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Autore: Mistress Lay    10/07/2009    16 recensioni
Il bambino lo guardò con i suoi occhi bagnati di lacrime, gli rivolse un sorriso immenso, che illuminò tutto il suo viso. Così diverso da tutti i bambini che Itachi aveva mai conosciuto, mai osservato. Gli comunicò una forza straordinaria, indicibile. Perchè quel bambino ferito nel corpo e nel cuore aveva ancora un sorriso da donare.** ItaNaruIta, SasuNaru
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Itachi, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: Spoiler!
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Piccolo Consiglio:

Per comprendere meglio i presenti snodi rileggetevi, o meglio, riportate alla memoria i capitoli dal 221 al 225 del manga.

Enjoy!

 

 

*

 

 

- Perché mi punti contro la katana, Itachi? -

 

Il tono guardingo del padre, il modo con cui protegge con il proprio corpo la moglie, dietro di lui. Il suo tono allarmato ma controllato, gli occhi sgranati della madre.

Mikoto non è una donna debole ed è a una madre, per questo non può temere il figlio, nemmeno quando questi si presenta a casa in vesti da ANBU, con una katana in mano e uno sguardo totalmente apatico di chi è lì solo per adempiere ad una missione.

Conosce bene che cosa comporta una missione, lei stessa è una ninja, conosce i suoi doveri.

Eppure, pur conoscendo il suo dovere fondamentale di riporre la sua lealtà nell’hokage, Mikoto aveva preferito rinfocolare la rivolta degli Uchiha, ben conscia del ruolo in cui la metteva tale situazione. Si era aspettata qualsiasi ANBU alla porta di casa a reclamare la loro presenza al tribunale per alto tradimento, ma non aveva mai immaginato del figlio.

E invece eccolo lì, davanti ai suoi occhi, il suo Itachi.

L’hokage sa.

L’hokage non solo sa del coup d’état progettato dal clan Uchiha, ma è consapevole persino che qualsiasi ninja non avrebbe potuto fronteggiarli. Per questo aveva mandato loro la sua arma nascosta, la sua arma più pregiata, più ammirata. Un altro Uchiha.

Ancora, gli occhi onice della donna non sono sgranati dalla paura, nessuna delle sue mani corre in tasca alla ricerca di un’arma, proprio come aveva fatto il marito, già pronto a difendersi attaccando a sua volta.

Una madre non può temere il figlio, Mikoto non può temere un bambino che aveva abbracciato, baciato e cresciuto. Una madre non può temere di fronte al guerriero armato che è il figlio.

Nemmeno se quello stesso figlio è coperto di sangue. Lo stesso sangue che le scorre nelle vene.

 

- Perché? – domanda con voce spezzata. Non un “perché” di confusione genuina o sbalordimento puro. È lo stesso “perché” che gli aveva rivolto Shisui prima di morire. Itachi lo ricorda bene, è lo stesso “perché” che lo rincorreva nei suoi incubi.

 

“Arrendersi” non è una voce lessicale univoca.

C’è una differenza abissale tra Shisui e Mikoto.

 

Shisui era un adolescente che si vide davanti un traditore nelle spoglie di un fratello, Shisui sapeva di non avere altra via di fuga, Shisui non avrebbe mai potuto fare niente contro Itachi ed era consapevole di parte degli scopi dell’altro. sua madre, invece, è tutt’altra cosa.

Sua madre. Il suo arrendersi è qualcosa di diverso, di crudo, di crudele. Non è rassegnazione, ma accusa.

Eppure Itachi non può tirarsi indietro, non ora, quando il quartiere Uchiha era disseminato di cadaveri e questi stanno soffocando nel loro sangue, occhi vitrei ancora sbalorditi che l’ultima immagine della pupilla era stata il loro eroe, il loro Itachi, a ucciderli. Uno ad uno.

 

Mikoto osserva il figlio  e non capisce.

Non capisce perché lei, ninja rank chunin, debba morire così, nella sua stessa casa, per le mani del suo primogenito.

