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Autore: CthulhuIsMyMuse    03/09/2018    0 recensioni
"Giovanni aveva compreso che il tempo non le aveva cambiate, almeno non fisicamente, ma riusciva a vedere chiaramente i solchi che aveva lasciato nell'anima di ognuna di loro. L'unica cosa che era rimasta identica era la loro dipendenza l'una dall'altra, erano nate insieme, continuavano a vivere insieme e molto probabilmente sarebbero morte insieme e questa immagine azionava la leva della tristezza che era posta accanto al suo cuore."
Genere: Horror, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Credette di aprire gli occhi. Ne era così certo che il non vedere niente lo fece spaventare più di quanto potesse essere possibile.  

Provò a ripetere l’azione più volte ma l’effetto non cambiava.  

Il nero lo avvolgeva come un manto, denso e impenetrabile che non gli permetteva di capire dove si trovasse. Non riusciva a comprendere neanche il senso in cui era rivolto in quello spazio angusto. 

Non c’era niente intorno a lui o forse c’era e lui semplicemente non lo poteva sapere. 

Il cuore prese a battergli più forte nel petto facendo affannare il respiro.  

Il panico iniziò a dilagare nel suo corpo, ma lo aveva davvero ancora un corpo? 

Non riusciva a percepire niente di sé stesso. 

Aveva le braccia? Le stava muovendo? Le gambe? Le dita? Le orecchie? La lingua? Era davvero il cuore quello che percepiva nel petto? O era solo il ricordo di un qualcosa che si sarebbe solo dovuto trovare lì? 

Sentì premente il desiderio di piangere e urlare. 

Di chiamare aiuto. Qualcuno mi aiuti...per favore. 

Qui è tutto buio. Dio... 

Qualcosa, dissipò quel mondo di oscurità. 

Una luce, dapprima minuscola sullo sfondo, fece capolino tra le tenebre.  

Corse lungo la strada immaginaria che conduceva sino a lui rischiarandola con forza. Era talmente intensa che si sostituiva completamente alle tenebre impedendo anch’essa la vista dei dintorni. 

Ma non era importante, perché era Luce viva e calda e il solo guardarla lo faceva sentire salvo. 

Lungo al sua visuale periferica intravide qualcosa. 

C'era una figura statica di fronte a lui. Mano a mano che si avvicinava e la luce si affievoliva i suoi occhi riuscirono a mettere a fuoco il corpo nudo di una donna avvolto da lunghi capelli rossi. 

Lui la guardava e i suoi occhi di sangue ricambiavano il suo sguardo con profonda superbia mentre un ghigno le tagliava in due il volto e ne distorceva i tratti delicati in quelli di un pazzo. 

Puntava al cielo l'indice ma non stava indicando, quel gesto era una minaccia diretta verso il cielo e lui lo sapeva, anche se non comprendeva come. 

Nuovamente si sentì prelevare la quel sogno come se fosse stato salvato dall'annegamento. 

Inspirò con una profondità pari solo al momento in cui era uscito dal grembo materno. E la sensazione che provò fu proprio quella di una rinascita.  

La luce gli inondava gli occhi facendogli ancora da schermo a ciò che lo circondava. Nelle orecchie riecheggiava un lungo e fastidioso fischio. 

Espirò con più calma e cercò di rilassarsi. Qualcosa di morbido gli premeva contro la schiena e sotto la testa, era comodo ovunque si trovasse al momento ma percepiva una forte tensione lungo tutti gli arti, inoltre gli dolevano i muscoli, come se avesse appena finito una lunga corsa. 

Non chiuse gli occhi, non voleva rischiare di ricadere nel buio, ma aspettò che le sue pupille di adattassero naturalmente alla luce presente nella stanza. 

Dopo qualche istante finalmente riuscì a vedere delle forme sopra di lui. Ombre indefinite che sembravano agitarsi per qualcosa.  

Lentamente i contorni iniziarono a definirsi, distingueva occhi, nasi e bocche che si aprivano e si chiudevano con costanza. Dicevano qualcosa ma il fischio, seppur flebile, le copriva quasi completamente. 

Gli ci vollero altri tre minuti per poter arrivare a distinguere il volto di Bel e quello del Prete ed un altro minuto interno prima di riuscire ad arrivare a sentire le parole che stavano pronunciando. 

