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Autore: La_Sakura    28/08/2018    4 recensioni
Diciassette anni e una città nuova: una sfida per crescere e maturare, ma soprattutto per fare chiarezza con i propri sentimenti. Queste le premesse all'arrivo di Sakura nella ville Lumière. Ma il detto "lontano dagli occhi, lontano dal cuore" si rivelerà corretto? D'altronde il suo cuore è già impegnato... oppure la confusione nella sua testa aumenterà, fino a farle dubitare persino dei suoi sentimenti?
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Luis Napoleon, Nuovo personaggio, Pierre Le Blanc
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Sakura no sora - my personal universe'
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Anche le vacanze primaverili sono ormai al termine, ma la cosa non mi pesa: ho passato tantissimo tempo con Yves e Jacques, abbiamo fatto veramente di tutto! Abbiamo fatto un sacco di gite in posti carini intorno a Parigi, mi hanno persino portato a visitare Versailles, per non farmi tornare a casa col rimpianto di essermi persa qualcosa.
Avremmo voluto anche organizzarci per vedere Londra, ma non avevamo la certezza che con i miei documenti fosse possibile andarci, quindi abbiamo preferito rimanere in territorio francese.
Così, per tutti questi motivi, quando rientro a scuola, pronta ad affrontare gli ultimi giorni prima della mia partenza, sono felice e spensierata, e sorrido, sorrido tantissimo. Entro in classe canticchiando e mi siedo al mio banco: sono arrivata molto presto, e questo mi dà modo di osservare l’ambiente intorno a me. I banchi, disposti su tre file ordinate, la lavagna bianca, su cui sono ancora segnati gli esercizi di matematica di ieri, la cattedra del docente, le pareti piene di mappe, cartine geografiche e appunti vari. Non posso credere che sia quasi arrivata la fine del mio percorso. Mentre sono assorta nei miei pensieri, qualcuno entra in classe: mi volto verso la porta e vedo Natalie Durand, che mi fissa perplessa.
«Ciao!» la saluto, con un po’ troppo entusiasmo.
«Ciao…» mi risponde, perplessa. Si accomoda al suo posto e inizia a tirare fuori i suoi libri.
Continuo a fissarmi intorno come se lei non ci fosse, sempre col sorriso ebete stampato in volto, quando la sento imprecare.
«Tutto bene?» mi risolvo a chiederle. Lei si volta e mi fissa con astio, poi però il suo sguardo diventa neutro.
«Sono venuta prima per fare i compiti di matematica, ma… temo di aver lasciato il libro a casa.»
«Ti presto il mio. – le dico, sorridendo – Tieni.» lo prendo dalla mia borsa e mi alzo per porgerglielo. Lei lo prende, titubante, e lo appoggia sul suo banco. Cerca la pagina degli esercizi, poi ad un tratto si volta e mi osserva.
«Perché lo fai? Ho passato mesi a renderti la vita impossibile…»
Faccio spallucce: in realtà non lo so nemmeno io. Però poi mi ricordo che sta uscendo con Jacques.
«Inspiegabilmente piaci al mio migliore amico.» le rispondo, facendole l’occhiolino e tornando al mio posto. La vedo fare i compiti in fretta e furia, il suono della prima campanella la sorprende mentre mi riconsegna il libro, e la vedo sussultare.
«Tranquilla. – la rassicuro – Non lo dirò a nessuno.»
Senza fiatare, torna al suo banco, proprio mentre i primi compagni fanno il loro ingresso.
«Che ci fai già qui?» Jacques mi raggiunge, sembra sorpreso di vedermi a scuola così presto, di solito arrivo con Yves.
«Mi sono svegliata presto, così mi sono goduta la mattinata.»
«Inizi già ad avere nostalgia?»
Annuisco e lo osservo, come se volessi imprimermi in testa ogni singolo lineamento del suo volto. Ho tante foto, questo è vero, ma nulla sarà paragonabile ad averlo lì accanto a me.
«Buongiorno…» Yves ci raggiunge, lanciando lo zaino sotto al banco e sedendosi di peso.
«Dormito poco?»
«Ho fatto le ore piccole giocando alla Play, e adesso ne pago le conseguenze. – sbadiglia – Tu ti sei goduta la tua passeggiata mattutina?»
Annuisco sorridendo.