 

Cerca di muovere un passo ma Fugaku la trattiene: - Mikoto, no… -

- È mio figlio – sussurra la donna. È il mio bambino. L’ho fatto nascere io, l’ho cresciuto, l’ho incoraggiato sempre, lo amo… è il mio Itachi.

La punta della fredda katana si posa sulla gola candida di Mikoto: - Perché? – domanda nuovamente, l’incredibilità spezzata, e l’accusa tange l’aria, questa volta più violentemente, pregna della consapevolezza – Sei mio figlio… -

Itachi reclina il capo di lato, come se soppesasse la constatazione, come se si aspettasse, fino alla fine, che la madre lo rimproverasse piuttosto di essere figlio di Uchiha e come tale, di dovere la sua lealtà alla famiglia.

È solo un attimo, un attimo di incertezza, poi torna ad assumere la stessa freddezza di prima: - Sono figlio di Konoha, mamma –

 

Un movimento fulmineo, sangue purpureo che sgorga dalle ferite.

Il tempo di un istante.

 

- Oh Itachi… -

 

 

 

*

 

Capitolo XIII – Alla deriva

 

 

 

La finestra era semiaperta, anelante refrigerio, e il vetro rispecchiò il riverbero della luna pallida nel cielo e la Konoha deserta tutt’intorno.

Con mano attenta scostò leggermente l’imposta, il vetro scorse dai cardini, un rumore lieve come un fruscio, e un alito di vento penetrò nella piccola stanzetta. I polpastrelli si ritrassero, lasciando sulla superficie vitrea una piccola traccia di sangue.

La luce lunare non rendeva giustizia ai capelli di Naruto, anzi, ne stemperava i riflessi, era sole l’unico che dovesse accarezzarglieli, non quelle dita pallide.

Era lì, steso nel suo futon, accartocciato su sè stesso come se cercasse affetto, dormendo il sonno degli innocenti, incurante della tragedia che si era appena svolta a pochi chilometri di distanza, incurante della presenza dello sconosciuto nella sua stessa casa, lo stesso sconosciuto che era di ritorno dalla carneficina dei suoi parenti.

La mano guantata dell'ANBU dagli occhi color del sangue si allungò sul volto del bambino: sarebbe bastato solo un gesto per togliergli la vita, per rendere il respiro del bambino addormentato vano, sarebbe bastato poco e il legame che lo legava a Naruto si sarebbe spezzato.

Un solo gesto e quella mano pregna di sangue avrebbe mietuto un'altra vittima, ma una vittima trascurabile, che nessuno avrebbe vendicato.

Tutto sarebbe stato più semplice... e di certo molto più vuoto. Se gli si toglieva Naruto, che cos'altro gli sarebbe rimasto?

La mano del ninja si avvicinò ulteriormente per poi posarsi sulla spalla del più piccolo e strattonarla con urgenza.

Gli occhi azzurri di Naruto si spalancarono immediatamente, un velo di sonno ad appannarglieli, ma dopo qualche secondo era vigile, seduto su futon, con un sorriso incerto sulle labbra che pian piano si spense.

Itachi non gli diede tempo di accennare a nulla, sapeva bene come Naruto lo vedevano: i capelli scomposti, senza nessun copricapo a tenerli in ordine, occhi rossi di sharingan, la pettorina ANBU macchiata di sangue... forse la patina di luce che aveva avvolto la figura dell'Uchiha agli occhi di Naruto si era spenta?

 

- Non ho molto tempo - gli sussurrò - me ne vado da Konoha -

 

Naruto sbattè più volte le palpebre, il sorriso, pur incerto, non si era incrinato. Forse credette che Itachi gli stesse semplicemente dicendo "arrivederci", forse il sangue di cui era sporcato era un residuo della sua ultima missione.

 

- Me ne vado per sempre -

 

Ora il sorriso è scomparso definitivamente, inglobato da una paura che stava dilagando nel cuore del bambino.

 

- Che cosa vuol dire, Ita-san? Poi torni, vero? Vai in missione, no? Poi torni -

Itachi scosse la testa: - Me ne vado, non torno più -

- ... perchè? -

- Ho sterminato gli Uchiha, Naruto. Siamo rimasti solo io e Sasuke -

 

Sterminato.

