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Autore: Asteroide307    12/09/2018    1 recensioni
Titolo: "Quello che non vedevo"
Dal testo
"Eri Yoshida aveva compiuto da qualche giorno sedici anni e iniziavano per lei le superiori. Ormai era la terza volta che cambiava scuola, arrivata a quel punto sapeva che non avrebbe avuto una quarta possibilità. [...] Eppure Eri era troppo alta rispetto alle ragazze della sua età. I suoi polsi erano più spessi di quelli delle ragazze della sua età. Non aveva chiesto lei di nascere così, eppure era successo e per quanto continuasse a correre ogni giorno, per quanto non mangiasse regolarmente, le sue ossa restavano spesse e sgraziate, a detta di tutti i compagni delle sue classi precedenti."

«P-Posso t-togliermi.» Balbettò, terrorizzata ed insicura.
Lui inizialmente sospirò soltanto. «Non importa, avendoti davanti non riuscirei comunque a vedere – spostò la sedia nel banco avanti a quello del compagno con cui era entrato in classe – sei una ragazza, dovresti essere più sottile.»
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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«Sono felice…che tu l’abbia invitata, non sai quanto.» Confessò, Eichi, una volta rimasti soli.

Erano usciti dal locale, qualcuno sarebbe tornato a casa, anche loro. Yoshida aveva ritrovato la sua dolce Atsuko che in quel momento, insieme a Miura, le faceva compagnia. A causa dell’alcol Eri divenne particolarmente amichevole e disponibile con tutti. Era tutto carino quello che faceva ai suoi occhi, persino ubriacarsi come una ragazzina con una birra alla spina. Doveva essere la prima volta che beveva.

Kouda stava lavando le mani in una fontanella nei dintorni, aveva chiesto ad Hasegawa di fargli compagnia, forse proprio per parlargli di Yoshida. Non che il fastidio fosse passato, restava là, dentro al petto, così prepotente da non permettergli neanche di respirare liberamente.

Più aveva Eichi davanti, più s’innervosiva.

«Ti conosco da un po’, non mi hai mai parlato del grande rapporto che ti legava con una ragazzina di Nishijin.» L’acidità che sputava fuori non cercava neanche di nasconderla a Kouda, quel suo caro amico. Eichi non era uno stupido, aveva capito già da prima che quel suo ostinato voler parlare con Yoshida aveva infastidito Hasegawa ma aveva evitato di uscire il discorso, anche se in genere, persino durante le discussioni per le ragazze, era proprio Kouda a voler chiarire immediatamente.

«Ti sei lasciato da poco con Naoko, no? Puoi già essere geloso di un’altra ragazza?»

Come una lama quella domanda retorica non poté che ferirlo. Cos’era quel comportamento strano? Perché Kouda non era amichevole e accondiscendente come le altre volte? Perché non si era semplicemente tirato indietro? Era cambiato nel tempo oppure si comportava così perché di mezzo c’era proprio Yoshida?

«Mi hai chiesto perché non fossi con lei, come sai che mi sono lasciato?»

«Perché Naoko parla di te come se fossi ancora il suo ragazzo ma tu non fai la stessa cosa – con lo sguardo indicò Yoshida, in lontananza, che rideva mentre faceva un gioco di mani con Atsuko – non voglio litigare con te, Issei, ma tu sei interessato a Yoshida?»

Che domanda è? Perché dovrei dargli queste spiegazioni?”

Rimase a riflettere.

No, dovrei solo dire la verità.”

«Non ho dimenticato Naoko… neanche per me è stata facile la nostra separazione e…»

«E… ti ho appena detto che lei parla di te come se fossi ancora il suo fidanzato ma tu non hai battuto ciglio. Non parlare di lei, è di Yoshida che ti ho chiesto, sei o non sei interessato a lei?»

«Cambierebbe qualcosa la mia risposta?»

Eichi sorrise, sarcastico. «Sai quanto ti voglio bene… tuttavia, non credo di riuscire a farmi da parte con lei. Penso a Yoshida da quando mi sono trasferito. Tu sai con quante ragazze io sia stato…eppure, penso ancora a Yoshida, a quanto fosse carina al tempo. Figurati che ad un bambino delle elementari, poi se si parla di me, non entrano in testa neanche le tabelline…invece lei…»

Parlava di Yoshida con passione, interesse, non aveva mai visto il suo amico così imbarazzato e sicuro allo stesso tempo. Yoshida non era solo una conquista a quanto pare e sebbene non gli fosse chiarissimo il loro trascorso, capì che probabilmente era lui a doversi fare da parte. Il sentimento che provava in quel momento era forse quello che Kouda aveva sentito quando Issei si era impuntato per avere Naoko? Eichi non glielo aveva mai rinfacciato ma forse era una delle poche ragazze a cui si era mai affezionato.