Fu un tempo quasi infinito al termine del quale, dopo aver riacquistato quasi completamente tutti i sensi, scoprì di avere un profondo e pulsante mal di testa che gli rimbombava tra le pareti della scatola cranica e un forte dolore a livello del collo. 

Cercò di mettersi a sedere ma il risultato tu assolutamente deludente. 

«Giovanni non ti alzare, resta sdraiato, per favore» sentì delle mani sulle  spalle, un tocco dolce accompagnato dalla voce preoccupata di Bel. 

Provò a pronunciare il nome ma ciò che ne uscì fu solo un rantolo incomprensibile e un bruciore intenso lungo le mucose della laringe.  

Tentò di afferrarsi la gola con le mani maoltre alla fatica muscolare, percepì i polsi legati tra di loro. 

Sentì la voce di Bel rivolgersi verso qualcuno «Dobbiamo per forza tenerlo legato?» era in qualche modo infastidita. 

La risposta arrivò secca e incontrovertibile «Si» 

La vide sbuffare e rivolgersi all’altro presente «Samuele il bicchiere d’acqua per favore» 

Ci fu un leggero tintinnio. Bel prese il bicchiere, dal bordo sputava una cannuccia che gli porse mentre qualcun altro, con mani più grandi ma sempre gentili, lo aiutava ad alzarsi. 

«Bevi, ma fai piano»  

Oltre i capelli argentei della ragazza vide la figura nera seduta vicino alla porta della stanza. Era seduta con lo schienale tra le gambe, le braccia erano incrociate sopra la spalliera e la parte inferiore del volto era affondata tra gli avambracci.  

Spuntavano solo gli occhi bicromi che erano fissi proprio su di lui. Lo guardava come si osserva una preda, ma non un semplice coniglio, ma come la tigre può osservare un’altra tigre che invade il suo territorio di caccia. 

Era una sensazione spiacevole che gli si aggrappò allo stomaco con forza facendogli risalire un conato che si scontrò con l’acqua che scendeva creando così un ingorgo che lo costrinse a tossire. 

Bel si girò verso la gemella richiamandola con forza «Layla 

L’altra fece spallucce e rispose con sufficienza «Che c’è, lo stavo solo guardando»  

«Certo!» esclamò l’altra con foga prima di puntare l’indice della mano libera verso l’altra «Senti vedi di comportarti decentemente altrimenti finisci anche tu in cantina!». 

Layla alzò la testa di scatto e sgranò gli occhi «Forse non te ne sei accorta ma ha cercato di uccidermi!» 

Bel puntò un piede in avanti, verso la sorella «Non mi sembri morta al momento, quindi non capisco perché tu te la prenda tanto!» 

La gemella si alzò di scatto facendo cadere la sedia terra nel gesto «Sei tu che te la stai prendendo per quello...» lo osservò con schifo mal celato cercando delle parole che non sembravano uscirle «...stupido umano» sputò alla fine. 

«Stupida sai tu!» 

Giovanni le guardava con gli occhi sbarrati e un concerto di bonghi che gli rimbombava nella testa senza tregua. Ad un tratto l’uomo che lo sosteneva lo riposizionò sui cuscini e poi si alzò. 

Non vide cosa stava succedendo ma comprese appieno appena sentì la voce possente risuonare nella stanza. 

«ORA SMETTETELA ENTRAMBE!» 

Il silenzio calò con l’istantaneità dei fulmini. 

«Tu siediti» si rivolse a Bel. 

«E tu» guardò Layla e le parlò ammorbidendo sia il tono che lo sguardo «per favore, esci» 

La mora digrignò i denti e uscì dalla stanza sbattendo la porta. 

Quando Padre Samuele tornò a guardare Bel le fece nascondere la testa tra le spalle, sembrava un padre che aveva appena sgridato le sue due bambine pestifere «Quattromila anni e vi comportate ancora come due adolescenti nel pieno di una crisi ormonale. E tu...» puntò il dito nel centro della fronte di Bel «Tu dopo vai a parlarle e a risolvere questa stupida situazione!» 

Puntò il dito contro la pelle tesa e spinse leggermente, Bel chiuse gli occhi e li riaprì quando sentì il palmo posarsi dolcemente sulla sua testa. 

Arrossì di vergogna «Scusa». 