Naruto boccheggiò, sconvolto.

Sterminato.

Perchè? Perchè?

 

- Perchè? -

Itachi socchiuse gli occhi, come se fosse stanco di ripetere la stessa bugia, lo stesso ritornello, come se fosse stanco di rispondere sempre alla stessa domanda, con repliche diverse: - Per il potere che ho tanto bramato -

 

Come poteva dire a Naruto che risma di persone vi era a capo del Konohagakure? Come poteva infrangere i suoi sogni, le sue speranze, le sue illusioni?

Di certo non poteva adesso. Non in quel momento. Più avanti, quando Naruto avrebbe potuto capire, quando Naruto non sarebbe più stato un bambino.

Già gli aveva detto della Volpe a Nove Code, e Naruto aveva sopportato quella verità, sentendosi ferito, triste, rifiutato.

Ora che Itachi se ne stava andando, come poteva dire a Naruto la verità sul suo crimine? Come poteva dargli tutte quelle spiegazioni che un bambino così piccolo non poteva comprendere?

 

E lui, andandosene, lo stava tradendo. Due volte.

 

Come persona, per come gli stava mentendo, per come aveva ucciso, e come amico, perché lo stava lasciando solo, pur sapendo che per Naruto sarebbe stato più difficile che per altri. Perché Naruto aveva tutti i diritti di prendere la questione sul personale, accusando Itachi di non adempiere alle sue promesse.

 

Ti giuro che farò qualsiasi cosa per te.

Ti giuro che ti libererò dal demone.

 

Ciò che Itachi aveva fatto – il tradimento, il patto con l’hokage, lo sterminio della sua famiglia – lo aveva fatto solo per Naruto. Tutto per lui.

Però… non poteva dirglielo.

Perché dirglielo significava caricarlo di un fardello troppo pensante, inutile, deleterio.

 

Ti giuro che non ti tradirò mai.

 

- Hai... ucciso tutti... -

- Dovevo. Erano tutti legami. E i legami sono fastidiosi, Naruto -

Gli occhi del bambino cominciarono a pizzicare mentre un groppo si stringeva alla sua gola: - Avevi detto che una corda è una cosa bellissima... -

Quante volte le parole che Itachi gli rivolse quel giorno avevano addolcito i pensieri di Naruto? Quante volte le aveva assaporato con la mente, felice che, per una volta, ci fosse qualcuno che potesse sentirsi bene ad essere vincolato a lui.

- Ucciderai anche me? -

Lo sguardo di Itachi si addolcì istintivamente: - No. Tu sei la corda che non riesco e voglio spezzare - una carezza veloce tra i capelli - Diventa un bravo ninja, Naruto -

 

Il mondo si infrange.

In un istante, tutto è alla deriva.

 

- NON TE NE ANDARE! - gridò, l'azzurro dei suoi occhi era annacquato per le lacrime che cercava invano di trattenere - TI PREGO, TI PREGO! RESTA QUI! - afferrò la sua manica in una presa disperata.

- Non hai sentito quello che ho detto? Naruto, ho appena sterminato il mio clan, sono un nukenin adesso, un ninja rinnegato. Dopo stanotte, tutto il Konohagakure mi cercherà. Non posso rimanere, devo andarmene -

Naruto non si demoralizzò: - Se non puoi restare, portami con te! - si staccò dall'adolescente - Mi vesto e andiamo Ita-san! Ci metto un attimo! -

Questa volta fu Itachi a bloccarlo, scosse la testa, a metà tra il frettoloso e il sorpreso: - Non posso portarti con me. Tu devi rimanere qui a Konoha -

- No! Voglio venire con te! Non voglio che mi lasci qui da solo! -

 

Non sai quanto vorrei che tu venissi con me.

Non sai quanto poco Konoha ti meriti.

