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Autore: Corydona    31/08/2018    0 recensioni
Come in una partita a scacchi, due fazioni si ritrovano schierate l'una contro l'altra, pronte a dichiararsi una guerra che entrambe non vorrebbero. Da un lato gli Autunno, la cui potenza sembra inarrestabile, dall'altra i Primavera-Inverno, che possono contare su un'influenza senza eguali.
Una situazione di apparente stasi: apparente, perché nell'ombra i sovrani cadono e le successioni al trono sembrano più complicate del previsto. La guerra sarà dichiarata? Termineranno i regicidi? Quale delle due parti avrà la meglio?
Un'antica profezia annuncia la disfatta degli Autunno: si realizzerà? O rimarranno solo vaneggiamenti di un passato caduto nell'oblio?
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Selenia '
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 Alcune ore prima...

 Il sole era ormai alto lungo quando Giampiero rientrò al Castello. Scelse di percorrere all’inverso il tragitto che lo aveva condotto fino alla periferia di Nilerusa, sperando che nessuno lo attendesse nella camera della principessa. Si meravigliò quando, all’uscita della botola, sbucò nella stanza in cui lui dormiva solitamente durante i suoi soggiorni al Castello, ma poi constatò che quello era con tutta probabilità un effetto della magia che permeava quel passaggio segreto; anche se gli sfuggiva il suo esatto funzionamento.
 Era certo, dunque, che nessuno aveva notato la sua assenza, per cui non escogitò nessuna scusa per spiegare dove fosse stato fino a quel momento. D'altra parte non doveva spiegazioni proprio a nessuno, se non alla regina; ma Alcina sarebbe stata presto occupata con altri pensieri, ragionò tra sé e sé, tra cui quello di dove fosse finita la figlia, quindi immaginò che non avrebbe badato a lui.
 Dopo essersi cambiato d’abito, scese nei giardini per prendere una boccata d’aria fresca: doveva dare l’idea di essersi appena alzato dal letto. Vide membri della servitù affaccendarsi freneticamente, correndo chi da una parte chi da un'altra, qualcuno scuro in volto, altri con un'espressione preoccupata da cui il marchesino non poté che trarre una conclusione: la fuga di Flora era stata scoperta e Alcina aveva già dato ordine di trovarla, anche a costo di spedire l’esercito casa per casa in ogni borgo, paese o cittadina del Defi.
 Giampiero sorrise fissando pensieroso un’aiuola di rose azzurre, seduto su una panchina. La via più veloce per raggiungere il Pecama obbligava a partire da un porto nel sud del regno, che distava solo tre giorni di navigazione da Punta Salina, il promontorio più vicino alle terre a nord. Sperò che Flora, Arturo e Claudio riuscissero subito a trovare la nave che faceva al caso loro, su cui non solo la traversata sarebbe stata più veloce, ma grazie alla quale i tre avrebbero viaggiato con maggiore sicurezza, lontano da occhi indiscreti e devoti ai sovrani di Defi.
 Nessuno dei servitori gli parlò, nessuno gli rivolse uno sguardo per tutto il tempo che lui trascorse seduto lì; non che gli dispiacesse, ma si era tanto prodigato per assumere un tono e un atteggiamento innocente per poi essere ignorato dal resto della corte, che ancora doveva destarsi, e dalla servitù. Aveva ragione Flora: nessuno si sarebbe mai accorto della sua assenza, se non una persona; e proprio da questa decise di recarsi, come se dovesse ricevere delle istruzioni. In diverse circostanze si sarebbe comportato proprio in tale maniera, perciò si alzò dalla panchina e si diresse verso il Castello, senza neanche badare troppo ai raggi del sole che, obliqui, attraversavano le pareti vitree, illuminando ogni angolo della residenza reale.
 Ben presto raggiunse il corridoio in cui si trovava la Sala del Trono, da cui udì provenire delle voci e si accorse, con il cuore in gola, che erano quelle di Luciana Lugupe e della regina. Sembravano tese, quasi concitate, e Giampiero davvero non ebbe più alcun dubbio: sapevano della fuga della principessa. Rifletté in fretta sul da farsi: non era sua abitudine ascoltare dietro le porte, ma in quell’occasione non aveva alternative.
 - ...dev'essere per forza con quel plebeo - stava dicendo Alcina, con tono sprezzante. - Non è servito a molto impedire che lo incontrasse, a quanto hanno detto le guardie.
