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Autore: Asteroide307    05/09/2018    1 recensioni
Titolo: "Quello che non vedevo"
Dal testo
"Eri Yoshida aveva compiuto da qualche giorno sedici anni e iniziavano per lei le superiori. Ormai era la terza volta che cambiava scuola, arrivata a quel punto sapeva che non avrebbe avuto una quarta possibilità. [...] Eppure Eri era troppo alta rispetto alle ragazze della sua età. I suoi polsi erano più spessi di quelli delle ragazze della sua età. Non aveva chiesto lei di nascere così, eppure era successo e per quanto continuasse a correre ogni giorno, per quanto non mangiasse regolarmente, le sue ossa restavano spesse e sgraziate, a detta di tutti i compagni delle sue classi precedenti."

«P-Posso t-togliermi.» Balbettò, terrorizzata ed insicura.
Lui inizialmente sospirò soltanto. «Non importa, avendoti davanti non riuscirei comunque a vedere – spostò la sedia nel banco avanti a quello del compagno con cui era entrato in classe – sei una ragazza, dovresti essere più sottile.»
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Gli occhi di Yoshida così luminosi brillavano alla vista della Kyoto notturna, quella era probabilmente la cosa più bella da vedere in quel momento per Issei, che da quando erano arrivati non era riuscito a toglierle gli occhi di dosso.

Avrebbero raggiunto dei suoi amici, qualcuno di loro probabilmente Nomura lo conosceva. Il vero piano era quello di andare in un pub con quei ragazzi, si sarebbe esibito un gruppo piuttosto vicino ad Issei, visto che per un piccolo periodo aveva suonato con loro.

Era una passione che non aveva mai coltivato più di tanto, il basso. Gliene aveva regalato uno Naoko, voleva che imparasse a suonarlo e lui l’aveva fatto, inizialmente non con grande entusiasmo. Alla fine aveva visto che la cosa gli piaceva ed aveva continuato. Naoko gli aveva presentato un suo amico, Eichi, un ragazzo nomade che aveva vissuto per la maggior parte del tempo a Kyoto, ma era originario della stessa prefettura di Yoshida, più o meno vicino la sua.

Eichi era davvero un grande. Frequentava la scuola ma riusciva a star dietro a quell’impegno così importante come una band che si esibiva in molti locali, venivano persino pagati per quello.

Poteva far parte anche lui di quella famiglia ma a causa della distanza e della difficoltà nel raggiungere Kyoto ogni giorno, per prove e incontri, aveva rinunciato.

Non c’erano rimpianti in lui se non un po’ di tristezza.

Non avrebbe più suonato il basso, in ogni caso, visto che aveva iniziato proprio per far piacere alla sua ex ragazza.


 

«Menomale che mi hai detto di portare la giacca – aveva sorriso Yoshida, parlando ad Atsuko, mentre strofinava una mano sul braccio opposto – in città fa davvero freddo, eh?»

«Ti scaldo io, Eri-chan!» Le si buttò addosso, stringendola.

Issei aveva intravisto il ragazzo che lo aveva invitato, Koizumi. Stava fumando una sigaretta. Lo raggiunsero in fretta. Sedevano tutti sotto un albero, le radici erano contenute da una sorta di panchina circolare in cemento. C’erano diverse conoscenze, tra cui Miura, quella che doveva essere la sua ragazza sedeva sulle sue gambe, mostrandogli qualcosa dal cellulare.

«E’ arrivato Hasegawa?» Aveva chiesto una ragazza in fondo.

«Sì, cazzo, non lo vedevo da mesi! Ma che fine avevi fatto Hasegawa?»

Conosceva quasi tutti.

«Hasegawa, hai portato due splendide donzelle con te, eh?» Aveva detto Koizumi, tirandogli una violenta cozzata.

«Guarda che sono Nomura e Yoshida.»

La faccia di Jin era sconvolta. Probabilmente non aveva osservato bene le due studentesse per poterle riconoscere ma nei pochi momenti che le aveva viste non doveva averci prestato particolare attenzione.

Issei aveva un qualcosa di ironico e saccente dipinto in volto.

«Nomura? Yoshida?» Chiese, sorpreso.

Stava guardando anche troppo le due ragazze, per i gusti di Hasegawa. Pensando a quanto la cosa lo infastidisse, Miura si sollevò, camminando verso di lui, ma sorpassandolo freddamente, per raggiungere le amiche. Issei si era immediatamente voltato.

«Sei venuta, quindi!»

Atsuko aveva distolto lo sguardo orgoglioso. «Non volevo lasciare Eri-chan da sola.»

Miura le aveva arruffato gentilmente i capelli, non aveva un’espressione decifrabile, piuttosto anonima fino a quel momento. «L’importante è che tu sia venuta, immagino – si girò verso Yoshida, sorridendole – è bello vederti fuori dalla scuola, stai molto bene con questi vestiti.»

Issei sentì uno strano istinto nel volerlo picchiare, ma ci aveva pensato Atsuko a spingerlo lontano dalla preziosa Yoshida. Lo guardava come un nemico. «Sei qui con la tua ragazza, non ti vergogni?»

«Kanna è solo un’amica.»

«Comunque, non osare mettere i tuoi occhi sulla mia Eri-chan! Te li caverò!»

Koizumi era apparso improvvisamente dietro Nomura, poggiando i suoi palmi sulle spalle piccole e sottili della ragazza. «Nomura, dovrai dare del filo da torcere ad ogni ragazzo qui, se non vuoi che guardino Yoshida.»

Issei sbuffò rumorosamente.

«Non importa, mi basta che sia Miura a farlo. Mantieni le distanze di sicurezza, Miura-kun.»

«Sei stupida, Atsuko – sospirò il biondo, mettendo le mani in tasca – sono l’unico qui che non ha cattive intenzioni e temi proprio me.»

Yoshida moriva di imbarazzo per quello che stava succedendo, talmente tanto da non riuscire neppure a parlare. Le sue guance si erano colorate splendidamente di rosa, inoltre, stringeva forte le mani attorno al manico della borsetta che aveva portato.

Tossendo avrebbe catturato l’attenzione di tutti, spostandola dalla povera Eri che non sapeva ambientarsi affatto. Così fece.

Era adorabile.

«Allora, ci muoviamo? Andiamo da Eichi oppure no?»

«Che c’è Issei, non vuoi che facciamo conoscenza?» Aveva scherzato un altro ragazzo, passandogli accanto e stampandogli cinque dita sulla nuca. Il prossimo che avrebbe colpito il suo corpo, anche per sbaglio, lo avrebbe fulminato sul momento.


 


 

«Sapete come arrivare al pub? Non ho mica capito dove si trova.» Koizumi si era acceso un’altra sigaretta mentre camminavano per la meta. In testa vi erano due ragazze (mai viste) e un vecchio amico. Non parlavano spesso ma questo non impediva loro di considerarsi tali.

Issei notò che mentre Atsuko si era messa a camminare con Miura, il suo piano, probabilmente, era evitare che potesse avvicinarsi a Yoshida, proprio quest’ultima era rimasta poco più indietro. Teneva il passo quanto le distanze. Non sapeva come aiutarla.

La aspettò, rallentando, finché i loro corpi non si allinearono, come a scuola.


