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Autore: Sinden    28/08/2018    0 recensioni
Visto il buon successo avuto su altri siti di FF, ripubblico anche su EFP questa storia. Roswehn è la nipote del Governatore di Pontelagolungo. Dopo la battaglia delle cinque armate, la sua vita cambierà completamente.
Estratto:
"Io credo che voi siate un grandissimo sovrano. Conosco la storia della vostra vita, l'ho letta. E conosco le gesta di vostro padre. Ho molto rispetto per la nobile famiglia di Bosco Atro." disse d'un fiato, abbassando di nuovo lo sguardo. Suonava tremendamente forzata, lo riconosceva lei stessa, ma doveva provare a convincerlo della sua buona fede. Provare ad ammorbidire quella tensione fra loro due che rischiava di diventare molto pericolosa.
🌟
Fanfiction genere Fantasy/Horror basata su Lo Hobbit - La battaglia delle cinque armate.
Matching: Thranduil e nuovo personaggio.
Genere: Avventura, Fantasy, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Bard, Bilbo Baggins, Elrond, Nuovo personaggio, Thranduil
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Thranduil aveva fatto allestire una tenda da campo, piuttosto grande. Mentre la ragazza si avvicinava, vide subito Bard, di spalle, in piedi. Davanti a lui una figura grigia, alta e ricurva...un anziano? Regan rallentò il passo in prossimità della tenda. Sentì distintamente una voce protestare a proposito di chissà che, probabilmente era del vecchio. Era in corso una discussione animata.

Regan chiamò. "Bard?" L'arciere si girò subito e la vide. "Regan, che fai qui?" Uscì velocemente. "Sono stata mandata da mio padre, investita dell'autorità di mio zio. I miei genitori mi hanno pregato di dirti che la nostra famiglia non può essere esclusa da questo incontro." rispose lei, sbirciando all'interno. Bard la guardò, rimanendo in silenzio qualche attimo. Poi annuì. "Sì. Questo è vero." ammise. "Ho saputo stamane della morte di tuo zio e di Archie...mi dispiace. Ma perché tuo padre non è qui?"
"E' ferito, non riesce quasi a camminare" rispose lei, notando l'espressione scettica dell'Arciere.

Sapeva cosa pensava Bard di suo padre: lo considerava il fratello codardo del peggior Governatore che Pontelagolungo avesse mai avuto. Il fratello maggiore di un uomo senza morale, il fratello remissivo che aveva lasciato la comunità in balìa di un intollerabile malgoverno , senza intervenire. Bard era un uomo buono, ma Regan era quasi certa che la morte di suo zio non gli dispiacesse affatto. Non era stato forse il Governatore a farlo imprigionare qualche giorno prima? Quanto aveva litigato con lo zio e con Alfrid per quella decisione! Ma le sue proteste erano come sempre state liquidate con un: "Questi non sono affari tuoi, torna a passeggiare sul pontile, cara."

Bard la osservò pensieroso per qualche secondo. Probabilmente, l'Arciere aveva concluso in quel momento che suo padre avesse addirittura preferito passare la responsabilità alla figlia piuttosto che mostrare finalmente un po' di carattere. Regan leggeva disappunto nei suoi occhi, e aggiunse con decisione: "E' distrutto per la morte di suo fratello. Cerca di capire, Bard."

L'uomo la guardò di nuovo negli occhi "E tu?" le chiese: "Tu non piangi per tuo zio?" Alla domanda, Regan abbassò lo sguardo.

"Ascolta," continuò lui, togliendola dall'imbarazzo. "Re Thranduil è disposto ad aiutarci. Ed è arrivato uno Stregone, si chiama Gandalf. Ha portato brutte notizie." Quali altre brutte notizie, in nome di Eru! pensò Regan.
"In questo caso vorrei ascoltare. Devo sapere cos'altro sta per succedere e riferire a mio padre e alle guardie cittadine."
Bard annuì, dopo qualche secondo di silenzio. "Va bene. Seguimi. Ma attenta a quello che dici davanti all'Elfo." Sembrava che tutti fossero preoccupati di cosa avrebbe potuto dire in presenza di Thranduil. Era certamente un sovrano temuto.

Regan seguì Bard, ma si fermò alla soglia della tenda. Attendeva il permesso del Re, che arrivò dopo una scambio di parole con l'Arciere. "Vieni avanti." disse una voce maschile.
Regan entrò lentamente nello spazio privato di Thranduil, che sedeva su un trono improvvisato. Lo osservò: doveva essere molto alto, a giudicare dalla prestanza che si intravvedeva sotto quella specie di caftano nero che indossava, impreziosito da un ricco mantello in broccato color argento e bronzo. Aveva lo stesso incarnato di porcellana dei soldati elfici che ancora occupavano le strade della città .
Notò i capelli biondi, gli occhi azzurri e la tipica bellezza del viso, di cui tutti gli Elfi erano dotati.

In un primo istante, l'aveva quasi preso per un Elfo femmina, tale era la delicatezza dei lineamenti. Portava una coroncina d'argento, al centro della quale splendeva una gemma bianca, forse una pietra di fiume. Adornavano le sue mani molti anelli; uno in particolare attirò la sua attenzione: lo portava al dito indice della mano sinistra, era un'enorme pietra bianca, sicuramente il dono della famiglia della sua defunta Regina. Sapeva che quando gli Elfi si sposavano, i genitori della sposa regalavano al futuro consorte un anello da portare sempre, come segno di approvazione per il matrimonio. A giudicare dalle dimensioni di quella pietra, anche la sua amata sposa doveva provenire da una famiglia di alto lignaggio Quante cose si possono imparare da libri polverosi, pensò Regan.

Suo zio lo aveva incontrato anni prima, a Bosco Atro, invitato per discutere degli scambi commerciali con Pontelagolungo. Era tornato dopo due giorni, arrabbiato a morte con il Re. Regan aveva sentito lo sfogo dello zio con Archie e suo padre: Thranduil intendeva pagare il vino e gli altri prodotti di Pontelagolungo ad un prezzo molto inferiore rispetto al vero valore. Specie il vino, che veniva prodotto apposta per gli Elfi, con un metodo di lavorazione impegnativo e lungo. Quel presuntuoso e arrogante Elfo delle foreste! Per chi ci ha presi?! si era lamentato.

Lo zio non sopportava di non avere alternative: Bosco Atro ospitava il reame più vicino, l'unico che aveva abbastanza risorse economiche per acquistare beni dagli Uomini. I Nani di Erebor erano stati ottimi compagni di affari per decenni, ma dopo che Smaug li aveva di fatto cacciati dalla Montagna e spinti all'estremo Ovest, la situazione economica della gente era decisamente peggiorata. Rivolgersi ai vicini Elfi Silvani era stata l'unica opzione.
Archie aveva suggerito di proporre scambi commerciali a Rohan e Gondor. Regan, che origliava, aveva subito pensato: Sono reami troppo lontani, idiota! Lo zio, che normalmente ascoltava le scempiaggini del figliolo e qualche volta le avvallava, lo aveva zittito: Credo che tu sappia che esistono miglia e miglia di distanza fra noi e quei regni, vero testa di legno? Regan avrebbe pagato qualsiasi cosaper vedere l'espressione di Archie, colpito dagli insulti del padre. Poteva immaginarselo: con la bocca aperta in una grande O di sorpresa. Aveva soffocato una risata, per non farsi scoprire.

