Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Bloodred Ridin Hood    27/08/2018    4 recensioni
C’era però qualcosa di davvero strano quel giorno al parchetto. Una ragazza assurda aveva scelto quel posto tremendo per andare trascorrere il suo tempo.
Stava lì seduta in una panchina di fronte alla sua da quasi un’ora. Ferma. A non fare niente. In un parchetto orribile come quello. In un quel pomeriggio da cani come quello.
Il ragazzo sbirciò di nuovo nella sua direzione. Lei distolse lo sguardo ancora una volta, seppure con qualche secondo di ritardo. Non era la prima volta che la beccava a guardarlo, ma ormai quella tizia, chiunque fosse, non si stava neppure sforzando di nasconderlo. Era chiaro che fosse lì per lui. E questo era decisamente molto strano, e lo disturbava terribilmente.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hanji Zoe, Levi Ackerman
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!
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Wissensdurst

 

Un’altra gelida folata di vento smosse le foglie e le cartacce sulla stradina polverosa di quel lurido parchetto abbandonato.
Il ragazzo seduto sulla panchina guardò l’orologio. Stava già cominciando a fare buio e si stava mettendo piuttosto freddo in quel pomeriggio di fine autunno.
Odiava lavorare col freddo e tanto più odiava dover lavorare in quella zona del quartiere. C’era sempre un odore pestilenziale nei periodi piovosi. Le stradine si allagavano e le foglie restavano lì a imputridirsi nelle pozzanghere di fango che nessuno puliva. Era una cosa disgustosa e decisamente poco salutare.
Guardò le nuvole color pece sopra la città, che non preannunciavano niente di buono. Dubitava che si sarebbe visto qualcuno da quelle parti in una giornata come quella. Probabilmente neanche i clienti più disperati si sarebbero spinti fino a lì quel giorno. Avrebbero piuttosto contattato suo zio e sbrigato la commissione in qualche altro modo.
Ci avrebbe scommesso, suo zio doveva farlo a posta a mandarlo laggiù, a coprire la posizione che odiava di più in assoluto. Doveva ancora avercela con lui per il loro ultimo scontro, quando erano arrivati a minacciarsi coi coltelli puntati alla gola l’uno dell’altro.
Ma al ragazzo non era mai importato molto di quel lavoro e decise che non avrebbe aspettato lì un’altra ora a perder tempo e prender freddo per niente. Sarebbe rimasto lì ancora qualche decina di minuti, poi se ne sarebbe tornato a casa all’asciutto.
C’era però qualcosa di davvero strano quel giorno al parchetto. Una ragazza assurda aveva scelto quel posto tremendo per andare trascorrere il suo tempo.
Stava lì seduta in una panchina di fronte alla sua da quasi un’ora. Ferma. A non fare niente. In un parchetto orribile come quello. In un quel pomeriggio da cani come quello.
Il ragazzo sbirciò di nuovo nella sua direzione. Lei distolse lo sguardo ancora una volta, seppure con qualche secondo di ritardo. Non era la prima volta che la beccava a guardarlo, ma ormai quella tizia, chiunque fosse, non si stava neppure sforzando di nasconderlo. Era chiaro che fosse lì per lui. E questo era decisamente molto strano, e lo disturbava terribilmente.
Non l’aveva mai vista nella Unterwelt, e di questo ne era più che certo. Gli abitanti del quartiere peggiore della città bene o male si conoscono tutti fra di loro ed era sicuro che lei non fosse di quelle parti. In realtà bastava guardarla bene per capire che fosse un pesce fuor d’acqua da quelle parti.
Certo, aveva un aspetto disastroso a suo modo, ma pur sempre diverso dal tipo di aspetto disastroso che era abituato a vedere su quelle strade. Aveva i capelli che andavano praticamente in ogni direzione, tenuti alla bell'e meglio in una specie di coda di cavallo mezzo disfatta, occhiali grandi e storti e indossava uno strano impermeabile senza forma di un colore che faceva venire il mal di testa a guardarlo più di cinque secondi. Nonostante questo però, gli scarponi sembrano nuovi e di buona qualità, così pure il tessuto dell’impermeabile. Insomma, nonostante quel disastro di aspetto, sembrava essere una persona di classe media o comunque con una disponibilità economica migliore rispetto alla gente che razzolava di solito laggiù.
Era sicuramente qualcuno che arrivava da qualche parte della città alta. Ma perché allora era lì e perché lo fissava?