 

«Che ne pensi? Sono gentili, no?» Sospirò, fingendo disinteresse.

«S-Sono divertenti…»

Yoshida camminava sempre a testa bassa, Issei non ne capiva il motivo. Forse era soltanto abitudine. Si era girato verso di lei, guardandola un po’, prima di mettere in atto ciò che aveva in mente. Nonostante non fosse niente di importante, non capiva perché il suo viso si era accaldato e il suo cuore aveva preso a battere.

Sbuffò, tutte quelle strane reazioni lo infastidivano.

Poggiò la sua mano sui morbidi e mossi capelli neri di Yoshida. Stranamente, nel momento in cui la toccò, sentì un brivido partire dalla punta delle dite per finire alla fine della schiena.

«Voglio che ti… c-che ti diverta stasera, quindi rilassati…ok?»

Yoshida lo stava guardando così dolcemente che non sapeva cosa pensare. I suoi grandi occhi chiari si erano soffermati su di lui. Lo ringraziava senza parole, anche se non era certo del motivo.

Anche dopo aver interrotto il contatto, Issei riusciva a sentire la morbidezza dei capelli di Eri sulle dite. Era una sensazione sorprendentemente bella.

«Sei… sempre tanto gentile. Non ti ho neanche r-ringraziato per aver cucinato per mia madre.»

«So che mi sei grata, ragazza stupida, ma preferisco che tu pensi ad altre cose questa sera. Voglio vederti sorridere più spesso, quindi fai del tuo meglio e divertiti, ok?»

«O-Ok!»


 

«Siamo arrivati, tribù.» Aveva annunciato, entusiasta, Koizumi. Quando era fuori diventava una persona estremamente amichevole e alla mano.

Il locale sembrava abbastanza bello, tra l’altro.

Da fuori si sentiva che stavano già suonando. Issei non vedeva l’ora di entrare, ma sembrava essere l’obiettivo anche di tutti gli altri.

«Stasera sentirai del jrock dal vivo, sai?» Le aveva detto mentre aspettavano il loro turno per pagare l’ingresso, il prezzo era piuttosto alto. Lei e il biondino stavano ancora dietro, per cui era riuscita a scoprire il prezzo ancor prima di arrivare alla cassa.

«N-Non so se entrerò – si grattò nervosamente la nuca, Atsuko, rispondendo rattristata alla domanda di Miura – non so se arrivo con i soldi.»

«Non preoccuparti di questo, ci penso io – disse allora, quel ragazzo che si lasciava riscoprire un buon amico – non è un problema per me.»

Atsuko gli impedì di riprendere il portafogli, fermandolo con le sue piccole mani. Non è che non gli fosse grato, d’altra parte, non trovava la cosa necessaria, soprattutto perché non gli andava di essere in debito con qualcuno come Miura. Certo, era cambiato e negli ultimi giorni lo aveva ben capito, d’altra parte, come giusto che fosse, avrebbe dovuto tenersi comunque pronta a reagire nel caso quella fosse tutta una scenata.

Non era una persona dubbiosa, tuttavia, chiunque ci avrebbe pensato almeno cento volte davanti ad un cambio così repentino di personalità. Magari lei ci avrebbe pensato solo cinquanta volte, ma sarebbe stato necessario.

«Mi dispiace solo di lasciare Eri da sola, d’altra parte è con Issei, va bene, insomma. Non è un problema, la musica si sente anche da qui.»

Miura reagì in modo strano. In effetti non cercò neppure di convincerla a cambiare idea, sospirando soltanto. Evitò di guardarla direttamente e mise il portafogli nella tasca posteriore dei jeans. «Come vuoi, Nomura. Non starò qui ad insistere, se vuoi così, mi sta bene.»

Kanna, la ragazza di cui aveva parlato poco prima, afferrò Ryuu per il braccio, tirandolo a sé. Diceva che era soltanto un’amica, non che gli importasse qualcosa, ma gli sembrò una qualche bugia.

Kanna era piuttosto bella. Aveva lunghi capelli lisci e vestiva molto provocante. Che motivo aveva di mentire su una cosa del genere?

Atsuko mise le mani nelle tasche dei jeans, allontanandosi dalla coda.

«Ryuu-kun andiamo, stiamo aspettando solo te. Perché hai bloccato la fila?»

Prima di lasciarsi trascinare via, Miura si era voltato verso di lei, concedendole un’ultima, strana, occhiata. Kanna lo portò dagli altri e Atsuko decise solo di sedersi su una panchina. Non aveva neppure il cellulare, non era certa di cosa avrebbe fatto per tutto il tempo.

Per quanto potesse sembrare imbarazzante, lei non si sentiva affatto umiliata da quella situazione. I suoi genitori lavoravano sodo per mantenere sia lei che suo fratello, per cui, anche se le loro possibilità erano molto limitate, era già una gran cosa che potessero permetterselo.

Ad Atsuko non mancavano strumenti scolastici, aveva sempre qualcosa da mettere o da mangiare e un tetto caldo dove tornare, allora di cosa avrebbe dovuto lamentarsi? Il cellulare? Non le serviva davvero, tanto che quando i suoi genitori avevano proposto sia a lei che a suo fratello di acquistarne uno, lei aveva lasciato che lo prendessero per lui.

Non si sarebbe lamentata di una cosa del genere.

Sicuramente Eri si sarebbe preoccupata della sua assenza ma Miura avrebbe spiegato la situazione e tutto sarebbe andato bene. Decise di andarsi a prendere qualcosa da mangiare, meno costoso e più utile di un concerto in live.

Guardandosi in giro non la vide. Prima di spaventarsi davvero preferì controllare bene che non fosse nascosta dietro la figura di qualcun altro. Così Eri iniziò a girare tra le persone di quella comitiva, non trovando da nessuna parte Atsuko. Fu solo allora che si lasciò sopraffare dal panico.

Dov’era finita? Perché non era con loro? E perché non se n’era ancora accorto nessuno? Lo avrebbe dovuto notare proprio lei? Lei che solo a pensare di dover parlare con uno sconosciuto, sudava freddo?

Issei parlava con Koizumi, tranquillamente.

Eri, silenziosa, si avvicinò ad Hasegawa. Non voleva disturbarlo ma non sapeva a chi altro dirlo, era davvero preoccupata. Tremando, tirò la manica larga della felpa da football di Issei, chiamandolo timidamente.

«Yoshida? Che c’è?»

«A-A-Atsuko! D-Dov’è?»

Issei cambiò immediatamente espressione, cancellando la spensieratezza dal volto per lasciarsi andare alla preoccupazione. «Dov’è? Non l’hai vista entrare?»

Eri scosse la testa. Cercò Miura tra i ragazzi ma era troppo lontano, insieme ad una ragazza che era stata con loro, per potergli parlare. «N-No! M-M-Mi dispiace Ha-Hasegawa! Avrei dovuto stare p-più a-attenta!»

Stava per scoppiare in lacrime.

Issei storse le labbra. «Stupida, è colpa mia. Dovevo stare io attento a Nomura, ora n-non – sembrò arrossire, distogliendo lo sguardo – non agitarti. Andiamo a cercarla insieme ma per favore, non piangere.»

