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Autore: Lyla Vicious    31/08/2018    1 recensioni
E se fosse lui l'ammiratore segreto misterioso? Nah, non era così stupida da illudersi che un tipo del genere fosse il classico principe azzurro.
Assomigliava piuttosto a una versione punk e ulteriormente disadattata di un personaggio dei film di James Dean che andavano per la maggiore ai tempi dei suoi genitori.
Un ribelle senza causa, dunque.
“Toglitelo dalla testa” la fece rinsavire Margareth:” Non è assolutamente il tipo per una relazione seria.”
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Gemiti e respiri affannosi riempivano lo spazio minuscolo e limitato del ripostiglio, l'alcova che Mike utilizzava per consumare ogni rapporto sessuale.

Quella volta aveva scelto Frances, una ragazza bionda dalle forme prorompenti vagamente somiglianti a quelle di Marilyn Monroe.

L'aveva osservata e le aveva allungato un bigliettino, come faceva di solito, se era costretto a dover sostenere il primo approccio.

Ormai si trattava di una strategia collaudata, che non falliva mai.

Dopodichè, lei gli aveva sorriso con fare malizioso e, una volta visto in corridoio, gli aveva fatto palpare uno dei suoi seni ampi e turgidi dall'eccitazione.

Ora si trovava lì, dedicandosi all'esplorazione del suo corpo, come di una nuova terra incontaminata, mai sfiorata da anima viva.

La toccava in mezzo alle gambe in maniera quasi rude, violenta dal desiderio sessuale che lo pervadeva, quasi fino ad ucciderlo e ad accecarlo.

La ragazza gemeva, per quanto tentasse di trattenere ogni mugolio.

Era soltanto una ninfomane dagli ormoni impazziti, come almeno la metà della popolazione del Sunrise Bay, una ninfomane intenta a scopare con uno sconosciuto, ma in quell'istante anche quel dettaglio perdeva importanza.

Era come drogata, inebriata da quel potente afrodisiaco che era il sesso e intontita da un piacere carnale che si mescolava ad un dolore primitivo, ad un torpore osceno, un formicolio che le annodava lo stomaco.

Si eccitava con i suoi stessi gemiti, mentre Mike le tastava spudoratamente i seni scoperti in un secondo di foga.

Dal canto suo, il ragazzo tentava di distogliere la mente da un pensiero martellante, quasi ossessivo.

E allora aveva proposto quell'incontro sessuale, quella sveltina, da consumarsi come una sigaretta, con un'emerita sconosciuta, una ragazza senza neppure un nome utile a stamparla nella sua memoria.

Le sue dita scavavano senza ritegno tra le pieghe della zona più segreta di Frances, inviandole scariche di dolce piacere, inumidendole le mutandine, già infradiciate, e facendola sussultare senza tregua.

Ci mise un secondo ad arrivare all'orgasmo, da quanto era in preda all'eccitazione.

Quasi urlò, mentre Mike, non volendo essere udito da nessuno -neppure dall'eventuale custode di passaggio- le tappava la bocca con la mano grande quasi come un guantone da baseball.

“Ora è il tuo turno.”

gli disse, guardandolo dritto negli occhi e ammiccando, abbassandosi verso l'evidente protuberanza dei suoi genitali, nascosta a fatica perfino dal camice che indossava.

Almeno era lieto e insieme sollevato che il suo corpo continuasse a rispondere agli stimoli esterni, a funzionare a dovere senza metterlo in situazioni di défaillance imbarazzanti.

Poteva ancora utilizzare il sesso come modalità di evasione, per scappare dai propri problemi, come quella ragazza che continuava a tormentarlo.

Quella ragazza, sì.

Mike chiuse gli occhi e si concentrò sul momento presente, svuotò completamente il proprio cervello e fece un respiro profondo, mentre Frances gli sollevava il camice fino alla vita.

La ragazza gli disse di toglierselo, o quantomeno di aiutarla.