 Luciana non rispose subito a quella asserzione, ponderando cosa fosse meglio dire in presenza della donna che tanto venerava.
 - Maestà, io non credo davvero che sia con lui. Quando poi siamo rimaste sole, mi ha parlato di una certa Menta.
 Menta? Giampiero si trattenne dal sobbalzare, cercando di mantenere il sangue freddo, ma quell’affermazione da parte della Lugupe non poteva lasciarlo sereno. Certamente qualsiasi cosa di cui Luciana fosse al corrente le era stata rivelata da Flora, ma il marchesino stentava a credere che la Primavera si fosse lasciata sfuggire più di quanto necessario ad acquietare la sete di curiosità dell’altra, che non aveva avuto alcuno scrupolo nel riportare tutto alla sovrana. Non poteva fidarsi dell’erede al trono di Dszaco, concluse tra sé e sé.
 - Bene, questo cambia le cose - asserì la regina, che poi tacque.
 Di certo, rifletté Giampiero, Alcina stava già escogitando un sistema per rendere rapide le ricerche di qualsiasi donna o fanciulla che avesse risposto al nome di Menta, in modo da avere delle risposte su sua figlia nel più breve tempo possibile. Tuttavia, il marchesino si ingannava.
 - Luciana, apri la porta della Sala - proferì la voce imperiosa della donna.
 Quelle parole suonarono autoritarie alle orecchie del giovane Tirfusama, come una condanna che ricadeva sulla sua testa. Il nobile rimase impietrito, mentre la porta veniva spalancata e l’espressione accigliata di Luciana gli compariva davanti.
 La giovane era composta, piccolina di costituzione, ma elegante nel suo abito chiaro ricamato con filamenti in oro. Portava i capelli, corti come sempre da quando lui l’aveva conosciuta, tagliati appena sopra le spalle, perché sosteneva che, se durante i suoi spostamenti l’avessero attaccata, un’acconciatura elaborata e una chioma lunga le sarebbero stati d’impaccio; e non amava viaggiare con la scorta, la Luna solo sapeva per quale motivo.
 Ma Giampiero cercava dei segnali sul suo volto, invano: nessuna traccia che gli permettesse di capire per quale motivo la Lugupe avesse rivelato ad Alcina le confidenze di Flora; nessun dubbio, nessuna incertezza, solo serenità e distensione. Evidentemente Luciana non si sentiva in torto nei confronti della sua pari grado.
 Lei scrutava il marchese con curiosità: sapeva che Alcina lo aveva mandato a chiamare, ma le sembrava insolita la celerità con cui era giunto alla Sala del Trono.
 La regina,invece, come usava fare quando il re non era con lei, non sedeva sul trono, ma sostava in piedi presso le ampie vetrate spalancate, osservando la luce del sole far risplendere il Castello e bagnare con i suoi raggi le increspature delle fontane. L’acqua zampillava lieta, come in un giorno di festa, con disappunto della donna che si voltò verso Giampiero.
 L’espressione del suo viso era grave, austera. Puntò i suoi occhi chiari sul marchesino, ma non riuscì a comprendere cosa turbasse l’animo del giovane: intuì che non aveva incontrato il servo inviato per convocarlo e questo la stupì; ma rifletté che probabilmente era lei ad essere agitata per l’improvvisa scomparsa di Flora e che quel pensiero influiva sulle sue capacità di lettura del pensiero.
 - Per quale motivo non hai bussato? - domandò, solenne.
 Giampiero si inchinò e rispose. - Mia regina, avendo sentito le vostre voci, ho ritenuto opportuno aspettare che voi finiste di parlare.
 Alcina annuì. Era solita punire la più piccola insolenza, ma il Tirfusama era tanto umile ai suoi occhi che decise di ignorare quella risposta: non aveva nulla da temere dal giovane. Tuttavia non poteva lasciarsi sminuire davanti alla Lugupe. - Può darsi che tu abbia ragione, ma mi stupisco che sia rimasto dietro la porta ad origliare.
 - Non lo stavo facendo - mentì lui. - Dovete perdonarmi se vi ho dato questa impressione. Ero talmente perso nei miei pensieri che non me ne sono reso conto.
 Alcina non cessò di fissare i suoi occhi neanche per un istante dopo aver udito la sua plausibile spiegazione, ma Giampiero ebbe il giusto coraggio per sostenere lo sguardo. Non sapeva che la regina stava cercando di leggergli nella mente, ma capiva di dover compiere ogni sforzo necessario per nascondere il segreto che condivideva con Flora, sebbene non avesse la minima idea di come farlo. Probabilmente ci riuscì, perché Alcina non proferì parola per alcuni minuti, prima di rivolgersi nuovamente verso il confine lontano con lo Cmune.