Inaspettatamente prese la sua mano, stringendola forte perché potesse portarla con sé. La stretta di Hasegawa era così salda e calda che causò un’irregolare batticuore dentro al suo petto. Si lasciò trascinare tra la gente, avrebbero cercato insieme Nomura.

Mentre camminavano in fretta, alla ricerca dell’amica, Eri aveva la testa gonfia di pensieri. Era spaventata per l’amica ma anche molto imbarazzata. “Perché non lascia la presa? Ho paura di star arrossendo così tanto da lasciarlo vedere.”

Eri si lasciò sommergere dalle troppe persone sotto al palco, pronte ad ascoltare il famoso concerto. Erano così tante che aveva davvero paura di perdere la mano di Issei, visto che con tutte quelle persone sarebbe potuto succedere che lo perdesse anche di vista. Sorprendentemente, Issei, se ne era accorto, per questo la tirò così forte da farle anche un po’ male, pur di superare il muro di gente che si era insidiato tra di loro.

A causa delle scarpe, Eri perse l’equilibrio, scivolando su Issei, pronto a prenderla.

Si guardarono per giusto qualche secondo negli occhi poi Yoshida scattò via, totalmente rossa in viso. «S-Scusa, t-ti ho fatto male?»

Hasegawa non perse tempo, una volta accertatosi che stesse bene e non si fosse fatta male, riprendendo a correre. Avevano una meta, Miura. Quest’ultimo sembrava non esserti assolutamente accorto della faccenda, visto che parlava tranquillamente con la ragazza.

Issei gli mise una mano sulla spalla, costringendolo a voltarsi quasi violentemente. Le sembrò un gesto non totalmente a caso.

«Dov’è Atsuko?»

Miura lo allontanò, freddamente. «Non mi toccare.»

«Te lo richiedo, dove cazzo è Atsuko? L’ultima volta che l’ho vista era insieme a te, all’ingresso.»

«Non è voluta entrare. Non…non le andava.»

Eri ebbe paura, Issei non lasciò la sua mano ma iniziava a stringerla un po’ troppo forte, sembrava quasi fosse indemoniato. A giudicare dalla sua faccia era davvero arrabbiato, non capiva se lo fosse con Miura oppure per la situazione grave.

«E tu l’hai lasciata da sola? Ma poi perché non lo hai detto subito a Yoshida? L’hai fatta preoccupare a morte!»

«Perché ti scaldi? – Il tipo biondo sbuffò, infastidito – Volevo vedere se vi sareste preoccupati. Stavo giudicando il vostro grado di sincerità con lei.»

«Se le sei così amico perché sei qui dentro e non fuori con lei? È una ragazza, è sola e questa è Kyoto!»

Eri sentiva le labbra tremare fin troppo. «A-Atsuko… n-non ha un t-telefono.»

Fu soltanto in quel momento che Miura prese coscienza di ciò che era successo. Sembrò davvero sorpreso da quella notizia, aveva sgranato gli occhi spaventosamente. Forse l’aveva lasciata con la sicurezza che potesse chiamare in qualsiasi momento.

«Non ha…» Non riuscì a finire la frase che cercò di correre via, bloccato però, successivamente, dalla presa di quella ragazza.

«Ryuu-kun, dove vai? Dai, che ti frega di quella!»

Lui non si sprecò neppure a risponderle che liberandosi fisicamente di lei riprese a correre verso l’uscita. Issei non fece altro, se non tenere salda Eri a sé, guardandolo andare via. La ragazza che accompagnava Miura, praticamente dovunque, gli rivolse uno sguardo schifato.

«Avete deciso di uscire con le sfigate, tutti e due? Vi basta un po’ di trucco per dimenticare che mostro si nasconde sotto?» Commentò acidamente, guardando le loro mani unite.

Hasegawa incurvò le sopracciglia. «Cosa? Da chi devo sentire queste parole? L’ultima ruota del carro? Quella che stasera c’è e domani non più? Quella di cui Miura si ricorderà come una sveltina? Sempre che se ne ricordi, certo. Puoi, proprio tu, parlare di sfigati? Oppure vai fiera della tua poca dignità?»

Lei rimase senza parole, quasi stordita dalla risposta acida di Issei.

Eri chinò lo sguardo.

Lo aveva sicuramente messo a disagio.

Era costernata del fatto che dovesse difenderla. Non solo era stato così gentile da invitarla ad uscire insieme ad altre persone ma lo aveva anche messo in una situazione scomoda e fastidiosa come quelle, costringendolo quasi ad offendere quella ragazza.

Eppure, non era giusto.

Almeno non del tutto.

Forse Issei sentì la sua mano stringersi forte prima di parlare, avrebbe pensato dopo all’imbarazzo per ciò. «N-Non è vero!» Cercò di dire ad alta voce, quasi fallendo, per fortuna un calo momentaneo di chiasso permise alla ragazza scortese di sentirla.

Hasegawa si era voltato verso di lei, confuso.

«A-Atsuko, l-lei è una b-bella persona! N-Non puoi dire q-quelle cose di lei!»

La frase che era uscita dalla sua bocca era diversa da quella formulata nella mente, ma, per lo meno, era riuscita a difenderla. Nomura, sempre troppo gentile con lei, si meritava almeno di essere difesa da quella arpia, era il minimo.

«Andiamocene.» La portò con sé, Issei, lasciando quella tipa da sola.

-

Corso fuori, Miura si concesse qualche secondo per respirare, un po’ affannosamente. Pensava avrebbe trovato Atsuko ancora sulla panchina ma probabilmente era impossibile che ciò accadesse.

Fu inevitabile non lasciarsi andare allo sconforto. La sua mente era piena di pensieri negativi e tutti dicevano che la colpa era sua.

Forse, se non l’avesse trattata male, avrebbe accettato di lasciarsi pagare il biglietto. Forse avrebbe dovuto insistere e tutto ciò non sarebbe successo. Eppure lui non aveva insistito proprio per non darle fastidio, gli sarebbe andato bene anche aspettare fuori con lei ma non era certo che avrebbe apprezzato.

Perché non aveva pensato, in quel momento?

Guardando dappertutto, davanti al locale, Miura non riuscì ad intravedere neppure una volta Atsuko. Era scomparsa.

Si maledì, correndo verso una qualche meta. Chiese a diverse persone in giro se avessero visto quella ragazza da qualche parte ma nessuno aveva idea di chi potesse essere e nessuno l’aveva vista.

La paura fu tale da prendere lo stomaco. Faceva così male che avrebbe pianto volentieri, se ve ne fosse stato tempo.

Si avvicinò a due ragazzi, stavano fumando una sigaretta davanti ad una sorta di gelateria.

«Scusate, avete visto una ragazza? Capelli corti, più o meno alta così – col palmo mostro l’altezza indicativa – indossava dei jeans e una camicia larga!»

Uno dei due sembrò trattenere una risata, l’altro gli diede un colpo sulla spalla. «No, veramente non l’abbiamo vista.»

Quella scenetta non lo convinse affatto, inoltre, il pensare che quei due idioti lo stessero prendendo in giro lo fece imbestialire. Non era una persona violenta e non usava più i pugni da tanto tempo, se lo era promesso, in qualsiasi situazione non sarebbe successo. Il vecchio Miura li avrebbe certamente presi a pugni fino a farli sanguinare ma al nuovo quel controllo sembrò voler sfuggire fin troppo.

