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Autore: Shade Owl    02/09/2018    4 recensioni
La musica è un'arte, e chi la coltiva sa bene quanto sia complessa e gratificante. Un violino, poi, è tra gli strumenti più difficili di tutto il mondo della cultura sonora.
Questo lo sa bene Orlaith Alexander, che fin da bambina ha sviluppato un'autentica passione per il violino e la musica. Il giorno in cui Dave Valdéz, uno dei migliori produttori discografici di New York, scopre il suo talento, la sua vita cambia drasticamente, e da lì comincia il successo.
Tuttavia, il successo ha molte facce, proprio come le persone. E per scoprirle, Orlaith dovrà prima conoscere aspetti della sua musica che prima ignorava lei stessa...
Genere: Fantasy, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Epic Violin'
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Per il resto della giornata Allwood la incoraggiò a suonare qualsiasi pezzo la attirasse di più, suggerendole di iniziare, per fare pratica, da quelli più sentiti, quelli che erano più vicini al suo attuale stato emotivo, in quanto più semplici da "usare". Quando poi fosse stata padrona dei propri poteri e delle proprie emozioni avrebbe potuto suonare qualsiasi cosa senza preoccuparsi di ciò che provava in quel momento.
Per quanto riguardava il modo di controllare gli effetti della musica, le suggerì di fissare bene in mente un obbiettivo da ottenere e di essere creativa nel raggiungerlo: come primo esercizio le mise davanti lo sgabello chiedendole di sollevarlo, farlo ruotare a mezz'aria e di rimetterlo delicatamente a terra a testa in giù.
Ripensando a quello che era successo durante il concerto la sera prima, Orlaith decise di usare lo stesso metodo, ovvero suonare immaginandosi di essere altrove, reintepretando a modo suo i segnali che il mondo circostante le mandava.
Aveva finto, sul palco, che la luce pulsante fosse di un sole oscurato da pannelli opachi di una stanza girevole che rispondeva ai suoi ordini. Poteva fare qualcosa di simile con lo sgabello.
- E se dovessi fare dei danni?- chiese, ripensando al suo lavandino e di come era esploso durante i suoi primissimi tentativi.
Allwood, appoggiato alla parete, si strinse nelle spalle.
- Sono miliardario.- rispose - Dove non può la magia, possono i soldi. E poi devi solo spostare uno sgabello.-
Orlaith annuì e fece un profondo respiro, cominciando a suonare. Scelse un brano particolarmente lento, tranquillo, senza eccessive impennate di energia: se doveva essere precisa doveva andare con calma.
L'adagio riempì la stanza, e con la coda dell'occhio notò che Allwood non era rimasto del tutto indifferente alle sue note. Qualunque reazione gli stesse suscitando, comunque (lei, personalmente, si sentiva un po' nervosa), non le doveva interessare: l'unica cosa importante era il maledetto sgabello, che tuttavia non accennava a muoversi..
Ieri ho anche ballato.
Si ricordò di aver lasciato andare ogni freno e di essersi fatta guidare dalla musica, muovendosi a istinto. Forse era stato questo a fare la differenza, visto che tutti i suoi tentativi precedenti avevano dato risultati incoraggianti ma involontari.
Cominciò quindi a muoversi lentamente, spostando il peso da una gamba all'altra e girando intorno allo sgabello a ritmo di musica, sperando che funzionasse, ripensando alle innumerevoli lezioni di danza prese nel corso degli anni, seguendo la musica con il corpo.
Si aspettava che Allwood dicesse qualcosa, ma probabilmente preferì tacere per non disturbarla, perché non lo sentì fare neanche un movimento. Esattamente come quello stupidissimo sgabello.
Si spostò troppo in là, finendo col mettere un piede nudo sulla parte metallica del pavimento, completamente gelata. Sussultando, lanciò un gridolino sorpreso, mentre l'archetto strusciava in modo stridulo sulle corde del violino, interrompendo bruscamente l'esecuzione.
Guardò Allwood, strofinando la pianta ghiacciata del piede sulla gamba, in leggero imbarazzo. Lui le restituì uno sguardo annebbiato, come se la sua mente avesse viaggiato per tutto il tempo.
- Bellissima...- mormorò - Cioè... un tentativo un po' povero.- farfugliò, riscuotendosi - Ricomincia. E stavolta ignora me e tutto il resto, pensa solo allo sgabello. Concentrati solo su di lui.-
- E tu riesci a concentrarti?-
- Farò del mio meglio.- rispose con un mezzo sorriso - Ma devo ammettere che non rimango indifferente.-
Sorridendo appena, Orlaith annuì e, dopo essersi rimessa in posizione, ricominciò a suonare.