Il vecchio Stregone la salutò. "Chi è questa giovane signora?" I suoi occhi sorridevano. Le trasmisero sicurezza. "Sono Regan Monrose, figlia di Hannes e nipote del defunto Governatore Viktor Monrose." Guardò Thranduil, per vedere se l'Elfo avrebbe reagito nel sentire il nome dello zio. Del Governatore poco perspicace che aveva trovato il modo di raggirare per anni.
L'Elfo aveva un'espressione cortese, ma guardinga. "Non è il tuo vero nome." disse, fissandola. Regan lo guardò stupita. "Come lo..." stava per chiedere, ma si interruppe. Questi esseri leggono nel pensiero, si disse, sa il tuo vero nome. Devi essere sincera. E cauta.

"Sì. Roswehn sarebbe il mio nome. Ma qui mi conoscono tutti ormai come Regan."
Gandalf intervenne "Sono entrambi graziosi". Poi aggiunse con aria desolata: "E mi dispiace che tu abbia perso i tuoi cari." Di nuovo, Regan lo guardò e stavolta sorrise. Quel vecchio stava cominciando a starle simpatico. Aveva lo sguardo buono e comprensivo. "Vi ringrazio per la vostra sensibilità. Sono momenti duri per la mia famiglia" gli rispose.
Dall'esterno, un brusìo di voci si levava sempre più alto. I soldati e i civili, insieme agli Elfi, si esercitavano nel combattimento. "Comunque..." continuò lei." ...sono qui su richiesta di mio padre per ascoltare le vostre decisioni e riferirle. E so che state discutendo su ciò che potrebbe succedere nelle prossime ore."
Gandalf la guardò con rispetto e annuì. "Puoi rimanere. E ascoltare." disse Thranduil. Conosceva quel tono. Lo stesso di suo cugino, quando Regan chiedeva di presenziare ai consigli. Puoi ascoltare, ma non azzardarti a dire qualcosa. Iniziò a innervosirsi di nuovo. Fece uno sforzo per mantenere la calma, e si mise leggermente in disparte. Forza dell'abitudine.

Gandalf sembrava preoccupato per una possibile azione degli Orchi. Thranduil lo guardava come si guarda un bambino simpatico, ma non troppo sveglio. Secondo lui, lo Stregone era eccessivamente ansioso e stava trascinando nel panico anche Bard. "Se dovesse esserci un'invasione di Orchi o Goblin mercenari, la popolazione di Dale farà la sua parte" disse comunque Bard. "Ma il nostro problema sono i Nani. Abbiamo diritto ad una parte del Tesoro, ma Thorin e i suoi si sono asserragliati lassù nella montagna e non ci daranno nulla. Inutile insistere nel dialogo. Sono solo tredici, ma..."

"Tu vedi un problema dove non c'è." rispose Thranduil, lapidario. Regan era arrivata tardi, ma la conversazione doveva essere stata davvero improduttiva fino a quel punto, a giudicare dal comportamento del Re. Sembrava averne abbastanza di quei discorsi. "Il mio esercito schierato farà cedere le resistenze di Scudodiquercia e di quel manipolo di Nani. Sono ottusi, ma non del tutto stupidi."
Gandalf si agitò spazientito. "Perché deve essere solo questa la soluzione, Thranduil? Non capisci che non ha senso scontrarsi con loro, che l'ostilità fra i vostri popoli è una perdita di tempo? Gli abitanti liberi della Terra di Mezzo dovrebbero essere sempre alleati contro il Nemico più grande. Non dovrebbero cercare lo scontro fra loro." aggiunse con tono di rimprovero.
A quella frase, Thranduil si risentì. "Immagino per te sia più sensato continuare con i discorsi. Preferiresti andare tu stesso là fuori e parlare con Thorin. Prova. Forse ti ascolterà." 
E poi guardò verso Regan, che ascoltava con aria preoccupata. Dale farà la sua parte. Un momento, Bard. Che intendi dire? Noi non abbiamo un esercito. Chi vorresti trascinare sul campo di battaglia, in caso di scontro con i Nani o contro gli Orchi? Donne, bambini..? E poi, siamo sicuri che sia solo Thorin l'unico Nano che si metterebbe contro gli Elfi e gli Uomini? Dain Piediferro è qui vicino. I Colli Ferrosi. Possibile che Thorin non abbia... Il suo cervello, come spesso capitava, fu preso da un turbinìo di ipotesi.

"Perché la giovane Regan non ci mette al corrente dei suoi pensieri?" , domandó all'improvviso lo Stregone. Anche lui, al pari dell'Elfo, la stava osservando. Probabilmente si stavano entrambi chiedendo da quale manicomio provenisse quella ragazza dall'aspetto emaciato, dall'abito logoro e dallo sguardo che stava diventando spiritato. Non mangio da ieri, pensò all'improvviso. Si sentiva debole e inopportuna in quel posto. Riuscì comunque a raccogliere il coraggio e a parlare.

"Credo che dovremmo....dovreste riflettere sulla presente situazione. State sottovalutando i Nani." Gandalf si illuminò di improvviso interesse. "So che...il cugino di Thorin, Dain, vive con la sua gente non lontano da qui. E sarei sorpresa se Thorin non avesse già inviato una richiesta di aiuto. I Nani dei Colli Ferrosi sono molto più aggressivi e pericolosi dei Nani di Erebor. Meglio armati e meno propensi al dialogo. Molte volte in passato hanno sconfitto legioni di Orchi molto più numerose di loro. Hanno la guerra nel sangue." Il silenzio dei tre la esortò a chiarire. "Ho letto libri al riguardo" Gandalf si complimentò. "Toh, una fanciulla ben istruita. Ne esistono, ringraziando il Cielo!" Poi girò un'occhiata torva prima a Thranduil e poi a Bard. "Ha ragione".

Thranduil la guardava e sorrise brevemente. Ma in un attimo cambiò espressione. "Anche se Thorin chiamasse a raccolta tutti i suoi cugini sparsi per la Terra e questi portassero con loro dieci eserciti, non possono vincere. I miei numeri sarebbero comunque maggiori." Sembrava infastidito dalla possibilità di aver perso un dettaglio. Ovviamente non aveva pensato a Piediferro e questo la stupì: un Re saggio come Thranduil, con i suoi millenni di vita e le molte battaglie in cui aveva combattuto e che aveva vinto. Si aspettava da lui maggior acume.
"Dico solo che in caso di battaglia contro uno schieramento molto numeroso di Nani, od Orchi, Lord Thranduil non potrebbe contare sull'aiuto degli Uomini di questa città. La nostra è una popolazione stremata...e dobbiamo ricostruire. Questa è la priorità." aggiunse la ragazza, tenendo lo sguardo basso. Non si azzardava a guardare il re negli occhi.

