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Autore: Ghen    03/09/2018    8 recensioni
Dopo anni dal divorzio, finalmente Eliza Danvers ha accanto a sé una persona che la rende felice e inizia a conviverci. Sorprese e disorientate, Alex e Kara tornano a casa per conoscere le persone coinvolte. Tutto si è svolto molto in fretta e si sforzano perché la cosa possa funzionare, ma Kara Danvers non aveva i fatti i conti con Lena Luthor, la sua nuova... sorella.
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Non solo quello che sembra! AU (no poteri/alieni) con il susseguirsi di personaggi rielaborati e crossover, 'Our home' è commedia, romanticismo e investigazione seguendo l'ombra lasciata da un passato complicato e travagliato, che porterà le due protagoniste di fronte a verità omesse e persone pericolose.
'Our home' è di nuovo in pausa. Lo so, la scrittura di questa fan fiction è molto altalenante. Ci tengo molto a questa storia e ultimamente non mi sembra di riuscire a scriverla al meglio, quindi piuttosto che scrivere capitoli compitino, voglio prendermi il tempo per riuscire a metterci di nuovo un'anima. Alla prossima!
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altri, Kara Danvers, Lena Luthor
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ours'
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23. Noi e loro 


Alex sbuffò seccata. C'era qualcosa che non andava con la microspia e non riusciva a capire cosa: aveva lasciato registrare la trasmissione e ora che ricontrollava trovava inspiegabili buchi e curiosi silenzi, come se per ore e ore Lena neppure si muovesse, in quella camera. Passava gran parte del tempo fuori, probabilmente alla Luthor Corp o all'università, ma quando era sicura che fosse all'interno di quella stanza, perché nemmeno si muoveva? Era un vampiro e nascondeva una stanza segreta con la sua bara?
«Ti ho sistemato tutto in cucina», disse Maggie dietro di lei, osservandola lavorare davanti a piccoli aggeggi sul tavolo del modesto soggiorno, vicino alle finestre con le tapparelle a metà. «Se non ci fossi io, mangeresti cibo in scatola fino a rovinarti le papille gustative».
«Grazie», alzò la testa e le sorrise, così si scambiarono un bacio, quando la ragazza si fermò alle sue spalle.
«In ogni caso questa sera vieni a cena da me, ci siamo capite?».
«Sissignora».
«Ottimo. Non vedo l'ora di andare a riprendere Jamie da mia madre: non mi piace che passi tanto tempo in sua compagnia», guardò l'orologio al polso e poi sul tavolo. «Che cosa stai facendo? È il trasmettitore della microspia?»; poi la guardò con rimprovero, arrivando a capire: «Ti prego, dimmi che non hai messo una microspia addosso a Kara».
«No, non addosso a Kara, in camera di Lena…». Non che quello fosse molto meglio e lo sguardo di Maggie glielo fece intendere. «Ma c'è qualcosa che non mi convince: o Lena ha trovato la microspia e le ha fatto qualcosa, oppure non funziona come dovrebbe. Ma se l'avesse trovata… ne avrebbe parlato, penso. Se non con me, almeno con Kara: quelle due sono sempre appiccicate».
«Ah… noto una vena di gelosia nella voce».
«Gelosa di mia sorella? Ma no. Non so cos'è successo al loro rapporto… ma gelosa…».
Lasciò la frase a mezz'aria e Maggie le sorrise, appoggiando i gomiti sul tavolo. «Un pochino».
«Sì, un pochino». Spense la registrazione e sbuffò. «Resta il fatto che la microspia non sta funzionando e che non possa andare in camera sua a controllare, a meno di entrare scassinando la serratura. Quando lei non c'è, è sempre chiusa a chiave, l'ho notato».
«Sai», riprese l'attenzione, mantenendo il suo sorriso e piegando la testa da un lato. «Io non sono un'agente federale sotto copertura, ma conosco un buon metodo che potrebbe tornarti utile: si chiama chiedere». Rise quando la vide accigliarsi. «Alex. In fondo lei e Kara ti hanno inclusa, potresti provare a fidarti».
Lei si portò schiena contro la spalliera, sospirando. «Mi nascondono qualcosa… Sono strane, si comportano in modo strano, e sono vicine in modo strano, si guardano in modo strano e… lo so che sembro paranoica, ma se corrono dei rischi devo saperlo».
Maggie le sorrise ancora, non togliendole occhio di dosso. «Sei preoccupata per loro, è normale, ma sono certa che se qualcosa non va te lo direbbero. Parli di Kara. Pensa che la notte del Ringraziamento l'ho incrociata, quando sono uscita per andare in bagno».
«Incrociata dove?».
«Usciva dalla camera di Lena ed era tutta preoccupata perché aveva sbagliato a entrare lì invece che nel bagno».
«Dalla camera di Lena?», spalancò gli occhi. Cosa stava succedendo? Non solo la microspia avrebbe dovuto trasmetterlo, ma…
«Aspetta, non crederai che…?». Le due si guardarono e appena una abbozzò un sorriso, scoppiarono a ridere insieme. «Kara e Lena?».
«Lo so», continuò a ridere Alex, «Che sciocchezze».
Maggie guardò di nuovo l'orologio e disse di dover andare a prendere Jamie, così si spostò dal tavolo e cambiò espressione di colpo, abbandonando il sorriso e aggrottando la fronte perplessa. Alex fece lo stesso appena la sentì allontanarsi: lasciò le risa e fissò il trasmettitore. Poco dopo decise di chiamare Kara per invitarla a uscire: doveva fare delle commissioni e doveva parlare con sua sorella, due piccioni con una fava. Di certo, però, mai si sarebbe aspettata una Kara col morale tanto a terra.
«Sorellina, ti ho chiesto aiuto per un regalo da fare a Jamie… e tu stai fissando una coppa a quarta di seno», ridacchiò, avvicinandosi a lei per scrollarla, adocchiando a sua volta un completo blu notte. «Mmh, magari questo lo regalo a Maggie, però…», borbottò. In realtà, Kara non guardava nulla, era semplicemente incantata su un punto qualsiasi e manteneva un broncio costante. Alex cercò di scrollarla, ma sembrava più difficile del previsto e non era abituata ad averla al suo fianco tanto zitta. «Allora? Cosa ne pensi?», prese altri due completi colorati e se li passò sopra, prima uno e poi l'altro, cercando di attirare la sua attenzione. «Come mi starebbero?».
«Bene», enunciò senza neppure guardare e Alex li rimise apposto, dopo aver letto i cartellini.
«Ma sì, tanto che importa se son carini, quando è il momento di sfoggiarli volano via in fretta», sorrise e guardò sua sorella, ma lei era ancora visibilmente assente. «È così anche con la tua nuova fiamma?».
«Cosa? Come?», avvampò, spalancando gli occhi. Oh, ora ricordava: quella notte aveva indosso un intimo normalissimo, forse sugli slip era raffigurato un pulcino o chissà quale altro tenero animaletto da fattoria, ma chi ci aveva fatto caso…
«Sono ufficialmente offesa, sorellina», si allontanò dalla zona intimo e Kara la seguì a ruota. «Ti vedi con qualcuno e io non so neanche il suo nome, o la sua faccia: come posso maledirlo o minacciare la sua vita nel caso ti farà soffrire se non conosco la sua faccia?», scrollò le spalle, «Capisci che sono problemi seri». Kara la circondò in un abbraccio e sbuffò, ricordandole che le era mancata, così Alex sospirò. «Allora? Parlamene. Se vuoi andiamo a mangiarci qualcosa, penserò poi a cosa regalare a Jamie e Maggie per Natale».
«E va bene… Mi sto vedendo con u-una persona», confidò.
«Lo stesso di cui parlavi in estate?».
Kara spalancò gli occhi, cercando di fare mente locale: si era completamente dimenticata di quell'assurda discussione in macchina sulla persona con cui cercava di restare in amicizia ma che le mandava segnali contrari. «S-Sì. Ecco, alla fine la storia dell'amicizia non è andata tanto bene… Ma non stiamo insieme da molto, ci vediamo da poco, usciamo poco, siamo entrambe molto impegnate, io e questa persona e…».