McGrath tornò poco dopo pranzo con un borsone pieno delle sue cose e con la seconda custodia del violino. Orlaith ebbe quindi da Allwood il permesso di fermarsi qualche minuto per cambiarsi, poi dovette ricominciare subito.
Per tutto il giorno suonò tutto quello che le veniva in mente, anche motivi più veloci o aggressivi, ma non servì a nulla. Una volta sferrò anche un calcio frustrato a quel dannato sgabello, riuscendo finalmente a muoverlo ma facendosi male al piede.
Il maggiordomo, dal canto suo, riferì di non avere incontrato particolari problemi, anche se aveva notato la presenza di Homunculi nei dintorni della Beekman Tower. Lo avevano seguito quando era uscito, ma li aveva seminati molto prima di raggiungere la macchina, mescolandosi alla folla nei pressi della Pace University, fuori dalla quale si stava svolgendo una manifestazione di qualche tipo.
Aggiunse anche che la sua segreteria telefonica aveva ben sei messaggi registrati in memoria. Orlaith immaginò che fosse David: si ripromise di chiamarlo appena avesse avuto tempo e, soprattutto, il permesso.
Interruppe i suoi innumerevoli quanto infruttuosi tentativi solo per mangiare qualcosa o riprendere fiato ogni tanto, ma quando arrivò la sera non era ancora riuscita a smuovere di un solo millimetro lo sgabello. Andò a farsi la doccia di pessimo umore, col desiderio di bruciare quel coso. Altro che spostarlo, voleva distruggerlo.
Non capisco perché non funziona... Pensò, mentre l'acqua calda lavava via lo sporco, il sudore e la polvere degli ultimi due giorni. Ho ripetuto tutto quello che ho fatto ieri... cosa c'è di diverso, adesso?
Sentì qualcuno bussare alla porta; chiusa l'acqua, mise la testa fuori dalla tendina, tenendone l'orlo con la mano.
- Sì?-
- Miss Alexander, il signor Allwood è uscito.- le annunciò McGrath, la voce appena soffocata dalla porta chiusa - Le chiede di non aspettarlo per la cena.-
- Capito, grazie!- rispose lei.
Finì di lavarsi, chiedendosi dove mai potesse andare a quell'ora. Anche se, tutto sommato, poteva sfruttare la cosa a suo vantaggio.