Bard intervenne. "Regan, non è possibile alcuna ricostruzione senza denaro. Le ricchezze di Erebor sono la nostra speranza. L'oro dei Nani salverà la nostra gente. Questo lo capisci?" Regan si girò verso di lui. "In passato la nostra gente ha affrontato un periodo come questo. I racconti dei nostri nonni, Bard, te li sei dimenticati? I nostri antenati hanno vissuto l'attacco di Smaug a Erebor. Distrusse parte di Dale. E nei giorni, mesi, anni successivi decine e decine di uomini, ragazzi perfino donne e bambini a scavare fra le macerie per recuperare il recuperabile. E ricostruire. Certo, questa città non è tornata come era prima. Fuggire a Pontelagolungo era l'unica alternativa. Ma, noi mortali, abbiano provato a reagire alla catastrofe." Si voltò verso Thranduil che la guardava, di nuovo impassibile. "E Mirkwood non fece nulla per aiutarci, allora, se mi è stato raccontato il vero."
L'accusa cadde gelida. Regan aveva parlato con il cuore, ed era sorpresa dalla schiettezza delle sue parole.

(Attenta a quello che dici di fronte all'Elfo).

Ma cosa le stava succedendo? Suo padre, sua madre, Bard le avevano intimato cautela...ma non si sentiva affatto in vena di misurare le parole. Proprio per niente. Quell'espressione di superiorità negli occhi della creatura seduta davanti a lei...di certo, Thranduil non provava più che compassione per gli sventurati mortali. Prima di tutto, per il fatto di essere mortali. Creature inferiori agli Elfi.
La giovane sentiva il sangue ribollire. "E adesso, il grande Re cerca di comprare la nostra lealtà, con le sue offerte di cibo e promesse senza fondamento." Lo guardò in quegli occhi celesti che ora si riempirono di sorpresa. E continuò. "Io vi ringrazio per aver sfamato la mia gente, ma...chi può dire che ci concederete di avere parte del tesoro? Chi può dire se questo non sia solo un trucco per spingere le nostre povere anime verso la battaglia e rischiare la vita...per non avere niente in cambio?" Ormai la donna era un fiume in piena, ma non riusciva ad arrestarsi.

Si voltò verso Bard, che nel frattempo era impallidito."Sbaglio, o questo è lo stesso Elfo che ha irriso mio zio e mancato di rispetto al nostro popolo, rifiutandosi di pagare il prezzo dovuto per quello che noi mandavamo nel suo regno?"
A quel punto la ragazza si trovò a fissare un viso fattosi improvvisamente di pietra. I bei lineamenti aggraziati rivelarono allora una durezza inaspettata, e Regan ebbe la conferma un'altra cosa che aveva letto sui libri. Gli Elfi non erano come gli Uomini Mortali. Certo, condividevano le fattezze con loro, ma c'era qualcosa di selvaggio nella loro fisicità, che di tanto in tanto emergeva ...era la loro profonda connessione con la natura a renderli, in certi momenti, simili agli animali, più che agli Uomini. Thranduil per un breve momento somigliò a un lupo famelico, o ad un rapace. Aveva perso l'aria solenne ed enigmatica. Bard colse la tensione nel Re, e tentò di mediare. "Regan, rifletti, per favore. Non possiamo negare il nostro appoggio a Lord Thranduil e alla sua gente. Hanno bisogno anche di noi per trattare con Thorin."

Lei si voltò. "Di chi ci sarà bisogno nella battaglia, Bard? Dei tuoi figli? Di Tilda, Sigrid, Bain..." L'Arciere la interruppe. "Non nominarli nemmeno, Regan." La sua famiglia era tutto per lui, tutto ciò per cui viveva. La sola idea dei suoi tre ragazzi in pericolo lo atterriva.
La ragazza comprese e cambiò registro. "Bard, io non permetterò questo... per quanto possa valere la mia parola, io sono contraria a tutto ciò." disse lentamente. E poi vi fu silenzio. Non capiva che cosa l'avesse spinta a parlare in quel modo, aveva sentito una forza nuova e sconosciuta dentro di lei. Non si riconosceva. Gandalf stesso era senza parole, ma il suo sguardo tradiva una certa ammirazione. Quella ragazza parlava con il cuore, aveva coraggio. Lo Stregone ammirava da sempre il coraggio, in tutte le sue forme.

Parlò Thranduil. "Non è mia abitudine intrattenermi in conversazioni di questo tipo. Credo che questa città abbia bisogno di ben altra...guida. A quanto pare, Viktor e Hannes Monrose, e le loro progenie, non sono mai stati adatti alle responsabilità." Nel sentire il nome di suo padre, Regan lanciò all'Elfo uno sguardo carico di livore. Ma di certo Thranduil non ne fu intimorito. "Ad ogni modo, se i rapporti fra il mio Reame e la vostra comunità sono così dannosi, possiamo certamente concludere i nostri trattati, dopo aver risolto questa...faccenda con i Nani." Era una minaccia nemmeno troppo velata. Tenetevi il vostro vino, le mele e gli altri frutti dei vostri preziosi campi... e scordatevi il nostro oro. Bard lanciò verso Regan un'occhiata furiosa e disperata allo stesso tempo. Complimenti, Governatrice. Ora sì che questa città è condannata , sembrava dirle quello sguardo. Ora sì che abbiamo un futuro.

🌿🌿🌿

"Tu non ti rendi conto. Regan...ma sei uscita di senno? Parlare così a Thranduil?!" Bard era ancora incredulo.
Dopo aver lasciato la tenda da campo del Re, poiché lui e Gandalf dovevano discutere in privato, l'Arciere e Regan si erano recati nel Grande Salone, dove altri sfollati nel frattempo si erano radunati. "Hai fatto arrabbiare l'unico essere nei dintorni che non andava provocato, oltre a Smaug... ora pagheremo le conseguenze". La gente si girò a guardarli, poiché Bard parlava con tono di voce fattosi improvvisamente stentoreo. "Non è certo stata una dimostrazione di diplomazia!"

La ragazza rispose spazientita. "Beh...neanche l'Elfo si è comportato da grande sovrano. E' venuto qui solo per il suo interesse, e lo sai. Non gli importa che la nostra popolazione venga falcidiata dagli Orchi...o da qualche cugino pazzo di Thorin. E poi...io simpatizzo per i Nani. Combattono per la loro casa, hanno grande dignità e carattere. Non dimenticarti che i rapporti fra noi e loro sono stati ottimi negli anni passati. Eppure, quando Thorin è venuto da noi in cerca di aiuto, come lo abbiamo trattato? Mio zio lo ha umiliato. Non abbiamo nemmeno avuto cuore di aiutare quel suo compagno moribondo. Ricordi che ci hanno chiesto medicine per il giovane arciere...Kili? Oh, io non dimentico...ho ancora nella memoria i loro sguardi increduli e addolorati... li abbiamo mortificati. Gran bella figura abbiamo fatto."

Bard si girò di scatto. "Parla per te. E' stata la tua famiglia... è stato il vostro tirapiedi Alfrid a deriderli. Io li ho ospitati a casa mia, ho dato loro cibo, coperte e le armi che ho trovato. Ho provato ad aiutarli, i miei figli ne sono testimoni."
La ragazza lo guardò sorpresa. "Cosa?" Non ne sapeva nulla. "Non ho tempo ora per raccontarti tutto. Comunque, Thorin non è molto diverso da Thranduil. Entrambi divorati dalla sete di ricchezze. Purtroppo però, a noi servono disperatamente quelle monete d'oro nella montagna. E se il tuo sfogo di poco fa porterà come temo alla fine dei rapporti con Bosco Atro, ci serviranno ancora di più. Thranduil è disposto ad impegnare le sue forze accanto alle nostre per entrare ad Erebor, e questo per noi è tutto. Quella montagna, Regan, è la soluzione alle nostre sofferenze. E' il nostro futuro." scosse la testa. "Ti ostini a non capire."