Alex la guardò con attenzione, facendo particolarmente caso al fatto che parlasse di persona e non ragazzo. Si chiese come avesse fatto a non farci caso molto prima. «Allora, parla. Come si chiama? Di dov'è? Come mai non me ne hai mai parlato?».
«Beh, perché… perché… è complicato», si ricordò solo in quel momento che non sapeva mentire e che non sapeva come sgusciare via da quella spinosa discussione. «Non… Non posso parlartene adesso». L'altra la guardò spalancando gli occhi e Kara prese un peluche da uno scaffale, mostrandoglielo con la speranza di cambiare discorso. Non funzionò: sua sorella la pregò di spiegarsi. «S-Siamo in una situazione delicata e… Non te ne posso parlare, adesso. È… un ragazzo nuovo della mia università».
«Un ragazzo nuovo a fine novembre?».
«È straniero», si giustificò.
No. Kara decisamente non sapeva mentire.
«Il problema è che Kal è contrario alla nostra relazione».
«Tuo cugino lo sa?», domandò indispettita.
«Glielo ha detto James».
«L'amico di tuo cugino lo sa? Quindi lo sanno tutti tranne tua sorella? La sorella che ti vuole bene e ti protegge dai mali del mondo? La sorella che ti teneva la mano quando avevi gli incubi? La sorella che ti ha mantenuto chiusa la porta del bagno quando al giapponese ti sei mangiata da sola la barchetta formato maxi del sushi?».
«Uh, non farmi sentire in colpa», si lamentò a bassa voce, «È momentaneo, non vedo l'ora di raccontarti tutto! E in verità, ecco, James lo ha scoperto per caso. Ed è subito andato a dirlo a Kal. E Kal era… arrabbiato e ora sono io ad essere arrabbiata con lui, e odio essere arrabbiata con lui, ma mi ha fatto così arrabbiare… E James! Oh, sono così arrabbiata con lui che…», sospese e terminò la frase con un ingarbuglio di parole che Alex non riuscì ad afferrare.
«Accidenti, dai, vieni qui». Spalancò le braccia e l'accolse, stringendola forte. Ciò che stava pensando era davvero assurdo: Kara non aveva una relazione con Lena Luthor. Era la solita Kara che rendeva una situazione semplice complicata ed era certa che ne avrebbe parlato liberamente con lei non appena si fosse sentita pronta per farlo. Era più assurdo il proprio comportamento nei suoi riguardi; doveva smetterla di farla sentire in colpa per qualcosa che non si sentiva di condividere. E poi era arrabbiata con il cugino che era contrario alla relazione con chissà chi, ed era su questo che doveva concentrarsi da buona sorella maggiore: il suo dovere ora era farla sentire protetta e amata più che mai. E, non di meno, in questo modo aveva un punto in più rispetto a suo cugino. «Su, ti porto a fare merenda».
«Sei la sorella migliore del mondo».
«Ci puoi scommettere».

E così anche novembre passò, tra sport, scuola e, per Lena, la Luthor Corp. Aveva iniziato a prendere visione di alcuni progetti avviati durante il corso dell'anno, impegnandosi a non trascurare nulla. Certo, diventava piuttosto difficile per lei riuscire a concentrarsi e non pensare, sdraiata sul letto davanti a fogli e libri aperti, alla notte che aveva trascorso lì sopra con Kara solo due settimane prima. Aveva una voglia matta di stare di nuovo con lei e più ci pensava e chiudeva gli occhi e più riusciva a sentire ancora il suo odore, e il suo calore. Due settimane senza poterla toccare e stentava a credere di non essere impazzita. Ormai, non pensava quasi più ad altro ed era una tortura dover aspettare un momento adatto: entrambe erano così impegnate che quasi riuscivano a vedersi per un bacio. Diede una nuova occhiata ai fogli e, dato che si distraeva molto facilmente, alla scrivania davanti e alla bacheca dei trofei, ricordando la microspia. Ora il disturbatore era spento. Si domandò se non fosse arrivata l'ora di finirla e affrontare Alex Danvers. Sì, doveva decisamente affrontare Alex Danvers. Le vibrò il cellulare lasciato sul comodino e si sporse per prenderlo, cominciando a pensare che fosse lei che doveva averle letto nel pensiero. Allungò un nuovo sguardo verso dove sapeva c'era la microspia e rispose al cellulare, valutando il rischio.
«Sì?».
«Signorina Luthor, mi spiace disturbarla ora che è libera, ma ha chiamato in ufficio il signor Lord che dice vorrebbe parlarle di un affare urgente», Winn attese, sentendola sbuffare, così l'anticipò: «Ho già provato a chiamare io sua madre e suo fratello: lui dice di non essere interessato, ha già parlato con il signor Lord, e sua madre, emh, non risponde».
«La cosa non mi sorprende», si passò due dita in mezzo agli occhi. «Parlerò con lui più tardi; quando passerò in ufficio lo richiamerò e vedrò cosa vuole». Congedò il suo assistente, sbuffando di nuovo. Ci mancava solo lui.
Intanto, Kara era sdraiata sul suo letto, in dormitorio. Era stata una mattinata difficile tra le lezioni da una parte e Siobhan Smythe dall'altra, che non faceva che lamentarsi di come dicembre facesse impazzire un po' tutti là alla CatCo, dove facevano a gara per accaparrarsi il titolo migliore da lì a Natale. E quello faceva impazzire lei di riflesso, che doveva sopportare le sue lagne nelle orecchie per ore. Sembrava piuttosto stressata in verità, ma non le avrebbe dato la soddisfazione di vederla preoccupata per lei. Invece, era andata a parlare con Cat Grant affinché facesse scrivere anche a lei qualcosa per il periodo natalizio in arrivo e, anche se sembrava che stesse piuttosto cercando di liberarsi della sua presenza come una mosca fastidiosa, le aveva lasciato detto di presentarle un'idea. Un'idea. Voleva un'idea. Ma era talmente stanca che l'unica idea che le veniva in mente era quella di addormentarsi e dimenticarsi di dover cercare un'idea.
Per il resto, l'unica idea che poteva seriamente sfiorare il suo cervello era di fare l'amore con Lena. Voleva fare l'amore con Lena. Le mancava il suo profumo e la sentiva così distante, ultimamente… E ancora non ci credeva che erano riuscite a stare insieme, era tutto così bello, e sì, a Kal non piaceva, e James si era messo in mezzo, ma era tutto così bello… Al diavolo Kal e James. Sbuffò e si spinse verso l'alto dietro la sua testa cercando di afferrare il cellulare che aveva lasciato sulla mensola, pensando di inviarle un messaggio. Da quel momento li aveva ignorati. Non sapeva quando li avrebbe lasciati di nuovo parlare con lei, ma al momento era ancora troppo arrabbiata per dare loro un'occasione. E non tanto James, che conosceva da poco, ma suo cugino… lui non capiva. Si era costruito dei preconcetti sui Luthor che non gli facevano vedere in faccia la realtà. Poi sapeva che Lena era stata con delle ragazze in passato, non doveva certo informarla lui. Anche se in fondo lo aveva dovuto scoprire perché non glielo aveva detto. Ma si erano chiarite. E sapeva che stava con quel ragazzo, non spettava di sicuro a Kal giudicarla. Ammetteva però che quel pensiero, di tanto in tanto, quando pensava di stare ancora con Lena, la sfiorava un po'. Accese lo schermo del cellulare e, incantata a osservare lo sfondo di lei con Biancopelo in braccio, stava per per accedere all'area messaggi, quando il cellulare vibrò all'improvviso e se lo lasciò cadere addosso, spaventata. «Non ci credo…», borbottò sorpresa, mettendosi seduta.
Non sapevo a chi rivolgermi, ma so che lavori per un giornale lì a NC e mi serve aiuto, kryptoniana!
