Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Evali    31/08/2018    1 recensioni
Spin off che scaverà in profondità nei personaggi di Rhaegar Targaryen e Lyanna Stark; un'ipotesi, o meglio, una mia versione, di come potrebbero essere andate le cose al tempo, una storia che non tratterà strettamente solo l'amore scoppiato tra i due, ma anche l'intero contesto in cui il nostro eroe e la nostra eroina vivevano, nonché gli anni del regno del Re Folle. Potrebbe esserci qualche piccola modifica rispetto alle informazioni rivelate nei libri.
Appartenente ad una saga, ma non è necessario aver letto le altre due storie per iniziarla.
Genere: Fantasy, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aerys II Targaryen, Arthur Dayne, Elia Martell, Lyanna Stark, Rhaegar Targaryen
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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Quel giorno d’estate, caldo da togliere il fiato, il piccolo Rhaegar veniva condotto da una delle balie verso la sala del trono, in cui sua madre lo aspettava per accogliere suo padre al suo ritorno da una spedizione.
Aveva solo sei anni, ma il suo visino dolce aveva già dei tratti affilati, facendolo sembrare più grande, in aggiunta al suo sguardo troppo serio per un bambino della sua età.
Rhaella lo accolse con i soliti occhi luminosi, abbracciandolo e stringendolo a sé come il tesoro più prezioso del mondo.
Quel giorno era uno di quelli in cui suo padre era di cattivo umore ancor più del solito.
Lo attesero vicini, fin quando il re dei Sette regni non entrò nella sala del trono scortato dalle sue guardie personali.
Aerys si fermò a guardare il suo figlioletto con uno sguardo che sarebbe stato capace di fulminare ogni essere vivente presente al mondo.
Si sedette sul trono e fece segno al principino di avvicinarsi.
A ciò, Rhaegar fece qualche passo avanti e si inchinò a lui come di consueto.
Aerys lo osservò ancora, mentre un ghigno di palese fastidio si allargava nel suo volto.
- Io dovrei lasciare il mio regno a te?
- A meno che non preferiate designare come erede un secondogenito che verrà al mondo – rispose a tono il bambino.
- Guardati. La bellezza è l’unica qualità che possiedi. Non hai nient’altro.
Sei un incidente di natura. Perché pensi che tutti i bambini siano nati morti dal grembo di tua madre, mentre tu no? Perché sei un incidente – di – natura – gli disse ad un soffio dal viso, scandendo bene ogni parola.
A ciò, Rhaella fece qualcosa che ognuno dei presenti, tra balie, ancelle e guardie, sperava non facesse. Si avvicinò in fretta e furia a suo marito e lo colpì con un sonoro schiaffo. – Non ti permetterò mai più di parlargli in questo modo – gli disse a voce alta e decisa.
Solo in quel momento, il piccolo Rhaegar cominciò ad avere paura. Non quando suo padre gli aveva parlato come se lo volesse morto. Aveva iniziato a sentire la paura invadergli le vene quando sua madre aveva osato alzare le mani pur di difenderlo.
- Non voleva farlo! – esclamò improvvisamente, notando la scintilla pericolosa che apparve negli occhi di Aerys mentre guardava Rhaella. – Non voleva farlo! Madre è solo molto stanca e agitata. Avete ragione padre, sono un incidente di natura e oltre al mio aspetto, non posseggo niente – disse avvicinandosi, sperando di convincerlo.
- Rhaegar … - sussurrò Rhaella guardandolo.
- Aspettami in camera, cara – disse immediatamente il re, sorridendo soddisfatto al suo figlioletto, per poi rivolgersi a sua moglie.
No, non era servito a niente tentare di convincerlo.
Le urla di Rhaella si udirono in tutta la Fortezza Rossa quella notte, come se la camera nella quale stava avvenendo la tremenda violenza non fosse provvista di mura.
Rhaegar rimase con gli occhi spalancati, sdraiato nel suo letto, mentre una delle dame di sua madre cercava di distrarlo.
- Mio principe? – richiamò nuovamente la sua attenzione lady Joanna.