"Ho pensato ad un'alternativa," disse la giovane "mio cugino suggeriva spesso a mio zio di cercare contatti con Gondor e Rohan...ecco, pensavo anch'io che potremmo chiedere aiuto a loro." Bard corrugò la fronte. "E in che modo?" chiese.
"Potremmo chiedere un prestito. Poi, una volta che Dale sia tornata al vecchio splendore e abbia ritrovato la sua florida economia, potremmo ampiamente ripagare." azzardò Regan. Bard sospirò e volse lo sguardo altrove. "Rohan è un grande regno, ma non ha risorse. Da quel che so, molti dei suoi abitanti vivono nell'indigenza. Forse Gondor ha abbastanza ricchezza, ma il suo sovrintendente è un uomo avaro e consumato dalla sete di potere...non meno di quanto fosse Viktor Monrose." poi si girò verso la ragazza. "Scusa, non avrei dovuto dirlo."

Regan non registrò la sua ultima considerazione verso lo zio, e proseguì nel suo ragionamento. "Vedi, Bard, io vorrei davvero evitare di dover essere in debito con Elfi o Nani. Sono convinta che ogni popolo, ogni razza, dovrebbe mantenere la propria indipendenza dalle altre. Vedi cosa è successo tra Nani ed Elfi? Due comunità troppo diverse entrano in contrasto presto o tardi...e questo può portare a guerre che coinvolgono tutti."
Bard la guardò. "Sebbene io riconosca una certa verità in ciò che dici, stavolta non è possibile far ricorso all'isolazionismo. Non abbiamo scelta. Thranduil ha bisogno di noi e noi, purtroppo, delle sue armate elfiche e dell'oro dei Nani. Anch'io ero contrario ad entrare in quella montagna, lo sai, ma ho deciso che porteremo qui solo la quantità di denaro che ci serve per andare avanti...lasceremo il resto a chi vorrà prenderselo. Dopo di che, potremo fare come dici tu. Penseremo solo al benessere dei nostri concittadini. Mai più scambi con gli Elfi, se non ti fidi di loro, nè con i Nani. Faremo tornare Dale il gioiello dell' Est, questo te lo prometto. Ti chiedo solo di appoggiarmi, e spero che i tuoi genitori facciano altrettanto. Le guardie della città prendono ordini da tuo padre, e ora Hannes deve guidarli, che lo voglia o no."

Regan lo osservò in silenzio, e annuì. Poi chiese improvvisamente: "Ma perché Thranduil è così ansioso di entrare ad Erebor?"
"Per quella collana." disse Bard. Vide l'espressione confusa della ragazza e continuò. "A quanto pare fra i tesori di Thror, nonno di Thorin, c'è anche una collana, molto preziosa, che in qualche modo è legata a Thranduil. Era della moglie o meglio, doveva essere sua, ma la Regina morì prima di riceverla. E' l'unico ricordo che ha di lei." spiegò Bard.

La giovane rimase perplessa. Sapeva della Regina Elfo di Mirkwood, uccisa e orrendamente fatta a pezzi dagli Orchi, ad Angmar, secoli prima. Non credeva però che il Re avesse ancora un legame così assoluto con il suo ricordo, al punto da trascinare il suo esercito in una potenziale guerra per un monile appartenuto a lei. Non sembrava, in effetti, una persona sentimentale. Quegli occhi azzurri come il ghiaccio avrebbero potuto trafiggerla solo poche ore prima nella tenda...eppure, sapeva tutto al riguardo.
Suo padre gliene aveva parlato quando era bambina, una delle favole con cui l'addormentava la sera: la fine dell'amicizia fra Elfi e Nani. Due razze che mai si erano amate nella Storia di Arda, troppo diverse, diametralmente opposte in fatto di cultura, maniere, abitudini. Tuttavia, fra Lord Thranduil, figlio di Oropher e Re degli Elfi Silvani e Thror, sovrano dei Nani di Erebor, si era nel tempo consolidata una forma di rispetto reciproco, se non di vera amicizia. Due sovrani che, a debita distanza, mantenevano buoni rapporti. Una situazione di pace che era bruscamente cessata proprio a causa di quella collana.

A quanto pareva, il Re Elfo aveva commissionato ai Nani la fabbricazione di una favoloso ornamento, disegnato da lui stesso. Thranduil era fiducioso nelle loro doti eccelse di orafi. Ma la collana era stata fatta così bene, era talmente magnifica, che Thror se l'era tenuta per sè. Aveva giustificato il suo gesto dicendo che il Re Elfo non aveva offerto un prezzo adeguato...dunque era abitudine di Thranduil non onorare i suoi debiti? si chiese Regan. O forse Thror voleva davvero quel meraviglioso oggetto solo per i suoi scrigni. Era famosa la sua ingordigia per i beni preziosi.
In ogni caso, Thranduil e il regno di Erebor avevano rotto ogni rapporto, e era stata inimicizia da quel momento. Alla luce di questo, la bramosia dell'Elfo per il gioiello poteva essere giustificata. Tuttavia, ciò che Regan non perdonava a Thranduil era il mancato intervento a sostegno della sua gente centinaia di anni prima, dopo il primo attacco del Drago a Dale. Non aveva nemmeno mandato uno dei suoi soldati ad accertarsi della situazione. Non gli importava nulla, nonostante gli Uomini fossero suoi vicini e uniti nel commercio.

"Cercherò di parlare ancora con l'Elfo, in effetti...non voglio che ci siano ripercussioni per la città." disse Regan, con amarezza. "Gli chiederò scusa...a denti stretti."
Bard sospirò, "Spero non sia inutile. Thranduil non ha un carattere morbido. Ora la sua concentrazione è tutta su Thorin, ma una volta ottenuto quello che vuole tornerà nella sua foresta, e da quel momento non lo vedremo più, nè potremo parlare con lui. Solo con i suoi emissari." Regan capiva il guaio in cui si era messa, ma in quel momento anche altri problemi la angustiavano. "Bard, dobbiamo organizzare la permanenza della gente di Pontelagolungo, trovare un riparo per la nostra gente. Bambini, soprattutto." Pensò a Edith e alla sua grande casa sulla collina. Due, tre famiglie potevano stare da lei. Si augurò che quella brontolona non avesse da ridire, almeno non in quelle circostanze. E poi le case diroccate di Dale...certo, erano un rifugio temporaneo, ma...erano sicure? Molte erano solo relitti. "Coraggio, diamoci da fare"

🌿🌿🌿

L'Arciere stava parlando con due uomini del posto, raccomandandosi di distribuire il cibo degli Elfi soprattutto ai più deboli.
Intercettò Alfrid e gli ordinò di pensare ai feriti e quest'ultimo si prostrò quasi davanti a lui, in quello che voleva essere un inchino. Lo zio non c'era più, e Alfrid aveva bisogno della protezione del nuovo potente del posto. "Farò tutto quello che posso, Sire. Sempre a vostra disposizione!" Regan fu sollevata che l'avesse del tutto ignorata. Quel fasullo le ispirava solo repulsione, non avrebbe sopportato che le saltellasse intorno tutto il tempo.