Si limitò ad afferrare il tipo che rideva dal colletto del maglione attillato, avvicinandoselo al viso. «Che cazzo hai da ridere?»

Quello si scaldò in fretta, spingendolo così bruscamente da farlo oscillare. «Non rompere le palle e vattene da qualche altra parte.»

Lo aveva minacciato davvero?

Comunque non si spiegava che collegamento potesse esserci fra loro e Atsuko; la risposta più ovvia sembrava quella maledetta risatina. Ryuu si rialzò, pulendosi i jeans.

Non importava più la promessa, c’era di mezzo l’incolumità di Atsuko, giusto?

Tirò un pugno al muro dove poggiava quel tipo. Non fu particolarmente rumoroso ma a giudicare dal leggero solco che lasciò sulla parete i due ragazzi sembrarono calmarsi. Ryuu tuttavia non abbassò le difese, avvicinandosi così tanto a lui da sembrare che volesse baciarlo. Lo fissava, lasciando che il suo respiro pesante toccasse la pelle del volto del malcapitato che si era messo contro di lui, leggermente più basso. «Perché ridevi?»

«Senti amico, stai calmo, ok? Era uno scherzo, la tua ragazza è dentro, sta prendendo un gelato, insomma, è in fila.»

Guardò dentro.

Vedere Atsuko tra quelle persone con un menù delle specialità in mano lo tranquillizzò talmente tanto da fargli perdere la forza nelle braccia. Era rimasto soltanto a guardarla. Sentiva la pace inondarlo.

Stava bene, Atsuko stava bene.

Se lo chiese soltanto dopo, perché quel ragazzo aveva sorriso?

In effetti accanto ad Atsuko c’era una strana figura. Un omone, probabilmente molto più vecchio di lui. Era davvero vicino ad Atsuko, quasi cercasse per forza di avere un contatto fisico con lei, apparentemente ignara della situazione. I due idioti erano corsi dentro per avvertire della sua presenza quell’omone.

Che fosse una qualche organizzazione di rapitori?

«Allora, hai finito di poggiarti a me? – Sbottò Atsuko, bloccando la sua entrata in scena, parlava all’omone dai capelli scuri – Se devi chiedermi qualcosa fallo e basta, perché continui a spingermi? Vuoi passare avanti? A me non importa, puoi passare avanti!»

Quello, guardandolo bene in faccia non doveva essere molto vecchio in effetti, sembrò arrossire tantissimo al suono delle parole di Atsuko. Miura capì cosa stava succedendo e si sentì uno stupido ad aver fatto una scenata del genere a quei due.

Il ragazzone voleva parlare con Atsuko, perché, interessato? Quei ragazzi erano suoi amici e cercavano di aiutarlo? Ma perché ridere?

Quando indicarono al ragazzone la sua presenza anche Atsuko si voltò verso di lui, perplessa. Ryuu deglutì, aveva fatto una gran figura del cavolo con quelli, così, a causa del nervosismo, iniziò ad accarezzarsi alcune ciocche di capelli. La compagna di classe non era andata verso di lui, forse non voleva vederlo e trovarlo a spiarla non era proprio un bel bigliettino da visita. Decise di allontanarsi dalla gelateria.

Per lo meno, Atsuko stava bene.

Si sedette sul bordo di una fontana, rannicchiato su se stesso a domandarsi il senso della sua vita. Non era abituato alle figuracce, non le faceva da troppo tempo.

Poco dopo dal posto uscirono tutti e quattro, Atsuko sembrava parlargli quasi amichevolmente. Erano diventati amici? Fu come ricevere l’ennesima bastonata in faccia.

L’omone lo fissava con occhi languidi.

«Tu… - era un omone con un grande vocione – io ti devo delle scuse! Come ti chiami?»

Miura non era sicuro che parlasse a lui, inizialmente, ma visto che i suoi occhi erano rivolti a lui doveva, purtroppo, essere così. «I-io – tossì qualche volta, evitando di mostrarsi imbarazzato ad Atsuko – sono M-Miura Ryuu…»

«Io sono Riome Takeo – si inginocchiò, all’improvviso e soprattutto davanti a tutti, senza alcun motivo – mi scuso con te, Miura-kun! – Aveva le lacrime agli occhi, per…una qualche ragione – Questo comportamento non rappresenta la mia famiglia. Se avessi saputo che Nomura-kun era impegnata non avrei minimamente cercato di corteggiarla.» Iniziò a fare diversi inchini formali, mettendolo davvero, davvero a disagio.

Ryuu iniziò a scuotere le mani, negando e cercando di interrompere quella situazione visto che molta gente si era fermata a fissarli. In tutto ciò, Atsuko, rideva come una dannata, manco fosse uno spettacolo comico.

«Inoltre, i miei amici ti porgono le loro scuse – li costrinse ad inginocchiarsi, per cui, mentre Miura sedeva dall’alto del bordo di una fontana, tre sconosciuti si inchinavano quasi lo stessero adorando come un dio, nel bel mezzo di Kyoto (c’era persino qualcuno che scattava delle foto) – hanno riso perché notando la tua bellezza hanno pensato che io non fossi all’altezza di conquistare la nobile Nomura.»

«Ci scusiamo!» Dissero in coro.

Più passava il tempo, più sperava di annegare in quella rumorosa fontana, scomparendo definitivamente.

«Va bene, Riome-kun, per questa volta il mio fidanzato non si arrabbierà, ma potresti incontrare un ragazzo più polemico e potrebbe succedere qualcosa di spiacevole – spiegò Atsuko, porgendogli la mano per aiutarlo ad alzarsi – se ti interessa una ragazza dovresti parlarle direttamente. Se le spingi e basta penseranno che sei una persona strana e sinistra!»

Perché aveva acconsentito alla farsa del fidanzamento? Certo, non che gli dispiacesse, ma era un atteggiamento strano visto il soggetto, Atsuko, la quale aveva preferito aspettare tutto il tempo fuori piuttosto che lasciarsi pagare il biglietto da lui.

«Perdonami Nomura-kun. Sarò più attento e farò tesoro dei tuoi preziosi consigli, grazie. Onori la tua famiglia.»

Non era certo di cosa ci fosse di sbagliato in loro, vista la questione della famiglia, ma dato che la situazione si era tranquillizzata pensò bene di alzarsi per abbracciare dalle spalle Atsuko. Dovevano fare i finti fidanzati, giusto?

La risposta fu un appuntito gomito nello stomaco.

«Ah, R…R-R-Ryuu-kun… – non era sicura neanche lei di quello che stava dicendo, ma voleva che la farsa continuasse – lo sai che non mi piacciono queste dimostrazioni di affetto fuori, per favore, non farlo.» Lo stava fulminando con lo sguardo.

Si arrese in fretta.

«Te lo avevo detto che era un modello – sussurrò quello che aveva sorriso nel momento più sbagliato, poco prima, all’omone – dovevi solo andartene!»

«Taci, sono queste le tue maniere?»

Dopo essersi, poi, “formalmente” salutati, Atsuko e Ryuu si misero a camminare insieme. Lei non aveva detto niente e lui soffriva ancora per la gomitata ricevuta.


 

«Comunque, posso chiamarti Ryuu anche quando non sono arrabbiata, vero?»