«Non preoccuparti, non mi interessa Yoshida. L’ho conosciuta per alcuni malintesi…ma insomma, lei non è il mio tipo, e poi come ho cercato di dirti prima, non ho dimenticato Naoko.»

«Nonostante questo – Eichi gli mise una mano sulla spalla – non credo che riesco a crederti… comunque, lo hai detto tu, quindi, in futuro, promettimi di non metterti mai in mezzo a me ed Eri!»

L’ha chiamata per nome anche lui… forse sono davvero fatti l’uno per l’altra? Forse è giusto così, Yoshida…avrà un ragazzo.”

«Hai paura che te la riesca a portare via?» Glielo chiese con gran nonchalance, non lo pensava davvero, era ovvio.

Eichi sorrise ancora, quasi forzatamente. «Sì.»

«Non sono così intrigante, non posso piacere a tutte.»

L’amico sorrise ancora, forse un po’ meno raggiante. «Ma tu le piaci… per tutto il tempo, durante il concerto, lei non faceva che guardare te, non me – Eichi si mise le mani in tasca, sbuffando – forse per l’alcol, oppure non so, ma sono sicuro che le piaci e sono spaventato. Per questo ti ho chiesto di promettermelo.»

Com’era possibile?

Un senso di pesantezza lo travolse. Yoshida non aveva fatto altro che guardare Kouda durante il concerto, ne era certo. Ma forse, se era davvero come diceva lui, si era voltata ogni volta che si era sentita osservata. Coprì immediatamente il viso, nascondendo il rossore provocato da quella notizia. Era inspiegabilmente felice.

Anche il suo cuore lo era.

«Lo farai, Issei? Sarai mio amico? Almeno questa volta, solo questa volta, per te… Yoshida non ha la stessa importanza che ha per me. Lei… è la ragione per cui io oggi sono quello che sono!»

Hasegawa non poteva certo rimangiarsi quello che aveva appena detto. Aveva rinunciato formalmente a Yoshida, lo aveva fatto per un amico che tanto tempo prima si era fatto da parte, solo grazie a lui Issei e Naoko si erano messi insieme, lui era sempre stato un buon amico e il fatto che si fossero innamorati della stessa ragazza non aveva impedito alla loro amicizia di fiorire ugualmente. Era giusto così, era giusto lasciare le cose per come stavano.

Eppure sapere che Yoshida non aveva fatto che fissarlo durante il concerto gli riempiva il cuore di malinconia, non poteva farci proprio niente. Fosse stato meno orgoglioso forse non avrebbe detto quelle cose, riguardo al non provare interesse per lei, tuttavia ormai lo aveva fatto.

«Come l’hai riconosciuta?» Domandò sottovoce.

Sul volto di Kouda un bellissimo sorriso comparve. «Yoshida è l’unica ragazza con i capelli naturalmente ricci, ci hai fatto caso? Suo padre non è giapponese, deve aver preso da lui. Ho riconosciuto immediatamente i suoi boccoli, sono ancora belli come quando era piccola.»

«Quando era piccola non era graziosa come adesso, ha detto.»

«Non che mi importi… sai, anche io da piccolo non ero proprio un bambino grazioso, ero sottopeso e un po’ bruttino. Mi prendevano sempre in giro per queste – indicò le lentiggini sul suo viso – eravamo molto simili allora.»

In qualche modo, Yoshida e Kouda condividevano tantissime cose, il passato e anche il presente in quanto entrambi erano cresciuti così bene. Purtroppo Yoshida non era riuscita a superare la cosa, forse a causa della situazione familiare e sicuramente il suo carattere timido e insicuro avevano infierito parecchio.

Non poteva evitare di pensarci, se non le avesse chiesto di uscire quel sabato non avrebbe mai più incontrato Eichi, Eri sarebbe rimasta soltanto sua.

«Non posso evitare di esserle amico, è bene che tu lo sappia.»

«Perché no?» Chiese un po’ sfiduciato Eichi.

Issei si infilò le mani in tasca. «Si è creato un bel rapporto tra me, lei e la ragazza che adesso è con lei, passiamo il tempo insieme a scuola… inoltre, a scuola io – fu pervaso da un fortissimo senso d’orgoglio – io la proteggo, senza la mia vicinanza finirebbe di nuovo in situazioni spiacevoli.»

«Francamente, non pensavo potessi essere così egoista – sorrise il rosso, mordendosi le labbra – comunque mi piace pensare che non lo fai per conquistare il suo cuore. Non è questo l’amico per cui mi sono sacrificato. Poco fa hai detto di non essere interessato a lei, adesso stai lentamente curvando il discorso con queste sciocchezze, in ogni caso, farò in modo che proteggere Eri non sia più compito tuo.»