Rhaegar non le rispose, restando fisso ad ascoltare quelle urla in lontananza.
- Mio principe? Questa sera non volete udire uno dei miei racconti? – ritentò lady Joanna, guardandolo intristita, seduta sul letto accanto a lui. – Sapete che quello che vi ha detto vostro padre qualche ora fa è solo una grande menzogna, vero?
- Non mi importa! – sbottò il bambino. – Non mi importa cosa mi dice mio padre! Se è vero o se è falso non mi importa … voglio solo che smetta di farle del male. Solo questo. Se smettesse, sopporterei le parole più infuocate e velenose che ha da dirmi, sulla mia pelle, ogni santo giorno, senza oppormi, e sopporterei anche che mi picchiasse sempre.
- Il vostro cuore è ciò che c’è di più nobile e buono al mondo – gli disse la giovane dama accarezzandogli teneramente una guancia.
Quella notte, pur di farlo addormentare e di vegliare su di lui, lady Joanna si sdraiò sul letto con il principino e si assopì lentamente.
Ma Rhaegar fece solo finta di dormire poiché, a notte fonda, non appena le urla di sua madre si placarono, scese silenziosamente dal letto e uscì dalla sua camera, dirigendosi verso quella della regina.
Entrò in punta di piedi nelle stanze di Rhaella, la quale era stata finalmente lasciata sola da Aerys.
Salì sul suo letto e si sdraiò accanto a lei, guardandola.
Accorgendosi della sua presenza, la donna si voltò verso di lui e gli sorrise raggiante, come sempre, nonostante ora il suo viso e il suo corpo presentassero evidenti segni rossi come il sangue e neri come la notte.
Rhaella si avvicinò maggiormente a suo figlio e lo strinse in un abbraccio, con le mani tremanti, immergendo il naso delicato nei capelli del bambino e baciandogli la fronte, ritrovando finalmente la sua ragione di vita, sentendola a contatto con il suo corpo.
Rhaegar, d’altro canto, aveva paura di stringerla poiché temeva di farle male, di toccare sui punti in cui gli ematomi erano più dolorosi.
Si allontanò solo di qualche centimetro, giusto il necessario per guardarla negli occhi con quelle iridi che, alla luce della luna, apparivano ancor più surreali per essere vere.
- Non difendermi più, madre. Ti prego.
Rhaella gli accarezzò le guance e i capelli mentre gli sorrideva malinconica. – Io ti difenderò sempre, Rhaegar.
- No, non …
- Tu non sei un incidente di natura – lo interruppe la donna, guardandolo seria, ma non smettendo mai di stringerlo a sé. – Non credere mai, MAI, a quello che lui ti dice. Tu sei un dono. Un meraviglioso dono.
- Ma tutte quelle persone che sono morte nella Sala d’Estate il giorno in cui io sono nato … lo zio, il nonno e tutti gli altri … come è successo?
- Non è colpa tua. Smettila di crederlo.
- Voglio sapere come è successo.
- Non lo so, mio tesoro … - sussurrò lei accarezzandogli ancora la guancia. – Quello in cui devi credere e che dovrai tenere sempre a mente … è che non sei come lui. Non sarai mai come lui. Tu sei dolce, coraggioso, forte, brillante, intelligente e persino talentuoso – gli disse sorridendo ancora, mentre i lividi sul suo viso etereo assumevano dei colori strani alla luce della luna. – Non lasciare che lui ti renda arido di sentimenti. Non allontanarti da tutte le persone che ti amano e che ti ameranno … Non negarti a chiunque. Quando avrai una moglie, anche se non sarà quella scelta da te ma che gli altri hanno deciso di farti sposare, lei avrà bisogno di essere amata. Meriterà il tuo sostegno, la tua presenza, il tuo amore. Non permettere che lui ti faccia smettere di amare.
Ci fa un attimo di silenzio dopo quelle parole, in cui i due rimasero in quelle posizioni. Dopo qualche minuto, Rhaegar sfiorò con la manina il ventre di sua madre. – Ti ha fatto male? Ti ha fatto male quando li hai persi?