Miura arrossì violentemente al suono di quella richiesta. «C-Certo!»

«Volevo… volevo ringraziarti, Ryuu-kun, per prima insomma. Sei venuto a cercarmi, è stato… gentile. Riome-kun era una brava persona ma poteva anche non esserlo e… beh, tu c’eri. Lo apprezzo, insomma.»

Atsuko, nonostante tutto, sembrava a suo agio. Gli parlava proprio come si parlerebbe ad un amico, soltanto ad un amico. Non poteva certo lamentarsi, era sufficiente che fosse così.

«Perché non hai negato la faccenda del fidanzamento?»

«Non è che non mi piacesse, poteva essere un bravo ragazzo, però, per la questione della famiglia, degli inchini formali e delle scuse… dette in quel modo, ho paura che essere corteggiata da una persona del genere possa significare una qualche proposta nuziale. Non mi interessano le seccature.»

Era sollevato, l’aveva trovata, era diventato il suo ragazzo per una manciata di minuti e lei aveva rifiutato di diventare moglie di un qualche discendente di famiglie strane.

«Scusami, ti starai perdendo il concerto a causa mia.»

«Yoshida ed Hasegawa erano davvero preoccupati per te… sono felice che hai trovato delle persone del genere, che tengono a te.»

«Beh, sì, Eri posso capirlo che era preoccupata ma credo che Issei lo fosse solo perché non gli piace vederla triste.»

Miura sorrise leggermente malinconico. «Non conosci Issei… lui non si preoccupa per finta, non è quel genere di persona. Era davvero in pensiero per ciò, quindi, rallegrati. Hai dei buoni amici.»

«Ryuu-kun…»

«Sì?»

«Anche tu sembri qualcuno che può essere un buon amico… per qualche motivo.»

«Atsuko sta bene, che paura – Issei respirò così profondamente che quando l’anidrite carbonica abbandonò i suoi polmoni sembrò sgonfiarsi, tanto che si accasciò su divanetto intorno al tavolo, inerme – quello stupido è andato a recuperarla.»

Eri sembrava sollevata, per fortuna. In effetti si era preso un bello spavento per Atsuko, comunque non capiva perché mai non fosse entrata, era sembrata piuttosto eccitata per il concerto. Alla fine probabilmente Miura sarebbe rimasto con lei.

Chissà se gli era passata quella strana fissazione per Nomura.

Visto che erano stati così tanto amici, in passato, non era un segreto per lui. Forse quella era stata la prima forma d’amore che avesse mai conosciuto. Quello che aveva provato per Nomura era stato così importante che lo aveva portato allo stato di degrado a cui era arrivato negli anni. Forse riallacciando i rapporti avrebbe pensato di avere una seconda occasione, oppure stava solo cercando di pulire la sua coscienza più che sporca.

Un po’ era invidioso di non poter sapere cosa fosse diventato, che persona fosse in quel momento. Dopo tutto quello che era successo, ormai era Miura a non volerne sapere di Issei, probabilmente. Forse non era riuscito ad accettarlo.

In fondo era lui a dover essere arrabbiato. 

«Quando comincia il concerto?» Aveva domandato ad alta voce Koizumi, leggermente lontano da Hasegawa.

«Eichi vuole passare a salutare Hasegawa, ha detto.» Lo informò una delle ragazze, accanto vi era Kanna.

«Cosa vuoi bere, Yoshida?» Le sussurrò.

«N-Niente!»

«Allora prendi qualcosa da mangiare.»

«Ho già c-cenato a lavoro.»

Sembrava tanto una bugia.

Il cameriere che si era avvicinato a loro aveva già preso le ordinazioni del resto del tavolo, mancavano soltanto loro due. Issei allora ordinò una birra alla spina, con un nome strano, non dovette neppure presentare i documenti, cosa che non passò inosservata a Yoshida, lo aveva notato.

«Dai, Yoshida, ti prendo una birra?» Lui chiaramente scherzava.

Eri impallidì. «Sì, quello che ha preso lui!»

«Cosa… no aspetta…» Cercò di fermare il cameriere, Issei, che però ormai era fuggito. Perché aveva fatto una battuta del genere? Con quale esperienza avrebbe potuto reggere la birra che si era preso?

Yoshida sembrava abbastanza soddisfatta della sua scelta. Per una malsana curiosità scelse di non fare nulla per cambiare l’ordine. Forse bevendo un goccio si sarebbe tranquillizzata.

«Come mai hai preso la mia stessa cosa?»

«Beh… visto che abbiamo la stessa età, p-penso che non sia qualcosa di forte e che possiamo bere. N-Non sono mai stata in un locale… di questo tipo, quindi non ero sicura di cosa ordinare.»

Ha pensato che non gli ho dato i documenti perché la bevanda era analcolica? Davvero, Yoshida?” La sua logica, tenera almeno quanto lei, lo fece scoppiare a ridere. «Sì, hai proprio capito.»

I ragazzi al tavolo si agitarono tutto ad un tratto. Alzati tutti iniziarono a gridare euforici, probabilmente la star del posto si stava avvicinando. Eichi era finalmente venuto e soltanto per salutare proprio lui. Quando si voltò in direzione della figura popolare intravide un ragazzo alto poco meno di lui dai capelli tinti di rosso, il quale spargeva sorrisi e occhiolini alla gente che lo conosceva.

«Ah, sei diventato più basso?» Lo chiamò, Issei, alzandosi anche lui, ma solo quando fu abbastanza vicino a lui.

Eichi gli corse contro, saltandogli addosso come una scimmia. Per fortuna Hasegawa era abituato al suo peso quindi riuscì a prenderlo al volo. Eichi si era sempre comportato come una ragazza nei suoi confronti, era un vecchio giochino che andava avanti dai tempi in cui anche lui faceva parte della band.

«Oh dio, sei venuto! Sono così contento!»

Una volta sceso dall’albero che era Issei si concessero un fraterno abbraccio.

Non erano mai stati stretti amici per scelta. Pensandoci, Issei aveva più persone fidate di quanto avrebbe dovuto. Eichi era stato colui che gli aveva insegnato a suonare il basso, qualcosa che non avrebbe scordato in fretta. A causa della scuola poi aveva dovuto lasciare la band ma per Eichi non era stato un problema visto che era rimasto a Kyoto. Quando suonavano insieme ancora non erano neanche così famosi, poi si erano persi e le strade si erano divise.

«Non ti facevi vivo da un po’, eh, stronzetto? Ho sentito tanto la tua mancanza, ogni sera, nel letto.»

Issei sorrise divertito. «Sono stato un po’ impegnato.»

«Aspetta, ma non sei con Naoko? So che ci sarà anche lei stasera, pensavo di trovarti con lei.» Spostandolo, quasi, guardò chi vi fosse seduto vicino a lui.

Inizialmente non disse niente. Forse pensava che Issei si era portato la nuova ragazza ma il suo silenzio prolungato gli fece capire che non doveva essere proprio quella la ragione, o comunque non totalmente.

Eichi guardava Yoshida come se non potesse credere ai suoi occhi. La cosa che più catturò l’attenzione di Issei fu quella serietà nello sguardo dell’amico, quasi sul punto di commuoversi sinceramente. Era sorpreso e silenzioso, in modo quasi spaventoso.