 Lui allora guardò Luciana, con aria interrogativa: perché aveva tradito le confidenze di Flora? Per quanto Giampiero conoscesse la sua venerazione per la regina, non riusciva a comprendere quel comportamento e non credeva che la Lugupe avrebbe davvero messo da parte la fiducia della principessa a cui lui, invece, era devoto.
 Lei interpretò in maniera diversa l’espressione di dubbio sul volto del marchesino.
 - Flora è scomparsa questa notte - mormorò, muovendo un passo nella sua direzione. - Non sappiamo dove sia, ma dobbiamo far iniziare le ricerche il prima possibile.
 - E dove? - chiese lui, cercando di non tradire l’agitazione che lo aveva pervaso a quelle parole. Certo, aveva già intuito che Alcina aveva scoperto la fuga di Flora, ma cosa sarebbe stato opportuno fare se la sovrana lo avesse coinvolto nelle ricerche? Darsi alla macchia e fuggire anch’egli , o fingere di assecondare i suoi desideri, con il timore di venire scoperto?
 Luciana scosse la testa con un sospiro. - Non lo so.
 - Non è possibile che sia solo andata in giro come Erik mi ha detto che fa spesso? Forse è solo un falso allarme - mormorò Giampiero. Se fosse riuscito a calmare le acque, Flora avrebbe guadagnato tempo per raggiungere il porto nel sud del regno; con un po’ di fortuna lei e gli altri due sarebbero salpati prima di sera.
 - Non credo: le ho detto che oggi saremmo partite per lo Cmune - spiegò Luciana sottovoce. Era convinta che il dubbio del marchesino fosse lecito, per lui che non conosceva bene gli intrighi di corte: lo vedeva abbastanza di rado nel Defi e non ricordava una sua presenza alla corte di Guglielmo. Gli incarichi che gli venivano assegnati lo vedevano molto spesso lontano dalla realtà di quei regni: che si ingannasse era possibile. La fanciulla dello Dszaco non avrebbe potuto immaginare che ad essere ingannata era proprio lei. - Lei non vuole sposare Nicola e pur di non sposarlo è disposta a scomparire - aggiunse, dandogli un’informazione che lei riteneva preziosa, ma che in realtà Giampiero già conosceva.
 Alcina ascoltava le loro parole, che le giungevano alle orecchie come un soffio di vento lontano. Percepiva il battito del cuore accelerato nel marchesino, ma credeva di sapere a cosa fosse dovuto; e sua figlia c’entrava ben poco. Riusciva a comprendere un confuso stato d’animo, che oscillava tra più partiti, senza tuttavia comprendere quali; poté solo distinguere in un secondo momento un sospiro accennato ogni qualvolta Luciana gli rivolgeva la parola. La regina concluse che probabilmente non ne era ancora consapevole, o che forse cercava di seppellire nel fondo del suo cuore qualsiasi emozione. Eccezion fatta per la nostalgia per il Pogudfo, Giampiero Tirfusama era sempre stato restio a condividere quanto covava nel suo animo.
 E Alcina lo sapeva: aveva più volte scandagliato i suoi sentimenti, in occasioni molto differenti tra loro. Luciana, invece, era un vero e proprio libro aperto per la donna più potente di Defi. Ogni sua parola era sincera, ogni gesto dettato dal desiderio di compiacere la regina: sarebbe stata un’ottima alleata, in un futuro non troppo lontano; perciò la sovrana aveva cara quella puerile devozione da parte della Lugupe.
 Solo dopo alcuni minuti di silenzio si voltò verso entrambi, con un'espressione risoluta: aveva stabilito quali compiti assegnare ai due giovani.
 - Luciana, ho bisogno che tu vada dal principe Nicola e che lo avverta di cosa sta accadendo - disse, con un tono che non ammetteva repliche, sebbene il suo ordine fosse mascherato da richiesta e formulato come una cortesia.
 - Ma, Vostra Altezza, non sarebbe più semplice inviargli una lettera? - obiettò lei, titubante. Già aveva assecondato il desiderio di Nicola, giungendo nel Defi; riteneva che ormai per lei fosse giunto il momento di ritornare a casa, nello Dszaco. - Non credo che il mio viaggio sia necessario.