Qualcosa dentro Hasegawa, anche se era sicuro che stesse accadendo anche dentro al petto dell’amico, si spense come definitivamente. Non era sicuro di cosa avesse in mente ma non voleva neppure saperlo.

La sua espressione rimase fredda e indecifrabile. «Non ho detto che ti metterò i bastoni tra le ruote, né che mi metterò tra di voi. Ti sto dicendo che Eri – e fece ben attenzione a chiamarla per nome – per me è importante. Se riuscirai a conquistarla sarò più che felice per voi, io… non so perché mi sento così ma desidero davvero che lei sia felice. Non voglio tornare sullo stesso discorso, te l’ho già detto, mi sono lasciato da poco con Naoko e questo non mi permette di dimenticarla ma… quello che è successo tra me e lei appartiene soltanto a noi due, non sei tu a poter dire cosa devo sentire o no, giusto? Allora cerca di camminare sui tuoi binari, io non ti taglierò la strada.»

«Stai mentendo.»

Una folata di vento sollevò loro i capelli, facendo ondeggiare irregolarmente i loro abiti.

«Sono sincero, ma non so se il mio cervello agirà a sproposito, questo sì. Se tieni davvero a lei, fai il possibile perché guardi te come sosteni guardasse me. Non lasciarmi il peso di quello che potrebbe essere un fallimento o il contrario, dipende solo da quello che farai… quindi, beh non ho altro da dirti.»

Eichi gli poggiò una mano sulla spalla, ancora una volta. «Ci vediamo presto, Hasegawa-kun.»

Un brivido prima che il rosso potesse allontanarsi per raggiungere Yoshida. Issei restò immobile senza tuttavia smettere di seguire la figura alta dell’amico il quale si era concesso un largo abbraccio con la povera Eri ubriaca, la quale non faceva che ridere e arrossire, indifesa. In fondo la serata aveva preso una piega inaspettata. Pensava che sarebbe stata corteggiata da qualche idiota, cosa che invece non era successa o per la sua l’impressione che faceva su chiunque le rivolgesse uno sguardo, essendo sempre al suo fianco, o perché Yoshida restava la ragazza che gli altri tendevano ad evitare. D’altra parte, un vecchio spasimante e suo carissimo amico si era messo in mezzo, pericolosamente.

Come avrebbe dovuto comportarsi dopo quello che il ragazzo gli aveva detto? Come avrebbe dovuto parlare con lei? Cosa dirle? Magari era solo l’effetto dell’alcol che le aveva fatto pronunciare quel così dolce complimento, anche gli sguardi che sosteneva gli rivolgesse, eppure dentro al petto era così bello. Si sentiva così felice che avrebbe volentieri interrotto quel contatto così fastidioso e che durava anche fin troppo.

Non dimenticava come lo aveva apostrofato Eichi, “egoista”. Lo era davvero?

Probabilmente sì, a giudicare da come si era comportato per Naoko. Eppure al tempo la conosceva da pochissimo tempo, non era neppure paragonabile quello che Yoshida era riuscita a fargli provare in quei pochi giorni alla situazione con Naoko all’inizio.

Lui non aveva mai chiesto ad Eichi di farsi da parte, aveva scelto lui di farlo. Eppure non poteva semplicemente dimenticare il gesto.

Si avvicinò involontariamente minacciosamente al gruppetto, con loro c’era ancora Miura che lo guardava con un’espressione quasi divertita. Era irritato ma aveva anche altro per la testa per darci peso.

«Beh, allora ci vediamo presto, Eri-chan!» Disse, come se non fosse successo assolutamente niente poco prima con Issei, Kouda.

Lei annuì sorridente.

«Hasegawa-chan, non dimenticarti di invitarle le prossime volte che saprai di un qualche concerto, oppure… Yoshida non hai un cellulare con cui posso avvertirti direttamente io?»

Nomura non aveva una bella cera, forse Kouda le dava fastidio. Lei era rimasta fuori dal locale quindi non poteva sapere i retroscena. «Non pensi che ti stai prendendo troppe libertà?» Sbottò, visibilmente infastidita.

Hasegawa strinse gli occhi, avrebbe tanto voluto evitare che si scambiassero i numeri ma per quanto Eichi potesse portargli collera, non vi si oppose, come probabilmente sospettava lui. «In effetti… sarebbe più utile se potessi avvertirla tu, non è detto che io sia libero quel giorno ma magari lei lo è.»

Atsuko lo guardava come se fosse stata appena tradita, pugnalata da chi invece doveva farle da spalla.

«S-Sì ho un telefono… m-ma – singhiozzò brilla – non ricordo il n-numero a memoria.» Parlottava mentre apriva il cellulare a conchiglia, scorrendo per la rubrica alla ricerca del suo numero.