«Issei, lei è la tua nuova ragazza?»

Non avrebbe concepito un nuovo insulto nei confronti di Eri, anche se effettivamente da un tipo come lui non se lo sarebbe aspettato. «Non è la mia ragazza, perché?»

Eichi coprì la bocca con una mano, sorridendovi sotto. «Yoshida-kun, sei tu?»

Eri, presa in causa, arrossì immediatamente. Non sembrava averlo riconosciuto, ma da come aveva reagito Kouda (Eichi) si supponeva che per lui fosse così. «S-Sì!»

Sorpassando Issei, il quale era incapace di reagire, raggiunse Eri, sedendosi accanto a lei e rubandogli il posto amichevolmente. «Non volermene, Hase-chan, non mi tratterrò per molto, tra poco devo suonare – gli fece l’occhiolino, incosciente del fastidio che gli aveva procurato agendo in quel modo – Yoshida, sono Kou-chan, ti ricordi? Alle elementari!»

Hasegawa si concentrò sull’ultima parte, parlava delle elementari e immediatamente gli venne in mente una cosa che aveva sentito proprio dalla diretta interessata, Eri.

Quella volta che aveva comprato i nikkuman anche per lei parlava di un bambino che alle elementari le piaceva. Che fosse proprio Eichi?

«K-Kou-chan? – Si mise a riflettere Yoshida, poi, purtroppo, ebbe l’illuminazione e sorrise, sorrise in quel modo che tanto piaceva ad Issei, con quel suo sorriso gentile e sincero che sperava apparisse più spesso sul suo viso… perché stava sorridendo per Eichi? – Kouda-kun! Sei tu?»

Tutti al tavolo guardavano scherzosamente la situazione, ridevano, a parte Koizumi, lui si era fermato a osservare la reazione di Issei, Hasegawa se n’era accorto immediatamente.

«N-Non pensavo saresti cresciuta così bene, Yoshida-kun!» S’azzardò, a parere di Issei, Kouda.

Eri arrossiva timidamente. «P-Perdonami, n-non ti ho riconosciuto subito!»

«Non importa – Eichi le prese entrambe le mani, stringendole tra le sue – dopo essermi trasferito pensavo che non ti avrei più incontrato, non puoi sapere quanto ciò mi renda felice!»

Sembra…contenta” pensò, Hasegawa, appoggiatosi al divanetto in cui sedevano anche i due amici “le ho detto che avrebbe dovuto sorridere stasera, allora perché mi sento così nervoso? Sta facendo…quello che le ho detto.”

«Yoshida, ascolta, io sono il cantante della band che sta per esibirsi, voglio che tu mi ascolti più di tutti! Ti dedico questa canzone!»

La ragazza annuì, era onorata di tutto ciò. Dopo di che Eichi scomparse, non prima di aver dato una pacca che sprizzava gioia da ogni poro della sua pelle ad Hasegawa, quasi per ringraziarlo. Issei tornò al suo posto ma non aveva un’espressione così tanto entusiasta, d’altra parte, Eri sembrava davvero serena e contenta di quello che era successo.

Chissà se Eichi era il ragazzo di cui aveva parlato… sentiva il desiderio morboso di avere una risposta ma non poteva certo chiederglielo.

«N-Non pensavo… - parlò sottovoce Eri, al suo fianco – che il mondo fosse così piccolo…»

Hasegawa sospirò. «Già, sembri contenta.»

«E-Eichi era l’unico amico che io a-abbia mai avuto…»

Lo ha chiamato per nome…”

Cercò di cancellare il fastidio, prendendo le birre che il cameriere aveva portato per loro. La prima la mise davanti a Yoshida la quale, sorpresa della dimensione, arrossì nuovamente. Era sempre così dannatamente carina.

«Comunque – Issei bevve un sorso dal calice di vetro – Kouda è una bella persona…quindi, è bello che lo conosca anche tu.»

«P-Però non capisco come mi abbia riconosciuta! Q-Quando ero alle elementari ero…una bambina davvero sgraziata e goffa… s-sembravo p-più che altro una p-p-palla. A-Adesso che s-sono vestita così… neppure quel ragazzo della nostra scuola m-mi ha riconosciuto!»

In effetti era strano. Significava che Yoshida era rimasta davvero impressa nella mente di Eichi, il quale nella sua adolescenza aveva frequentato una quantità di ragazze superiore o addirittura doppia rispetto a quella di Miura, il quale, nella sua scuola soprattutto, aveva il primato.

Perché Yoshida? Perché proprio Yoshida?

«Magari c’è andato a caso, voleva rimorchiarti e ha fatto centro.» Commentò acidamente il ragazzo.

Eri non la prese molto bene quella battuta, anzi, tanto che distolse lo sguardo, quasi quella frase l’avesse demoralizzata. «K-Kouda-kun non e-era quel tipo di persona…»

Lo stava difendendo.

Lo stava davvero difendendo.

Le sue labbra rosse e lucide si scontrarono con il vetro freddo del bicchiere subito dopo ed Issei non poté che restare imbambolato davanti a quella visione: morbide si piegavano sul bordo per bere.

«Ha un s-sapore fortissimo…q-questa cosa.» Disse dopo aver arruffato il naso, per il gusto troppo forte della birra.

Era davvero carina… però, non sembrava avere più bisogno della sua protezione, Yoshida, così non le disse nulla riguardo al non berla.

Intanto Eichi e la sua band avevano raggiunto il palco con una carica di adrenalina diversa dalla solita a cui aveva assistito, o partecipato. Forse Eichi era motivato a dare il meglio di sé per la presenza di Yoshida. Aveva salutato energicamente il pubblico mentre il nuovo bassista, sbizzarrendosi con giri assurdamente belli, preparava la base alla canzone.

Eichi aveva iniziato a cantare poco dopo. La sua voce, la sua personalità, forse Issei lo aveva invidiato un po’ nel periodo in cui suonava con lui. Gli era sempre piaciuto il suo modo di cantare, mascolino e sicuro, inoltre aveva davvero talento nel comporre musica.

Di quel talento, a quanto pareva, se n’era accorta anche Eri che restava imbambolata ad ascoltarlo.

Forse dopo quella sera sarebbero usciti insieme, Yoshida ed Eichi.

Lui poteva esserne artefice e la cosa era positiva, giusto?

Perché invece di godersi il concerto continuava ad arrovellarsi il cervello in quelle stupidaggini? Cos’è che sentiva minacciato al punto da preoccuparsi tanto?

Senza accorgersene, Yoshida aveva dimezzato la birra. Forse vedendo che tutti gli altri bevevano allegramente anche lei non voleva restare dietro, eppure aveva detto che non aveva un sapore buono, o comunque così Issei aveva capito.

Eichi dal palco indicò Yoshida, facendo un sensuale occhiolino che fece strillare le ragazze del pubblico, tranne la ragazza che sedeva al suo fianco. Lei era semplicemente arrossita, stringendo una mano sul suo prosperoso seno quasi per trattenere il cuore.

La musica era davvero troppo forte.

Issei dopo quel gesto sentì di aver visto anche troppo e smise di guardarla, era inutilmente nervoso a causa di quella situazione. Non voleva assistere a quel corteggiamento così spudorato. Chissà se anche Yoshida aveva capito le intenzioni di Eichi, probabilmente no a giudicare da come lo “difendeva”.