"Ricordati di mettere al sicuro le donne con figli molto piccoli." si limitò a dirgli. Alfrid si girò."Cosa? Tu mi dai ordini?" le disse con sarcasmo. "Ti posso ricordare, cara, che tuo zio concedeva a me ti darti ordini, e non il contrario?" aggiunse con un ghigno. "Tu non puoi comandare proprio nessuno, Roswehn cara. Tu non eri che una fonte di imbarazzo per tuo zio..." sibilò Alfrid, godendosi l'espressione ferita della ragazza "...oh sì, la sua nipote, pazza come la madre, che passava ore chiusa in quella libreria a immaginare mondi popolati da fate e folletti...sai, pensava di bandirti da..."
"Basta Alfrid!" lo interruppe Bard. Poi si avvicinò a quel laido ometto. "Adesso scusati con lei." gli intimò.
"Lascia stare." disse Regan. Si avvicinò ad Alfrid, che non aveva smesso di guardarla con aria canzonatoria. "Puoi divertirti a provocarmi, se vuoi...ma azzardati a parlare ancora di mia madre in quel modo...e il giorno in cui lo farai, sarà l'ultimo tuo giorno." gli disse, fissandolo.
Poi si girò e riprese il cammino. La ragazza non aveva di certo un'indole violenta, ma qualcosa in lei era esploso. Come successo nella tenda di Thranduil, ad un certo punto aveva sentito una nuova Regan sbocciare in lei, molto più ardita. Bard la seguì. "Tutto bene?" le chiese, notando il suo viso rosso dalla collera. "Quel borsaiolo ha poco da ridere ancora, lo giuro." disse lei. 

All'improvviso una voce chiamò. "Bard, perdonate, lord Thranduil chiede che voi lo raggiungiate di nuovo nella sua tenda". Si voltarono entrambi. Uno degli Elfi dell'esercito del Re era in piedi davanti a loro. Non aveva un'uniforme dorata come gli altri, era nera, con strisce argentee sul petto. Forse era il capitano.
L'Arciere guardò prima lui poi Regan con apprensione. Thranduil non aveva chiesto di lei, non la riconosceva dunque come autorità cittadina. O forse Bard si era attirato il rispetto del Re per aver ucciso Smaug, dopo tutto lui stesso aveva affrontato dei Draghi in passato e ne era uscito ferito, così si diceva. Bard era riuscito dove il grande Re Elfo aveva fallito. Comunque fosse, Regan era stata esclusa dal nuovo incontro. Non era affatto un bel segnale. "Va' pure. E' comprensibile, non sono stata cortese con lui. Portagli le mie scuse." mormorò lei, demoralizzata.
Bard si accorse della sua espressione e ribattè: "Vieni anche tu." Regan lo guardò senza dire nulla, ma poi con un cenno della testa fece di no. Non era il momento. Thranduil era già maldisposto nei suoi confronti, andare contro una sua richiesta avrebbe complicato la situazione. "No, va' tu. Davvero Bard, è meglio così. Torno dai miei genitori, mio padre aspetta notizie"
"D'accordo. Ma non parlerò a nome tuo. Dovrai chiarire le cose con Thranduil di persona. Raggiungici quando viene sera, nel frattempo cercherò di preparare il terreno per te". Bard si voltò e seguì l'Elfo.

Regan guardò il cielo diventare arancio nel pomeriggio ormai inoltrato. Presto la sera sarebbe arrivata e lei doveva pensare a cosa dire a quel superbo Re Elfo per calmare la sua collera e fargli riconsiderare i rapporti con Dale. A prescindere da come sarebbero andate le cose con Thorin, gli scambi fra Elfi e Uomini dovevano continuare.
Bard aveva ragione, Dale e la cittadina ora semi-incenerita di Pontelagolungo non avevano abbastanza risorse per stare in piedi da sole, non erano autosufficienti. L'oro dei Nani, sempre che fossero riusciti ad averne una parte, non poteva durare per sempre e chi poteva dire se Dale sarebbe davvero tornata al vecchio splendore? Era un sogno suo e di Bard, per il momento, nulla più. La realtà era che solo Bosco Atro forniva delle entrate annuali sostanziose e garantite , nonostante l'avarizia del Re.
Regan avrebbe fatto in modo che Thranduil iniziasse a nutrire rispetto per lei e dopo, dopo che quella faccenda di Thorin fosse stata risolta una volta per tutte, avrebbe spinto Bard a chiedere un cambio nell'andamento dei commerci. Sentiva dentro di lei crescere la consapevolezza di essere destinata ad un ruolo in quella città.

Era probabile che in futuro Bard avrebbe preso i pieni poteri, ma lo conosceva: la sua correttezza gli avrebbe imposto di coinvolgerla nel governo cittadino. Non avrebbe mai tagliato del tutto fuori la sua famiglia. Se doveva imparare l'arte della politica, meglio farlo velocemente. Raggiunse la madre che stava trasportando con fatica un secchio d'acqua verso il loro riparo. Le ferite di suo padre erano lontane dal rimarginarsi, le bende andavano cambiate in continuazione. "Dovremo chiedere dei pezzi di stoffa alla gente." disse Yohlande.

Purtroppo gli Elfi non avevano portato anche medicinali o materiale utile per medicare le ferite. Avevano abilità curative, ma di solito un atto di guarigione toglieva loro molte energie. Usavano con parsimonia quel potere. Inoltre, necessitavano di erbe particolari per guarire le ferite e lì intorno c'erano solo terreni gelati e boschi avvizziti. "Aspetta mamma." disse la ragazza, e si strappò l'orlo dall'abito. "Tanto questo vestito è da buttare." disse, porgendole la pezza merlettata.
"Non servirà a molto. Non abbiamo neanche un ricovero per i malati..." aggiunse, con voce pericolosamente vicina al pianto. Sua madre aveva un carattere di ferro, ma evidentemente stava cominciando a cedere. Si girò verso la figlia. "Guarda, i gemelli di Brenna...poveretti." Mentre camminavano, passarono accanto a due bambini completamente coperti di fango. Stavano giocando in una pozzanghera e la madre, seduta lontano, non aveva nemmeno la forza di redarguirli. Forse le dava sollievo vedere i suoi bimbi che, anche in quelle condizioni, trovavano la voglia di divertirsi. Suo marito non c'era. Forse era andato a cercare cibo o forse era morto, chissà. Avrebbero fatto la conta dei deceduti nei giorni a venire, e sarebbe stato dolorosissimo.