Lui eseguì, tentando di persuadersi del fatto di doversi divertire e distrarre.

Successivamente Frances gli tolse le mutande, liberando la sua ormai palese erezione.

Cominciò a masturbarlo lentamente, con movimenti decisi dal basso verso l'alto, avvicinando le labbra al suo membro.

Mike chiuse lentamente gli occhi e provo a lasciarsi andare, perdendosi nella bolgia confusa della sua mente, o di come sarebbe dovuta essere.

Insomma, in fondo era con una bella ragazza, di cosa si preoccupava?

Ma saresti dovuto essere da lei

“Smettila!”

Serrò le palpebre con uno scatto, come a voler scacciare quel rapido pensiero, rapido e invasivo.

Aprì gli occhi e smise di ansimare, tanto che Frances si bloccò a propria volta e liberò la bocca:”Tutto bene?”

“Sì, ricomincia per favore. Perché ti sei fermata?” tagliò corto il ragazzo.

Perciò lei riprese, velocizzando ulteriormente i propri movimenti.

Lui immaginava tutto, mentre le stringeva il seno.

Il suo corpo, le sue tette, i suoi capezzoli turgidi come sassi e la sua figa bagnata...

Come vorrei che al suo posto ci sia...

come si chiamava? Non aveva importanza, comunque.

Il suo cervello cominciò a generare un altro flusso di pensieri, ormai incontrollato.

Come diamine si chiamava quella ragazza che vedeva ogni giorno in mensa?

Quella che gli aveva rotto il Walkman.

No, doveva fermarsi.

Tutto questo non aveva alcun senso.

“Smettila...” biascicò, come intontito.

Frances non gli diede ascolto e proseguì incurante delle sue parole.

“Smettila cazzo!” Quasi gridò, da quanto era imbarazzato dalla situazione, spazientito dal fatto che quella troia non gli desse il benchè minimo ascolto.

“Che c'è, cos'hai?”

“Niente, vai via, levati dal cazzo.”

“Ma...”

“Ho detto di levarti dal cazzo.”

“Vaffanculo.” sibilò lei, sbattendosi la porta del ripostiglio alle spalle.

 

Mike, completamente solo, disse a bassa voce:”Ho proprio bisogno di una birra.”

Cosa cazzo gli stava succedendo?

Prima il maledetto giorno in cui gli si era rotto il Walkman e poi questo...

non aveva certo intenzione di innamorarsi, non dopo aver perso Theresa, il suo primo amore.

Si era promesso che non sarebbe mai più accaduto, mai in vita sua avrebbe più perso la testa per un'altra, perché tanto l'avrebbe abbandonato, prima o poi.

Tanto lo avrebbe lasciato, o si sarebbe uccisa, come Theresa.

Teresa.

A pensarci sentiva quasi le lacrime che tentavano di oltrepassare la barriera segnata dalle palpebre.

Si era suicidata l'anno prima, per una depressione che la stava lentamente divorando.

“Non ce la faccio più, questo mondo non è fatto per me.” gli aveva confessato.

A nulla erano valse le suppliche del ragazzo, e Theresa Dover era morta a quindici anni, soffocata da un barattolo di antidepressivi.

Solo quindici anni.

No, non poteva in nessun modo andare così, non di nuovo.

Aveva dunque deciso di non aprire più il suo cuore a nessun'altra.

Mai più.

Queste le sue parole, il suo monito.

Non avrebbe sofferto mai più.

Ma ora era arrivata quella ragazza bionda con la coda di cavallo, e stranamente la sua mente era andata in titl, non riusciva a farne a meno, nonostante fosse una completa sconosciuta.

Doveva fare in modo di poterla vedere ogni giorno, anche se soltanto per una manciata di secondi in mensa o in cortile, quando passeggiava avanti e indietro con le sue amiche.

Scosse la testa:”Dannazione Mike, ti stai comportando come un idiota.” si rimproverò.

 

 

  
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