Il concerto proseguì tranquillo, Issei si allontanò soltanto un secondo per raggiungere il bagno. Dopo un po’ iniziò a non sopportare più la voce di Kouda, quel suo modo di urlare, quelle note alte intonate perfettamente, quel suo modo di stringere la chitarra, toccandola con estrema cura, quasi fosse una donna, lo irritava. Yoshida non aveva fatto altro che guardarlo, dondolando su se stessa a ritmo di musica…e intanto la birra era finita.

Quando tornò si accorse, anche grazie all’aiuto delle luci del locale che si erano finalmente riaccese, mettendo fine a quello stupido concerto, delle guance di Yoshida estremamente arrossate.

Forse è ubriaca?” Si chiese, titubante.

«Tutto bene, Yoshida?»

La ragazza si voltò nella sua direzione, ridendo. Era palesemente ubriaca. «Hasegawa-kun! M-Mi stavo chiedendo… dov’è A-Atsuko?» Singhiozzò adorabilmente subito dopo.

Fu impossibile non lasciarsi sfuggire una risata. «E’ con Miura, non ricordi?»

«L-Lei… v-voglio andare da lei! Non la trovo!»

Si sentì un idiota ad averla lasciata bere. Aveva preso una scelta terribilmente egoistica solo a causa del suo orgoglio ferito. In fondo, Yoshida non era mica la sua ragazza, che motivo c’era di arrabbiarsi così tanto? Non sapeva rispondere neppure lui a quella domanda.

«Hasegawa-kun!» Lo chiamò, notando che non le aveva risposto.

«S-Sì?»

«Stasera sei davvero bello!»

Come se una vampata di calore avesse travolto completamente il suo corpo, Issei rimase immobile davanti al sorriso di Yoshida. Quel suo modo carino di stringere gli occhi, le sue guance colorate come rose scarlatte, in quel momento furono dettagli davvero letali a giudicare da quanto veloce batteva il suo cuore.

Yoshida gli aveva fatto un complimento… un complimento che proprio non si aspettava, da lei. Troppo azzardato, per lei.

Effettivamente, l’unica cosa che pensava era come risponderle senza sembrare un idiota timido. Voleva dirlo anche a lei, voleva farle sapere che pensava fosse sinceramente bella quella sera, ma che lo era anche tutti gli altri giorni, per cui, non era necessario truccarsi o vestirsi in quel modo… soprattutto perché chinata così tanto verso di lui, la scollatura non lasciava molto spazio alla fantasia.

Issei mise la mano davanti al viso, lasciando il palmo esterno. «Yoshida… anche…»


 

Una voce.

«Yoshida!»

Quella voce.


 

Correndo nella loro direzione, Eichi li raggiunse, appoggiandosi ad Issei, impedendogli di dire quello che si era preparato per tutto il tempo.

«Miura dove diavolo sei scomparso?» Iniziò a borbottare Nomura vedendolo riapparire dopo qualche minuto.

Quel ragazzo era scappato senza dirle niente, l’aveva solo lasciata vicino la fontana a parlare, improvvisamente, da sola. Quando tornò, non fece caso da dove, sembrava tenere qualcosa dietro la schiena.

Atsuko se ne accorse solo dopo.

«N-Non ho intenzione di drogarmi!»

Il biondo fece un’espressione infastidita, riducendo le palpebre in due minuscole fessure. «Sei stupida? Pensi che sia andato a prendere la droga?»

Rimase in silenzio. Sapeva di aver detto una stupidaggine.

«Avanti, scegli, destra o sinistra?»

Sollevò le due spalle alternandole per farle scegliere una delle due braccia.

Arricciando le labbra, non del tutto convinta, Atsuko indicò quella a sinistra, da cui poco dopo spuntò un braccio con un cono gelato. La cialda, interamente coperta di cioccolata, sosteneva ben tre palline di gelato, a prima vista sembrò essere tutto cioccolato.

«E’ per me?» Chiese, un po’ eccitata dalla cosa.

«Prendilo, si sta sciogliendo.»

«Non mi piace il gelato al cioccolato!» Sorrise, divertita, lo prendeva un pochino in giro, il suo strano modo di ringraziarlo.

Miura sospirò. «Zitta e mangialo.»

Come una bambina afferrò immediatamente il gelato, concedendosi una piccola leccata. «Ma è nocciola! Il mio preferito!»

«Lo so.»

Inizialmente gli sembrò una risposta tanto per, non si era concentrata sulla situazione, tanto che quando si accese la scintilla dell’attenzione sentì una strana sensazione pervaderla. «Lo sai?»

Il compagno di classe si era messo a giocare al cellulare, mentre leccava anche lui il suo gelato alla vaniglia. Non la guardava, neppure dopo avergli fatto un’esplicita domanda.

«Una volta ti ho incont…. Vista, eri con tuo fratello. Mi trovavo nella stessa gelateria.»

Per qualche motivo, Atsuko iniziò a concentrarsi su Miura. Seduto curvo su se stesso, con una gamba piegata per poggiare il braccio e l’altra lasciata a penzoloni, con i pantaloni ancora troppo grandi per lui, con la maglia di una qualche squadra di baseball americana, con la giacca color sabbia legata alla vita che spezzava la monotonia del bianco indossato.

Ricordò per un solo secondo il viso di quel senpai.

Quel giorno che lo aveva visto fuori dalla scuola era vestito quasi nello stesso modo, seduto come Miura in quel momento, sul muretto fuori alla sala giochi nella sua zona.


 

«Guardate chi c’è.»

Atsuko sentì immediatamente i muscoli irrigidirsi. Non aveva notato nessuna conoscenza fino a quel momento, ma probabilmente perché non sollevava mai lo sguardo. La voce era familiare ma sconosciuta, in qualche modo.

«Nomura-kun, sei davvero tu?»

Atsuko si voltò, addolcita dal cambio di tono della persona che l’aveva chiamata. Era proprio lui, Kisazumi-kun, il senpai del terzo anno… come conosceva il suo nome? Stava forse sognando?

Con le guance scottanti, Atsuko si avvicinò. «C-Conosci il mio nome?»

«A scuola chi non conosce il tuo nome, dumbo!» Scoppiò a ridere un amico di Kisazumi, indicandola.

Il senpai non rise. Sedeva sul muretto fuori alla Naka’s House, con le sue ciocche bionde che risaltavano anche nel buio di quella sera, Kisazumi era vestito di bianco, come un principe. Il principe che finalmente l’avrebbe salvata. Il suo grande amore, fin dal primo giorno.

Kisazumi non era solo un bel ragazzo, si preoccupava delle persone intorno a lui, inoltre era il ragazzo con i voti più alti dell’intera scuola, semplicemente un principe.

«Ignoralo, Nomura – disse, saltando giù, per raggiungerla – non sa che quest’anno si portano per moda le tue orecchie.»

Anche lui, dopo i suoi amici, scoppiò a ridere.

Sentitasi umiliata e già con le lacrime agli occhi, Atsuko decise di correre via.


 

«Lo ha detto tuo fratello, insomma.»