Chiese a McGrath di poter cenare in camera sua, dicendogli che avrebbe cercato di scrivere qualcosa di nuovo per lo sgabello. Il maggiordomo non obbiettò e, un quarto d'ora più tardi, si ritrovò da sola.
Attese che i rumori di McGrath che rigovernava si spegnessero, buttando distrattamente giù qualche nota mentre ingoiava intere cucchiaiate di risotto alle erbe (doveva ammetterlo, la cucina di quell'uomo era fantastica). Per amor di coerenza, dopo alcuni minuti cancellò i progressi fatti e ricominciò daccapo, stavolta ragionando bene sul messaggio da trasmettere: se proprio doveva prendere tempo, tanto valeva scrivere davvero un brano. Magari anche una canzone.
Vediamo... come mi sento, ultimamente?
Beh, era preoccupata, e aveva paura. Non sapeva cosa l'aspettava. Molte cose erano cambiate e, verosimilmente, anche altre lo avrebbero fatto. Temeva per il futuro.
Iniziò a mormorare le note tra sé, a bassa voce, segnandole sul pentagramma via via che la convincevano, saggiandole con il violino, senza tuttavia dimenticare lo scopo che si era prefissata per la serata: il nuovo brano era importante, ma avrebbe potuto aspettare.
Quando fu abbastanza sicura, uscì in punta di piedi dalla camera e si diresse verso lo studio di Allwood, in fondo al corridoio.
Saggiò la maniglia, sorpresa di trovare la porta aperta. D'altra parte, dubitava che fossero abituati ad avere ospiti che curiosavano in giro per la casa durante la notte. Probabilmente Allwood non credeva che avrebbe messo le mani dove non doveva.
Sgusciò all'interno e richiuse silenziosamente la porta, ritrovandosi nella stanza buia; avanzando a tentoni trovò la lampada sulla scrivania, più debole del lampadario principale, e dopo averla accesa poté finalmente vedere.
Lo studio era pressoché identico a come lo aveva visto l'ultima volta che c'era stata, con la sola differenza che ora si trovava da sola al suo interno. La scrivania era appena un po' più ordinata, e un posacenere quasi vuoto era apparso in un angolo.
Bene... e adesso cosa devo cercare?
Dubitava che Allwood tenesse in giro un diagramma su cui aveva disegnato uno schema dei suoi piani malvagi come i cattivi dei fumetti (ammesso e non concesso che ci fossero dei piani malvagi), ma forse da qualche parte c'erano i suoi appunti.
Quella mattina aveva tirato fuori il quaderno con le informazioni su Vaněk da un libro. Forse era lo stesso anche per tutti gli altri?
Beh, speriamo di no... Si disse, dando un'occhiata alla spaventosa mole di libri che la circondava, senza contare quelli in biblioteca e gli altri in salotto.
Cercò prima nei cassetti, trovando solo penne e fogli bianchi, poi sollevò il tappeto alla ricerca di eventuali scomparti nel parquet. Fece anche un tentativo con il computer, ma appena arrivò alla schermata della password lo spense, sconfitta: l'unica cosa che sapeva sugli hacker era che avevano un nome che faceva tanta scena.
Rinunciò alla propria speranza di una ricerca facile e si voltò verso i libri: doveva frugarli tutti quanti, e per farcela le ci sarebbe voluta ben più di una notte.
Sospirando, prese carta e penna e si avvicinò allo scaffale più vicino.

- Ti vedo stanca.- disse Allwood, quella mattina a colazione, mentre lei entrava sbadigliando - Nottataccia?-
Orlaith si sedette di fronte a lui, grattandosi pigramente la testa. Da sopra la tazza del caffè, Allwood attese la sua risposta con pazienza.
- Ho fatto le ore piccole per cercare di scrivere un nuovo brano.- si giustificò, afferrando la caraffa davanti a lei - Forse il problema è nella musica.-
- Io credo che dipenda piuttosto dalla tua concentrazione.- disse lui, bevendo un sorso - Forse non riesci a visualizzare la musica che solleva lo sgabello.-
- Non so se è questo...- replicò lei, dubbiosa.
- Beh, in ogni caso abbiamo tutto il giorno per scoprirlo.-
Orlaith grugnì, per nulla entusiasta.
- Dove sei andato ieri notte?-
- Avevo delle cose da controllare.- rispose - Non possiamo sperare di imbatterci nei Suggelli per strada. Forse dovrò uscire anche oggi pomeriggio, stavolta per lavoro.-
- E non vuoi dirmi la verità?-
Lui aggrottò la fronte.
- Te l'ho detta. Al massimo sto omettendo qualcosa, ma per la tua sicurezza. Lo sai che puoi fidarti di me, giusto?-
Orlaith pensò a tutto quello che era successo e alle volte in cui era intervenuto per salvarla, ma anche a quanto poco sapesse su di lui e a quei dettagli che non quadravano nelle sue spiegazioni.
D'altra parte, finora era stato abbastanza disponibile con lei.
- Certo, ovvio.- rispose, bevendo il caffè.