Rhaella lo guardò interrogativa.
- I miei fratellini nati morti – spiegò il bambino. – Ti ha fatto male quando li hai persi?
- No, non mi ha fatto male, perché ogni volta che succedeva, sapevo che c’eri tu. Per questo non riesco a smettere di essere felice.
 
 
Camminò per le rovine di Sala d’Estate, per l’ennesima volta.
“Sei ossessionato da quel luogo” gli continuava a ripetere sua madre, preoccupata.
Ora che aveva quindici anni, si rendeva conto di esservi stato almeno una decina di volte, fin da quando era bambino e costringeva qualche guardia ad accompagnarlo, dato che non aveva il permesso di cavalcare così lontano da solo.
Era più forte di lui. Posò i piedi tra le ceneri, i pezzi di legno corrosi, il pavimento nero, pieno di buchi e instabile.
- Principe Rhaegar, siete qui? – chiese una voce semi sconosciuta.
Inizialmente, il giovane principe non riuscì ad associarla ad un volto, fin quando il ragazzo con qualche anno in più di lui non entrò nelle rovine.
Vestiti da cavaliere, una chioma bionda scura, degli occhi lilla e carnagione olivastra, tipica dei dorniani.
Lo aveva conosciuto quella stessa mattina alla Fortezza Rossa, sapeva sarebbe diventato la guardia personale di suo padre e di tutta la famiglia reale.
Le presentazioni non erano andate nel più idilliaco dei modi, dato che il Principe Drago era sempre estremamente freddo e distaccato con le nuove conoscenze, in particolar modo con quelle che cozzavano completamente con la sua personalità calma, nobilmente raffinata e glaciale.
Il nuovo arrivato si era inchinato rispettosamente a lui, come aveva fatto in precedenza con suo padre e con sua madre, e gli aveva rivolto i suoi servigi, seppur mantenendo un rispetto indiscutibile per la sua figura, in un modo che rivelava la sua personalità sfacciata e la sua grande opinione di sé, una sicurezza che al principe dava sui nervi.
Ed ora si ritrovava con lo stesso individuo che aveva incontrato quella mattina, l’ultimo che avrebbe voluto vedere lì, dopo suo padre.
- Siete la guardia personale del re, ser Arthur Dayne. Perché non siete rimasto accanto a mio padre? – gli chiese atono, non prestandogli attenzione.
- Non sono solo la guardia personale del re, mio principe. Ho il compito anche di salvaguardare la sicurezza di tutta la famiglia reale, e il concetto è rafforzato quando si tratta di proteggere l’erede al trono. Non ho violato nessun ordine per raggiungervi qui, poiché vostra madre si è raccomandata con me di trovarvi e riportarvi a casa, dato che avete trascorso qui l’intero pomeriggio.
- L’intero pomeriggio? – chiese il Targaryen sorpreso da quell’informazione, ma non troppo, dato che ogni volta che visitava le rovine di Sala d’Estate, il tempo scorreva in modo diverso per lui. Sembrava fermarsi.
- Sì, l’intero pomeriggio. Tra poco farà buio – rispose il cavaliere, avvicinandosi e guardandosi intorno. – Se mi è lecito chiedervelo, come fate a voler trascorrere il vostro tempo in questo luogo dimenticato dagli dèi?
Trascorsero alcuni secondi di silenzio in cui Rhaegar camminò lentamente per la sala distrutta, prima di rispondergli. – Cercare di capire cosa è accaduto qui quel giorno, mi aiuta a sentirmi meno in colpa. E, in qualche modo, respirare quest’aria, lasciarmi inglobare, mi fa sentire vicino alle mie origini.
- “Sentirvi meno in colpa”? Volete dire che le storie che raccontano su questo luogo sono vere? Vostra madre ha davvero cominciato a sentire le doglie quando il palazzo è andato a fuoco, mettendovi al mondo dinnanzi ad un tale spettacolo, mentre centinaia di persone raggiungevano la morte tramite le fiamme? Credevo fossero solo storie per esaltare la vostra figura ancor di più, fino ad elevarla al livello di mito – disse Arthur incredulo, facendo nascere un sorriso accennato sul volto del giovane principe, il quale gli dava ancora le spalle.