Fu riportata alla realtà bruscamente dalla voce di Miura. La sua voce non era come quella di Kisazumi, era dolce, pacata.

Perché lo pensava?

La cosa la fece arrossire e Ryuu se ne accorse immediatamente.

«C-Cosa ho detto di s-sbagliato?» Anche lui si colorò.

«C-Cosa? No, niente! Scusa, mi sono persa a pensare ad una cosa.»

Lui strinse le labbra preoccupato. «A… cosa stavi pensando? F-Forse hai cambiato idea e pensi che mi stia comportando in modo s-strano?»

Era nervoso e imbarazzato.

Che carino” pensò, osservandolo confusa “perché si preoccupa di queste cose? Come può una persona che ha fatto tutto quello…comportarsi così?”

«No… scemo, pensavo solo che oggi somigli molto a Kisazumi-sen…. Kisazumi-kun.»

Nel volto di Miura qualcosa si spense all’istante. «Perché… lo pensi?»

«Anche lui si vestiva così quando non era a scuola – ammise – anche lui aveva i capelli dello stesso biondo – senza pensarci, mise la sua piccola mano tra le ciocche bionde del nuovo “amico” – però… la tua voce, mi piace di più la tua voce della sua.»

Subito dopo il tocco, Miura si tirò indietro, come spaventato. Perché? Le sue gote paonazze non le permettevano di capirne il motivo, anzi, la confondevano ulteriormente. Lui sembrava… quasi impaurito. Soprattutto dopo quello che gli aveva detto, incredulo forse.

«N-Non dirlo…mai più!»

Cosa ho fatto?”

«N-Non…paragonarmi mai più… a Kisazumi.»

Era offeso. Perché?

Atsuko sorrise, divertita. «Hai avuto problemi con lui per qualche fanciulla?» La prese come uno scherzo, lei, ingenuamente.

«No! Lui… lui… - vide le labbra di Ryuu arrossarsi, dopo averle morse per qualche secondo, distogliendo lo sguardo – io non sono come Kisazumi. Non voglio che tu lo dica più.»

Dopo quella scenata, Atsuko decise di non parlare più. Non era sicura del perché avesse reagito in quel modo ma la sua, di reazione, fu l’assoluto sconforto. Non aveva intenzione di irritarlo, né farlo arrabbiare. Alla fine sentiva solo tristezza per tutto quello che era successo.

Voleva essere gentile ma lui si era offeso.

In silenzio, continuò il suo gelato che quasi non sembrava buono come all’inizio.

Miura non diceva assolutamente niente, si era talmente innervosito da gettare via il suo gelato color crema.

«Torniamo al locale.»

«Il concerto… è finito?»

«Sì, altrimenti non te lo avrei detto, no?»

Perché rispondeva così bruscamente? Non le piaceva quel modo di parlarle, non le piaceva perché aveva appena pensato l’opposto, inoltre, davanti a Miura, non era sicura di riuscire a reagire.

Gli aveva offerto la sua amicizia, impreparata al fatto che le cose potessero non andare bene.

Quando Atsuko si avvicinò alla pattumiera, incapace di finire il gelato a causa della malinconia, Miura sbuffò. «Perché lo butti?»

«Non mi va di mangiare il gelato se non sono di buon umore.»

Sta arrossendo… di nuovo.”

Miura la raggiunse, bloccandole il polso, più stretto e saldo all’interno della grande mano del ragazzo. «Non buttarlo, Nomura.»

Più che un ordine, suonò come una supplica.

«Mi dici che cavolo ti ho fatto, Miura?!» Sbottò, allora, Atsuko, stanca di quel suo essere lunatico.

Gli occhi di Miura non erano mai stati così vicini ai suoi e quasi vi si perse dentro, dentro al color nocciola in cui quasi poteva specchiarsi. «E’ che non sono bravo a trattenere… quello che ho dentro.»

Il suo tono era cambiato ancora, passato dal dolce al freddo al… profondo. In quel momento le parlava seriamente, non pensava che la sua voce potesse essere così tanto calda.

«Non è colpa tua… se ho cambiato umore. Ce l’avevo soltanto con me stesso.»

Lasciò la presa.

Atsuko sentiva la pressione e la forza con cui l’aveva afferrata anche dopo che il contatto si era spezzato. Era una sensazione piacevole. «Non farlo, allora!» Quasi gli urlò.

«Cosa?»

«Non parlarmi più così! Non m’importa cosa ti passa per la testa, ma se non sto io a colpevolizzarti, non devi essere tu a farlo! Non farlo…Miura… se ti arrabbi con me… avrò soltanto…p-paura.»

Non era il ragazzo di prima, quello davanti a lei. I suoi occhi in penombra la spaventavano sul serio. Ryuu non parlò, non si scusò, come avrebbe sospettato, a giudicare dall’ultima versione di quella persona che aveva conosciuto, invece sollevò lentamente una mano che raggiunse poco dopo la guancia fredda di Atsuko.

Le mani di Miura erano estremamente calde, il contatto di prima non le aveva lasciato il tempo per scoprirlo, mentre in quel momento il suo tepore aveva inondato completamente il petto di Atsuko che reagiva irregolarmente.

«Nomura… non ti farò mai più del male. Ti chiedo solo di non aver paura di me, ok? Sto cercando davvero… davvero di fare del mio meglio.»

La guardava così intensamente negli occhi che la ragazza sentì le gambe cedere, inspiegabilmente. Non era certa di poter reggere ancora per molto, eppure, le ciglia lunghe di Miura, il colore dei suoi occhi nocciola che quasi scaldavano quella fredda serata primaverile, la tenevano ferma, sotto il suo potere.

«Io non sono Kisazumi. Da quando parliamo non ho mai pensato a farti del male, a ferirti, sono stato attento, e tu…Nomura, devi credermi.»

 



avevo già scritto il capitolo tempo fa e quindi non so,
magari può farvi piacere vederlo
è come ho immaginato Eri, Issei ed Atsuko.
 
NOTE
Non so se vi ricordate ancora di me ma
sono tornata e sono immensamente dispiaciuta per essere scomparsa.
Ho dovuto affrontare dei problemi personali.
Beh, comunque spero che la storia sia di vostro gradimento, ho solo
due cose precise da annunciare, anzi tre

uno
rileggendo distrattamente i capitoli mi sono resa conto
di quanto siano pieni di errori, in parte
vorrei scusarmi ma sono sempre di fretta e presto poca
attenzione alla correzione (mea culpa)
due
cercherò di scrivere meglio i prossimi, tuttavia essendo
una storia con stampo "manga" trovo sia
un po' fuori luogo l'esagerata narrativa, di fatto è solo una storiella
dolce e carina a cui per qualche ragione sono affezionata
tre
non so scannerizzare i disegni che faccio e con la tavoletta grafica
non mi soddisfano per niente, ho più la mano "fisica"
comunque se vi piacciono posso farne altri
in questo caso è stata solo un'eccezione.

Grazie mille per essere arrivati fino a qui!
Spero che la storia sia ancora nel vostro
Se pensate che debba farmi "perdonare" sono disposta a pubblicare un altro capitolo tra qualche giorno,
fatemi sapere se potrebbe farvi piacere. ;)
Sì, mi sento generosa e positiva oggi.
In caso a mercoledì prossimo!
 
   
 
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