Kara cliccò subito per il profilo Instagram di Selina Kyle e si lasciò guidare dai video pubblicati per inquadrare il problema, spalancando gli occhi dallo sconcerto: doveva andare a Gotham subito; l'idea che cercava aveva appena bussato alla sua porta.
Poco più tardi, quella sera, chiamò Lena sperando nella sua compagnia e quando le disse come mai aveva deciso di andare a Gotham, restò a bocca aperta sentendo che Maxwell Lord l'aveva invitata a fare lo stesso.
«Ci ho parlato poco fa e ho rifiutato», rispose. «Quindi i terreni che la Wayne Enterprises vorrebbe vendere sono attualmente zone abitate?!».
«È la zona delle case popolari, ci abita anche Selina… Dice che non solo vogliono sfrattarli, ma rastrellare i terreni, non avranno più nulla».
«Lord ha assicurato che i terreni sarebbero stati pronti per Natale… Non capisco, queste famiglie hanno fatto appello? Anche se i terreni sono della Wayne Enterprises, non può lasciare tanti sfollati per le strade, senza una sistemazione».
Kara sbuffò, camminando avanti e indietro tra i letti del dormitorio. «Nei suoi video, Selina dice che se ne lavano le mani… Stanno facendo resistenza, le strade intorno alla Wayne Enterprises sono assediate dai manifestanti, ma non basta e… ci sono malati, povera gente, non possono finire per strada; lei dice che i giornalisti non si prendono la briga di fare il proprio lavoro e parlano solo a favore della compagnia! Ma è da matti! Tutto questo non ha senso, dovrebbero aiutarli! Spera che io possa portare le loro voci fuori da Gotham City per fare pressione».
«Va bene», la sentì rispondere poco dopo. «L'incontro con i possibili compratori è previsto domani, dirò a Lord di tenermi caldo un posto. Andremo a Gotham».
«Andremo a Gotham», ripeté Kara, annuendo con decisione.

Il giorno dopo, Kara e Lena, in compagnia di Maxwell Lord, raggiunsero gli stretti palazzi sopra i cieli chiusi di Gotham City in elicottero. Nonostante avesse ormai coltivato una certa abitudine a viaggiare in elicottero, Lena Luthor era sembrata piuttosto in ansia da quando salirono sul mezzo; una volta sollevati da terra, Kara l'aveva presa per mano e Maxwell Lord, davanti a loro, sorrise con una vena di curiosità nello sguardo. Una volta sul posto, lasciarono la pista di atterraggio e si divisero: Lena seguì Lord verso una macchina e Kara aspettò davanti a un negozietto che Selina andasse a prenderla. Sapendo di essere osservate, le due si salutarono solo con una stretta di mano e Lena le promise che avrebbe cercato di far cambiare idea sullo sfratto ai pezzi grossi della compagnia.
«Vi trovo carine, se posso permettermi». Dopo interi minuti di silenzio dove il giovane uomo fissò ininterrottamente la sua compagna di viaggio, si decise a parlare. «Quando due famiglie si uniscono non va sempre a finire bene, in special modo per due tanto diverse come le vostre. Eppure voi siete riuscite a trovare un'armonia. La trovo personalmente una cosa molto bella».
Lena non rispose, lanciandogli uno sguardo per poi dare di nuovo la sua attenzione oltre al finestrino. Si strinse ancora più forte contro il suo impermeabile, trovando le temperature di Gotham molto più basse rispetto a quelle di National City. «Anche dopo quello che le ho detto, è deciso a voler prendere in considerazione la vendita?».
«Certo», annuì lui. Per un attimo abbandonò il suo sorriso e portò una mano sull'altra, sospirando. «Sono affari, signorina Luthor. Non godo nel sapere che delle persone resteranno senza casa, ma se mi permette, non è compito mio assicurarmi che abbiano un tetto sulla testa, ma della Wayne Enterprises». Lei si zittì, riportando il suo sguardo al finestrino: seppure in disaccordo sulla vendita, non poteva certo dire che sbagliava a non considerarlo un suo problema. «Sono dell'idea che suo padre avrebbe detto lo stesso, se fosse qui con noi».
La ragazza aggrottò le sopracciglia, assottigliando gli occhi. «Ma non è qui».
Lui deglutì e guardò per il finestrino solo per un attimo, fino a dedicare di nuovo lo sguardo a lei e parlare: «Manca anche a me, per quello che vale». Aveva nuovamente attirato la sua attenzione. «Lionel c'era sempre quando avevo bisogno di un consiglio. Lui era il mio… grillo parlante», sorrise, «Posso solo immaginare quanto manchi a sua figlia. Alla cena, parlava di lui con il senatore Gand. Non ho potuto fare a meno di ascoltare… Se avesse bisogno di un qualche-», Lena gli parlò sopra, interrompendolo:
«Non si sforzi, Maxwell», lui spalancò gli occhi poiché era la prima volta che lo chiamava per nome, «Quando avrò voglia di parlare con lei, magari di mio padre, sarò io a chiamarla». Alzò le sopracciglia e tornò a guardare fuori dal finestrino, iniziando a vedere la lunga fila di manifestanti con alti cartelli gridare contro il grattacielo della compagnia.
Nel frattempo, Kara e Selina si erano già trovate. Si scambiarono una stretta di mano e così un veloce abbraccio, quando la seconda le chiese di seguirla. Le strade erano levigate dal ghiaccio, davanti alle loro bocche si formavano le nuvolette di vapore quando parlavano e il sole era tappato da una coltre di nuvole grigie: Gotham era fredda, tanto che perfino lei che sopportava bene l'inverno si era stretta di più al suo giaccone. Selina indossava una giacchetta più corta della sua, con il collo scoperto, e dei guanti senza dita, oltre alla cuffietta sulla testa: si chiese come facesse a non sentire tanto freddo quanto sembrava soffrirne lei. Le parlò di quanto i potenti la stavano facendo franca, di come non ascoltavano le loro richieste, per parlare in modo più specifico di sua madre malata che non poteva spostarsi di casa. Oh, Kara non ne aveva idea e le rispose subito che le dispiaceva, ma Selina ci diede poco peso, troppo presa a parlare della situazione generale in cui erano messi.
«Siamo un sacco di famiglie e non conosciamo altri posti dove andare. Siamo gli ultimi e gli ultimi non importano mai a nessuno», borbottò piena di rabbia.
«Ti prometto che farò qualunque cosa in mio potere per fermare questa follia».
Selina le sorrise, annuendo. Attraversarono la strada attente a non essere investite, poiché pareva che agli automobilisti non importasse granché che ci fossero le strisce pedonali, e passarono attraverso una piazza tappezzata da graffiti: c'erano diversi percorsi per lo skateboard e bici da downhill, tanti ragazzi e ragazze facevano gruppo e altri si allenavano. Schivarono un ragazzo in bici che passò a loro davanti e Selina salutò qualcuno, alzando un braccio.
«Vieni, ti presento ai ragazzi». Si avvicinarono a un gruppetto. C'erano ragazze e ragazzi piccoli che potevano frequentare le scuole medie e altri più grandi di loro, cappellini al contrario, borchie sui giubbotti in jeans e pantaloni strappati, bombolette alla mano o skate ai piedi. «Ehi, lei è Supergirl, quella di cui vi parlavo».
In men che non si dica si ritrovò a dover stringere le mani di tutti, tra chi fosse felice di conoscerla, chi le diceva di essere stata fortunata a sconfiggere Selina in campo da lacrosse e chi era sorpreso perché dai video la faceva diversa.
«Più robusta. E forte», si accentuò una voce maliziosa. Il gruppo si divise in due e lasciò passare quella ragazza come se le dovesse il rispetto: aveva lunghi capelli rossi, mossi, stretti jeans verde chiaro e una giacca verde militare ben chiusa intorno a una sciarpa bianca. Si avvicinò lentamente, squadrandola da capo a piedi tanto che Kara si sentì all'improvviso in soggezione. «Dunque la nostra Supergirl nasconde un'aria innocente da timida bambina», disse lentamente formando un sorriso, portando una mano sul suo mento. Kara se l'avrebbe scrollata di dosso se solo si fosse ricordata di respirare e di smetterla di fissarle le labbra rosse. «Sei carina senza il casco. E gli occhiali ti donano un'aria sbarazzina», le sorrise ancora, «Mi piaci». A quelle parole, il gruppo intorno sorrise e annuì quasi pronto in un applauso.