«Ho costeggiato la Senna per un pezzo, è stato molto bello… mi mancherà…»
«Non iniziamo con queste frasi strappalacrime, che poi mi commuovo e piango!» mi risponde lui.
«Niente pianti! – esclamo convinta – Voglio lasciarvi con un bel ricordo.» sorrido.
Yves mi posa una  mano su un braccio mentre Jacques mi cinge le spalle, e io mi sento così protetta e felice che penso che potrei rimanere seduta in questo banco, in mezzo a loro due per sempre. Con la coda dell’occhio noto che la Durand ci sta osservando, ma forse per la prima volta da quando ho messo piede in classe, non lo fa con astio. Probabilmente si sta domandando cosa ci trovano i ragazzi in me (stessa cosa che potrei chiedere a Jacques su di lei, onestamente parlando), ma ormai non mi interessa più.
«E per il ballo, allora, come ci organizziamo?»
Guardo prima Yves, poi Jacques, quindi abbasso gli occhi sulla mia cartella.
«Come volete, io… non credo di avere impegni.»
«Sei strana oggi.»
«Sono andata a ritirare il biglietto aereo per il rientro… ormai la data è così vicina che non è più solo un “quando tornerò”. E quindi… penso e ripenso a tutto quello che è successo.»
L’insegnante di matematica fa il suo ingresso, e noi ci apprestiamo a metterci composti sulle sedie. Mentre estraggo tutto l’occorrente, osservo Yves che scrive distrattamente qualcosa su un post-it e me lo incolla sull’astuccio. Senza dare nell’occhio, lo prendo e lo leggo.
Ceci n’est pas la fin”*
Lacrime di commozione mi riempiono gli occhi, così tengo lo sguardo basso per non farmi vedere, e con la penna uso i caratteri hiragana per scrivere “domo arigato” sull’angolo di quel post-it. Yves lo vede e sorride, a fatica ma quei caratteri li ha imparati: annuisce e si concentra sulla lezione.
 
Ho accompagnato Florence a fare compere, e mi sono trovata in un negozio di abiti eleganti, a provare modelli su modelli per il ballo. Non sono molto entusiasta di andare alla festa, dopo l’evoluzione dei fatti con Louis, ma il fatto che alla fine andrò con Yves, Jacques e Madi un po’ mi consola.
«Stai benissimo!»
«L’hai detto anche per gli ultimi cinque abiti, Flo… non sei credibile!»
«Non è colpa mia se tutti ti donano, e poi… – mi si avvicina con fare cospiratorio – Mi sembra proprio che l’aria della Francia ti abbia fatto bene, per parecchi motivi.» e, nel dire così, mi appoggia una mano sul seno. Io arrossisco vistosamente e mi ritraggo.
«Che fai!!»
«Non essere imbarazzata, ti è aumentato il seno, è normale.»
In realtà sono aumentata un po’ tutta, evidentemente il cambio di dieta e alimentazione hanno un po’ influito sulle mie curve, che ora sono morbide e piene.
«Nascondiamolo, che è meglio!»
«E pensare che volevo proporti questo…»
Sgrano gli occhi quando mi porge un vestito blu elettrico, e rimango ancora più basita quando, voltandolo, mi rendo conto che lascia la schiena scoperta.
«Io non…»
«Prima di dire qualunque cosa, provalo!» mi intima lei. Sbuffo, alzando gli occhi al cielo, e mi dirigo verso il camerino. La zittisco con un cenno quando mi urla di non tenere il reggiseno per questo vestito, quindi chiudo la tenda e mi trovo a tu per tu con lo specchio.
«Coraggio… – mormoro in giapponese – Vediamo come mi sta.»
Quando esco dal camerino e raggiungo Florence, ammetto di essere un po’ emozionata: il vestito è bellissimo, mi scivola addosso in maniera perfetta, senza segnarmi; l’unica pecca è che quella schiena nuda mi lascia un po’ a disagio. Mi volto verso la mia maman per chiederle qualcosa e vedo che sta trattenendo le lacrime a stento.
«Ti sta d’incanto…»
Le sorrido perché, sì, mi piace, e mi sento relativamente a mio agio. Lei annuisce e decide che sarà il mio abito per il ballo.
«E niente storie. Voglio farti un regalo: ti sta troppo bene per lasciarlo qui.»
Arrossisco vistosamente e lascio che lei si diriga alla cassa, mentre rientro in camerino a tornare a indossare i miei vestiti.