- Tendono sempre a divinizzare la mia figura, così come tendono a farlo con ogni membro della stirpe Targaryen. Quasi come se il mio sangue mi garantisse un posto nel cielo, accanto agli dèi, elevandomi a loro pari qui in terra. Funziona sempre così. Quando si è nella mia posizione, non si incontra mai qualcosa di vero. Tutti gli sguardi adoratori, i complimenti, le parole d’innalzamento divengono vani perché finti, basati su un’idea fasulla, mostrati a prescindere. Ad ogni modo, nonostante ciò, le storie che narrano sulla mia nascita sono vere.
- Se volete saperlo, io non vi ho mai divinizzato. Quando non ero ancora giunto qui nella capitale e tutti mi parlavano di voi  elogiandovi come foste un dio, un bambino/drago prediletto,  io credevo solamente che foste un moccioso viziato dalle troppe attenzioni che il mondo gli riservava. Nessun bambino è prediletto, nessun principe è un dio – disse Arthur, guadagnandosi finalmente uno sguardo da parte di Rhaegar, il quale si voltò verso di lui, attendendo che continuasse. – Anche quando vi ho visto per la prima volta, questa mattina, e mi avete guardato con quell’aria di superiorità, ho pensato che foste un odioso e altezzoso ragazzo che crede di poter guardare chiunque con quello sguardo freddo e sprezzante.
Rhaegar rimase piacevolmente colpito da quelle parole che testimoniavano finalmente un giudizio vero, contrario a tutti quelli che vi erano su di lui. – Non era mia intenzione rivolgervi uno sguardo sprezzante. Neanche voi mi siete piaciuto, e se sommate ciò alla mia natura diffidente e cupa che mi spinge a non rivolgere un sorriso neanche ai miei familiari se non raramente, capirete perché vi sono sembrato disgustato. Spesso riesco a fingere egregiamente, comportandomi con gentilezza e premura anche con coloro che odio o disprezzo, ma, in alcuni casi, come stamattina con voi, non riesco a fingere.
- Sta a voi farmi cambiare idea sull’opinione che mi sono fatto di voi, mio principe – gli propose Arthur accennandogli un sorriso di sfida, sghembo, ma pur sempre trattenuto per non spingersi troppo oltre con lui. Sentiva che sarebbe potuto scappare o crollare da un momento all’altro, sgretolandosi dinnanzi ai suoi occhi.
Sentiva qualcosa smuoversi da dentro, come se la mente del giovane cavaliere avesse deciso autonomamente che, da quel momento in poi, il suo scopo nella vita sarebbe stato quello di far breccia nell’animo del Principe Drago, spingendolo a ritrovare ciò che gli mancava, che aveva perduto o che, forse, non aveva mai avuto.
- Non devo dimostrarvi nulla, Arthur Dayne. Inaspettatamente, mi piace il vostro modo di ragionare, mi affascina la vostra visione del mondo. Ma di certo non vi dimostrerò alcun che.
A ciò, il cavaliere sfoderò la sua Spada dell’Alba, facendola roteare con sfacciata abilità. – Che ne dite di placare le vostre turbe d’animo con un duello con la spada? So di avere qualche anno in più di voi, ma io alla vostra età ero già più capace di tutti i cavalieri con i quali ho duellato. Sono certo che coloro che vi addestrano all’arte della spada vi lasciano vincere di proposito – lo sfidò Arthur, rivolgendogli ancora quel sorriso provocatorio.
- Il vostro egocentrismo sta inquinando l’aria – gli rispose Rhaegar, afferrando ugualmente la spada riposta nel suo fodero. – Fareste meglio a restare in silenzio e ad evitare di pronunciare frasi del tipo “Non lamentatevi se il vostro orgoglio verrà ferito”, altrimenti dirò a mio padre di farvi rispedire a Dorne con la prima nave – aggiunse attendo che Arthur facesse la prima mossa.
