
 
 
 “Scrivo queste note la mattina del 12 Luglio 1789…” e mentre la punta intinta d’inchiostro tracciava, rapida, queste parole, la fronte di André si corrugava al pensiero della tensione che stava divorando la città di Parigi. Un morbo in rapida diffusione. Un ribollire di rabbia pronto a esplodere in qualunque momento.
Deglutì, ricacciando indietro l’amarezza e uno sciocco sentimento di colpa. Perché doveva sentirsi in colpa? Perché non poteva vivere e gioire di un amore che aveva atteso per anni e che adesso gli si offriva senza remore né condizioni?
Il popolo aveva fame… E lui era affamato d’amore! Ne era stato a digiuno per tutta la vita e se adesso se ne nutriva come un ingordo, cercando e trovando Oscar in ogni attimo del giorno e della notte non ammetteva di doversene giustificare.
Tuttavia, nonostante quei pensieri audaci e ribelli, qualcosa in fondo all’anima avvelenava quello che avrebbe solo voluto che fosse il suo momento perfetto. Il loro momento perfetto…
«Sempre a scrivere su quel diario?» la voce di Alain si affacciò alla cuccetta un attimo prima che la sua testa mora facesse capolino, portando una ventata di aria fresca in quell’ambiente stantio.
Nonostante i rapporti con Oscar fossero radicalmente cambiati, infatti, André aveva deciso di continuare a occupare il proprio posto nella camerata rumorosa e sovraffollata. D’altronde, come avrebbe potuto gestire e giustificare il trasferimento nelle stanze del comandante? O, peggio, un trattamento di favore?
«Mi cercavi?» domandò, evitando di rispondere alla domanda retorica del commilitone che si ostinava a tormentarlo sull’argomento, dicendo di non comprendere il motivo che lo spingeva ad annotare ogni cosa.
L’altro si lasciò cadere sul giaciglio con tutto il proprio peso e André sobbalzò. Ma la sua fronte tornò liscia, come se la sola presenza di Alain fosse riuscita a cacciare ogni brutto pensiero o presentimento.
«Non io… Il tuo comandante» sorrise questi allusivo.
André si barricò dietro a un sorriso fin troppo spontaneo, si sollevò a sedere e gli batté una pacca sulle spalle, eludendo volontariamente e caparbiamente anche quella conversazione.
Quando voleva, Alain poteva essere spietato!
«Non si fa attendere un superiore…» disse e senza prestare attenzione al borbottio dell’amico, si defilò imboccando il corridoio principale.
Le labbra di Alain si piegarono in un sorriso.
«Non sono mica cieco…» mormorò a fior di labbra, portando le braccia dietro la nuca nel lasciarsi cadere di schiena sul giaciglio di André.
«E nemmeno sordo» ridacchiò sottovoce, passando l’ennesimo stecchino di legno da una parte all’altra delle labbra.
Poi mugolò, incontrando un ostacolo sotto le braccia.  Cercò e trovò a tentoni il diario di André, infilato rapidamente sotto al cuscino. Lo sollevò, portandolo davanti agli occhi.
Un sibilo leggero gli sfuggì dalle belle labbra allungate in un sorriso.
«Guarda, guarda cosa abbiamo trovato…» ridacchiò, aprendo il libretto un po’ consunto in un punto qualsiasi e ponendoselo sul viso come a proteggersi da una luce che non c’era. Inspirò profondamente. L’odore di carta e inchiostro gli penetrò le narici prima di scivolargli nei polmoni.
Il silenzio lo avvolse, nella camerata già vuota. Sospirò. Avrebbe schiacciato un pisolino, sotto a quel diario… Se le cose stavano come pensava, nessuno lo avrebbe cercato per un po’. Non lo avrebbe fatto André. Tantomeno il comandante Oscar François de Jarjayes…
 