Arrivarono al punto in cui il padre si era rannicchiato. Si rivolse subito a Regan. "Cosa è successo dunque in quella tenda?" chiese, preoccupato. La ragazza decise che raccontare la verità avrebbe suscitato ancora più apprensione nella mente già provata del padre. Giunse a un compromesso con la sua coscienza e riferì solo metà dei fatti. Tralasciò la parte in cui stava per far imbestialire il Re. Tralasciò anche la discussione sui rapporti economici fra le due comunità. "...e questo è il succo: Thranduil e Bard desiderano mettere alle strette i Nani e, di fatto, farli capitolare. Lo Stregone insiste per un dialogo pacifico, ma credo non potrà fare nulla in questo senso. Il Re è ostinato."
"Ma certo che lo è." commentò amaramente Hannes. "Però in fondo è l'unica strada percorribile. Thranduil ha ragione. Thorin e i suoi nipoti non sono individui con cui ragionare, ma il loro immenso tesoro ci serve. Ricorrere alla forza è inevitabile."
"Tornerò più tardi in quella tenda e ti riferirò il resto." disse Regan. Hannes si voltò sorpreso. "Perché?" Anche Yohlande si girò. "Non c'è alcun motivo perché tu torni lì. Ora sappiamo cosa accadrà. Rimani qui, ho bisogno del tuo aiuto."
Regan arrossì. "Certo...ma potrebbero esserci sviluppi. Non mi è chiaro fino a che punto lo Stregone abbia influenza su Thranduil. A quanto pare si conoscono da secoli." Di tutte le scuse che poteva inventarsi, questa era la meno plausibile. Sperò che i genitori abboccassero e si vergognò di se stessa. "Stregoni ed Elfi sono creature magiche. Si intendono a meraviglia, non c'è dubbio. Ma tu stanne fuori, Regan. Sei fragile di fronte a loro, indifesa di fronte a cose molto più grandi di te. Aspettiamo gli eventi insieme, stai qui con la tua gente. E, insieme, preghiamo i nostri avi che ci aiutino."
"No, papà perdonami. Devo andare, è in corso qualcosa di fondamentale per le nostre vite. La scelta di altri può cambiare il nostro futuro in meglio. O distruggerlo. Quelle frasi di Gandalf su legioni di Orchi, e oscuri signori...sono troppo sottosopra, adesso. Ho bisogno di sapere, o non potrò chiudere occhio stanotte. Ti racconterò al mio ritorno." e si allontanò con passo svelto. La madre la chiamò da lontano. "Non andare!"

 Scusa, mamma.

🌿🌿🌿

Gandalf era sull'orlo di una crisi nervosa.

Quando Regan giunse alla tenda del Re Elfo, colse distintamente lo sfogo dello Stregone. "Cosa credi che voglia fare?!" stava chiedendo, presumibilmente a Thranduil. L'Elfo rispose qualcosa, che Regan non capì perché, al solito, il Re usava un tono di voce misurato. Poi lo vide alzarsi e avvicinarsi a uno dei suoi luogotenenti. Gli diede un ordine, l'ordine definitivo che sanciva l'inizio delle ostilità: voleva che la montagna fosse costantemente sotto il tiro degli arcieri, così che qualsiasi povero disgraziato che si fosse trovato nei paraggi sarebbe stato ucciso al minimo movimento.

Regan si innervosì. Dov'era finita la saggezza degli Elfi? Si chiese se Lord Elrond avrebbe agito nello stesso modo: sognava di visitare Gran Burrone almeno una volta nella sua vita. Le meravigliose illustrazioni sui libri e i racconti di chi vi aveva trascorso un periodo di tempo l'avevano fatta innamorare di quel luogo lontano. Ammirava la figura di Elrond, un mezzo sangue che, nella sua scelta di vivere la sua vita secondo le leggi degli Elfi rinnegando la sua parte mortale, aveva preservato alcuni tratti degli esseri umani, primi fra tutti, la compassione e la generosità verso il prossimo.
Thranduil era decisamente diverso dal Signore di Rivendell, era un Elfo di pura e antica razza Sindar, come il glorioso padre Oropher: da quest'ultimo Thranduil aveva preso la stoffa del grande guerriero, ma sfortunatamente aveva nei secoli sviluppato tendenza all'isolamento e grande intolleranza verso ciò che esisteva al di fuori del suo dannato bosco. I molti orrori a cui aveva assistito nella sua vita, non ultimo la morte terribile dell'amata moglie, avevano peggiorato il suo carattere. Regan non sapeva se aveva figli, ma in caso ne avesse avuti, provava sincero dispiacere per loro. Immaginava che razza di padre distante e freddo dovesse essere.

Il Re congedò il suo soldato e girò lo sguardo verso di lei. La donna provò un forte senso di disagio. Guadagnarsi il suo rispetto sarebbe stata un'impresa durissima. "Vorrei parlarvi, Lord Thranduil, se non vi è di eccessivo disturbo" provò a dire. Il Re non si mosse, ma tutta la sua persona si ergeva contro di lei come un muro.
"Non credo ci sia altro da dire." la gelò. Bard uscì dalla tenda, seguito da Gandalf, dopo aver sentito la sua voce. "Un momento...come vi dicevo prima, Regan non intendeva offendervi. Tutti noi siamo a pezzi, ma questa ragazza ha avuto una giornata terribile...vi chiedo ancora una volta di perdonarla."
A Regan dispiaceva per Bard: vederlo in difficoltà a causa sua. Come se non avesse avuto altri problemi.
"E' vero, io sono venuta qui per scusarmi con voi. Vi ho ....mancato di rispetto." Thranduil cercò, senza riuscirci, di trattenere un sorriso. Era incredibile come sorridesse sempre con le labbra e mai con gli occhi. Il suo cuore non era di ghiaccio: doveva essere proprio di pietra.
Dietro di loro, Gandalf appariva stanco e provato dalle lunghe discussioni. "Sei tornata, fanciulla, spero tu abbia imparato a tenere la lingua a freno..." e girò lo sguardo verso il Re come a dirle: hai dunque compreso con chi hai a che fare? Poi lo sguardo dello Stregone venne attirato da qualcosa dietro di loro. Si girò anche Regan per guardare. Vide un uomo piccolissimo che si avvicinava timoroso verso di loro. Non era un Uomo, in effetti, era...un Nano? No, nemmeno un Nano.

"Bilbo Baggins!" Esclamò Gandalf. Era felice di vederlo, segno che si conoscevano. Il Vecchio si rivolse a Thranduil. "Costui ci porta notizie di Thorin. Dobbiamo ascoltarlo." L'esserino, anch'egli evidentemente provato, disse: "Sì, è un piacere vederti Gandalf...e...beh, quello che vengo a riferirvi è che...i Nani non hanno intenzione di arrendersi, seppur in inferiorità numerica. Ma forse ho trovato il sistema per evitare lo scontro tra voi e loro". Entrarono tutti nella tenda, Regan compresa. Thranduil non se ne era neppure accorto, la sua attenzione era interamente sul piccolo visitatore.

"Se non vado errato, questo è il mezz'uomo che ha fatto fuggire i Nani dai miei sotterranei sotto il naso delle mie guardie". L'ometto arrossì e farfugliò delle scuse.

Regan rise.
Si girarono tutti a guardarla. Non aveva potuto trattenere l'ilarità, immaginandosi quell'altero sovrano su tutte le furie dopo aver scoperto l'incompetenza delle sue guardie. Dopo aver realizzato che quella creatura piccolissima l'aveva fregato ben benino.
"Scusate." Abbassò lo sguardo, perché se i suoi occhi avessero incontrato quelli di Thranduil sarebbe scoppiata in un'altra risata . Quella giornata si stava rivelando la più bizzarra della sua esistenza e questo l'aveva in qualche modo snervata: in meno di ventiquattr'ore ore erano avvenuti tanti fatti importanti. La città di Pontelagolungo era stata ridotta ad un cumulo di cenere, un'intera popolazione era allo sbando, i suoi parenti erano morti, aveva incontrato il potente Re Elfo di cui tanto aveva sentito parlare, uno Stregone era entrato a Dale e ora...quello strano ometto, vestito come un folletto e con uno sguardo vivace e furbo come poche volte aveva visto. Chissà perché, le venne in mente uno scoiattolo.