«Hasegawa, tu non hai il suo numero? Mi sembra un po’ confusa per trovarlo adesso… potresti mandarmelo con un messaggio più tardi, adesso devo andare con la band, purtroppo, a festeggiare.»

Il biondo, Ryuu, sospirò rumorosamente. «Lo farà sicuramente – disse mentre prendeva Kouda dalle spalle, allontanandolo amichevolmente – ciao ciao Yoshida-kun, adesso si è proprio fatto tardi – assottigliò la voce così da velocizzare quell’arrivederci, il gesto sembrò inspiegabile per Issei, intanto Kouda era scappato scuotendo la mano verso Yoshida che faceva lo stesso, poi tornò dal gruppo di amici – non pensi sia tardi? Le accompagniamo a casa?»

Hasegawa annuì docilmente. «Tra poco parte l’ultimo treno.»


 

Per tutto il tragitto Nomura non gli rivolse la parola neppure una volta, camminava più avanti con Yoshida scherzando insieme a lei. Non facevano che parlare e ridere. Miura restò poco più indietro insieme a lui.

«Non sembri in forma, eh.»

Hasegawa sbuffò, evitando di rispondere. Si dimostrava proprio un ragazzino.

«Senti, non mi importa la tua amicizia, sto solo cercando di non annoiarmi fino a quando non accompagneremo Yoshida, visto che Nomura quando c’è lei non mi calcola proprio – ridacchiò, la cosa non lo infastidiva – sono carine insieme.»

«E cosa pensi che dovrei risponderti? Non scambiamo parola da tipo un anno, vuoi che ti racconti come mi sento così potrai consolarmi?»

Ryuu sollevò stancamente gli occhi. «Sei noioso.»

«Lo so.»

«Sai cosa mi fa arrabbiare?»

Issei ovviamente non rispose ma era curioso del perché del suo temperamento. «Mi fa davvero incazzare il tuo modo di comportarti, abbiamo chiuso i rapporti per una ragazza che ti raccontava bugie sul mio conto, sei rimasto con lei e dopo esservi lasciati da così poco ti vedo così frastornato per una sciocchezza di una sera, cioè un tipo ci ha provato con la sostituta del tuo grande amore, eppure hai mandato tutto a puttane per questo grande amore.»

«Non sono frastornato e non parlare così di Naoko.» Voleva sembrare rabbioso nel dirlo ma alla fine era la frustrazione a venir fuori.

«Tu ormai lo sai che erano bugie quelle, allora perché non mi hai più parlato?»

«Perché lei aveva paura e io non volevo che si sentisse così insicura. Tu avresti vissuto bene anche senza di me.»

Miura sollevò il mento, per guardare il cielo. «Ne sei così sicuro?»

Quel modo gentile di approcciarsi gli ricordò il vecchio Miura, quello goffo che vestiva in modo strambo per piacere alla docile Atsuko, il Miura che si arrabbiava vedendo i cani calciati per strada, il Miura che era diventato un così caro amico in poco tempo, Miura, l’unica persona che era riuscita a considerare tale fin dall’inizio. Miura, in fondo, sotto ai vestiti che portava, doveva essere tornato quello di prima e Nomura doveva averlo capito, anche se lei quel Ryuu di cui ricordava non lo aveva mai conosciuto.

Aveva ragione anche su quello. Naoko, la ragazza che gli aveva mentito dicendo che Miura aveva cercato di baciarla, Naoko la ragazza che aveva mentito per paura che le tipe che giravano intorno a Ryuu potessero distoglierlo da lei, lei che era stata la distruzione del loro rapporto, fino ad allora era stata l’unica cosa importante per Issei.

Eppure Issei era arrabbiato con Miura, quel suo amico che non aveva battuto ciglio dopo essersi picchiati. Miura che non aveva cercato neppure di scagionarsi, quel ragazzo che si era fidato dell’amico, all’inizio troppo cieco per comprendere quelle sottili motivazioni e che lo aveva preso a pugni dalla rabbia.

«Ormai non ha più importanza, me la sono cavata evidentemente.»

«Comunque… - cercò di parlare, Issei, anche se si sentiva profondamente colpevole e ferito – sono felice che hai sistemato le cose con Atsuko, alla fine sei arrivato ai tuoi obiettivi comunque.»

«Atsuko non è un mio obiettivo. Non penso di doverti nessuna spiegazione.»

«In ogni caso, sono… fiero di quello che hai fatto.»

Ryuu corrugò la fronte, arrabbiato, ma non disse nulla. Aveva un’espressione parecchio carina, sembrava un bambino. Strinse le labbra e accelerò il passo, raggiungendo le due ragazze. Non voleva continuare la discussione anche se non ne comprendeva il motivo.