Si sentì come se avesse dovuto superare il suo test per essere accettata. Chi diavolo…? «E tu chi saresti?».
Le mostrò la mano per una stretta, incantandola con i suoi grandi occhi di un verde smeraldo. «Pamela Isley, ma tu puoi chiamarmi Ivy. Lusingata di fare la tua conoscenza».
Selina alzò gli occhi al cielo: sospettava che Ivy si sarebbe presa il suo tempo. «Dov'è Harley?», le chiese poi, sperando di disincantarla.
Lei si voltò all'amica e lasciò la mano di Kara di colpo, che si sentì come se l'incantesimo che le aveva fatto si fosse appena spezzato. «Dobbiamo passare a prenderla».
Selina sbuffò e disse a Kara che erano costrette a fare un'altra sosta. Salutarono il gruppo con la promessa di rivedersi davanti alla Wayne Enterprises più tardi e le due si misero in marcia insieme ad Ivy. Dietro di lei, Kara notò che la ragazza attirava occhiate da parte di chiunque e non pensava fosse solo perché era oggettivamente bellissima e sculettava: aveva sempre avuto un buon udito e non le era sfuggito il fatto che la chiamassero Poison Ivy. Attraversarono e passarono dietro alcune case, su strette vie di cemento spaccato su cui sorgevano alti rametti d'erba, ora seccati dal freddo.
«Perché ti chiamano Poison Ivy?», domandò con voce ferma. Quasi tutti parevano avere paura di lei, ma di certo non ne avrebbe fatto a Supergirl.
Lei si girò verso di loro scrollando le spalle. «Dicono che sono velenosa».
Si tornò a girare e Selina ridacchiò. «Alle scuole superiori alcuni ragazzi della squadra di football avevano iniziato a prenderla di mira. Si sono persi la finale: tutti ricoverati per un brutto attacco di dissenteria. E non parliamo del suo ex».
«Ci sono uscita una volta sola», le gridò canticchiando, alzando il dito indice destro.
«La tormentava perché voleva uscire con lei. Glielo ha concesso ma l'ha pagata: lo ha avvelenato. Niente di grave, ma se non fosse corso in ospedale…». Kara l'ascoltò sgranando gli occhi. «Non vuole dirci come ha fatto», la sentirono borbottare di segreto professionale, «Per non parlare di quando-».
A quel punto, Ivy la interruppe: «La verità è che odio a che fare con la gente che non mi ascolta», scrollò di nuovo le spalle per giustificarsi.
«Non ti hanno denunciata?». Kara non voleva credere alle sue orecchie.
«Ci provassero», fu la sua risposta, dopo essersi fatta una pacata risata.
Selina proseguì: «Ehi, krypton, non sai come funziona qui: o ti fai rispettare, o ti passano sopra. La polizia non sta dalla nostra parte, solo noi stiamo dalla nostra parte, okay? Qui ci si arrangia».
Kara intuì presto che non era solo il freddo o gli automobilisti che non rispettavano le strisce pedonali a rendere Gotham diversa da National City.
Camminando, vide la città che lentamente cambiava: sempre meno graffiti, meno urla, non si sentivano quasi più le sirene delle volanti, pochi cani che abbaiavano e c'era sempre meno gente che camminava per strada. Passarono attraverso un parco e presero un'altra stretta vietta, camminando dietro a case molto più curate e grandi di quelle viste finora in centro.
«Stiamo andando a prendere la sua ragazza», la informò Selina, «L'unica che può resistere al suo veleno… così dice lei», scosse la testa con un sorriso. «È dei nostri, ma la sua famiglia non proprio».
Oh, capì immediatamente a cosa si riferiva quando arrivarono davanti alla casa ed entrarono scassinando un cancello: era ben curata, c'erano i nani in giardino e le farfalle adesive attaccate alle finestre, il tappeto sulla porta d'ingresso citava welcome home e c'era un dondolo sul retro, dove si avventurarono. Non dovevano essere ricchi, ma di certo benestanti, lontani dal mondo di Selina Kyle. Si chiese cosa avrebbe pensato nel guardare villa Luthor-Danvers.
Ivy ricercò una pietra in mezzo all'erba e la lanciò contro una finestra. Dopo poco, quella si aprì e una ragazza dal viso pallido e lisci capelli biondi si affacciò. «Mi preparo e arrivo», intonò con una vocina dolce, sparendo dalla loro vista.
«Lei è Harley. Non farci caso».
«A cosa?».
«Lo capirai».
Passarono pochi minuti, il tempo concesso ad Ivy per squadrarla ancora un po' e sorriderle, che la ragazza che si faceva chiamare Harley cominciò a calarsi spingendo il sedere rosso dei leggins fuori dalla finestra. Si arrampicò sul cornicione e poi si mantenne al traliccio per rampicanti sulla parete. Si muoveva velocemente, pareva piuttosto abituata, anche se Ivy le raccomandava di stare attenta a dove si reggeva. A un metro da terra si preparò a saltare.
«Ti prendo», esclamò Ivy, spalancò le braccia.
Harley si lanciò. Un piede le si incastrò nel ramo di un rampicante. Schivò Ivy. Cadde faccia contro l'erba ghiacciata. Selina si portò una mano sul viso.
«Oh cielo, si è fatta male?», Kara si avvicinò, mentre Ivy la tirava su.
«Ma figurati, tanto peggio di così non può diventare», borbottò Selina.
L'attimo per tirarsi sulle proprie gambe che rise, abbracciando Ivy di colpo, per poi scambiarsi un bacio. Un lungo bacio. Si tennero strette e Selina dovette attirare la loro attenzione rumoreggiando con la gola per farle smettere. «Oh, lei è la famosa Supergirl?». Prima sciolti, ora i capelli erano legati in due alte codine e Kara poté notare che le punte di una coda erano blu e l'altra rosse. Indossava degli shorts sopra grossi leggins rossi, strappati in diversi punti, una giacca nera chiusa fino al collo e dei guanti senza dita come quelli di Selina. Le prese le mani nelle sue e poi l'abbracciò di scatto. «Ma sei carinissima! Mi piaci». Si allontanò da lei mantenendo un saldo sorriso e Kara le notò il naso rosso e graffiato per via della caduta. Sia lei che Ivy la guardarono sospirando.
«Oh, che sbadata che sono», si colpì la fronte, «Posso offrirti qualcosa?».
«Non ci sono i tuoi?», le domandò Ivy perplessa.
«No, non sono in casa».
«E allora perché sei scesa dalla finestra?».
Lei ci pensò su, per poi sorridere di gioia. «Boh… mi piace, suppongo».
Ivy le diede un colpetto in testa, sgridandola, mentre Kara e Selina si scambiavano uno sguardo: adesso la prima capiva a cosa si riferiva l'altra.
Lasciato il giardino di casa, il cui campanello citava Quinzel, le ragazze portarono Kara in visita tra le case popolari che sarebbero state rase al suolo. Notò subito che c'erano tanti bambini, anziani in difficoltà, povera gente che aveva poco e rischiava di perderlo in un momento. Le strade erano fangose, le case di chi le accoglieva per le interviste cadenti, la muffa dagli angoli si espandeva lungo le pareti. Si ignorava ogni norma di igiene e sicurezza. Lasciò che qualche cittadino si sfogasse per il suo cellulare, registrò tutto, e prese qualche appunto a penna su un taccuino. Quelle persone stavano subendo una grave ingiustizia e non sarebbe rimasta con le mani in mano.