- Non lo avrei mai detto – rispose il più grande con un sorriso innocente ad ornargli il volto, attaccando il principe con il primo colpo.
Rhaegar lo evitò prontamente, senza neanche muovere la mano sulla spada.
D’improvviso la convinzione e la sicurezza sul volto di Arthur vennero meno, lasciando posto ad un’espressione di piacevole sorpresa.
Fu quasi sempre il dorniano ad attaccare per primo, mentre il principe rispondeva agli attacchi con una flessibilità che lasciò l’altro di stucco.
- Forse non vi fanno vincere di proposito coloro che vi allenano – disse il cavaliere, rispondendo ad un colpo.
- Vi avevo chiesto di restare zitto e di lasciar riposare i miei timpani.
Continuarono ancora per poco, poiché Rhaegar venne disarmato e si lasciò cadere in ginocchio, dinnanzi al suo sfidante, il quale avvicinò la lama della sua spada al collo del principe, facendola lievemente entrare in contatto con la sua pelle.
– Oh, avanti, non mi state neanche sfiorando. Non mi avevate fatto intendere che mi avreste trattato come qualsiasi altro sfidante? Appoggiate a dovere quella lama, vi assicuro che non morirò dissanguato per un taglietto – lo incoraggiò con una nota di strafottenza.
- Perché vi siete lasciato disarmare? Stavate andando bene, fin troppo bene, per gli dèi! Ammetto di esser rimasto piacevolmente stupito dalla vostra abilità e prestanza. Dunque, perché non avete continuato a tenermi testa? Non crederete che non me ne sia accorto.
A ciò il principe continuò a guardarlo dal basso, serio. – Vi deve essere un motivo? – chiese appoggiando le mani sulla fredda lama e spingendola di più verso il suo stesso collo, lateralmente, ferendosi sia i palmi che la gola.
- State cercando di farvi uccidere? – chiese Arthur confuso.
- No. Non ancora. Volevo solo porre fine al nostro scontro il prima possibile.
- Perché?
- Perché ho di meglio da fare.
- Come restare qui da solo ad evocare i morti e a crogiolarvi nella polvere?
- La superficialità delle vostre considerazioni …
- … è tipica dei dorniani. Potete dirlo, non mi offenderò – rispose Arthur al suo posto, interrompendolo.
- Stavo per dire “non mi è nuova”.
- Ciò non cambia il fatto che proveniamo da due luoghi totalmente opposti e che, naturalmente, voi vi sarete fatto le vostre idee ricolme di pregiudizi. La maggior parte delle volte quei pregiudizi corrispondono alla realtà, per questo non vi è nessuna offesa: a Dorne viene preso tutto con più leggerezza, la “superficialità” potrebbe essere usata come parola d’ordine in determinate situazioni, siamo più allegri, impertinenti, indiscreti, vanitosi, patriottici, lussuriosi, voraci e tanto passionali, da risultare volgari e rozzi. Ma credetemi quando vi dico che ho imparato a guardare oltre, più a fondo, cogliendo i significati più alti che voi ritenete celati ai miei occhi, molto più di quanto riesca a fare la mia gente – disse avvicinandosi di più al principe, inginocchiandosi dinnanzi a lui, ma non togliendo ancora la spada dal suo collo.
- Dunque, al contrario, io sarei arido, spento, gelido, irreale e svuotato di tutto ciò che dovrebbe rendermi vivo e umano.
- Non credo che voi siate arido e nessuno potrebbe farmi cambiare idea in ciò. I restanti degli aggettivi che avete elencato non sono così negativi come li avete fatti sembrare e come li intendete voi – disse accennando un altro sorriso e rafforzando la presa sull’elsa della spada, osservando un altro rivolo di sangue colare dal taglio superficiale del ragazzo e solcare quella pelle fino a macchiare i vestiti, in completo contrasto con essa. – Quando vostro padre e vostra madre vedranno ciò che vi ho fatto … - aggiunse ingoiando della saliva a vuoto.