Quando usciamo, il sole è ancora alto, così Florence propone di andare a prendere un gelato: è felice, la vedo serena, e nonostante sia un po’ stanca, annuisco e la seguo per le vie parigine.
«Ho parlato con Louis.» esordisce mentre, sedute su una panchina, ci gustiamo il migliore gelato alla vaniglia che io abbia mai mangiato.
«Che dice?» domando, fingendo naturalezza.
«Gli ho detto che ti accompagniamo noi al ballo, in auto, e se vuole un passaggio…»
«Ah sì?» fingo ancora. La vedo che mi studia ma devo cercare assolutamente di sembrare il più tranquilla possibile.
«Probabilmente verrà con noi.»
«Nessun problema.» concludo.
«Siete due testoni! Farete mai pace? Tra poco tu parti, non va bene che vi lasciate così. I capitoli della vita vanno sempre chiusi, Sakura, nel bene o nel male.»
Continuo a mangiare il mio gelato, lo sguardo fisso davanti a me. Avrei così tante cose da dire, ma opto per il silenzio, perché Florence, per quanto si stia comportando davvero come una madre con me, è pur sempre la zia di Louis, e non credo le farebbe piacere sapere che strozzerei volentieri suo nipote con le mie stesse mani.
Una leggera brezza si alza e ci accarezza, mi volto verso la mia accompagnatrice e le sorrido.
«Mi mancherà tutto questo…»
Lei si limita a sorridermi, con aria complice, e annuisce leggermente.
 
Continuo a fissare la mia immagine riflessa nello specchio e mi rendo conto che sto tremando. Ho un’ansia talmente forte che sento il cuore battermi in gola, e temo che prima o poi scoppi.
La testa di Jean fa capolino dalla porta della mia stanza, e mi sorride mentre cerca di farsi il nodo alla cravatta.
«Sei pronta?»
Annuisco e lo seguo in salotto, dove Florence sta sistemando il papillon di Louis. Cerco di mostrarmi molto naturale, ma sono sicura che si vede benissimo che sono l’agitazione fatta persona.
«Ah, eccoti: hai finito di rimirarti allo specchio, princesse
Mentre Flo pronuncia quella parola, con la coda dell’occhio osservo Louis: se facesse una battuta su di me, su questo appellativo, su qualsiasi cosa, sarei certa che le cose tra noi hanno ripreso il loro corso. Lui invece si limita a ignorarmi, sancendo – almeno per me – la fine di ogni rapporto di amicizia tra noi. Sospiro e torno a dare tutta la mia attenzione alla donna.
«Sono pronta. Agitata, ma pronta. Quando volete, possiamo andare.»
«Non prima di aver fatto una foto! – si mostra irremovibile – Avanti Louis, mettiti accanto a Sakura, siete troppo belli per non immortalarvi.»
Faccio un passo indietro, per raggiungerlo appena, e lo vedo muoversi nella mia direzione. Siamo uno accanto all’altra, ma siamo distanti anni luce, poi… poi lo sento. Ha alzato una mano e l’ha posizionata sulla mia schiena. Nella posizione in cui la mia pelle è a contatto con lui, sento come bruciare. Improvvisamente ho la gola secca e mi manca l’aria.
«Sorridete!»
Il flash mi coglie di sorpresa, sono sicura al 100% che la foto sarà pessima, ma farei qualunque cosa per prolungare quel contatto. Sacchan, che ti succede? Non ti starai mica…
«Ora tutti insieme!»
L’autoscatto impostato da Jean mi distrae da quel pensiero che si è fatto strada dentro di me. Non è possibile, io amo Misaki, non può essere…
Eppure…
Eppure sarebbe la giustificazione a tutti i miei atteggiamenti dell’ultimo periodo. Quel cercare a tutti i costi di avere a che fare con lui. Sono quasi incredula quando saliamo nell’auto dei Deville per dirigerci alla scuola.
Jean sta blaterando qualcosa riguardo al fatto che faranno da supervisori, ma che non dobbiamo preoccuparci, però io non lo sento neanche, concentrata come sono nei miei pensieri. Mi accorgo che Napo mi sta fissando, con aria dubbiosa, scrutatrice, come se stesse cercando di leggermi nel pensiero.
«Che c’è?» gli domando bruscamente, come terrorizzata all’idea che possa capire cosa mi passa per la testa.
«Sei strana.»