Davanti alla Wayne Enterprises insieme ai manifestanti, Kara notò che la polizia non si limitava a tenerli lontani dalla struttura, ma che spesso avanzava con forza per spingerli e forse far male a qualcuno che osava alzare troppo la voce. A un manifestante caduto, Harley si scagliò contro il poliziotto. Lui stava per colpirla che Kara gli fermò il braccio appena in tempo, lasciando che Ivy e Selina potessero portare via lei e il manifestante. Intervenne un altro poliziotto e Selina tirò indietro Kara, fermando di nuovo Harley che stava ripartendo alla carica, dietro di loro.
«Ehi! Perché fate così?», gridò Kara.
Se non si fossero fermate, quello sarebbe stato un ottimo spunto per una rissa, sapevano di non dover ricambiare a quella offensiva, gli uomini in divisa non aspettavano altro; non potevano pensare solo a loro, avrebbero caricato e colpito persone inermi.
«Le forze dell'ordine dovrebbero proteggere i cittadini». Si ricordò a quando pensò di entrare in un corpo di polizia e ora, a vedere loro, faticava a capire se aveva idealizzato il mestiere oppure se c'era qualcosa di profondamente sbagliato in quella città.
«Stia indietro», fu la sola risposta di un poliziotto. Indossavano caschi, scudi, in completo antisommossa, come se si aspettassero di dover caricare da un momento all'altro.
Kara gonfiò il petto e deglutì, accendendo il microfono del cellulare. «Kara Danvers, per il CatCo Magazine. Può dirmi se è stata la Wayne Enterprises a concedervi di usare la forza sui manifestanti?». Loro si tirarono indietro e qualcuno rispose che non avrebbero rilasciato dichiarazioni. Stava per insistere che vide il cancello aprirsi e delle macchine uscire, così disse alle ragazze di seguirla, aprendosi un varco tra la gente. Le perse di vista tutte tranne una, che si fermò non distante. Lena uscì e chiuse lo sportello, così l'automobile mise in moto di nuovo. Vedendola, le andò subito incontro, stringendosi nel suo impermeabile.
«Con Lord ci ritroviamo dopo».
Kara la presentò alle ragazze e se Harley le si gettò addosso con il suo solito impeto, Ivy le strinse una mano, imbambolata e cercando di incantare anche lei, Selina invece l'aveva salutata con un cenno appena, non proprio felice di conoscerla. Kara non aveva dubbi del perché si comportasse in quel modo.
«E allora? Cos'hai scoperto dentro?», la incitò Kara a parlare.
«Vogliono vendere», sentenziò, rendendo le altre tre irritabili. «Non c'è stato modo di aprire dialogo, sono ben proiettati in questa direzione. Senza contare che molte delle case nei terreni sono abusive, senza regolari contratti e, quelle che li hanno, non pagano l'affitto da anni».
«Ehi», Selina si accaldò improvvisamente e Kara sentì subito l'esigenza di mettersi fra le due, proteggendo Lena. «Cosa vorresti dire, con questo?».
«Sta cercando di aiutare, va bene?», le provò a dire Kara, intimandole di abbassare le mani.
Fu Ivy a prendere le mani di Selina con le sue, abbassandole le braccia. «Giù gli artigli, gattina, a nessuno di noi conviene inimicarsi la super ragazza».
«Siamo tutte amiche», aggiunse anche Harley, dando un pizzicotto su una guancia di Selina e un altro a Kara.
Lena fece un passo in avanti, appoggiando una mano su una spalla di Kara, facendole capire di potersi allontanare. «Sto cercando di dire che non esiste una soluzione facile. Ad ogni modo mi vedrò con Bruce Wayne, a breve. Non ha partecipato all'incontro ma sono riuscita a scambiarci due parole e nemmeno lui sembra troppo entusiasta di questa vendita».
«E allora perché non ferma tutto?», domandò bruscamente Selina. «Voi ricchi siete tutti uguali. Anche a lui interessa il proprio tornaconto, alla fine». Harley annuì dispiaciuta e Ivy, alla loro destra, parve rifletterci.
«Con questa affermazione pare che tu voglia mettermi all'interno di un gruppo non ben definito di persone genericamente tutte diverse che hanno in comune solo la fortuna, o la sfortuna che sia, di essere nate in famiglie agiate. Che non è poi così diverso dalla tua condizione, avendo avuto la sfortuna, o tu la percepisci tale, di essere nata in una famiglia più povera. Non è una scelta, ma anche se fosse, non vedo perché dovrei vergognarmi di farne parte, come tu sembra stia suggerendo».
Selina sorrise, ma non sembrava un sorriso realmente benevolo, tanto che Kara si sporse ancora un po' verso Lena e Ivy verso di lei, pronte a fermarla di nuovo. «Non pensi di avere nulla di cui vergognarti… è così forse perché conosci solo la tua realtà».
Lena alzò un sopracciglio. «Forse lo stesso vale per te». A un altro sorriso della Kyle, riguardò l'orologio al polso, dicendo di dover andare all'incontro.
«Sai una cosa? Vengo con te, Luthor. Parliamo con Bruce Wayne».
Kara strinse i denti, guardando l'una e poi l'altra. «Emh, non mi sembra una grande idea».
«No, va bene», le rispose subito Lena. Indicò a Selina di farsi avanti e poi si rivolse a Kara, abbassando la voce. «Siamo qui dietro, ci metteremmo solo qualche minuto».
«Okay». Uh, cominciava seriamente a pesarle il fatto di dover mantenere una relazione segreta con lei: l'avrebbe voluta baciare, era così sicura di sé e altezzosa; probabilmente aveva intravisto una sfida, nel suo battibecco con Selina, che non aveva intenzione di lasciarle vincere. Sperò solo che non si fossero azzuffate. La vide annuire e allontanarsi con Selina Kyle al suo fianco, intanto che si sentiva avvinghiare a entrambe le braccia. Presto si ritrovò stretta al braccio destro da Ivy e a quello sinistro da Harley. «E-Emh… che succede?».
«Umh, personalmente credo sia un bene che siamo rimaste noi», rispose Ivy sensibilmente vicino al suo orecchio.
Harley rise. «Dobbiamo conoscerci meglio», rispose anche lei, con un gran sorriso.
Kara deglutì, capendo di essersi sbagliata: Supergirl cominciava ad avere paura.

«In realtà, non sono nata in una famiglia agiata», confessò Lena dopo che uno dei poliziotti di guardia al cancello le fece entrare, seppure con qualche remora su Selina. «La mia era una famiglia comune: solo io e mia madre». Ora aveva catturato la sua attenzione. «Mia madre è morta di cancro quando avevo quattro anni e allora fui adottata dai Luthor».
L'altra restò zitta, ma una parte di lei si sorprese nel sapere che avevano qualcosa in comune, dopotutto.
Ancora fuori dalla Wayne Enterprises, videro un ragazzo in compagnia di due guardie affacciate a un ingresso posteriore e, prima di avvicinarsi troppo, Lena si rivolse di nuovo a lei: «Non sai niente di me, come credo neppure della maggior parte della restante gente ricca nel mondo. Sarebbe buona cosa informarsi, o quanto meno tacere se non si conosce abbastanza di un argomento, prima di parlare. E magari fare dell'erba un fascio su una vasta categoria di persone».
Camminò più piano e lasciò che raggiungesse il giovane Wayne per prima, pensando a quanto le aveva detto. Non si sarebbe scusata di certo, però…
I due si strinsero la mano e lui congedò le guardie, che rientrarono nell'edificio. Selina si avvicinò poco dopo, dapprima cauta, esaminando lui più attentamente, e poi di fretta, dimostrando sfacciataggine. Allungò la mano destra verso di lui che la strinse accompagnando un gesto del capo.
«Selina Kyle. Abito nella zona delle case popolari».
«Mi rammarico per ciò che sta succedendo, signorina Kyle».
«Sì, certo», estrasse un sorriso, «Ne sono sicura».