- State cominciando a sudare freddo, ser Dayne? Potete sempre rinunciare e riportarmi a casa prima di fare più danni. Diremo a mio padre che mi hanno aggredito dei banditi e che voi mi avete difeso – gli propose Rhaegar con un sorriso sardonico.
- Non ci pensate neanche. Non mi convincerete così facilmente ad essere un codardo – rispose deciso Arthur sorridendo ancora. – Ed ora, alzatevi in piedi, mio principe, e date realmente il meglio di voi contro di me. Altrimenti, la considererò un’offesa non da poco conto – concluse rialzandosi in piedi e porgendogli la mano.
A ciò, Rhaegar la afferrò e si rialzò in piedi, riprendendo possesso della sua spada.
Ripresero a combattere, facendo cozzare le lame delle loro spade come se seguissero un ritmo ben preciso, fendendo l’aria secca con il loro impeto.
Arthur era impetuoso e invadente come una tempesta mentre combatteva; Rhaegar, invece, possedeva dei riflessi eccezionali assieme ad un’agilità letale, oltre ad essere tattico e previdente.
Dopo quasi un’ora di combattimento perpetuo, in cui entrambi erano giunti allo stremo, Arthur riuscì nell’impossibile compito di disarmare realmente il Principe Drago, atterrandolo con un violento colpo.
Rhaegar cadde all’indietro, ritrovandosi semi sdraiato a terra, con i muscoli indolenziti e piccole abrasioni ed ematomi in diverse parti del corpo. Tuttavia, Arthur non era in condizioni migliori, al contrario. Se la sua pelle fosse stata chiara e delicata quanto quella del Targaryen, vi sarebbero apparsi addirittura più lividi.
- Per gli dèi del cielo – disse il cavaliere ansimante, cercando di riprendersi, mentre puntava nuovamente la punta della sua spada alla gola del principe, istintivamente e per forza dell’abitudine. – Non siete affatto arido, mio principe. Ve lo garantisco.
 
Arthur Dayne salì le scalinate a grandi falcate, cercando di mantenere la calma, impresa non molto facile da quando aveva udito che il principe ereditario avesse ricevuto una visita proveniente da Approdo del Re, la quale aveva richiesto di vedere Rhaegar in privato. Le premesse non promettevano nulla di buono, oltre al fatto che il suo istinto non lo tradiva mai.
Aprì il portone che dava alla sala del consiglio senza neanche bussare, trovando Rhaegar seduto e intento a parlare con quello che sembrava … il Ragno Tessitore?
Una sensazione di viscidume nel solo vederselo dinnanzi, invase il cavaliere, il quale lo fulminò, per niente mortificato per averli interrotti all’improvviso.
Varys distolse l’attenzione da Rhaegar per posare gli occhi sul nuovo e non gradito arrivato. Gli rivolse uno dei suoi finti e melliflui sorrisi, come era solito fare, innervosendo ancor di più il dorniano. – Lieto di vedervi, ser Dayne. A cosa dobbiamo questa così brusca interruzione io e il mio principe? – gli chiese pungente, poi ritornando a guardare Rhaegar. – Egli vi interrompe sempre in tal modo, infrangendo le vostre richieste e invadendo i vostri sacri spazi personali, mio principe? – gli chiese.
A ciò, il Targaryen fece per rispondergli, ma Arthur, oramai quasi su tutte le furie, lo precedette. – Non ci provate, viscida biscia! Non vi azzardate neanche a cercare di corrompere Rhaegar o di metterlo contro di me! Ci avete provato già una volta e non ha funzionato. Sapete che siamo come fratelli. Tutto ciò che avete da dire a lui, potete dirlo anche in mia presenza – disse tagliente.
- Mi è permesso intervenire all’interno del vostro siparietto? – riuscì a prendere finalmente la parola il principe, semi esasperato. – Prima che Arthur cedesse alla sua impellente necessità di marcare il territorio e di mostrare il suo ingenuo disappunto, vi stavo per dire, lord Varys, che non è sua abitudine essere tanto impertinente. Sono riuscito a domarlo con il tempo, tuttavia, non sono mai riuscito a sopprimere totalmente il suo lato scapestrato e privo di freni, e non desidero neanche farlo, in tutta sincerità. Perdonatelo, lo fa in buona fede – disse guardando il dorniano negli occhi, mentre questo cercava di calmarsi e di darsi un contegno.