Proprio quando il ragazzo decise che non aveva intenzione di rimanere lì tanto a lungo da scorprirlo, la ragazza si alzò in piedi prima di lui e, lentamente, andò a sedersi nella panchina dove stava lui.
Si fissarono per un momento, poi il ragazzo stizzito spostò lo sguardo altrove.
Poteva essere uno sbirro in borghese?
La guardò ancora di sbieco.
No, sembrava fin troppo strana pure per essere uno sbirro ed era molto giovane. Doveva avere sui diciotto anni, venti al massimo.
La beccò a fissarlo ancora una volta. A quel punto lei abbozzò un goffo sorriso.
“Sei tu Levi, vero?” chiese a bassa voce.
Lui la studiò con cautela. In un primo momento pensò di ignorarla, di alzarsi e di levare semplicemente le tende. Ma questa strana donna conosceva il suo nome. Chi cazzo era e come diavolo lo conosceva?!
“No.” rispose.
“Uhm, sono piuttosto sicura che sia tu invece.” insistette lei ancora con quello stupido sorriso stampato in faccia “La descrizione che mi hanno dato ti calza a pennello! Anche se ti avevo immaginato più alto.”
Quale descrizione? Chi gli aveva dato quella descrizione?
E poi che problemi aveva questa tipa?! E addirittura osava sfotterlo per l’altezza?! Conosceva il suo nome per diamine! Eppure sembrava non avere il minimo timore davanti a lui. Chi le aveva dato il suo nome non le aveva riferito altro su di lui? Non sapeva con che razza di gente stava tentando di stabilire un approccio?
Levi non rispose. Infilò le mani in tasca e fece scorrere lentamente lo sguardo davanti a sé in cerca di una qualsiasi figura umana. La situazione era davvero troppo strana.
Era sola? C’era qualcun’altro con lei? Qualcuno stava cercando di fotterlo?
“... mmm perché non parli?” continuava a tentare di approcciare una conversazione, come se nulla fosse.
A quel punto Levi le rivolse un’occhiata gelida.
“Ci conosciamo?” fece con un ringhio minaccioso.
“Oh, allora parli!” esclamò lei radiosa, poi scosse la testa “No no, non ci conosciamo.” poi sfilò una mano dalla tasca e gliela porse per offrirgli una stretta “Io sono Hanji, piacere!”
Levi la guardò schifato. Non poteva essere seria. Non poteva davvero pretendere che stringesse la mano ad una losca sconosciuta dai capelli incasinati -e pure non troppo puliti, ora che la vedeva più da vicino- come lei.
“Che diavolo vuoi?” tuonò allora acido.
Lei ritrasse la mano lentamente la mano, senza cambiare espressione, e la rinfilò dentro la tasca del giubbotto.
“Sei uno che non perde tempo eh?” chiese sempre con tanta sicurezza, poi riestrasse la mano dalla tasca “D’accordo, come vuoi. Che cosa mi puoi dare per questo tanto?”
Aprì la mano e mostrò una banconota da venti tutta stropicciata.
Levi la guardò sconcertato.
No, doveva per forza essere una trappola o qualcosa del genere. Tornò a guardarsi intorno. Doveva esserci il suo partner o chiunque l’aveva mandata, lì imboscato da qualche parte. Pronto a saltare fuori per incastrarlo. Avevano usato questa strana assurda ragazzina per confonderlo. Magari lei stessa era un’allieva dell’accademia di polizia. Molto astuto da parte loro!
“Non so assolutamente di che cosa tu stia parlando!” rispose alzandosi “Io me ne vado.”
“No, aspetta! Ti prego!” si alzò anche lei e lo prese per un braccio.
Levi prontamente se la scrollò di dosso e la guardò con uno sguardo carico di furia omicida. Questa ragazzina non aveva proprio idea di stare giocando col fuoco.
“Ti prego.” ripeté seria “Io non ne so molto di come avvengono questi tipi di affari. L’ho sempre e solo visto nei film, al massimo.” abbozzò un altro sorriso “Ma davvero, vorrei che tu mi vendessi qualcosa.”
“Chi cazzo ti manda?” sibilò Levi.
