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Autore: Evola Who    30/08/2018    2 recensioni
Mentre me ne stavo immobile senza dire niente, il piccolo pubblico sotto di me iniziò a bisbigliare, confuso dal mio inaspettato silenzio, ma non mi importava.
“Leia” dissi a voce bassissima. Quasi un sussurro...
[Star Wars AU]
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Han Solo, Principessa Leia Organa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 11
Sorry….
 
 
New York, Brooklyn, 8:10 Del mattino.
 
Ero davanti alla porta dell’appartamento di Leia – fortunatamente in macchina avevo le chiavi della porta principale del codominio – busai e aspettai che mi aprisse davanti al pianerottolo, sospirando.
 
Quando la porta si aprì guardai Leia: aveva i capelli sciolti che le cadevano sulla schiena fino alle spalle, un po’ scarmigliati, la vestaglia bianca allacciata in vita e le pantofole ai piedi. Probabilmente, si era appena svegliata per aprirmi.
 
Non era colpita dalla mia presenza – probabilmente mi aveva visto attraverso lo spioncino – e mi guardava con aria irritata.
 
“Ciao, Leia…” dissi bassando la testa.
 
Wow. ‘Ciao Leia?’, Tu si come sai rompere il ghiaccio” pensai.
 
“Che cosa vuoi, Han?” mi disse seria, rimanendo al di là della porta semi aperta e probabilmente giudicando il mio aspetto non molto riposato.
 
“Volevo parlati di ieri” risposi, alzando lo sguardo. “Voglio solo chiarire la situazione, tutto qui.”
 
“Io invece ancora no. Quindi, vattene.”
 
Stava per chiudere la porta, ma misi il piede in mezzo per bloccarla, dicendo: “Aspetta”
 
Ritornò a guardarti con aria impaziente, aspettando come le avevo chiesto.
“Ho anche portato un dono di pace” gli mostrai la busta bianca di carta e gli feci vedere il logo della sua pasticceria preferita.
 
“Oh, una fetta della torta paradiso.” Era il suo dolce preferito e gliene portavo un po’ ogni volta che andavo a trovare a New York.
 
Il viso ei Leia si addolcì un po’. Ma manteneva sempre un’aria sospettosa nei miei confronti.
 
Prese la busta, dicendo con un sospiro paziente: “Entra”.
 
Mi spalancò la porta, facendomi entrare ma dandomi le spalle, mentre chiudevo la porta dietro di me.
 
“Se pensi che una fetta di torta basterà per farti perdonare, ti sbagli” mi disse mentre andava in cucina e riponeva la busta dentro al frigo.
 
 “Voglio sapere perché ieri ti sei comportato da carogna e soprattutto che cosa è per te questa…”
 
Quando si girò verso di me, notò che tenevo le braccia dietro alla schiena, dalla quale sbucava una grande busta marone.
“…relazione…”
 
Aveva l’aria perplessa, di certo non si aspettava quella busta.
“Che cosa è?”
 
“Beh… un altro dono di pace” dissi vago rimanendo fermo davanti all’ingresso con gli occhi bassi.
 
“Han, non puoi sistemare tutto con i regali” mi disse con tono paziente.
 
“Lo so. Ma è un inizio. E poi, dipende dal regalo” feci un mezzo sorriso. “È una cosa che dovevo darti da un po’” rivolsi la busta verso di lei.
 
Leia alzò gli occhi sospirando con rassegnazione, ma si avvicinò, prese la busta e tirò fuori il contenuto. Una scatola di scarpe color beige. La guardò in ogni angolo cercando un nome o il logo per capire dove le avessi comprate.
 
“Su, aprila” dissi con un mezzo sorriso aspettando con ansia la sua reazione.
 
Sopirò, si sedette sul divanetto a due posti, mise la scatola sulle ginocchia, la aprì e rimase a bocca aperta con gli occhi pieni di emozione. Mi sedetti accanto a lei, sorridendo felice per la sua reazione sorpresa.
 
“Ti piacciono?” le domandai.
 
“Sì. Sono bellissime”.
 
Dentro c’era un paio di scarpe a tacco alto bianche e argentate in stile anni 20’.
 
“Ma solo le stesse scarpe che…” iniziò a dirmi guardandomi negli occhi.
 
“Sì” dissi io. “Sono le stesse scarpe che abbiamo visto insieme a Boston in quel negozio di vestiti vintage”.
 
“Dopo che ci siamo dichiarati in macchina…” continuò Leia con un sorriso nostalgico.
 
“Erano esposte in vetrina e ti ho detto che mi piacevano tanto quelle scarpe” E finì con una piccola risata.
 
Risi anche io. Mi ricordavo ancora quel pomeriggio di fine settembre, davanti a quel vecchio negozio dell’usato, mano della mano, mentre ci godevamo il nostro primo giorno da coppia.
 
“Aspetta…” mi disse guardandomi negli occhi, questa volta con aria dubbiosa “Hai comprato queste scarpe nello stesso negozio di Boston?”
 
“Sì” risposi. Avevo guidato fino a lì dopo essere andato via dal locale e avevo comprato quelle scarpe usando i soldi che Lobot mi aveva dato per il concerto.
 
“Hai guidato per quattro ore durante la notte?”
 
“Sì.”
 
“E poi per altre tre per ritornare a New York.”
 
“Già.”
 
Mi fisava con aria stupita: “Hai guidato per tutta la notte per comprami un paio di scarpe?” domandò.
 