Anche il ragazzo le lasciò un sorriso, ma Lena intuì che fu solo per cortesia, esattamente come quello di lei. Poi abbassò un poco la testa e, stringendo le labbra secche, riprese a parlare. Era la prima volta che entrambe lo vedevano dal vivo: Lena lo aveva intravisto spesso nei telegiornali e in alcuni documentari, Selina in auto, rigorosamente sui sedili posteriori, quando si spostava verso la Wayne Enterprises. Distante, un ragazzo immagine che la compagnia lanciava alla folla per distrarli dalla prossima fregatura, un cartonato. Vederlo ora, alto e piuttosto robusto, chiuso nel suo giaccone scuro, con i capelli ben pettinati all'indietro e quell'aria di superiorità, Selina capì che si era sempre sbagliata: non era un capro espiatorio, ma uno di loro. Nient'altro che uno di loro.
«Non sono d'accordo sulla vendita e domani rilascerò un comunicato. Sfortunatamente non ho abbastanza quote societarie per oppormi, anche se ci ho provato».
«Su questo grattacielo c'è sopra il suo nome, signor Wayne…», gli fece notare, alzando le sopracciglia. «Davvero è tutto qui ciò che può fare?». Lena le scoccò un'occhiata e lui sospirò, così si rivolse di nuovo a lei:
«Sarebbe bello se fosse così semplice come crede. Purtroppo non lo è. Tuttavia, ciò che voglio dire, è che pagherò gli avvocati per le famiglie. Ognuno di loro ha bisogno di potersi difendere».
«Lo farà davvero? Lei?».
«Io», ridacchiò, guardando Lena e poi lei.
Selina si zittì, cercando di capire se stesse cercando di prenderla in giro, mentre Lena gli sorrise.
«Se posso fare qualcosa…», propose quest'ultima.
«Sì. Per questo l'ho fatta venire. Diffondete la voce: se c'è una cosa che possiamo fare per opporci realmente alla vendita, quella è fare pressione sociale». Selina fu colpita: era la sua stessa idea. «Questa gente odia la pubblicità negativa. Cercheranno di ostacolare il mio comunicato, domani. Signorina Luthor, se potesse mettere in giro, per cortesia, la voce sul comunicato, gliene sarei grato: devono potermi ascoltare più persone possibili, se influenti, ancora meglio».
«Non mancherò».
Lui annuì soddisfatto e dopo si rivolse ancora a Selina Kyle, chiedendogli di raccontargli cosa si diceva dall'altra parte, considerandolo come altro materiale da tenere presente per il suo comunicato.
Intanto Kara, in compagnia di Ivy e Harley, raccattò qualche altra intervista dai manifestanti davanti alla società, tra chi era più arrabbiato e chi frustrato. Nell'aria si aleggiava un pesante sentimento di sconfitta, lo scrisse sul taccuino, amareggiata. Si allontanarono per riprendere aria, guardando la gente che, nonostante sapesse di aver perso, continuava ininterrotta a far sentire la propria voce. Se non altro, Kara aveva qualcosa di serio su cui concentrarsi, poiché appena allontanava i suoi pensieri dal lavoro lì a Gotham City, si ricordava di avere Harley che ispezionava il suo viso con maniacale attenzione, trovandole più difetti di un'estetista, e Ivy che non faceva che fissarla e ripeterle quanto fosse diversa in video, che la telecamera non le dava giustizia. Avrebbe pensato che ci stesse provando, se non fosse per la sua ragazza a letteralmente un palmo da lei.
«Basta, adesso parliamo di cose belle», enunciò Ivy con fare scocciato. «Se sentirò ancora un'altra testimonianza su come la nostra vita faccia schifo, giuro che avveleno qualcuno». Kara le scoccò un'occhiata e lei sorrise, avvicinandosi sinuosa tanto da abbracciarla. «Rischio di annoiarmi, sento queste cose tutti i giorni, capiscimi… Parliamo di qualcosa più… romantico».
Kara deglutì; cercò un modo per allontanarsi che Harley le tirò in alto una ciocca di capelli e, selezionandone uno, glielo strappò. «Ahia». Non fece in tempo a sgridarla intenta a controllare il capello che l'altra ragazza la strinse più forte, avvicinando un sorriso malizioso.
«Dunque… e così la nostra Supergirl ha la ragazza?!».
«Cosa? No. Non proprio. No. Non… diciamo… P-Perché non un ragazzo?».
«Beh, credo sia piuttosto semplice: tanto per cominciare, penso di poter dire con quasi assoluta certezza che quella Luthor sia una ragazza».
Harley rise, controllando ancora il suo capello. «Assoluta certezza», ripeté annuendo.
Kara arrossì, non riuscendo a trattenere un sorriso. «Lena? I-Io e Lena ma», ridacchiò nervosamente, «noi non- è complicato! Noi non-». Scosse la testa brevemente e Harley portò entrambe le mani sul viso, fermandola, schiacciandole le guance. «Emh, okay…», si tirò indietro, sgusciando dalla presa di tutte e due.
«Le cose tra voi non vanno bene?», chiese Ivy.
«Sì, cioè no. No, perché non stiamo- cioè…».
«Ho visto come la guardavi».
«Che romantiche», aggiunse Harley in un largo sorriso.
Oh, non poteva essere vero. Non potevano davvero averlo capito da uno sguardo! «Lena è mia sorella! Sorellastra, veramente», deglutì, stringendo i pugni e alzando fiera lo sguardo. «Ci proteggiamo… D-Da noi si fa così».
Le due si guardarono e poi guardarono di nuovo lei, con un velo di sconcerto. Ivy trovò il coraggio di parlare per prima: «Da voi le sorelle vanno a letto insieme? Non capisco».
«Da voi… cosa?!», sbraitò Harley, lanciando un nuovo sguardo ad Ivy al suo fianco. «Hai detto sorelle?», scosse la testa, «Pensavo di essere io quella a non avere tutte le rotelle a posto…».
Kara alzò gli occhi al cielo. «Ma no, noi non siamo davvero sorelle», irrigidì i denti, gesticolando, «Le nostre madri stanno insieme e non abbiamo legami di sangue; la nostra relazione è-».
«AH!», la interruppe Ivy, alzando la voce e indicandola. «Come dicevo io: state insieme. Dopotutto, con quel bel faccino come poteva resisterti».
Kara sbuffò, guardando Harley alzare la mano e saltellare fino ad ottenere l'attenzione di entrambe: «A me una volta è successo».
«Cosa, dolcezza?».
«Stavo guardando un bel faccino e sono caduta», fece una smorfia.
«E poi cos'è successo?», la spronò Ivy.
«Ho pianto. Mi sono fatta un gran male». Si rifugiò tra le sue braccia e Ivy le baciò la fronte.
Noi e loro, pensò Kara. Noi di National City e loro di Gotham. Noi ricchi e loro poveri, secondo Selina. Noi El e loro Luthor, le aveva fatto notare Kal. Possibile che tutto si dividesse in noi e loro? Guardò di nuovo verso i manifestanti, il noi, e la polizia, il loro. E poi il suo sguardo inquadrò qualcuno di conosciuto, cominciando ad avvicinarsi a lui senza avvertire le ragazze, lasciando che si accorgessero da sole che si stava allontanando e così seguirla. Oh, era proprio lui: non troppo distante, scattava foto verso i manifestanti e la polizia, cambiando angolatura e distanza, girando e rigirando la fotocamera. Noi e loro, ripensò sbuffando: James Olsen era il suo loro, ora.
«Lavori?», domandò, avvicinandosi.
Lui si sorprese; era inchinato e alzò lo sguardo spalancando gli occhi. Il suo viso mutò rapidamente in un'espressione dolce, sorridendole. «Beh», inchinò un poco la testa, «ciò che sta succedendo qui è assurdo e qualcuno deve pur portare le loro voci fuori da Gotham».
Kara ricambiò al sorriso, ci mise poco a mettere da parte i motivi che la spingevano a tenerlo a distanza, dopotutto.
«Oh, wow, ma qui abbiamo un fustacchione».
I due si voltarono, scoprendo Ivy squadrarlo con espressione provocante, un'unghia in bocca e uno scocco di sopracciglia, intanto che Harley si avvicinava tendendo un abbraccio al grido di gli amici di Supergirl sono anche amici miei.