“Oh! Ho capito!” esclamò di colpo la tipa “Pensi che sia un poliziotto o qualcosa del genere, vero?” lo guardò con l’aria di la sapeva lunga “Beh certo, è chiaro. Non ci siamo mai visti e probabilmente ho sbagliato totalmente la procedura d’approccio. Insomma, stavo giusto pensando che come strategia di marketing la tua lascia un po’ a desiderare. Capiamoci, non è così che ci si comporta con un nuovo cliente. Ma, dato quello che fai, in effetti è comprensibile. È un mestiere particolare il tuo! Non puoi permetterti di abbassare la guardia neanche per un momento! Sempre sul filo del rasoio!”
Levi ascoltò quel fiume di parole senza fiatare. Era sempre più confuso. Mai nella sua intensa seppur breve carriera si era ritrovato a vivere una scena del genere. E con un lavoro come il suo, stranezze se ne vedevano tante e tutti i giorni.
“Insomma, ti giuro, non sono un poliziotto! Sono troppo giovane non credi? Avremo all’incirca la stessa età!” riprese “Fammi qualche domanda, posso dimostrartelo in qualche modo.”
“Ma che diavolo vuoi?!” sbottò Levi esasperato.
“Solo un po’ di droga!” rispose subito lei “Hai un po’ di quella nuova cosa che gira in questo periodo? Quella TITAN?”
“Sta’ zitta!” la fulminò Levi guardandosi di nuovo intorno.
L’aria fu squarciata da un tuono in lontananza.
“Ti prego!” continuò congiungendo le mani davanti al mento “Lo so che non è molto quello che ho, ma per qualche grammo dovrebbe bastare, no?”
Levi la osservò ancora. Per quanto fosse strana e trasandata, non aveva minimamente l’aspetto di una che faceva uso di quello schifo. Perché diavolo aveva tanta voglia di iniziare? Perché voleva buttare al cesso la sua vita così?
“No.” rispose secco “Tornatene a casa.”
Girò i tacchi e prese a camminare.
Lei ovviamente lo seguì, fastidiosa e insistente come una zanzara.
“Ma perché?! Ancora non ti fidi di me?! Perché non c’è altra spiegazione, quale commerciante dice di no quando gli propongono un affare?! Sei proprio terribile come venditore lo sai?! Ma io non ho intenzione di accettare un rifiuto.” continuò camminando a fianco a lui “Non ho attraversato tutta la città fino a qui, perso un pomeriggio intero, per andarmene via a mani vuote!”
“Sono problemi tuoi.” rispose gelido Levi “Io non posso aiutarti.”
“Ma perché no?” insistette lei, afferrandogli il braccio ancora una volta.
Con un gesto fulmineo, Levi si scansò ed estrasse dalla tasca una lama. Il metallo luccicò sotto la luce del lampione. Solo qualche centimetro, giusto il tanto per mostrargliela, spaventarla e convincerla a lasciargli i coglioni in pace.
“Prova di nuovo a toccarmi e te ne pentirai.” aggiunse con un sussurro minaccioso.
La ragazza di nome Hanji a quel punto arretrò di un passo.
“Heeey, stiamo calmi!” esclamò mettendo le mani avanti “Non c’è bisogno di arrivare a tanto. Capisco che tu mi voglia spaventare, ma dai! Seriamente? Arrivare a minacciare la gente così? Tra l’altro non mi sembri il tipo che si sporcherebbe la mani in questo modo.” ridacchiò “Anche letteralmente parlando, intendo.”
Levi la guardò incredulo. Sul serio? Quale essere umano con il cervello a posto oserebbe mai scherzare con un criminale che ti invita a toglierti dai piedi mostrandoti un coltello?
Questa persona non aveva un minimo di istinto di conservazione?
“L’ho capito subito.” continua lei con un sorrisetto beffardo “Hai paura dei germi o qualcosa del genere, vero? Ti ho visto quando hai pulito con una salvietta umida la panchina prima di sederti e ti sei rifiutato di stringermi la mano. Io ho fatto finta di niente, ma l’ho vista benissimo quella faccia disgustata che mi hai rivolto!” sogghigna “E al di là di quello, spacciare è una cosa, ma ferire o addirittura uccidere una persona è un reato di una portata completamente diversa. E non mi sembri il tipo che vorrebbe infilarsi in un casino del genere, se si può evitare.”
Levi era sempre più sconvolto.
“Che… che razza di problemi hai tu?!”