«Non devi scusarti con me ma con Layla e soprattutto con Giovanni che ha dovuto assistere a questa incresciosa situazione» 

La ragazza, che ancora reggeva il bicchiere, avvampò «Scusaci Giovanni». 

Padre Samuele lo aiutò nuovamente a mettersi seduto, sollevando ora i cuscini sullo schienale del letto «Ci farai l’abitudine Giovanni, ma vedrai che non sono così male.» il sorriso dell’uomo lo fece sorridere a sua volta. 

Bel allungò l’acqua ancora verso di lui «Hai ancora sete?» sembrava aver riacquisito la sua solita calma. 

Giovanni annuì e prese qualche sorso, quando finì la ragazza posò il bicchiere sul comodino e si sedette sul bordo del letto. 

I capelli sciolti le inondavano le spalle come fili di seta, cadevano morbidi sulla pelle scivolando su questa fino a poggiarsi con grazia sul lenzuolo che copriva il ragazzo. 

Nella sua canottiera in raso e nella gonnellina di jeans i cui bordi erano adornati con quelli che sembravano vecchi pizzi, sembrava ancora più giovane. 

«Come stai?» gli chiese. 

Giovanni face dondolare la testa e socchiuse gli occhi. Alzò le mani verso l’alto, erano giunte ai polsi da quello che sembrava un laccetto nero. Si toccò il centro della fronte e indicò a gola prima di proferire un rantolo che somigliava alla parola “male”. 

Poi con la punta del naso indicò i polsi, facendo un gesto con le spalle come a chiedere il perché di quella limitazione. 

Samuele raccolse la sedia di Layla, la avvicinò al letto e la posizionò accanto a Bel. Si guardarono entrambi per un istante e poi l’uomo parlò. 

La voce profonda e calda sembrava essere lenitiva per Giovanni «Non ricordi cosa è successo?» 

Il ragazzo mosse la testa in senso di diniego. 

Bel si morse il labbro inferiore e arricciò una smorfia avvilita sul volto. 

Samuele continuò «Ricordi che eri con noi, in salotto, a parlare?» chiese ancora. 

Giovanni dovette pensarci un attimo su. Si guardò intorno con circospezione, cercando degli indizi con gli occhi all’interno di quella stessa stanza. Lo videro corrugare la fronte nello sforzo di pensare e poi sospirare verso il soffitto. Dondolò il capo a destra e a sinistra un paio di volte e alla fine ruotò le mani legate nella stessa direzione. 

«Intendi che ricordi qualcosa?» domandò apprensiva Bel. 

Lui annuì. 

«Va bene» Samuele incrociò le braccia al petto e accavallò le gambe. La sua espressione si fece più tesa, concentrata mentre riprendeva il discorso «Per fartela un po’ breve, almeno nella prima parte, ti abbiamo recuperato svenuto in vicolo e ti abbiamo portato qui. Quando ti sei svegliato ci siamo messi a parlare e in quel momento è successo qualcosa o quantomeno ti è successo qualcosa» lo vide sospirare profondamente «All’inizio ti sei come spento e hai iniziato a ripetere “lei è qui”» 

Riprese Bel che era seduta con le mani in grembo «Poi, quando hai visto Layla, sei diventato aggressivo e...» si grattò la guancia con l‘indice della mano destra «insomma hai provato ad attaccarla». 

Giovanni li guardava alternativamente con gli occhi sgranati all’interno dei quali si poteva leggere chiara e lampante la confusione che gli si stava generando nella mente mentre sul volto si andava disegnando, sempre più chiara, un’espressione incredula. 

«Layla ti ha...» Bel si massaggiò il collo e il ragazzo subito comprese il dolore che provava proprio in quella zona. 

«Voleva solo cercare di farti svenire, ma eri sin troppo forte» aggiunge Samuele senza fretta «ha dovuto applicare più forza di quella che sarebbe stata necessaria per qualsiasi altro essere umano.» Calcò l’accetto sull’ultima parola. 

«Ed è questo il motivo per cui ora sei legato» concluse l’uomo. 

L'espressione esterrefatta di Giovanni fece accentuare la preoccupazione di Bel. Vedeva il suo petto alzarsi e abbassarsi ad un ritmo sempre più incalzate. Si allungò in avanti e poggiò la sua mano su quelle di lui. Le strinse con fermezza e lo guardò con altrettanta dolcezza. 

