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Autore: Lyla Vicious    28/08/2018    1 recensioni
E se fosse lui l'ammiratore segreto misterioso? Nah, non era così stupida da illudersi che un tipo del genere fosse il classico principe azzurro.
Assomigliava piuttosto a una versione punk e ulteriormente disadattata di un personaggio dei film di James Dean che andavano per la maggiore ai tempi dei suoi genitori.
Un ribelle senza causa, dunque.
“Toglitelo dalla testa” la fece rinsavire Margareth:” Non è assolutamente il tipo per una relazione seria.”
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Judy ormai si trovava al Sunrise Bay da alcuni giorni.

Il suo adattamento procedeva perfettamente, scandito da alcune amicizie sviluppate con le compagne di stanza.

Si trattava ancora di flebili rapporti in erba, ma comunque si sarebbe potuto considerare un inizio.

Lì all'interno del Sunrise Bay, altrimenti soprannominato “l'inferno a due piani”, a seconda delle evenienze, aveva conosciuto Margareth e Veronica.

La prima in quel momento se ne stava sdraiata supina sul letto sopra al suo, mentre la seconda tendeva a visitare la stanza soltanto quando arrivava l'ora di dormire, era una vera e propria eremita errante.

Di loro non sapeva quasi nulla, se non che la prima era praticamente reclusa lì per il fatto che soffrisse di continui episodi depressivi, mentre gli enormi solchi che campeggiavano vividi sulle braccia della seconda non avrebbero lasciato adito ad alcun dubbio riguardo alla sua permanenza in qualsiasi clinica.

“Cosa ti manca di più della vita qui fuori?” domandò Margareth torturandosi una ciocca ribelle di capelli scuri.

“Finora soltanto i miei vestiti, almeno potevo coprirmi le gambe.” ammise un'imbarazzata Judy.

“E' buffo come qui dentro si senta sempre la mancanza delle cose più stupide.”

Rimasero in silenzio per cinque minuti che sembrarono più simili a un'eternità.

Restarono immobili, ciascuna sul proprio letto, senza guardarsi.

Judy fece un lungo sospiro, e tornò con la mente a quando l'avevano mandata lì dentro.

Era accaduto tutto esattamente quattro giorni prima, quando suo padre non aveva più trovato le sue lamette da barba.

Per poi rivederle, grondanti sangue ormai rappreso, chiuse in un cassetto nella camera da letto di sua figlia.

Ne era seguito un interrogatorio pieno di tensione, finché non l'aveva immobilizzata e la madre non aveva scoperto tutto.

Era rimasti inorriditi e spaventati dalla visione delle ferite autoinflitte, la cui entità non era certo quella di una semplice sbucciatura ottenuta cadendo da una bicicletta, o quella dei graffi di un gatto, sebbene non avessero animali domestici.

E che lei quindi non avesse un felino poco attento a cui attribuire la colpa.

“Qui starai molto meglio, si prenderanno tutti cura di te.” L'aveva confortata la madre, ma Judy sapeva benissimo che si trattava di una bugia: in realtà il loro unico scopo era quello di salvare le apparenze, e una figlia che si tagliava come un affettato non forniva certo un biglietto da visita accettabile.

Li immaginava, dopo la sua partenza, a cenare all'ampio tavolo della loro altrettanto ampia e opulenta villa alla periferia di Londra.

Li visualizzava senza problemi mentre presentavano la solita immacolata facciata e ricevevano una ventina di ospiti, raccontando a tutti la classica menzogna della figlia partita per una lunga vacanza, fingendo forse di non aver mai avuto una figlia.

Tutto ciò per il semplice fatto che se ne vergognavano, di una mortificazione nera come pece, cupa e amara che li divorava come un verme solitario.

Ad ogni modo si trovava lì, e non poteva decisamente farci nulla, tanto da essersi dovuta costruire dei nuovi ritmi e quella che aveva la parvenza di una nuova vita.

Lei, che conferiva una grande importanza ai vestiti che indossava, essendo un'appassionata di moda, ora doveva muoversi con un'enorme camice da ospedale, o quantomeno avrebbe dovuto farci l'abitudine.

L'unico segno distintivo che le rimaneva era costituito dalla sua coda di cavallo.

Non conosceva la vera ragione del perché si ostinasse a legarsi i capelli in quel modo tutti i giorni, ma solo in quel modo si sentiva a suo agio, nonostante non le nascondesse il viso a sufficienza.

Era una strana contraddizione: non voleva attirare l'attenzione, eppure utilizzava una pettinatura che non le consentiva di fuggire completamente dal mondo circostante.

Com'era inverosimile che in una famiglia benestante potesse essere nata una ragazza così fragile e problematica, anche se in fondo non era il denaro a rendere qualcuno felice.

Un rumore improvviso arrestò le sue divagazioni e una degli infermieri aprì lentamente la porta:”Ragazze, è l'ora delle medicine.”

Perciò scesero nel refettorio, dove le avrebbero attese, oltre ai canonici tre pasti, le varie pillole da assumere quotidianamente.

Camminavano una accanto all'altra, quasi simili alle Charlie's Angels, dirigendosi verso la reception, dove avrebbero preso i farmaci una per una.

Quando arrivò il turno di Judy, un infermiere dai capelli biondi, quasi baciati dal sole di una vacanza estiva, le si fece incontro:”Ecco le tue medicine, alla prossima volta allora...come ti chiami?”

“Judy, mi chiamo Judy” balbettò senza alcun motivo apparente, quasi come le parole le sfuggissero dalla lingua.

Era anche piuttosto cordiale, almeno non si ritrovava il solito inserviente imbronciato.

Come si chiamava? Ah si, sulla targhetta che portava sul camice risaltava il nome “Nick” scritto a caratteri cubitali.

Non c'era alcuna necessità di presentazioni e convenevoli di varia natura, almeno si sarebbe risparmiata l'incubo di un'altra interazione sociale più o meno prolungata.

“Allora a domani, cara Judy.” le sorrise, mostrando una fila di denti curati e perfetti, quasi puri.

Faceva così con tutte?

La ragazza ne dubitò, sembrava così sincero, come se non fosse mai venuto a conoscenza del dolore universale e della negatività del mondo.

Ciononostante arrossì visibilmente e abbassò timida il viso imporporato, la gentilezza delle persone le faceva sempre questo effetto, e inoltre era un tipo niente male...

Anche Nick si congedò con una strana sensazione che faceva capolino alla bocca dello stomaco.

 

  
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