"Trovi divertente tutto ciò?" chiese l'Elfo. Di nuovo quello sguardo gelido. "No...è che, non ho mai visto prima un essere come questo." Regan tentò di cambiare discorso. Ci mancava solo che il Re l'avesse sorpresa a ridere di lui. "Se posso chiedere... che cosa sei tu?" chiese, rivolta al mezz'uomo. "E perché hai a che fare con i Nani?"
Il piccoletto deglutì, come imbarazzato, poi disse: "Sono un Hobbit della Contea, mi chiamo Bilbo Baggins e sto seguendo la Compagnia dei Nani. Ecco...lavoro per loro. Sono mesi che siamo in viaggio per arrivare qui a Erebor." Regan corrugò la fronte. La Contea..sì, aveva visto una regione nominata Contea su una delle sue mappe. E gli Hobbit....quel laborioso e semplice popolo, dedito all'agricoltura e alla pesca. Eccone qua uno di fronte a lei! Vivevano in comunità ridotte, ma molto solidali e...avevano qualcosa in comune con i Nani, a parte l'altezza: erano molto uniti alle loro famiglie.
Bilbo sembrò indovinare i suoi pensieri e continuò "Sì...ecco...c'è una certa differenza fra noi Hobbit e i Nani...loro hanno maniere molto peggiori delle nostre."

Gandalf intervenne. "Bilbo, prima hai detto di avere trovato un modo per evitare la guerra fra questi nostri Popoli. Che cosa intendevi dire?" Bilbò annuì e mostrò il suo tesoro: in un pezzo di tela era avvolta la Arkengemma, come la chiamò Thranduil, meravigliato.
Una pietra che Regan scoprì essere estremamente importante per la famiglia di Thorin. Per quella pietra Scudodiquercia stava rischiando la follia, era alla sua disperata ricerca in mezzo a quella montagna d'oro. Bilbo spiegò che si era impossessato legittimamente della gemma, dopo aver affrontato a viso aperto il Drago. La considerava una sorta di pagamento per il lavoro svolto per i Nani. Regan non aveva capito quale lavoro esattamente avesse svolto, ma non si azzardò a chiedere. Inoltre, si stupì che quel piccoletto fosse riuscito a sottrarre una cosa di quel valore nientemeno che a Smaug. Come c'era riuscito?
Ora, stava cedendo la pietra a Thranduil, per usarla come riscatto. Thorin poteva averla, ma in cambio avrebbe consegnato le gemme di Lasgalen a Thranduil e una parte dell'oro alla gente di Dale, che ne aveva disperatamente bisogno. Brillante trovata. Niente male, per un piccolo Hobbit di una remota regione chiamata Contea. Un Hobbit che attribuiva più valore all'amicizia che ai soldi e alle gemme preziose.

Gandalf, Bard e Thranduil furono subito d'accordo sul piano. Gandalf, chiaramente orgoglioso del suo amico, disse. "Vedo che infine la saggezza di questo piccolo Uomo ha prevalso sui vostri...desideri di guerra." guardò Thranduil. "Ora, io e il mio amico Bilbo vi lasciamo...mancano poche ore all'alba, e questo povero vecchio deve riposare. Bilbo, ti prepareremo un giaciglio. Seguimi." Anche Bard volle prendere congedo. "Torno dai miei figli. I ragazzi non mi vedono da stamane. Andiamo, Regan." I due fecero per andarsene, ma Thranduil li fermò.
"Solo un momento." guardò Regan. "C'è qualcosa di cui vorrei parlarti."

🌿🌿🌿

"Pochi esseri, fra Uomini, Elfi e Nani, hanno osato rivolgersi a me in quel modo, nel corso della mia lunga vita." esordì il Re, solennemente seduto sul trono di legno, la lunga spada in bella vista vicino a lui. Bard aveva lasciato la tenda qualche attimo prima, dopo avere lanciato a Regan uno sguardo implorante. Ti prego non peggiorare le cose, le avevano detto i suoi profondi occhi castani. Regan sentì il suo viso accendersi. "Perdonatemi." mormorò contrita, gli occhi bassi.

Aveva la sensazione di stare conversando con una scultura in pietra anziché con un essere in carne e ossa. Il gelo che proveniva dagli occhi di quell'Elfo doveva essere simile al gelo del suo corpo. Aveva sentito dire che gli Elfi avevano una temperatura corporea di molto inferiore rispetto a quella degli Uomini, poichè il loro sangue era una sorta di linfa scura, un liquido simile a quello che si trovava nelle piante. Non era il rosso sangue umano, e quindi i loro corpi emanavano poco calore, non conoscevano la febbre e altre malattie umane, non conoscevano dolore...se non quello inferto dalle armi in battaglia. E il profondo dolore dell'anima, che avvertivano in maniera più penetrante rispetto agli Uomini, per via della loro estrema sensibilità. Regan sapeva che, quando un Elfo perdeva l'amore della sua vita, la sua compagna o compagno, spesso preferiva lasciarsi morire, oppure andava ad imbarcarsi su quelle navi bianche di cui si raccontava nelle favole, quei velieri che portavano gli Elfi verso l'altra vita, ad Ovest. Verso la vita immortale.

"Non sono le tue scuse che volevo sentire, dato che sono prive di sincerità." disse Thranduil con studiata lentezza. Voleva metterla in imbarazzo. "Credo che tu intendessi davvero quello che hai detto. Non è così?" le chiese.
La ragazza sollevò lo sguardo. "Ai tuoi occhi non sono nient'altro che un ladro."
L'Elfo sembrava in attesa di vibrare un colpo feroce, lo capiva dallo scintillio dello sguardo. La giovane umana tentó una disperata difesa. "Io credo che voi siate un grandissimo sovrano. Conosco la storia della vostra vita, l'ho letta. E conosco le gesta di vostro padre. Ho molto rispetto per la nobile famiglia di Bosco Atro." disse d'un fiato, abbassando di nuovo lo sguardo. Suonava tremendamente forzata, lo riconosceva lei stessa, ma doveva provare a convincerlo della sua buona fede. Provare ad ammorbidire quella tensione fra loro due che rischiava di diventare molto pericolosa. "Quello che ho detto è stato dettato dallo...sconvolgimento in cui mi trovavo. Ho perso mio zio e mio cugino, mio padre sta male e mia madre è..."

"Basta così, ti prego." disse Thranduil. Regan lo guardò, sorpresa. "La nostra discussione del pomeriggio è stata abbastanza sgradevole, non aggiungere altre inutili chiacchiere." La ragazza scosse la testa. "Non avete capito...sto cercando di ..." non riuscì a terminare perché lo sguardo di Thranduil le stava letteralmente invadendo la mente. Era inutile opporsi: mentire con un Elfo era fuori discussione.

"Come dicevo, tu hai un'opinione ben precisa nei miei riguardi. Non ti biasimo, posso intuire cosa ti abbia detto tuo zio su di me." continuò serafico. "E credimi, rispetto il tuo dolore. So che voi Mortali piangete lungamente i vostri cari al loro trapasso, nonostante in vita questi abbiano fatto poco per meritarsi rispetto e amore." Sembrava che il Re sapesse tutto dei suoi pessimi rapporti con lo zio. Forse le leggeva nella mente o forse, dopo aver incontrato Viktor Monrose di persona, aveva immaginato che fosse un individuo poco amato, persino dai suoi congiunti. Regan cercò di sostenere quello sguardo invasivo. "Quello che sapete, o che credete di sapere su noi Mortali, è comunque più di quanto io sappia su voi Elfi. Ecco, per esempio, non credevo foste così crudeli da esprimere giudizi su coloro che ormai non sono più in vita, in presenza di loro parenti."