 

Una volta sul treno Issei prese posto di fianco a Yoshida che aveva gli occhi semi chiusi, probabilmente a causa del sonno. In fondo aveva lavorato fino al tardo pomeriggio, povera ragazza, e lui le aveva anche permesso di bere. Che idiota che era stato.

Nomura non aveva più aperto bocca, seduta vicino a Miura, davanti a loro. A quell’ora il treno non era particolarmente affollato, solo qualche ubriaco e qualche gruppetto di ragazzini silenziosi, troppo impegnati con i cellulari. 

«Q-Quando arriviamo a casa?» Supplicò quasi, Eri, poggiata al vetro del finestrino alle sue spalle.

Issei guardò sul cellulare, in effetti era un po’ tardi e quello era l’ultimo treno diretto per la prefettura di Yoshida. Un forte colpo di ruote scosse così bruscamente i passeggeri da gettare Eri sulla spalla di Issei che all’impatto non poté che sentire il cuore in gola, lei era mezza addormentata. Dall’altro lato del vagone, tuttavia, Miura era finito completamente addosso ad Atsuko travolgendola goffamente e sbattendo anche la fronte contro il metallo del sedile. Nomura scoppiò a ridere e coinvolse anche Hasegawa che si concesse una risata mentre Ryuu teneva la fronte dal dolore.

«Che cosa ridete, maledetti!» Imprecò quello.

Intanto Yoshida era già nel mondo dei sogni, la sua guancia morbida e chiara poggiava dolcemente sulla sua spalla, eppure a vederla così non sembrava particolarmente confortevole, tanto che si era avvicinata ancora alla ricerca di maggiore comodità. Issei sospirò, la malinconia tornò presto nel suo petto; agì d’impulso, non ci pensò neppure per un secondo e sollevando con cura il braccio lasciò che la figura di Yoshida s’incastrasse con la sua, la mano la stringeva più a sé, dal fianco, quel genere di contatto era davvero pericoloso. Sentiva come se quella potesse essere l’ultima occasione, per cosa tuttavia non ne era sicuro. Voleva che il suo profumo lo avvolgesse ancora per qualche minuto prima di scendere.

Non gli importava che espressione avrebbe avuto Nomura, e neppure il parere di Ryuu gli importava mentre riusciva a stringersi a lei. I capelli di Eri avevano un meraviglioso odore floreale.

«Lo facciamo anche noi, Nomura?» Sentì blaterare scherzosamente di fronte, senza però sollevare lo sguardo.

«Vuoi morire?» Rispose immediatamente Atsuko.

«Era solo una proposta, potremmo incontrare di nuovo l’omone! Lo dico per l’incolumità della tua mano!»

Non poteva vederlo ma a giudicare dall'urletto di dolore, Nomura doveva averlo colpito.

«Hasegawa-kun… - sussurrò Yoshida con un tono piuttosto sveglio, come se non si fosse mai addormentata – sono stata d-davvero bene.»

«I-Io – preso alla sprovvista Issei non seppe cosa fare, lei doveva essere sveglia mentre lui l’accoglieva tra le sue braccia, eppure non aveva fatto niente per evitarlo – sono felice che tu ti sia divertita… visto? Hai anche incontrato un caro amico.»

«N-Non sarebbe mai successo senza di te – fece un gran respiro, poggiandosi meglio sul suo petto, quella non era la Yoshida di sempre, era pur sempre ubriaca – mi piace il calore del tuo corpo.»

Anche se in quel modo avrebbe sentito il suo cuore andare a mille, non gli importava affatto. Voleva tenerla vicino il più possibile.

In quel momento Naoko, Fujihara, Eichi,  nessun altro aveva importanza se non loro due.


 

Il saluto davanti casa Yoshida fu la parte più brutta della serata, si erano salutati con un dolce “ciao” ma dopo il treno i loro corpi non si erano più incontrati. Atsuko era andata con lei per aiutarla a mettersi a letto, probabilmente Irene dormiva già e dopo una decina di minuti fu di nuovo da loro. In quel tempo lui e Miura non parlarono.

«Yoshida è a casa, non serve accompagnare anche me, la strada la conosco.»

«Non dire cazzate!» Alzò leggermente il tono di voce Ryuu.

Hasegawa scosse la testa annuendo. «E’ vero, comunque posso accompagnarla anche io, per tornare a casa tua non prendi un altro treno?»

«Ho cambiato casa, vengo a scuola con l’auto, posso tornare anche da qui.»