 - Non si tratta solo di Flora - spiegò Alcina, risoluta. I suoi occhi riflettevano un bagliore quasi rabbioso, che, nonostante lei cercasse di nasconderlo, non sfuggì agli altri due. Qualcosa di insolito smuoveva l’animo della regina e presto i giovani nobili avrebbero scoperto di cosa si trattava. - Ho ricevuto una convocazione per la Conferenza dei Lupfo-Evoco. Viene convocata solo per questioni al di sopra dei Regni, sai cosa significa?
 I Lupfo-Evoco, l’adunanza più antica che univa i regni e le dinastie dei sovrani di tutta Selenia. La loro convocazione era un evento quasi straordinario: c’erano state generazioni che non avevano mai assistito a una delle Conferenze. Vi si ricorreva solo per situazioni estreme e di difficile risoluzione, quando affidarsi agli ambasciatori e alle loro versatili capacità non era sufficiente.
 - Significa che decideranno il da farsi riguardo la morte di Re Guglielmo - rispose Luciana mestamente, abbassando lo sguardo.
 L’evento di più elevata urgenza e che più premeva a molti doveva essere proprio quello, addirittura più delle conquiste di Raissa Autunno. Non era assurdo che nessuno avesse pensato di convocare i Lupfo-Evoco per placare la sete di conquista della principessa del Ruxuna, perché in tal caso ne avrebbero potuto fare richiesta solo i rappresentanti dei regni sottomessi con la forza; ma la giovane era stata abile a tirare dalla sua parte i nobili di quei territori ormai assoggettati al suo dominio.
 Alcina annuì. - Non credo che abbiano chiamato anche Nicola, quindi è mio compito, in quanto futuro marito di mia figlia, informarlo dei Lupfo-Evoco. Nella situazione attuale, cioè con Flora che ha deciso di sparire, sono costretta a rimanere al Castello, per non lasciarlo senza alcun membro della famiglia reale. Ho riflettuto molto su chi poter inviare in mia vece ai Lupfo-Evoco, e ho deciso che sarai tu.
 Lo sguardo della sovrana si perse a osservare il riflesso del sole sull’opposta parete di cristallo. Vi intravide il verde del giardino, lo sfavillio generato dalle fontane… la sua piccola oasi in una terra destinata allo scompiglio. Presagiva una catastrofe, sebbene le fosse ostico distinguere di quale portata e in quale punto di Selenia avrebbe avuto luogo.
 Luciana sorrise orgogliosa, fiera del compito che le era stato assegnato. - Io? - esclamò, quasi sorpresa.
 Alcina scosse la testa: come aveva potuto la Lugupe ingannarsi a tal punto? Era una questione delicata e se ne sarebbe dovuto occupare il migliore degli uomini a disposizione del regno. - No, non tu. Tu andrai nello Cmune; anche se i Lupfo-Evoco si riuniscono a Mitreluvui, non sarai tu a presiedere al mio posto: lo farà il nostro caro marchese.
 Il viso di Luciana si fece cupo, scoraggiata per l’illusoria possibilità di servire concretamente la sua regina. Giampiero, invece, le rivolse un sorrisetto compiaciuto, come se sapesse che lei non sarebbe mai stata all’altezza di un tale onere. Che lei avesse davvero creduto di prendere parte alla Conferenza gli sembrava divertente, a tratti infantile: come se l’erede dello Dszaco non vedesse l’ora di esercitarsi prima di divenire regina, di provare a giocare con i soldatini di qualcun altro, prima di sciupare i propri. Ma il marchesino era ben consapevole sia delle proprie qualità sia della scarsa capacità della Lugupe di farsi rispettare in un ambiente frequentato da uomini e donne molto più anziani ed esperti di lei. Mancava totalmente di carisma, sebbene impiegasse ogni energia per farsi benvolere.
 - Dovrai fare in modo che il Principe Nicola non venga accusato, né processato o, peggio, condannato in sua assenza per la morte del padre - proseguì la regina, rivolta verso di lui, scrutando la gioia che pervadeva l’animo del giovane marchese come se potesse vederla chiaramente davanti ai suoi occhi o toccarla semplicemente allungando una mano. La sua veste smeraldina brillò sotto i raggi del sole che si erano intrufolati nella sala, donandole un’aura di sacralità.