- Lord Varys non intendeva escluderti o cospirare contro di te, Arthur – continuò il principe. – Egli è giunto qui a Roccia del Drago per un motivo molto più complesso.
- Di che si tratta? – insistette Arthur guardando con insistenza Varys.
- Non intendevo recarvi scortesia o offesa, ser Dayne – rispose il Ragno rivolgendogli un altro di quei sorrisi indefinibili, il quale faceva sembrare la sua testa liscia e calva in qualche modo inumana. – Stavo solamente informando il nostro principe di un’occasione che non dovrebbe andare sprecata, conoscendo bene la sua audacia e il suo buon senso nelle questioni riguardanti suo padre il re.
- Quale occasione …? – chiese Arthur, questa volta guardando Rhaegar.
- Un torneo. Ad Harrenhal – rispose il principe.
Un sopracciglio del cavaliere si alzò manifestando la sua confusione.
- Lord Varys mi ha portato notizie da Approdo, niente che già non sapessimo, ma ha manifestato la sua aumentata preoccupazione riguardo le sorti del regno se mio padre continuerà a comportarsi da folle. Se vogliamo evitare che i sette regni sprofondino totalmente nel terrore di un tiranno assetato di sangue e di fuoco, dovremmo agire al più presto – continuò il Targaryen alzandosi in piedi.
- Cosa c’entra il torneo con l’idea di detronizzare tuo padre?
- Presto la figlia vergine di Lord Whent compirà gli anni. Il nostro principe potrebbe approfittare dell’occasione per organizzare un torneo con lo scopo di mascherare una cospirazione contro il re e detronizzarlo, prendendo il suo posto per regnare – aggiunse Varys, poi ritornando a guardare Rhaegar. - Tutti sarebbero dalla vostra parte e vi appoggerebbero nella ribellione, mio principe: i Lannister, i Tyrell, i Baratheon, i Martell, persino il Nord, a mio avviso. Il popolo ha già sopportato abbastanza, mio signore e anche noi. Abbiamo bisogno di voi, ora più che mai – insistette il Ragno Tessitore, rivolgendo uno sguardo al Principe Drago differente da quelli che usava rivolgere a tutti solitamente, una delle sue rarissime espressioni sincere e realmente supplichevoli.
A ciò, Arthur si affrettò a chiudere la porta della sala per evitare che anche una sola ancella presente a palazzo udisse ciò che stava avvenendo in quella stanza, per poi avvicinarsi maggiormente al Targaryen. – Rhaegar, ne sei sicuro? Devi esserne sicuro – gli disse facendo emergere la sua preoccupazione dagli occhi chiari.
- Solitamente sei tu quello spavaldo e io quello prudente … - gli disse il principe perplesso.
- Sì, è vero, spesso sono infantilmente spavaldo, mentre tu sei quello giudizioso … ma, in realtà, quello audace sei sempre stato solo tu, Rhaegar. Sei tu quello che ha il coraggio di osare davvero e di cambiare le cose, il che è molto diverso dalla più semplice e banale impulsività che mi caratterizza. In questi casi, il mio compito da tua guardia personale, ma, soprattutto, da tuo amico, è quello di frenare il fuoco che ti anima da dentro continuamente, quello che potrebbe spingerti talmente oltre, da non poterti più permettere di tornare indietro – gli disse lasciandolo ancor più colpito da quelle parole. – Perciò, ora ti chiedo: vuoi farlo davvero? Vuoi davvero allearti contro tuo padre e prendere il suo posto ora, rischiando di fallire e di perdere la vita nel tentativo?
Trascorsero alcuni minuti di silenzio prima che il principe rispondesse. – Mi metterò in contatto con lord Whent e con tutte le famiglie più potenti dei sette regni. Il Torneo di Harrenhal dovrà essere il più lungo della storia.  
 
 
 
   
 
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