“Oh… sapessi! Un sacco! O almeno, a sentire chi mi conosce!” risponde lei “Ho sempre avuto qualche problema a rapportarmi con la gente. Di solito mi trovano strana. Non so, probabilmente hanno ragione. Ho in effetti degli interessi un po’ fuori dal comune, sai. Spesso preferisco i libri alle persone, ma se trovo qualcuno che è disposto ad ascoltarmi adoro parlare! Un sacco, intendo! Parlerei ore e ore degli argomenti che mi appassionano, senza mai stancarmi. Ecco un altro mio problema, se c’è una cosa che mi appassiona è come se mi dimenticassi di tutto il resto, a volte persino di mangiare, di dormire…”
“No, intendo dire…” fa Levi ubriacato da quel fiume di parole “... hai idea di che posto sia questo?!”
Lei annuisce un po’ confusa.
“Certo!” risponde come se fosse la cosa più scontata del mondo.
“Sembri non avere la minima idea della situazione pericolosa in cui ti sei infilata!” continuò lui “E tutto per…” abbassò la voce al minimo “... cercare della TITAN?”
“È molto importante.” rispose lei seria.
“Non… hai l’aspetto di una tossica.” osservò l’altro.
Lei a quel punto sgranò gli occhi.
“No! Ma che hai capito!” esclamò “Non la voglio mica usare su di me! Sei matto?!”
Levi la guardò perplesso.
“Sono una studentessa di chimica all’università di Mitras.” spiegò allora la ragazza “Mi sto specializzando in biochimica. In particolare sono interessata allo studio di come le sostanze psicoattive agiscono sui recettori del sistema nervoso centrale, ma… a noi studenti non è permesso effettuare esperimenti con sostanze illegali. Però ho sentito tanto parlare degli effetti distruttivi di questa TITAN al notiziario e sono troppo curiosa! Voglio assolutamente analizzarne un po’ in prima persona.” continuò con occhi sbrilluccicosi “Per questo ho deciso di andare a cercarla di persona.”
“Quindi… hai intenzione di comprare della TITAN, per studiarla?” chiese Levi ricapitolando.
“Ah-ah!” annuì lei con un sorriso colmo d’eccitazione.
“Sei pazza da legare lo sai?”
“Lo so! Te l’ho detto che ho degli interessi particolari, ma ti prego! Ti prego, ti prego, ti prego!”
Levi inspirò a fondo, cercando di fare spazio tra i pensieri. Sì, di tutte le scene che aveva vissuto da quando aveva iniziato a fare quel lavoro, questa era decisamente la più strana fino a quel momento.
“Perché ti interessa così tanto?”
“Perché vorrei arrivare a trovare una cura che renda più semplice sconfiggere la dipendenza da droghe distruttive come questa un giorno!” esclamò lei con entusiasmo “Pensaci! Se esistesse un farmaco o una roba così che rendesse più semplice la disintossicazione, più persone riuscirebbero ad uscire da quel tunnel e a riprendere in mano la loro vita.” poi si bloccò e cambiò espressione “Certo, forse a quel punto i tuoi affari potrebbero risentirne però…”
“Non me ne frega un cazzo dei miei affari!” rispose Levi con impeto.
“Oh!” esclamò la ragazza sorpresa, poi cambiò espressione “Dici sul serio? Quindi non hai niente in contrario a vendermene un po’ anche se la voglio usare per questo scopo?”
“Come fai a sapere il mio nome?” domandò Levi a quel punto, sviando il discorso.
“Oh, Erwin mi ha consigliato di venire a cercarti!”
“Erwin?” ripeté Levi stupito “Conosci Erwin?”
“Siamo amici.” annuisce “Ci siamo conosciuti al club degli atleti dell’università. Lui studia storia contemporanea, ma ascolta spesso con interesse quando gli parlo delle mie ricerche! Si è interessato alla mia idea e mi ha detto che forse tu avresti potuto aiutarmi. Mi ha assicurato che eri un bravo ragazzo e che ti saresti comportato bene con me.”
Levi fece una smorfia. Ecco chi le aveva detto di lui. Che diavolo aveva nella testa quel sopracciglione a mandargli una pazza del genere?
“Mi ha raccontato che tu, lui e Mike vi siete conosciuti nella stessa scuola di arti marziali.” continuò Hanji “Hanno detto che tu eri il più forte della regione, forse anche dello stato. Non hai mai perso un incontro, giusto?”
Levi distolse lo sguardo, infastidito, senza rispondere.