Thranduil inarcò un sopracciglio, poi sorrise. "Non è vero ciò che ho detto? Tu amavi tuo zio?"
"Sì, amo la mia famiglia" mentì lei. "... benché i comportamenti di alcuni suoi membri non siano stati condivisibili, benché io abbia sofferto a causa loro...erano sangue del mio sangue. Presso noi mortali, questo è un legame sacro." disse, convinta stavolta delle sue parole. Convinse anche il Re, che cambiò tono e girò lo sguardo verso l'esterno della tenda. Era notte fonda. "Per noi Elfi è lo stesso. I nostri legami sono preziosi. Specialmente...quando rimangono pochi di noi a tramandare il nostro sangue."

A quel punto, a Regan scappò una domanda, che si pentì immediatamente di aver fatto.
"Avete figli?"
Il re tornò a guardarla con un'espressione di rimprovero, come se la curiosità della donna lo avesse infastidito. Però rispose. "Sì, ho un figlio."
"Immagino che vostro figlio vi somigli." continuò lei, tentando invano la strada delle lusinghe. Thranduil rispose: "Il principe di Eryn Galen è saggio e coraggioso ed ha il temperamento altruista di sua madre."

Eryn Galen era il nome elfico di Boscoverde, che gli uomini avevano ribattezzato Bosco Atro. Regan si stupì che nominasse la moglie. Da quel che sapeva, la sua scomparsa era stata insopportabile per lui, un dolore infinito da cui non si era mai ripreso. E, pensandoci, si meravigliò che Thranduil non si fosse lasciato morire, secondo la natura elfica, dopo la scomparsa della sua Regina. D'altro canto, era presumibile che il fatto di essere Re ed avere la responsabilità di guidare un popolo lo avesse tenuto in vita. Regan era comunque sicura che questo gli avesse richiesto un enorme sforzo. Che il suo animo fosse ferito, era fin troppo evidente.

"Ti ho trattenuta qui parlarti di tuo zio, per dirti qualcosa che potrebbe chiarire le tue idee su di lui e sul perché ho preso certe decisioni in passato." disse improvvisamente l'Elfo. "Ma ora ho cambiato idea. Provo pietà per te e per la tua condizione. Ritengo non sia il momento per le rivelazioni.." si fermò per qualche secondo, poi riprese "....puoi tornare dai tuoi genitori. Sta' vicino a loro." fece un cenno col capo in direzione dei numerosi falò accesi all'esterno. " Siete un popolo forte, devo ammetterlo. Essere privati di tutto in poche ore e avere la forza di reagire. E' ammirevole."
Regan notò per la prima volta una punta di benevolenza nel suo sguardo. Si augurò che non fosse una farsa. Avrebbe voluto indagare sullo zio e su ciò che doveva rivelarle...ma era d'accordo con il Re: quello non era il momento. Era stanchissima e soprattutto affamata. Immaginava anche perché l'Elfo avesse deciso di congedarla: rammentare il dolore per la morte della moglie gli aveva fatto comprendere come si sentiva lei in quel momento.

"Vi ringrazio per la vostra comprensione e per avermi ammessa di nuovo davanti a voi. Torno dalla mia famiglia. Pregherò perché domani non vi siano scontri né violenze ad Erebor"
Prima di andarsene, scrutò velocemente l'interno della tenda e notò un canapè color ocra con dei grandi cuscini in un angolo. Nell'angolo opposto, un tavolo su cui era posata una grande ciotola con dell'uva e una bottiglia di vino con qualche calice. Vicino all'uscita, la straordinaria armatura del Re sistemata su una piantana. Un vero capolavoro di arte Elfica: ornata e impreziosita da due "ali" realizzate in maglia di metallo.

E lì, seduto davanti a lei, ancora con l'abituale sguardo indagatore, il Re, avvolto nel suo ricco mantello. Non aveva perso l'aria leggermente minacciosa. C'era ancora qualcosa che doveva dirle, qualcosa di poco piacevole. Un piccolo buffetto conclusivo sulla guancia...o forse uno schiaffo. No, non era il tipo da lasciar correre un affronto, per quanta pietà potesse provare per lei.
"Permettimi un consiglio: il nome Regan è troppo altisonante e nobile per te. Non ti si addice. Tu vieni dal popolo e questa semplicità è evidente nel modo in cui ti esprimi e nelle tue maniere. In verità, trovo Roswehn più adatto...una rosa bianca dalle molte spine. E dalla vita breve, come tutti i fiori. " Regan avvertì un brivido lungo la schiena. Thranduil sapeva sottilmente giocare con i suoi interlocutori, non c'era dubbio. "Conoscevo bene quella Regan, che tu ammiri. Una donna che si illuse di entrare nel mondo degli Elfi e divenir come noi. Una regina che abbandonó il suo popolo e in punto di morte tradì gli Eldar giurando fedeltà a Morgoth... sapevi questo?"
La ragazza trasalì. Quell'Elfo aveva perfino scoperto la sua passione per la Regina di Arnor. E non le piaceva per niente quel che aveva detto di lei. Sentì una fitta improvvisa alle tempie. "Lei e gli Elfi Verdi di Lindon vissero vicini per anni..." Thranduil continuó, alzandosi in un fruscìo di vesti e versandosi del vino ( il Dorwinion di Pontelagolungo, pensò lei, pagato un prezzo ridicolo) "...vissero in amicizia e rispetto reciproco... fino a quando lei cominciò ad invecchiare. E allora la vergogna la travolse e si lasciò morire in solitudine, in quella capanna che si era fatta costruire tra i boschi. L'imbarazzo di avvizzire di fronte agli Elfi, che rimanevano giovani con il passare dei decenni, le fu fatale e divenne il motivo della sua conversione ai culti malvagi. A quanto pare la vanità è uno dei più grandi difetti di voi donne mortali." disse, con un sorriso.

 Sì, sei mortale, e morirai, ben prima di me. Io sarò ancora qui, fra mille anni, quando di te e del tuo sangue umano non resterà che un lontano ricordo e, forse, qualche granello di polvere, le diceva quel sorriso.
Regan non si scompose. "Il mio è un nome troppo nobile, dite. Nobiltà.... è un concetto profondo e complesso, Lord Thranduil. Ho sempre pensato che non sia uno scettro a fare di qualcuno un Re. Trovo più nobiltà in una donna coraggiosa che decide di rinunciare a ciò che tutti vogliono, ricchezza e potere, per vivere secondo la propria natura. Sì, trovo più regale dignità in questo, piuttosto che nell'ostentazione di corone, ricchi abiti e preziosi gioielli. Inoltre, non ho mai letto da nessuna parte che la grande Regan avesse scelto di avvicinarsi al Male. E ora, se me lo concedete, torno da quel che resta della mia famiglia. I miei genitori mi attendono."
 
Nel dire questo, non si curò nemmeno della reazione del Re. E con questo siamo pari, Vostra Grazia immortale. Infine, ormai consumata dalla tensione e dal freddo e dalla fame, uscì a passo svelto dalla tenda.

Si augurò di non dovere rivedere mai più quella creatura.
   
 
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