 

- No, Naruto. Se tu anche solo mi aiutassi saresti un ninja traditore anche tu, condannato all'esilio come io lo sono alla morte -

Naruto scosse violentemente la testa: - Non mi interessa! Non mi interessa! Voglio solo stare con te! -

 

Per un vergognoso attimo, Itachi volle accettare l'accorata preghiera di Naruto e permettergli di venire con lui. Per un disperato attimo pensò che Konoha non poiteva meritarsi una persona come Naruto dopo tutto il male che gli aveva fatto, pensò che sarebbe stato meglio portarlo con sè. Lo avrebbe protetto, se lo sarebbe tenuto vicino.

Però...

Non sarebbe riuscito a proteggerlo dall'odio delle persone, anzi, lo avrebbe alimentato quell'odio. No, non poteva permettere che Naruto lo seguisse, sebbene lo desiderasse disperatamente.

Naruto doveva rimanere lì, a Konoha, lontano dal peccato che Itachi stava portando con sè, lontano dalla sua luce oscura. Doveva rimanere lì a Konoha, a crescere come un bambino normale, a fare le sue esperienze, belle o brutte, a conquistarsi un nome, ad adempiere ai suoi sogni, lui che ne era capace.

Naruto doveva rimanere puro, non doveva perdere il suo futuro radioso per seguirlo, non poteva permettergli di seguire l'impulso infantile.

 

- No, Naruto - ripetè - Tu sogni di diventare hokage, vuoi proteggere Konoha. Io non sono come te. Io non sogno niente del genere. Ho ucciso la mia famiglia, ho ottenuto gli "occhi", sorpassando chiunque -

 

Le lacrime addensate negli occhi di Naruto cominciarono a scorrere lungo le sue guance, copiose, fino al mento e poi allargarsi nei pantaloni del suo pigiama.

Della famiglia Uchiha conosceva solo Sasuke, il cugino di Itachi e suo padre, quello dallo sguardo arcigno. Ora tutti, tranne Sasuke, erano morti. Morti. Uccisi dallo stesso ragazzo che aveva di fronte.

 

Avrebbe dovuto odiarlo, disprezzarlo, eppure lui era... Itachi.

 

Lo stesso Itachi suo primo e unico amico, lo stesso con cui aveva trascorso pomeriggi ad allenarsi, che aveva osservato le sue lacrime, che lo avebva consolato, che gli aveva detto di essere importante per lui e che non lo avrebbe lasciato mai. Se non ci fosse stato Itachi, non sarebbe stato possibile guardare al futuro con fiducia. Non quando tutto sembrava contro di lui, non quando aveva dentro di sè un demone.

Si trattava di Itachi e Itachi era tutto per lui.

 

Se si tratta di Itachi… accetterei qualsiasi cosa, anche essere tradito da lui.

 

Perché Itachi era la sua luce.

 

- Non farò più l'hokage, Itachi! - singhiozzò - Tu prego, portami con te! -

Quella preghiera sciolse completamente il cuore di Itachi: Naruto avrebbe persino rinunciato al suo più grande sogno e desiderio solo per seguirlo?

Sospirò amaramente cercando di farsi forza: - No, io ho scelto una strada pericolosa e difficile. Tu appartieni a Konoha, Naruto -

Quale futuro poteva offrirgli adesso? Anni di fuga e nascondigli... nessuna stabilità. Naruto era un bambino. Un bambino.

Un bambino forte, vivace e testardo, che avrebbe sempre trovato una strana nelle avversità. Naruto era forte.

- Non mi lasciare, Ita-san... - un bambino che gli si gettò addosso, abbracciandolo stretto, a piangere contro il suo petto - Non ho nessun altro che te... -

- Tornerò - si lasciò sfuggire Itachi in un sussurro, mentre lo stringeva a sè - Tornerò, solo per te -

- Davvero? -

- Sì, ma ora devo andarmene - le braccia di Naruto ulteriormente attorno alla vita del più grande - e non posso portarti con me. Saresti solo un peso, adesso -

Naruto si staccò: - Se divento un bravo ninja mi prenderai con te? -

Non è un gioco, avrebbe voluto redarguirlo Itachi, non devi pensare che sia un premio, prenderti con me. Sarebbe solo la tua fine.

Non ebbe il coraggio di dirglielo.

Non volle dirglielo.