Atsuko non disse nulla, probabilmente era contenta che i due non l’avessero lasciata sola nel tragitto di casa, non perché non fosse capace di difendersi da sola quanto perché si sarebbe annoiata. «Beh...grazie. Comunque, riguardo a te – mise l’indice sul petto di Issei – come hai potuto far bere Eri-chan?»

«E’ stato un malinteso.» Non si sprecò.

«E quel tipo che le hai presentato? Non hai visto com’era appiccicoso? Trovava sempre scuse per abbracciarla o per toccarle i capelli, chi diavolo è?»

Alla fine Eichi era tornato tra di loro. «E’ un vecchio amico di Yoshida, dentro al locale si sono riconosciuti ma quando è uscita credo fosse troppo ubriaca per spiegarti tutto. Lui… non preoccuparti, non è un cattivo ragazzo, lo conosco da molto, da quanto ho capito è follemente innamorato di lei dalle elementari quindi… insomma non ti fare problemi, lui… lui è ok. E poi pensi che non farei niente se le mancasse di rispetto?»

Nomura sembrò innervosita dalla sua risposta ma decise di non dire altro. Forse si fidava delle sue parole e non avrebbe più sospettato di lui, anche se francamente la cosa non gli faceva molto piacere. Nomura si era opposta all’idea che ad Eri potesse piacergli Issei, invece quello lo aveva accettato senza problemi.

«Eichi è un po’ strano, ma è ok, davvero.» Annuì anche Ryuu a cui non era stato chiesto alcun parere.

Dopo aver lasciato anche Atsuko a casa entrambi i ragazzi si sarebbero separati per seguire due strade diverse.

Hasegawa aveva aspettato che la luce della camera di Nomura si spegnesse per uscire dalla tasca interna della giacca un pacchetto di sigarette dall’astuccio bianco e rosso, portandone una alla bocca.

«Non hai smesso?»

«Lo faccio di rado.» Si sollevò con entrambe le braccia per sedere su un muretto vicino l’abitazione Nomura, quasi frontale. Miura fece lo stesso anche se non gli era stato chiesto.

«Che ne pensi di questa serata? Sembra sia andato tutto bene, a parte questo.» Massaggiava ancora la fronte.

Dopo un lungo tiro di sigaretta Issei sorrise sarcasticamente. «Beh sì, a parte quello sembra che sia andato tutto bene.»

«Sai cosa ho pensato a volte? Che Naoko non facesse per te, sono sempre state le ragazze come Yoshida più adatte a te. Poi ho capito, lei si comportava in modo diverso con te, probabilmente all’inizio perché eri il ragazzo più figo, poi si sarà affezionata. Il tempo sembra darmi ragione.»

«Perché parli sempre di lei? Lasciala stare, Naoko.»

«Perché io… la odio. Non lo vedi? Per colpa sua hai appena rinunciato ad una ragazza che potrebbe davvero fare per te, è patetico.»

In effetti la personalità di Naoko non era mai stata delle più limpide, ma fondamentalmente si era sempre comportata in modo dolce nei suoi confronti, verso la fine della relazione questo atteggiamento era venuto meno ma sembrava sempre la stessa ragazza, forse per forza di abitudine.

Non c’era motivo per cui Miura doveva arrabbiarsi per le sue questioni però.

«Comunque non torno a casa perché non ho ancora voglia di tornare, non per restare con te. Tu resti solo per fumare?»

«Non mi piace fumare quando cammino.»

«A proposito, Atsuko sembra fidarsi di te, era più tranquilla dopo avergli spiegato la situazione di Kouda. Mi piace che si fidi di te.»

«Avrei preferito che non lo facesse.»

«Immagino – rise appena – comunque se sembriamo amici potrò frequentarla ancora, fuori dalla scuola. È per questo che ti parlo. Voglio stare ancora con Nomura, mi sembra una scorciatoia un po’ patetica, tuttavia, anche quella più possibile – saltò giù dal muretto – non arrabbiarti se scambierò qualche parola con te a scuola, ok?»

Hasegawa sorpreso piacevolmente non accennò ad alcuna espressione. Se voleva farlo ne aveva la piena libertà, non si sarebbe opposto. «Come vuoi.» In effetti era un po’ sospetto quel lato amichevole nei suoi confronti, dopo tutto quello che era successo.

Prima di scappare via, Ryuu gli strappò la sigaretta ancora mezza dalle mani, gettandola via. «Non fare uso di questa merda, se sei arrabbiato prendimi a pugni o qualsiasi altra cosa, ma non fumare, è schifoso.»

Così, scomparse.

«Ti vedo di buon umore.» Sorrise Mori, sistemando alcuni fogli dietro la scrivania, Atsuko seduta su un banco più lontano scuoteva le gambe a penzoloni.

«Alla fine parlarle non è stato necessario, sono contenta. Pensi che sabato siamo persino uscite insieme, è stato bello.»