«Sono nervosa.» rispondo, gelida. Se davvero il mio pensiero è fondato, devo subito alzare un muro immenso, con lui. Ancora pochi giorni e me ne andrò, e dopo ci saranno migliaia di chilometri a separarci, e adieu. Tornerò alla mia vita, e lui alla sua, e tanti saluti.
Arriviamo a scuola e vedo Jacques, Yves e Madi davanti all’ingresso della palestra. Scendo quasi al volo dalla macchina e mi dirigo velocemente verso di loro.
«Ma chi… oh mio Dio, Sakura! Sei uno schianto!!» esclama Jacques, abbracciandomi.
«Grazie… – arrossisco – Anche voi non siete male, tutti eleganti. Ciao Madi!» dedico poi un saluto speciale alla ragazzina, che mi abbraccia a sua volta.
Vedo Louis che ci raggiunge, mi sembra tranquillo, quando arriva saluta tutti cordialmente e poi mi pone il gomito.
«Posso avere l’onore di entrare con lei, Mademoiselle Ozora?»
«Dov’è la fregatura, Monsieur Napoléon?»
«Nessuna. – mi sorride, e mi sembra sincero – Devo farti trascorrere una bella serata. Te lo devo.» aggiunge poi, mentre varchiamo l’ingresso.
All’interno è allestito tutto in maniera ineccepibile, il comitato ha eseguito davvero un ottimo lavoro. Sorrido estasiata, mentre il mio sguardo vaga per la sala.
«Non male, devo ammetterlo.»
«Stasera sei tu, quello strano.» gli dico, queste frasi non sono da lui.
Fa spallucce mentre molla la presa su di me e si dirige verso un suo compagno di classe. Incantesimo finito.
Decido di prendere qualcosa da bere, mentre aspetto i miei amici (sicuramente la Durand sarà in ritardo, e vorrà fare un’entrata da diva), e osservo la vasta scelta. Ovviamente gli alcolici sono solo per i maggiorenni, poco importa che per la legislazione francese io lo sarò il prossimo dicembre. Sospiro e opto per un analcolico alla frutta, che risulta essere molto buono.
Mi fa strano essere qui, con tutte queste luci, e questa atmosfera così adolescenziale, mi sembra davvero di essere la protagonista di un telefilm americano. Peccato che non ci sarà nessun lieto fine tra me e Louis… avvampo. Ho appena nominato “Louis”? Taro, porca miseria, io sono innamorata di Taro! Mi accorgo che mi tremano le mani, così decido di uscire a prendere una boccata d’aria per schiarirmi le idee.
 
Fortunatamente, dopo una certa ora, i supervisori sono stati meno ligi al loro dovere, così ho potuto accedere ai cocktail alcolici del bancone. Ora sono decisamente più rilassata, mi sento più leggera.
«Questa festa è una figata!» mi urla Yves, per sovrastare la musica alta, mentre continua a muoversi a ritmo di danza.
«Lo è! – ammetto – Ho fatto bene a partecipare!»
«Te ne saresti pentita un sacco! Dai, lasciati andare, vieni a ballare!»
Sorrido e seguo il mio amico nella pista, cercando di seguire il ritmo della musica: Jacques ci raggiunge e mi porge un bicchiere.
«Tuo!»
Ignoro il contenuto, ma appena avvicino il naso sento un odore molto forte di alcool. Sorrido al mio amico, facendogli l’occhiolino, e bevo grandi sorsate di quel mix, sentendomi ancora più leggera, finché una mano non mi toglie il bicchiere dalla bocca.
«Ehi!» mi lamento.
«Andiamo a prendere una boccata d’aria, hai esagerato per stasera.»
«Louis, non essere scortese!» ma lui mi sta già trascinando fuori.
La serata non è per niente fredda, si sta molto bene (sarà l’alcool?) ma quando arriviamo a metà del cortile della scuola, strattono in modo da fargli lasciare la presa.
«Sakura… siediti. – mi indica una panchina – Siediti qui… per favore…» aggiunge poi, ammorbidendo il tono di voce. Lo fisso con astio, ma eseguo, mi siedo accanto a lui e incrocio le braccia, accavallando le gambe.
«Beh?» gli domando, come per spronarlo a parlare. Ma tanto so che non c’è nulla da dire.