«Cerca di non agitarti» abbozzò un sorriso gentile a cui lui rispose con una profonda nota di tristezza. Era appena stato catapultato in una situazione che sapeva non sarebbe riuscito a gestire, era al di fuori della sua portata. 

Degluttì l’acredine che si stava accumulando alla base della bocca e percepì la gola bruciare come le fiamme dell’inferno. 

Bel lo stava guardando e Samuele vide quella ruga al centro della fronte che le si formava quando stava per fare qualcosa di cui non si sarebbe pentita neanche fosse caduto il mondo intero.  

Strinse la presa intorno ai polsi del ragazzo. Quando lo liberò le fascette erano svanite dai suoi polsi. 

Giovanni li guardò esterrefatto mentre li scioglieva per cercare di riprendere un po’ di mobilità. 

Quando riportò lo sguardo sulla ragazza questa si era già avvicinata, scorrendo lungo il bordo del letto.  

Lo fissò con serietà negli occhi per qualche istante, Giovanni non riuscì a trattenere il rossore sulle gote ma lei non sembrò farci caso. Allungò la mano destra in avanti e puntò l’indice appena sotto il mento di lui che lo alzò meccanicamente.  

«Probabilmente ti farà un po’ male, ma almeno guarirai» il ragazzo non vide il disegno che lei stava disegnando nell’aria percepì solo un profondo calore provenire dal punto in cui percepiva il dito. 

All’inizio fu sopportabile, ma dopo pochi istanti la sua pelle diventò rovente tanto da strozzargli il respiro in gola. Afferrò di scatto la mano di Bel e la strattonò in un gesto di ira incontrollato che la fece cadere dal letto. 

Bel, colta in contro piede, cadde sul pavimento lasciandosi sfuggire un gridolino mentre Samuele balzava in piedi cercando di afferrarla per la stessa mano da cui era stata strattonata. 

«Sto bene, sto bene» mormorò con gli occhi sgranati rivolti verso il ragazzo che era chino su sé stesso con le mani ora serrate intorno alla sua stessa gola. Respirava a fatica e il sudore gli aveva coperto la pelle del volto. 

Si rialzò di scatto e si riportò sul letto «Giovanni, cosa è successo?» 

Lui non la guardò neanche, qualcosa dentro di lui aveva iniziato a muoversi, ad agitarsi e poteva sentirlo nella sua testa «B..ru...cia» rantolò senza sollevare lo sguardo. 

Fu lei ad intervenire, gli premette le mani sulle spalle e spinse verso la spalliera del letto. Gli alzò di forza il collo e lo vide, il simbolo di Buer gli aveva bruciato la pelle del collo. 

«Sam» si scostò lasciando spazio a Samuele per osservare cosa era successo. 

«Se non funzionano i sigilli dei demoni...» si scambiarono uno sguardo d’intesa. 

Bel tornò a premere le mani sulla ferita di Giovanni che dovette stringere i denti per limitare il dolore che provava. 

Stavolta però qualcosa andò in modo diverso. Al posto di un dolore bruciante percepì un profondo calore che gli pervase ogni singola fibra corporea. La sentiva diffondersi partendo dal collo lungo tutte le cellule del suo corpo.  

La percepì fluire sino al cuore e colmarlo di amore. quell'amore incondizionato che poche persone al mondo sono capaci di offrirti. 

Una lacrima gli scivolò lungo la guancia e cadde sul lenzuolo che lo ricopriva.  

Quando riacquisì l’uso dei suoi sensi Bel e Samuele lo stavano guardando con un sorriso più tranquillo. La serenità si era sostituita alla preoccupazione sui loro volti. 

«Come ti senti ora?» gli chiese la ragazza. 

Giovanni ci pensò su qualche istante. Titubante cercò di posare la mano sulla gola e, quando ne sfiorò l’epidermide con la punta delle dita senza provare dolore fu sopraffatto dalla sorpresa. 

«Non sento dolore...» sgranò gli occhi «E posso parlare» sorrise ampiamente prima di farsi assalire da tutti i dubbi che erano in agguato oltre la soglia della sua mente ora nuovamente libera di pensare. «Ma come...?» 

«Forse è il caso di darti delle spiegazioni» Samuele poggiò una mano sulla spalla di Bel che annuì alle sue parole. 

... 

   
 
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