- Sì -

- E' una promessa? -

- Sì, è una promessa -

Naruto tirò su con il naso e si asciugò le lacrime: - Ti prometto che diventerò fortissimo, Ita-san! Così quando tornerai non ti permetterò di lasciarmi indietro! -

Naruto, capisci quello che ho fatto?

- E diventerò hokage! - continuò nel frattempo il bambino - Così potrai tornare a Konoha! -

Itachi affondò il viso tra i capelli di Naruto per nascondere l'orgoglio, il sorriso e la tristezza di quella pioggia di promesse. Per nascondere la vergogna per aver estorto quella promessa. Per non essere costretto ad osservare gli occhi luminosi e determinati di Naruto, per ignorare la stretta al cuore che sentiva nel petto.

Quanto avrebbe perso di Naruto standogli lontano?

- Ti prometto che quando sarai più grande, se vorrai, sarai per sempre con me -

- Sempre sempre? -

- Sempre -

Posò un leggero bacio tra i suoi capelli, poi si divincolò dall'abbraccio e guadagnò la finestra. Ormai gli rimaneva davvero poco tempo per sparire da Konoha.

Naruto lo guardava, ancora sull'orlo delle lacrime, ma senza disperazione: - Torni, eh? – pigolò.

- Tornerò. Un ninja mantiene sempre le sue promesse – fece per andarsene quando soggiunse – Prenditi cura di Sasuke -

Naruto annuì.

Un ultimo sguardo e Itachi voltò le spalle al bambino, ancora un attimo di incertezza e poi le parole proruppero dalle sue labbra: - Non odiarmi, Naruto – e ne andò, inghiottito dall’oscurità mentre il silenzio notturno si infrangeva al suono dei tamburi di allarme.

 

Un ragazzo correva lasciandosi terra bruciata dietro.

E una promessa da mantenere.

 

 

TBC

 

 

Noticina tecnica 1: nei capitoli del manga, da quanto mi è parso di vedere, Itachi indossa solo la pettorina da ANBU e per il resto è vestito con i suoi soliti abiti neri. Ora, personalmente non ho voluto approfondire il suo "abbigliamento" descrivendolo nei minimi particolari perchè sarebbe stato veramente una noia... ho semplicemente accennato alla "divisa ANBU". Capisco che effettivamente indossare una divisa ANBU per sterminare la propria famiglia e non pensare alle implicazioni che ne conseguono (divisa ANBU --> missione assegnata) sia impossibile, però allo stesso tempo ha un gran effetto.

Ecco, ci tenevo a fare questa precisazione.

 

Noticina tecnica 2: Come nei capitoli precedenti, ho salto di pari passo i capitoli del manga in cui vi è la "chiacchierata" tra Itachi e Sasuke. E' perfettamente descritta nel manga e sinceramente non sapevo che altro aggiungere. La riprenderò nel prossimo capitolo, però non la descriverò, sarebbe davvero superfluo.

 

 

Domandina: con il prossimo capitolo si chiuderebbe il sipario sull'infanzia di Naruto, Itachi e Sasuke per gettarci nei primi volumi del manga. Ora, nei prossimi capitoli, è il caso di fare un balzo direttamente nel manga o preferite almeno un capitoletto in più sull’infanzia?

 

Perdonate il ritardo incredibile e la resa poco buona del capitolo, ma avevo a che fare con gli esami. Anzi, dovrei studiare per gli esami anche adesso, ma oggi dovevo assolutamente postare questo capitolo, e lo faccio solo per la mia Trinh *-*.

 

Risposte alle recensioni, perdonate se sono brevissime, ma sono in assoluta fretta:

 

Heris, Ninka767, Naiad26, ladyash (ah, sono proprio felice che ci sia qualcuno come me che detesta quella piattola di Sasuke U.U), miiki, Astaroth, Kira Hashashin, Princess of The Rose (ti rimando al prossimo capitolo, allora **), ron1111 (diciamo che seguirò il più possibile il manga… chiamiamola una rivincita nei confronti di Kishimoto U.U).

 

Commentate,

Miss

  
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