La routine fu la stessa per tutta la settimana successiva: durante il giorno si esercitava, e quando non si esercitava scriveva musica; durante la notte, invece, si aggirava furtivamente per la casa alla ricerca di indizi sulle intenzioni di Allwood, soprattutto quando sapeva che non c'era.
Vivendo con lui e McGrath, scoprì che il maggiordomo era un tipo piuttosto abitudinario: si svegliava molto presto per preparare la colazione, poi passava la giornata a pulire e ad assicurarsi che la casa fosse in ordine; verso le undici cominciava a cucinare il pranzo, e alle cinque del pomeriggio si concedeva una tazza di tè, pur non essendo inglese.
- Di dove sei, McGrath?- gli chiese un giorno, mentre si esercitava con lui (Allwood era uscito di nuovo) - Voglio dire, da dove vieni?-
- Sono nato qui in America, come lei.- rispose McGrath, seduto su una sedia che aveva portato su personalmente, sorseggiando il proprio tè - Ma ho studiato a Londra.-
- Quindi sei un maggiordomo alla maniera inglese?-
- A dire il vero, ero un soldato.- replicò lui, sorridendo - Vinsi una borsa di studio a Eaton, e dopo la laurea in medicina sono entrato brevemente nell'esercito. Dopo il congedo mi sono iscritto alla scuola per maggiordomi, poi sono venuto qui e ho iniziato a lavorare per il signor Allwood.-
Orlaith lo guardò direttamente negli occhi, chiedendosi come potesse mentirle così: ricordava fin troppo bene la foto e, anche se non era proprio la più definita delle immagini, l'uomo che compariva insieme a un Vaněk poco più che ventenne era senz'altro lui.
Eppure, quel suo sorriso disarmante e la sua espressione limpida...
- McGrath, ho trovato una foto, il mese scorso.- disse - Di Vaněk che prendeva un tè con dei politici. Era degli anni cinquanta.-
- Il signor Vaněk è un uomo molto anziano, e per le persone comuni ha ottant'anni.- rispose McGrath, in tono neutro.
- Ma compari anche tu, in quella fotografia.-
Lui continuò a bere il proprio tè, senza scomporsi, e le sorrise nuovamente.
- Immagino che la cosa l'abbia turbata.-
Orlaith rimase spiazzata dalla sua reazione: si era aspettata che negasse.
- Ecco... sì.- ammise.
Sospirando, il maggiordomo si appoggiò allo schienale della sedia, scuotendo la testa.
- In verità, Cornelius McGrath è morto molti anni or sono. Io replico solo le fattezze di quell'uomo perché il signor Allwood si era molto affezionato a lui, e la sua morte lo sconvolse profondamente. Questo è un altro motivo per cui vuole vendetta contro il signor Vaněk: egli scoprì in quel periodo come usare gli Homunculi come Suggelli, così usò il proprio maggiordomo come sacrificio umano.-
La rivelazione colse Orlaith totalmente impreparata, e per qualche istante regnò un profondo silenzio mentre lei lo fissava a bocca aperta.
- Tu...- disse alla fine - Tu sei... un Homunculus?-
- Temo di sì.- sorrise McGrath - Spero che la cosa non la infastidisca.- prese un altro sorso di tè e sorrise con aria pacifica - Ad essere onesto, non avrei nemmeno bisogno di bere del tè. Né di mangiare. O di dormire. Sono tutte cose che ho imparato a inserire nella mia routine per passare meglio da essere umano. Le abitudini fanno la differenza.-
Alzò lo sguardo su di lei, e vide che ancora lo fissava.
- La prego di non avere timore, miss Alexander: un Homunculus è pericoloso quanto l'uomo che lo ha generato. E come ben sa, il signor Allwood non è interessato a farle del male. Devo però chiederle di non riferirgli di questa nostra conversazione.- aggiunse, portando di nuovo la tazza alle labbra - Non ama parlare di questo argomento. Lo rattrista molto.-
Detto ciò, riprese a badare esclusivamente al proprio tè.

Ed ecco svelato il mistero di McGrath: tanto buono, tanto caro ma non è umano.
Ringrazio, al solito, J
ohn Spangler, Old Fashioned, Fan of The Doora, _Alexei_, Kira16, Fiore di Girasole, Sahara_2, Queen FalseHeart, Marz97, Aelfgifu e, in ultimo arrivo, Roiben, che mi stanno seguendo. A presto!
 

   
 
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