Sì, certo. Era così che era conosciuto in giro nell’ambiente, prima di rientrare a casa quel fatidico giorno e trovare sua madre sul pavimento del bagno in overdose. Prima di ritrovarsi a dover lasciare la scuola e tutto ciò che aveva per andare a lavorare con il gruppo di suo zio. Era l’unico modo per potersi permettere un tetto sulla testa e un po’ di pane per poter tirare avanti. Perché in fin dei conti, chi nasce nell’Unterwelt, muore nell’Unterwelt e non c’è ambizione che lo possa salvare. Questo era la triste realtà alla quale apparteneva.
“Sembravi avere una carriera brillante davanti a te! È un peccato che tu abbia smesso.” aggiunse Hanji con aria triste.
“Questi non sono affari tuoi.” ruggì lui “Né di Erwin, né di Mike.”
“Oh certo!” scosse le mani l’altra “Non volevo essere invadente, dicevo così per dire. Avrai avuto le tue ragioni per… fare quello che fai ora. Io comunque non ti giudico.”
Levi le lanciò un’altra occhiataccia. Era assurda la sua totale mancanza di discrezione. Come era stata assurda tutta quella conversazione. Ma quella era così strana che non valeva neanche la pena di arrabbiarsi.
“Si sta facendo tardi.” disse lui spazientito guardando l’orologio “Dovresti tornare a casa e subito. Questo posto diventa ancora più merdoso dopo una certa ora.”
“Potresti scortarmi alla stazione della metro, allora.” suggerì con un sorrisetto innocente.
Levi increspò la fronte.
Era incredibile! Si erano parlati sì e no dieci minuti e già pretendeva dei favori. Ma forse, se l’avesse accompagnata avrebbe finalmente preso un dannato treno e l’avrebbe lasciato in pace una buona volta.
“D’accordo, ma andiamo subito!” acconsentì.
“Ok!” rispose l’altra, poi tolse fuori la banconota ancora una volta “Allora… lo scambio?”
Levi sospirò.
“Mi prometti che con i tuoi studi di merda cercherai di trovare un modo per rendere più semplice disintossicarsi da questo schifo?” chiese tenendo gli occhi bassi.
“Lo prometto!” esclamò Hanji con aria solenne portando il pugno chiuso all’altezza del cuore.
Levi la guardò per qualche secondo. Era strana forte quella ragazza, ma sembrava avere una forte ambizione. E se Erwin l’aveva mandata fino a lì, doveva pur esserci un senso in tutta questa follia.
“Sembra che non possa rifiutare…” borbottò a quel punto, prima di procedere fulmineamente allo scambio.
Hanji spalancò gli occhi affascinata.
“Wow Levi! Quanto sei veloce!” esclamò a voce alta osservando la bustina con la polvere color argento sulla sua mano “Hai avuto la precisione di un illusionista! Ed è incredibile come tu sia riuscito ad affinare una tecnica che ti permetta di fare lo scambio senza toccare la pelle del tuo cliente!”
“Sta’ zitta e mettila via, cretina!”
“Oh sì, giusto!” disse Hanji nascondendosela subito in tasca, poi lo seguì verso l’uscita del parco.
“Che cazzo hai da guardare adesso?” chiese lui spazientito notando che l’altra lo fissava con uno strano sorriso stampato in faccia.
“Erwin aveva ragione. Sei davvero un bravo ragazzo!” esclamò sistemandosi gli occhiali contro i quali cominciavano a cadere le prime gocce di pioggia “Certo, nonostante…”
Levi alzò gli occhi al cielo.
“Sta’ zitta e andiamo…”

 











 

NOTE:
Ciao a tutti! Nonostante segua con entusiasmo questa serie da anni è la prima volta che mi appresto a scrivere qualcosa per questa sezione. 
“Unterwelt” è la versione in tedesco di “Underground”. Adoro l’ambientazione pseudo-tedesca di Shingeki e per questo ho voluto utilizzare il nome appunto tedesco della città, che in questo caso è un quartiere.
Il titolo, sempre tedesco, significa letteralmente “sete di conoscenza”.
Ho messo l’avvertimento “spoiler” perché faccio riferimento a dei punti del passato di Levi nel canon che potrebbero essere spoiler per chi segue solo l'anime e boh, mi è sembrato opportuno avvisare.
Grazie per aver letto, spero sia stata una lettura piacevole.

 
  
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