 - Qualcuno davvero crede che Nicola sia responsabile della morte del padre? Perdonatemi, ma è un'ipotesi assurda - disse Giampiero. Alla luce dell’accordo tra il principe Lotnevi e la principessa Primavera di non sposarsi, escluse che Flora avrebbe riposto la sua fiducia in qualcuno in grado di uccidere il proprio genitore a sangue freddo. Avere la fiducia di lei, significava avere incondizionatamente anche quella del marchesino.
 Alcina sospirò, muovendo la mano in aria, in segno di diniego. - No, non lo è. C'è chi sarà disposto a incolparlo e alcuni saranno inclini a credere a tali sciocche insinuazioni. Certamente ti occorrà del denaro per corrompere i rappresentanti di qualche regno minore: prima di partire torna da me, così ti darò quanto necessario. Non permetterò mai che la figura di Nicola Lotnevi venga macchiata da un oltraggio simile. Tu sei il miglior diplomatico che abbiamo a corte: ripongo in te la massima fiducia e nelle tue mani le sorti dell’accordo preso da me e il tuo re con Guglielmo e Felicita di Cmune.
 L’accordo a cui la sovrana accennava era il matrimonio dei due eredi, che avrebbe permesso un’alleanza più solida e duratura tra le famiglie. Giampiero scacciò il pensiero, soffermandosi per un istante a contemplare la figura di Luciana, che era arretrata di qualche passo, come dovendosi fare da parte per occupare il giusto posto che le spettava, in un angolo: in una gerarchia improvvisata lei, in quella sala, valeva addirittura meno di un marchese di una casata decaduta, che stava riacquisendo un certo credito soltanto grazie al suo lavoro di ambasciatore.
 - Sarà un onore per me - disse dunque, riconoscente, con un piccolo inchino.
 Alcina, in silenzio, gli indicò su un tavolo in fondo alla sala una lettera da portare ai Lupfo-Evoco come rappresentante del Regno di Defi, che il marchesino afferrò con diligenza. La regina diede un ultimo incarico a Luciana, prima di congedare i due giovani: - Da' ordine di cercare tutte le ragazze di nome Menta che vivono nel Regno.
 Giampiero dovette mascherare il suo turbamento nell’udire quelle parole, e lo fece abbassando cerimonioso il capo prima di lasciare la Sala del Trono, seguito dall’erede di Dszaco.
 - Aspetto che voi prepariate i vostri bagagli e partiamo? - propose lui, una volta rimasto solo con Luciana. La loro destinazione era la medesima, per cui pensò che non sarebbe stata una cattiva idea proporre alla Lugupe di viaggiare assieme.
 - Non posso rallentarti, dovrai fare in fretta - obiettò lei, inarcando un sopracciglio, ancora seccata per la pessima figura che aveva fatto al cospetto della regina. - E io devo occuparmi di un’altra questione prima di andare via dal Defi.
 Menta… Giampiero decise in un istante che l’avrebbe portata con sé per evitare che subisse le ire di Alcina. Si sentiva in qualche modo responsabile della sorte di quella fanciulla dai capelli fulvi che l’aveva accolto nella sua umile casa di campagna quella mattina.
 - E non volete avermi intorno - disse invece, inespressivo, alla principessa.
 - Preferisco non averti intorno, già - rimarcò Luciana, risentita. La presenza del marchesino le ricordava la sua inadeguatezza, la sua inferiorità a cui, nonostante tutti i suoi sforzi, non era riuscita a porre dei ripari.
 - Mi spiace - mormorò Giampiero, abbassando lo sguardo. Supponendo che lei non avesse più nulla da aggiungere, le diede le spalle e si incamminò nel corridoio, allontanandosi.
 Luciana lo osservò fino a quando non scomparve dalla sua visuale. Davvero gli dispiaceva che Alcina non avesse scelto lei per i Lupfo-Evoco? Il tono sembrava sincero, ma lui quanto lo era realmente? Poteva capire quanti sforzi lei facesse per attirare i favori dei sovrani degli altri regni con risultati più che deludenti? No, di certo: il marchesino Tirfusama riusciva in tutto, e vi riusciva in maniera eccellente. Quante volte aveva dovuto sopportare gli elogi che venivano decantati sulla sua saggezza e sulla sua capacità di venire sempre incontro alle esigenze di ognuno? Non avrebbe saputo contarle. Lo invidiava: Giampiero riscuoteva successi nel campo in cui voleva ottenerne lei senza nessuna fatica. E quell’ultima umiliazione ricevuta era per Luciana insopportabile.
 Tuttavia il suo momento sarebbe arrivato, ne era certa; e in un futuro non troppo lontano.

 

   
 
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