«Lo so che ti aspetti una spiegazione al mio comportamento, o almeno delle scuse. – dice, tenendo lo sguardo fisso davanti a sé – Io non so che dirti. O meglio… lo so cosa dovrei dire, ma non posso farlo. – si volta e mi fissa – Le ragioni sono tante: punto primo, tu hai Misaki nel cuore, e devi combattere per lui, hai capito? Non lasciare che vada tutto a puttane, tira fuori la grinta e conquistalo nuovamente, mi sono spiegato? – annuisco, anche se il suo discorso non mi torna – Punto secondo: io sono qui, in Francia, e tu stai in Giappone, dall’altra parte del mondo. Novemilasettecentotrentadue.»
Lo dice tutto d’un fiato e io faccio un attimo mente locale per visualizzare il numero che ha appena pronunciato.
«Sarebbero?»
«I chilometri che ci separano. Più o meno.»
«Louis, stai facendo dei discorsi strani, come se…»
«Come se fossi innamorato?» conclude la frase al posto mio, e mi fissa negli occhi.
«Non può essere…»
«E infatti non sono innamorato di te, piccola grenouille ingenua. – sospiro, ma stavolta è sollievo – Non sono innamorato di te, non ti corteggerò con rose e cioccolatini, non ci sperare. – adesso lo riconosco, e sorrido apertamente – Però… una cosa la devo ammettere. Non ho mai conosciuto nessuna come te. Nessuna. Sei una bella persona.»
Rimango in silenzio per un attimo, poi mi sporgo per fissarlo meglio in faccia.
«Hai bevuto, vero? Altrimenti questo momento di confessione non si spiega.»
Lui fa un mezzo sorriso.
«Sì, ho bevuto parecchio. Ma zia Flo mi ha fatto una testa così con il suo “chiudere i capitoli”.»
«L’ha detto anche a me.» annuisco.
«Il discorso, mia piccola grenouille, è che tu non dovevi affezionarti a me, e invece l’hai fatto.»
«Louis, te l’ho già detto: sono fatta così. Mi affeziono. Hai fatto tanto per me – mi alzo per sgranchirmi le gambe – e lo so che lo facevi solo per…»
Non faccio in tempo a finire la frase che me lo ritrovo a pochi centimetri da me, le sue mani sulle mie guance, gli occhi fissi nei miei.
«Non dirlo.»
«Co… cosa?»
«Che lo facevo solo per zia Flo.»
«Ma tu…»
«Per l’amor del cielo, Sakura, lo sai che non è così!»
E qui, mi spiazza del tutto: mi attira a sé e posa le sue labbra sulle mie, con forza quasi, serrando gli occhi completamente. Io rimango ferma come una babbea, le braccia stese lungo il corpo, senza poter far nulla. Perché lui, Louis Napoléon, mi sta baciando.
Sfruttando le mie labbra socchiuse, lo sento infilare la lingua per completare quel bacio e renderlo, come si suol dire, alla francese. Non so cosa mi stia succedendo, kami, devo fermarlo, non può farlo, non possiamo farlo. E invece sento il mio corpo che reagisce per conto suo, spinto da non so quale istinto: le mie mani vanno all’incavo dei suoi gomiti e vi si aggrappano, e io sto rispondendo a quel bacio. Io sto baciando Louis Napoléon.
Quanto è passato, un secondo, un minuto, un secolo, non lo so… si stacca da me, e dopo aver mormorato un “Merde” di dimensioni colossali, corre via e mi lascia da sola.
Non riesco a muovermi, non accenno neanche un passo: tutto quello che riesco a fare, mentre le mie gote vanno praticamente a fuoco, è di sfiorarmi le labbra con le dita, labbra che hanno appena baciato un ragazzo. Un ragazzo che non è Taro Misaki.


Ceci n'est pas la fin = questa non è la fine 



Un bel colpo di scena, è quello che ci vuole. I sentimenti di Louis per Sacchan sono DECISAMENTE contrastanti, e questo capitolo ne è la riprova. Non riesce ad esprimersi - come mi ha fatto notare una cara amica, è molto anaffettivo - e quando lo fa, compie questi gesti teatrali e sconvolgenti. E Sakura, la ragazza è confusa, ma la confusione ci sta. Come mi piace ripetere, ha comunque diciassette anni (benedetta ragazza!) e sta vivendo un momento di cambiamenti non indifferenti... 
Anyway, lascio a voi le considerazioni e... ci rivediamo per il capitolo finale. 
Stay tuned 
Sakura 
   
 
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