Si riunirono con il gruppo di amici della piazza e James continuò a scattare foto mentre Kara sentiva ancora qualcuno, tendeva in alto i cartelli, cercava un dialogo con la polizia. Lui scattò qualche foto anche a lei. E anche ad Harley, che continuava a mettersi in mezzo all'obiettivo per attirare l'attenzione, con linguacce o alzando le code dei capelli come orecchie.
Kara si accostò per vedere le foto e si sorprese nel vederne alcune: aveva catturato l'aria pesante che si respirava, la rabbia, la frustrazione negli occhi dei manifestanti, dei ragazzi anche giovani che lottavano per le proprie famiglie o gli amici, per il loro futuro. In una foto c'era lei che parlava con un anziano; lui che le sorrideva nonostante gli occhi stanchi e lei che lo supportava anche solo con quella mano stretta su un braccio.
«Ti stava a sentire», le annuì come orgoglioso. «Tu e tu cugino e avete questo superpotere in comune: riuscite ad avere subito la fiducia degli altri, e allo stesso tempo, ad averla in loro».
Lei sorrise, arrossendo un poco. «Proporrò le tue foto alla signora Grant».
James spense la fotocamera, abbassando un poco lo sguardo e prendendo respiro. Harley e Ivy stavano prendendo in giro la polizia con il loro gruppo di amici, non li avrebbero interrotti. «Senti, Kara… Mi dispiace per come sono andate le cose», scosse un poco la testa, palesemente amareggiato. «Clark ed io siamo amici da tempo, non potevo nascondergli la verità».
«L'ho capito».
«Non dovevo mettermi in mezzo, non sono affari miei».
«No».
«È solo che con Lex…».
«Kal me ne ha parlato», lo fermò, «Ma è diverso, e Lena non è Lex».
«Hai ragione», lo disse, ma non gli sembrò realmente convinto, su questo. «Noi… Lui è tuo cugino, pensa di proteggerti. Non avercela con Clark».
«E tu?».
«Pensavo di proteggerti anch'io», rise un poco, grattandosi la testa impacciato. «So che ci conosciamo da poco e tutto il resto, ma sei la cuginetta persa di Clark e lui mi ha parlato tanto di te e quando ti ho visto la prima volta, non so, è scattato qualcosa… Resterò al mio posto», concluse, facendosi più serio.
Kara apprezzò la sua sincerità. Gli mostrò la mano e, quando lui la strinse, lo avvicinò per un abbraccio. «Pace fatta».
Risero insieme, ricominciando a controllare le foto.
Bruce Wayne accompagnò le due ragazze fino al cancello, aprendo per loro prima ancora che il poliziotto, di spalle, li notasse. «Vi ringrazio per il vostro tempo. Speriamo di vincere questa battaglia, o farò in modo che gli sfollati abbiano una sistemazione».
«Meglio ancora se terranno le loro case, se permette», rimbeccò Selina Kyle. Si strinsero le mani e le due ragazze si allontanarono, quando il giovane Wayne aggrottò la fronte. «Ah, signorina Kyle?».
«Sì? Ha dimenticato qualcosa?».
«No, vede… penso sia stata lei a dimenticare di restituirmi qualcosa». Strinse le labbra e spogliò un polso dalla manica, così Selina sfoggiò un sorriso e tornò sui suoi passi.
Intanto che Lena guardava, Selina Kyle prese un orologio da una tasca del suo giubbino e glielo chiuse bene intorno al polso, finendo per poggiarci sopra entrambe le mani e guardarlo assottigliando gli occhi. «È più in gamba di quel che credessi», sussurrò e lui non mancò di sorriderle.
«Pronto per sorprenderla».
Le due ragazze ripresero a camminare vicine e Lena sentì l'urgente bisogno di controllare all'interno della sua borsetta.
«C'è tutto», le fece sapere Selina. «Ho stima di Kara: ringrazia lei, Luthor».

James Olsen non poté fare a meno di notare come Kara e Lena Luthor si stringevano per parlare tra loro, come la prima sorrideva e l'altra le bisbigliava qualcosa a un orecchio. Non era certo di approvare la loro relazione, ma era sicuro che non spettava a lui farlo; niente di meno la loro era una relazione segreta poiché in fondo, perfino loro, sapevano di non dover stare insieme. Le lasciò per continuare il suo lavoro e Kara gli promise che avrebbe parlato con Kal.
Harley si rattristì al punto da avere gli occhi lucidi quando dovettero lasciare le ragazze per tornare a National City. Kara dovette prometterle che si sarebbero riviste presto o non le avrebbe restituito un braccio. Poi fu il turno di Selina, che le ringraziò entrambe, con sorpresa, per il loro interesse.
«Farò tutto il possibile», le promise di nuovo Kara.
«So che lo farai, Supergirl». Si abbracciarono brevemente.
Invece, Ivy si perse a squadrare Lena da capo a piedi, con insistenza, tanto che la diretta interessata cominciò a innervosirsi. Le baciò la mano a lungo e poi sorrise con malizia nel guardare vicine lei e Kara. Fortunatamente Lord aspettava a metri da loro l'arrivo dell'elicottero o avrebbe assistito a quell'imbarazzante teatrino.
«Beh, ragazze, è stato un piacere conoscervi», canticchiò Ivy, portandosi poi un'unghia in bocca. «Se vi andasse di fare nuove esperienze…», guardò l'una e dopo l'altra, «non esitate a chiamarci». Le due arrossirono, mentre Harley sogghignava.
Si allontanarono, avvicinandosi a Maxwell Lord. Kara restò pensierosa, con gli occhi sgranati e ancora imporporata sulle gote. «Ci ha davvero proposto… uno scambio di coppie?».
Lena spalancò gli occhi e poi trattenne una risata, ormai troppo vicine a lui, che le chiese di seguirle per l'elicottero atterrato a momenti. «Sai», si avvicinò a un orecchio, bisbigliando, «non credo abbia proposto quello».
«E cosa- Ouh», avvampò, guardandosi indietro.


***


Aveva promesso a Selina Kyle che avrebbe fatto del suo meglio. Ne parlò con Lena, in auto verso il campus: lei era ancora troppo inesperta e nuova del settore, non era certa che Cat Grant le avrebbe affidato un articolo di tale portata. «Ma è troppo importante per rischiare che salti tutto».
«Va bene. Allora cosa pensi di fare?».
Kara sorrise, dicendole di avere qualcosa in mente. Non si baciarono, c'era Ferdinand davanti, e si salutarono tenendosi per mano. Per mano fino a quando Kara non scese dall'auto e le dita di entrambe scivolarono dalla presa.
Non ci credeva che stava seriamente per farlo, ma era l'unico modo che conosceva per assicurarsi che la notizia fosse pubblicata.
Quando lo propose, Siobhan la guardò tanto meravigliata che pensò per prima cosa a uno scherzo. «Stai dicendo sul serio?».
Kara prese un bel respiro. «Sì. Mi piacerebbe che ti prendessi a carico questo articolo… Ho tutto il materiale», le poggiò davanti, sulla scrivania, il suo blocco degli appunti, «E ti farò avere i file delle interviste».
«Lascia tutto qui», le disse con sufficienza, per poi adocchiarla ancora, sbigottita. «Ci penserò».
Era un po' abbattuta che avesse dovuto consegnare il suo lavoro ad altri, specialmente se con altri si intendeva Siobhan Smythe, ma seppe che era la cosa giusta da fare quando insieme a lei presentò l'idea a Cat Grant e lei approvò, convincendola a sbrigarsi. Era l'idea che Siobhan Smythe aspettava, il titolo migliore da lì a Natale. Cat Grant le disse di aver fatto un buon lavoro e leggendo le bozze di Siobhan sull'articolo scoprì che l'aveva citata come collega.
«Ha usato davvero quella parola: collega», raccontò ancora stupita, al cellulare. «Non credevo nemmeno che fosse a conoscenza del significato della parola, lei è sempre un io, io, io». Uscì dall'edificio, attraversando la strada.