“Sì. E lo rifarei ogni volta che me lo dovessi chiedere”.
 
Gli presi le mani stringendole deliacamente.
“Mi dispiace, Leia” dissi sincero.
 
“Lo so, ti ho ferita moltissimo e mi dispiace. Ma… quando sei entrata nel locale ho avuto paura…”
 
Dire questa verità per me era molto difficile. Ma dovevo farlo, altrimenti l’avrei persa per sempre.
 
“Tu hai conosciuto un uomo che fa parte di un mondo diverso dal tuo. Ma non volevo che tu vedessi quel mondo…” guardai in basso facendo un lungo sospiro e continuando: “E… pensavo che se avessi visto quel mondo… ne saresti rimasta sconvolta o ferita”.
 
Mi sentivo patetico pensando che credevo a quelle parole.
 
“Han, come puoi dire una cosa del genere? Non ha senso” mi rispose Leia ma questa volta il suo tono era dolce e rassicurante.
 
“Lo so, lo so, e mi sento un idiota, credimi. Ma… è la prima volta che mi apro così tanto durante una relazione. E pensavo se mi fossi aperto un po’ di più con qualcuno sarei andanto incontro alla possibilità di essere ferito o ferire. Ma, a quanto pare, mi sbagliavo.”
 
Non capivo come mi sentivo. Un po’ ero sollevato di aver confessato queste parole, ma allo stesso tempo mi sentivo patetico a confessarlo. E mi chiedevo che cosa stesse pensando.
 
Alzai leggermente lo sguardo e continuai: “Mi dispiace di non averti difesa e di essere andato contro di te. Sana ha torto nei tuoi confronti, e anche io. Non è vero che non sai niente del mondo dei lavoratori. Siamo noi che giudichiamo troppo… mi dispiace tantissimo…” e feci un sospiro.
Eravamo in silenzo, finché Leia non lo ruppe.
 
“Han, sono sollevata che tu mi abbia confessato le tue paure. Anche se pensavo che ti fossi già aperto con me…” mi disse Leia con voce bassa. “Ma… sono felice che tu mi abbia detto tutto questo. Soprattutto vuol dire che ora sei più convinto di questa storia. E per me questa reazione sta diventando molto importante.”
 
Alzai lo sguardo e, vendendo il sorriso sereno che aveva in viso, le accarezzai le mani. Ero sollevato di sentire quelle parole e di vedere quel sorriso; anche dal tocco delle sue mani avevo capito che mi aveva perdonato.
Così, senza pensarci, la bacai sulle labbra, mettendo una mano dietro alla sua testa e stringendola all’altezza dei fianchi per farla appoggiare al mio corpo; la scatola di scarpe cadde a terra. La baciai con desiderio e dolcezza allo stesso tempo, e lei ricambiò con piacere. Probabilmente apprezzava più di me di questo bacio.
 
Quando mi staccai da lei per riprendere fiato, appoggiai la fronte contro la sua, mentre le accarezzavo i capelli e ci guardavamo entrambi negli occhi, sorridendo.
 
“Ti amo” dissi sincero e con tono dolce.
 
Era la prima volta che lo dicevo in quasi sei mesi di relazione. Eppure mi era venuto in un modo naturale e semplice. Perché era vero. La amavo. La amavo con tutto me stesso e volevo che lei lo sapesse. Anche se l’aveva già intuito.
 
Mi guardava con una leggera aria sorpresa, ma mi rispose: “Lo so.” E continuammo a baciarci.
 
“Luke è in casa?” domandai, sempre appoggiandomi alla sua fronte.
 
“No. È andato fuori con un amico” mi rispose accarezzandomi la guancia con la mano. “Tu non hai il lavoro?”
 
“No. Lo sai che nel weekend non lavoro.”
 
“Allora che cosa vorresti fare?” mi chiese con un tono incerto ma con un sorriso un po’ malizioso.
 
Feci una piccola risata per il tono che aveva usato, ma risposi: “Voglio andare a letto a dormire abbracciato accanto a te.”
 
In fondo, ero esausto. Avevo guidato tutta la notte, dopo aver cantato un’ora e mezza. Ma volevo addormentarmi accanto lei, tra le sue braccia.
 
Leia mi diede sulla guancia, dicendo dolcemente: “Okay.”
 
La abbracciai, dicendo: “Ti amo.”
 
“Lo so.”
 
E passammo la mattinata a dormire nel suo letto abbracciati, l’uno accanto all’altra. Ero felice di sentirla tra le mie braccia dopo aver fatto pace. Da lì in poi non mi sarei mai più vergognato di lei e mi sarei fregato veramente delle presone che ci avrebbero giudicato.
 
Orami Leia conosceva il mio mondo e volevo stare con me nonostante tutto.

Sa lì e poi la nostra storia migliorò ancora di più.
“Bene. Buon per me.”

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Note:
Sopresa! Ecco l'utimo capitolo di questa storia!
Lo so, penso che non sia stata una delle mie storie migliori 
che io abbia mai pubblicato... visto che, ho fatto odiare il
mitico Han Solo... (Mi sento come Lucas dopo aver
creato Jar Jar Binks...)
Ma sono molto felice che abbiate apprezata 
lo stesso.
e rigrazio a i miei cari amici:  IndianaJones25 
Sabrina Del Fico 

Per aver sempre stotenuto sulle mie storie e delle loro
parole e aiuti! Vi adoro!
Ma, ci vediamo presto, per qualcosa di originale ;) 


 
   
 
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