***
 
Oscar si sollevò dalla sedia. Raggiunse la finestra e allacciò le mani dietro la schiena. L’alba del dodici luglio occhieggiava oltre le mura della caserma. Serrò le labbra, perdendosi tra le sfumature rosate del primo mattino. Poi, emise un sospiro.
Tutto era cambiato. Il suo mondo era cambiato. La sua vita.
Ripercorse con la mente gli ultimi avvenimenti…  La rabbia popolare. La tensione che si respirava a corte e in tutta la città di Parigi. L’urgenza di trovare una soluzione. Gli ordini esasperati. Poi, la disobbedienza… L’accusa di tradimento e la reazione di suo padre che comprendeva più di quanto il Generale stesso potesse immaginare. L’intervento della Regina, la sua Regina, che lei era stata sul punto di tradire, una volta, e che invece non l’aveva tradita.  E se non fosse arrivata la grazia? Se non fosse arrivata in tempo? Sarebbe riuscito André a proteggerla ancora? Una volta ancora?
André… Il suo André… Con quale impeto si era frapposto tra lei e suo padre.
Scoprì e si rimangiò un sorriso. Strinse le palpebre, filtrando le prime luci dell’alba attraverso le ciglia chiare.
Poteva l’amore trasformarla in una persona più forte e più fragile allo stesso tempo?, si domandò. Perché da quando lei e André si erano trovati, finalmente sinceri, spogli di qualunque scusa, capriccio o frustrazione, donandosi pienamente l’uno all’altra, il pensiero di perderlo offuscava la sua razionalità.
Il lieve bussare alla porta la riscosse da quei pensieri.
«Entra pure, André».
Lo aveva riconosciuto. Lo avrebbe riconosciuto sempre e comunque. Dal passo, dalla risata, da quel suo lieve bussare.
«Volevi vedermi, Oscar?»
Oscar si volse e catturò il suo sguardo. Si accorse del suo leggero sussulto. Desiderio o paura?
Trasalì, avvertendo il sottile senso di colpa farsi di nuovo strada nella sua mente. Ingiusto. Sporco. Che colpa potevano avere lei e André se quell’amore ardeva di pari passo con il fuoco che bruciava e devastava Parigi?
«Vorrei tornare a casa, André» disse, cercando di non indugiare su quel pensiero.  «Per qualche giorno. Il tempo di raccogliere le idee…»
André la carezzò con lo sguardo. Era stanca. Gli ultimi avvenimenti l’avevano provata. Ma non lo avrebbe mai ammesso.
«Sì. Torniamo a casa, Oscar. Ho bisogno di riposare un po’… e non è facile in camerata» sorrise, passandosi una mano sul volto e tra i capelli, come a sottolineare la propria, innegabile stanchezza.
Oscar comprese. Gli sorrise, grata. Amava e odiava quel suo strano modo, spietato e galante, di metterla sempre con le spalle al muro. Di metterla a nudo. Arrossì, senza volerlo e per dissimulare l’imbarazzo, tornò alla scrivania.
Raccolse i pochi fogli rimasti. Si assicurò la spada alla cintura e si avviò alla porta. Sulla soglia, lanciò un’occhiata a quello che era il suo ufficio. Spoglio ed essenziale. Esattamente come lei. Non un uomo. Non una donna. Semplicemente Oscar…
 