Lena sorrise, dall'altra parte. «Quelle sono solo le bozze, magari taglierà quella parte per la versione definitiva».
«Grazie… saperlo mi rallegra, cominciavo a pensare che l'aria natalizia potesse trasformarla in un essere umano decente», Lena la sentì ridere, «Non vorrei si sentisse male».
Lena scese dall'auto parcheggiata da Ferdinand a un lato della strada e camminò sicura sul marciapiede fino ad affacciarsi a un negozio, ancora cellulare all'orecchio. «Ti devo lasciare, Kara, devo sbrigare delle faccende. Ah… sono fiera di ciò che hai fatto. Hai mantenuto la tua promessa, malgrado tutto». Kara si prese del tempo e poi le sussurrò di essere felice di averlo fatto, così si salutarono con la promessa di rivedersi presto. Lena staccò la chiamata con un sorriso e rimise il cellulare in borsa, prendendo un bel respiro e decidendo di entrare. Alex alzò lo sguardo per darle il benvenuto, ma quando vide che era lei si zittì, perdendo la voce.
Nel frattempo, Kara era quasi tornata al campus che la piccola Jamie le andò incontro in una corsa al grido di zia Kara. «Maggie?», la vide ferma davanti al cancello; prese Jamie in braccio e la raggiunse. «Cosa fai qui?».
«Ehi, scusami, spero di non disturbarti. Sapevo che saresti tornata verso quest'ora e speravo di trovarti».
Il guardiano le fece entrare e si inoltrarono nel parco, con Jamie imbottita nel suo piumino giallo, saltellando da una parte all'altra.
«Lena? Cosa… cosa fai qui?», ridacchiò Alex. In realtà, una parte di lei sapeva esattamente perché lei era lì e vederla tergiversare, voltando il suo sguardo da una parte all'altra della boutique quasi vuota, le faceva salire l'ansia.
«Volevo passare a trovarti in università, ma è successa una cosa buffa», Lena si voltò verso di lei, «Quando ho cercato il tuo nome negli archivi, non ti ho trovato. È strano perché quando feci indagini sulla tua famiglia il tuo nome era lì, eri iscritta, nero su bianco, ma provando a scavare un po' più a fondo, sei solo un fantasma. Non frequenti le lezioni, non hai dato nessun esame fino ad ora. Quando ho provato a chiamare chiedendo della mia sorellastra, ho scoperto che lì non esisti».
Si guardarono e Alex deglutì. «Hai trovato la microspia?».
«Sì, agente Danvers».
Maggie la guardò con uno sguardo quasi materno, inclinando un poco la testa, mentre erano appoggiate su un piccolo ponte affacciate al lago ghiacciato, che Jamie continuava ad indicare. Kara sapeva perché era lì e sapeva anche che non c'era nulla che potesse dirle per sviarla dalla verità.
«Posso chiederti da quanto va avanti?». Maggie la vide sbiancare poco a poco e così le sorrise, sperando di darle conforto.
Kara abbassò la testa. «Da sempre». Quella risposta la sorprese e lei abbozzò una risata. «N-Non so spiegarlo… Lo so che le nostre madri stanno per sposarsi, Lena ed io abbiamo fatto i conti con questo tante volte, ma è successo e», sospirò, «e non abbiamo potuto fermarci».
Lena la fissò e Alex sentì un brivido percorrerle la schiena quando le mostrò la microspia che si era portata in borsa, appoggiandola al bancone di vetro della boutique. «Kara lo sa?».
«Oddio, no», alzò le sopracciglia, sospirando. «Lavoro sotto copertura per proteggerla, non-», si fermò, ghiacciandosi, quando quel pensiero le sfiorò la mente: «Glielo dirai?».
«Non spetta a me dirglielo», rispose Lena. E Maggie.
«Non lo dirai ad Alex?», ripeté Kara, «Ero convinta che vi diceste sempre tutto».
«È così», Maggie strinse le labbra, sporgendosi solo un attimo per sgridare Jamie che si stava allontanando troppo. «Ma questo, Kara, riguarda voi. E Alex in fondo già lo sa, anche se penso non lo voglia ammettere».
«Non glielo posso dire», obiettò Alex, scuotendo la testa. «Anche volendo, è lavoro. C'è troppo in ballo», abbassò la voce sempre di più, guardandosi velocemente intorno, «Hanno ucciso loro tuo padre, non possiamo rischiare di attirare l'attenzione».
«Tu lo sapevi?».
Alex deglutì di nuovo, voltando un poco lo sguardo. «Non potevo dirti niente. Non ne so molto più di voi, comunque. Il mio compito era solo proteggere Kara, ma se riusciamo a portarci avanti…», la scrutò negli occhi chiari, prendendo una pausa prima di proseguire. «Ti chiedo scusa».
«Non voglio le tue scuse», riprese la microspia e, pensandoci, continuò, aprendo un poco le labbra e avvicinandosi. «Voglio scoprire perché è stato ucciso, voglio proteggere Kara quanto te, e ho un piano».
«No che non ho un piano», Kara fece spallucce, «Nessuna di noi due ha un piano».
«Quindi non avete considerato come andare avanti?», domandò Maggie, «Pensavate di amarvi di nascosto per sempre, per caso?».
«No, certo che no». Maggie attese che continuasse, sbirciando la figlia con la coda dell'occhio, che stava scavando nella terra umida oltre il piccolo ponte. «Ci stiamo solo… godendo il momento, diciamo», confessò Kara. «Pensavamo di non poter stare insieme e poi siamo state insieme e ora non vogliamo altro che stare insieme».
«Dovete dire la verità», le annuì, accarezzandole un braccio. «Magari andrà bene e non avrete più motivo di nascondervi. E, se ti fa sentire meglio, sono dalla vostra parte».
Kara le sorrise e così fece anche Lena, più brevemente. «Sei dalla nostra parte, no?».
«È rischioso…», valutò Alex, distraendosi solo un attimo per rispondere a una cliente. «Quella donna… Al D.A.O. pensiamo sia stata lei ad ordinare l'omicidio dei genitori di Kara, se scopre una microspia… non sappiamo come reagirà, è imprevedibile e pericolosa».
«Farò in modo di cancellare ogni dato che ricollega al D.A.O.: anche se la trovasse, non potrebbe ricondurla a nessuno, saprebbe solo che qualcuno la torchia».
«E questo è già abbastanza pericoloso».
«Me ne rendo conto».
«Ma da qualche parte dobbiamo pur partire… Ci sto. Ma devi promettermi una cosa», guardò Lena negli occhi, «Non diremo a Kara di questo».
Annuì, sapendo di non avere molta scelta.



































***

Aaaaah! Eccoci di ritorno!
Sono stata brava, eh? Capitolo puntuale come sempre.
Mi spiace che lo scorso capitolo non abbia ricevuto granché entusiasmo, gli stand alone stanno perdendo il loro “fascino”, ma ahivoi sono capitoli importanti quanto gli altri per la trama e per i personaggi, per capirli ecc, quindi “vi toccano” ugualmente :P
Allora, allora… Maggie sa di Kara e Lena, Lena ha affrontato Alex e siamo andati a Gotham! Kara ha fatto pace con James e ha avuto modo di riflettere, ma soprattutto abbiamo conosciuto un po' meglio Selina e scoperto Ivy, Harley e Bruce Wayne! Vi piacciono? Vi hanno convinto? Questo capitolo è stato un po' difficile da scrivere, tanti personaggi, c'era anche Maxwell Lord, personaggi nuovi e purtroppo introdotti per poco, come Bruce, ma non è detto che non torneranno in futuro (o meglio, è sicuro).
E ora? Lena ha detto di avere un piano, ma come faranno a introdurre una microspia in casa Gand? Sarà possibile? Non si prospetta qualcosa di semplice…

Fatemi sapere cosa ne pensate e… al prossimo capitolo che si intitola Pre-Natale e sarà pubblicato puntuale come sempre lunedì prossimo ~




   
 
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