L’uomo dall’espressione matura annuì quasi contento, poi si sedette. «E i compagni di classe? Come si comportano?»

«Dopo il gran boato che è successo quella volta, beh, non danno più fastidio ad Eri sembra… e poi forse hanno anche paura di Hasegawa, in questo caso odio ammetterlo ma è una cosa positiva.»

«Già, purtroppo lo è.»

Era da un bel po’ che non tornava dal tirocinante, ora supplente. Dopo quello che era successo sabato non vedeva l’ora di raccontarglielo, e poi, un po’ le mancava il suo viso; nei corridoi la settimana prima le era capitato raramente di incontrarlo, così visto che avevano quel rapporto ne aveva approfittato.

Certo, non mancavano dubbi nella sua testa. Tra la comparsa del nuovo Miura e la situazione tra Eri-chan e Issei che non sembrava delle migliori, a giudicare dal modo freddo in cui l’aveva trattata il compagno quella mattina, non faceva che chiedersi se l’uscita di sabato fosse stata una cosa positiva o meno.

Aveva l’impressione che Hasegawa fosse infastidito molte volte dalla presenza di Yoshida ma non se ne spiegava i motivi. Che c’entrasse quello sbruffone dai capelli rossi? In fondo, se era davvero come le aveva detto Issei, quello era un tipo più che raccomandabile e inoltre conosceva Yoshida da molto...anche se definirsi innamorato le sembrava un po’ esagerato visto che quella doveva essere la prima sera che l'incontrava dopo tanto tempo.

Comunque il buon umore era incessante, aveva sempre più voglia di scambiare qualche parola con Miura e la sua presenza non la irritava più.

«E di te? Cosa mi dici? Sei felice soltanto per la tua amica?»

Nomura arrossì leggermente. «Beh no… in questo tempo ho anche fatto pace con un vecchio “bullo”, adesso è davvero cambiato.»

Mori non sembrò per niente entusiasta della cosa. «Perché credi che ti abbia avvicinato?»

«Per pulire la sua coscienza, non è una cosa positiva?»

«Non te lo dico per demoralizzarti, sia chiaro – disse con aria più greve – però ci sono tanti motivi per cui potrebbe averlo fatto e dubito che sia quello che hai detto tu. Potrebbe dimostrarsi pentito solo perché, magari, ti trova carina, o peggio, potrebbe averti avvicinata per tirarti l’ennesimo tiro mancino… penso sia la prima, a giudicare da quanto sei carina.»

Atsuko si colorò totalmente in viso, era confusa e destabilizzata da quello che aveva appena detto il professore. Lui...la trovava forse carina? No, si stava facendo solo mille pensieri inutili, probabilmente lo diceva a tutte le studentesse in momenti del genere, giusto per far capire loro la situazione.

«A-Ah… io non credo sia per questo, è più probabile sia la seconda. Beh, questo ragazzo ha sempre avuto a che fare con bellissime ragazze, popolari e perfette… io non sono il suo tipo, ne sono sicura. Comunque da come si è comportato con me in questi giorni io non credo che abbia cattive intenzioni… me lo ha detto anche un suo vecchio amico.»

L’uomo sospirò, addolcito dalla risposta e con eleganza le passò una mano tra i capelli sottili e lisci, come al solito in disordine. «Spero che sia come dici tu… è solo che non mi piace vederti così ingenua con questo genere di persone quindi, per favore fai attenzione. Inoltre – aggiunse – io penso che non ci sia niente di sbagliato in te, anzi, ma queste cose è meglio che non le dica uno nella mia posizione.»

Sentiva il cuore in gola, perché Mori diceva quel genere di cose? Non era da lui, lo aveva cominciato a fare solo dopo avergli parlato di Miura. Non riusciva a capirne il nesso.

Scendendo dal banco con un salto meno energico del solito, quasi inebriato da tutto quello che era appena successo, Nomura si avviò verso l’uscita in quanto la campanella era appena suonata.

«Beh… io vado a-allora...» Sentiva le guance bollenti, reazione anomala per lei.

«Atsuko… torna più spesso, in questo periodo non vederti mi ha un po’ rattristato. Buona lezione.»

La voce calda del professore le rimase dentro al petto anche dopo essersi chiusa la porta alle spalle. Non ci capiva davvero niente. Perché il sempre serio e composto professore Mori si era spinto così tanto oltre? Cos’era successo? Non sembrava neppure lui...eppure, ne era così felice.

Mori-san...”

«Stavo pensando – disse Issei all’improvviso durante la pausa pranzo, come al solito sul tetto, aspettavano Atsuko e probabilmente anche Ryuu sarebbe arrivato con lei – da domani protesti smettere di prepararmi il bento?»