                                                                                                                  ***
 
La permanenza a palazzo Jarjayes era stata bruscamente interrotta.
Il rapido precipitare degli eventi aveva costretto Oscar e André a lasciare la villa solo poche ore dopo l’arrivo.
Nuovamente diretti a Parigi, i due avevano cavalcato in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri e nelle proprie emozioni. Troppe emozioni contrastanti per poter essere espresse. Emozioni che, per entrambi, avevano in parte le sembianze del Generale. E quel silenzio ingombrante continuava anche adesso. Ora che procedevano a passo d’uomo, i cavalli guidati per le redini, attraverso il bosco, costretti a quel percorso alternativo dal popolo in rivolta.  Nei loro occhi, ancora l’immagine di quegli uomini e di quelle donne armati di vanghe e bastoni. La loro rabbia. L’astio che si esprimeva in un furore cieco. Sordo a ogni tentativo di ragionamento.
Infine, Oscar spezzò quel silenzio carico di tensione. Un silenzio che sembrava averli riportati a giorni, settimane, mesi indietro. Quando tutto, tra loro, era fermo. Cristallizzato in una situazione insostenibile. 
«Aspetta, André» disse fermandosi senza preavviso a pochi passi da lui.
Gli voltava le spalle, precedendolo come sempre.
La sua voce aveva assunto un tono greve. Una sfumatura che André si sorprese di non conoscere.
Lui strinse istintivamente le dita attorno alle redini e si fermò, in attesa che lei parlasse o si voltasse a guardarlo.
Ma lei rimase immobile, senza dire una parola. E di nuovo il silenzio li avvolse, rotto solo dal frinire dei grilli.
La notte del dodici luglio li aveva inaspettatamente sorpresi non sotto le ricche coltri del Palazzo, impegnati in una qualche scaramuccia amorosa,  bensì tra gli alti fusti degli alberi, che fiancheggiavano il fiume come un’austera sfilata di soldati in parata.
«Ascoltami bene, André» si decise Oscar, voltandosi e cercando i suoi occhi in uno sguardo che gli mozzò il fiato in gola.
Com’era bella Oscar, la sua Oscar, alle luce della luna…
«Non ti ho mai detto di cosa ho parlato con Bernard…» proseguì lei.
André trasalì. Il nome di Bernard era l’ultimo che avrebbe pensato di sentire, in quel momento. Emise un sospiro. Un flebile sospiro che Oscar non faticò a percepire e che confermò i suoi pensieri.
«Ho parlato a lungo con Chatelet» continuò «Questo lo sai… ».
André annuì, sostenendo lo sguardo di Oscar. Sapeva anche che erano cambiati. Erano cambiati tutti. E loro due non facevano eccezione.
«Dimmelo, André… Chiedimelo!» proruppe improvvisamente lei, dando voce e corpo ai suoi pensieri, con un tono così accorato che André non riuscì a trattenere un sussulto.
Ma mentre sulle sue labbra stava affiorando la replica, Oscar lo afferrò bruscamente per la casacca, con l’impeto che solo lei poteva avere.
«Chiedimi di lasciare tutto, André! Di rinnegare il mio nome, la mia carica, tutto…» Appoggiò delicatamente la fronte al suo petto, come fosse stremata. Alternando fragilità a passione.
«Ho solo bisogno che tu me lo chieda…» sussurrò.
Lentamente, la mano di André si sollevò e strinse quella di Oscar saldamente aggrappata alla sua giubba.
Chinò leggermente il capo sulla nuca di lei, sfiorandole i capelli. Ne percepì il profumo.
«Oscar… » mormorò a fior di labbra. «La mia Oscar», disse con una dolcezza esasperante nella voce. «Vuoi davvero che ti chieda di essere ciò che non sei?».
Oscar sollevò improvvisamente la testa e di nuovo i suoi occhi turchesi, ammantati di un velo notturno, catturarono quelli di André.
«Voglio che tu mi chieda di essere la tua donna, André» disse.
E lo disse con la stessa intonazione che avrebbe usato per impartire un ordine. Con quella voce roca e profonda che tante volte aveva popolato i sogni di André e lo aveva mandato in delirio, facendo vibrare dolorosamente ogni singola fibra del suo giovane corpo d’uomo innamorato e respinto.
La tua donna… aveva detto Oscar.
André dilatò le pupille, inspirando profondamente. Si sentì avvampare. Dimentico di ogni altra parola e di ogni altro ragionamento, decise di essere egoista. Al diavolo ogni sciocca sensazione di colpa!
Insinuò una mano tra quei capelli biondi, alla base della nuca, e attirò Oscar a sé, cercando avidamente le sue labbra morbide, ormai avvezze ai suoi baci, ma mai sazie.
Le trovò, le catturò, le espugnò come un soldato avrebbe espugnato una roccaforte nemica e le fece sue, togliendole il fiato.
Poco importavano il contesto e la cornice di quel bacio. Oscar voleva essere sua… voleva essere la sua donna… E lui non desiderava nient’altro. L’avrebbe accontentata. Una volta ancora. Lì e subito…
No! Non aveva frainteso le sue parole. Aveva capito benissimo il senso di quella richiesta. Di quella resa totale. Del dono prezioso che era finalmente disposta a fargli. Sé stessa. Interamente. Mentalmente.
Oscar si offriva di camminargli accanto, e non più un passo avanti, come era sempre stato. Disposta a riconoscergli un ruolo e uno spazio che non aveva mai concesso a nessuno.
Con il fiato corto, il petto in fiamme, la necessità di avere e prendersi quelle uniche certezze che ancora lo tenevano aggrappato a una realtà che stava rapidamente sgretolandosi sotto ai loro piedi, a un mondo che sembrava cadergli letteralmente addosso, André non ebbe esitazione a confermare con i fatti ciò che lei aveva espresso a parole.
La mia donna… pensò, accecato dalla passione e dall’urgenza. Sopraffatto dall’incertezza del domani. Sì… E’ questo che sei, Oscar… la mia donna. E quel pensiero gli morì tra le labbra, scivolando tra i sospiri e i gemiti di una notte eterna. Una notte che nessuno dei due avrebbe mai potuto dimenticare…
Quanto fosse diversa la realtà, quanto fosse vero il contrario, glielo avrebbe spiegato un’altra volta. Perché Oscar era e sarebbe sempre stata molto di più di quello. Molto più di una donna o della sua donna…
Ma per una volta, per quella volta, per quella notte, voleva illudersi. Illudersi che Oscar fosse semplicemente la sua donna…
Cosa ne sarebbe stato del domani, onestamente, per quella notte, non gli importava.


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QUATTRO CHIACCHIERE…
Ebbene sì! Nel giorno del compleanno di André non potevo esimermi dal pubblicare il penultimo capitolo di questa storia. DEDICATO A TUTTI QUELLI CHE conoscendomi e seguendomi qui o su altri siti mi hanno ricordato e chiesto di proseguire un racconto fermo da davvero troppo tempo… I motivi della mia assenza sono sempre gli stessi: impegni di lavoro più intensi del previsto e un’effettiva difficoltà a gestire le lunghe permanenze al PC (che, tra l’altro, è parte integrante di una buona dose del mio lavoro). Gli occhi mi si stancano molto più velocemente che in passato… Perdonatemi! So che è trascorso davvero tanto tempo… Ma chi avesse ancora voglia di sapere come si concluderà la storia, potrà leggere l’ultimo capitolo entro la fine della settimana! Spero che questo vi faccia piacere… Potevo lasciare André privo della sua notte del 12 Luglio? Vero che a questo punto non è certo la prima che si concede, però...
A presto, allora, e GRAZIE MILLE per l’attesa e l’affetto che mi dimostrate sempre! 
   
 
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