Così come lui si dimostrava più distante di sabato, Yoshida era quasi ritornata a chiudersi in sé quando erano da soli. «S-Sì scusami, non avrei dovuto rifarlo comunque… n-non succederà più.»

Avevano parlato molto poco quella mattina ed Eri non aveva mai sollevato lo sguardo verso di lui. Chissà se ricordava quello che era successo alla metro, di fatto, lui non faceva che pensarci e ogni volta nel suo petto correvano mille cavalli.

Quella mattina il cielo era sereno, nemmeno una nuvola sopra di loro.

«Yoshida, vuoi il numero di Eichi?» La rigirò un po’ la questione del numero, in quel modo avrebbe capito cosa ne pensava dell’amico d’infanzia.

«Ah… s-sì. Gli m-manderò subito un m-messaggio, così potrà segnare il mio nome.»

Eppure Yoshida era dolce come sempre, perché non poteva comportarsi come sempre? Dopo quella volta sul treno aveva pensato addirittura di riabbracciarla il lunedì seguente, eppure anche lui, come un riccio, si era chiuso in sé stesso. Non dimenticava e non poteva dimenticare le parole rivolte ad Eichi, doveva restare al suo posto. Eppure anche in quel momento avrebbe voluto strapparle il cellulare dalle mani per dirle che non avrebbe mai dato il suo numero a quello lì.

Che idiota che era.

Mentre scorreva tra le rubrica passò più volte il contatto di Eichi, facendo su e giù, Yoshida non poteva accorgersene visto che non lo guardava minimamente.

«Ti piace Kouda?»

La domanda sembrò un fulmine a ciel sereno tra di loro. Aveva come l’impressione di averla ferita nel chiederglielo ma non poteva tornare indietro.

«S-Se non vuoi rispondere… sono comunque fatti vostri.»

Continuava a rimandare il momento di darle quel maledetto numero.

«Ha-Hasegawa-kun… io l-lo so benissimo d-dove vuoi arrivare…»

Ma che sta dicendo? Dove vorrei arrivare?”

«M-Ma non preoccuparti, non sono interessata a t-te. N-Non s-sarò mai d-di disturbo tra d-di voi!» Prese coraggio e sollevò il viso verso di lui, i suoi occhi vagamente languidi non parlavano abbastanza da fargli capire.

«Che cosa stai dicendo, Yoshida?»

«S-SONO TREMENDAMENTE D-DISPIACIUTA P-PER IL MIO COMPORTAMENTO DI SABATO!» Le parole uscirono troppo forte rispetto al suo solito modo di parlare, Issei continuava a non capire. Quando connesse i fili nella sua testa avvampò. Che ricordasse quello che era successo in treno? Lo ricordava, allora.

«P-Perché ti stai scusando?!»

«I-Io lo so! Non m-mi metterò t-tra di voi! I-Io ero solo...b-brilla, c-credo!»

Che fosse stato Eichi a dirle quelle cose? Mettersi tra chi? Lui e Naoko? Era stato abbastanza chiaro quando le aveva spiegato che loro non si frequentavano, eppure la stupida ancora si faceva problemi. Comunque se era consapevole del suo comportamento perché lo aveva abbracciato così forte?

«Come si vede che non ti conosce – sorrise Hasegawa che come alleggerito dalle parole di Eri osò accarezzarle dolcemente il viso – non sa proprio niente di come sei fatta, eh?»

Gli occhioni incorniciati dalle lunghe ciglia di Yoshida si gonfiarono di lacrime, sempre, troppo, carina, ai suoi occhi.

«C-Cosa?»

Era stato un colpo basso quello di Kouda, in qualche momento della serata in cui non era stato attento doveva averle detto di stargli lontano per non mettersi tra lui e la sua ex fidanzata Naoko. Quello, quello era un comportamento davvero sporco e infame.

«Tu non mi rechi alcun fastidio, va bene? Quante volte dovrò dirtelo?»

Le lacrime cominciarono a scendere copiosamente. «A-Allora p-perché? N-Non t-ti piace come ho p-preparato il bento?»

«Scusami, pensavo fosse una seccatura per te.» Senza lasciarle aprire nuovamente bocca la spinse contro al proprio petto, usando la sua morbida chioma nera per poggiare il mento. Era felice di essere riuscito a stringerla di nuovo. Il senso di colpa era scomparso dopo aver capito quello che quel meschino di Kouda le aveva detto. Aveva cercato di mantenere la correttezza ad ogni costo, anche contro il suo volere, ma non così.

«K-Kouda-kun è un b-bugiardo?»

«No…. - sussurrò – lui avrà solo frainteso la situazione. Non ci vediamo da molto e avrà pensato chissà cosa ma non è così.»
 


 
 
   
 
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