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Autore: Mimma soleian    06/09/2018    2 recensioni
La vita di una donna tra passato e presente in uno scorcio generazionale
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Triangolo
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..MERCEDES        
 
Fine settimana! Due parole che per me e, immagino per centinaia di persone, significano puro riposo! Allontanarsi per due interi giorni da quella che è la frenesia degli impegni lavorativi. Due giorni per poter oziare e non fare nulla che occupi la mente. Ma quel fine settimana per me non si prospettava semplice e privo di impegni. Quattro giorni prima mia madre mi aveva sorpreso con una chiamata al lavoro.
Era in macchina, mi disse: ”Ascoltami bene. Ho anticipato il mio viaggio, lo so” aggiunse quasi in tono di scusa come se mi avesse letto nella mente. “Avevo detto che ci sarei andata io ma veramente non posso. Ho già preso accordi con la nonna, verrà lei a prenderti all’aeroporto, è tutto a posto. In pratica sarai tu a farlo e non io. La nonna era felicissima e poi è tanto tempo che non ti vede”.
Il passare del tempo per mia madre era una questione molto relativa considerando che mia nonna l’avevo vista due settimane prima per il funerale di mio nonno. “Ti prego fammi questo favore, io non riesco proprio”.
Rimasi in silenzio e una serie di pensieri e immagini mi invasero la mente. Non riuscì a dire nulla se non un “Va bene”. La telefonata si concluse con la voce di mia madre indubbiamente più sollevata e piena di gratitudine.
Mi accesi una sigaretta e rimasi immobile per un tempo che mi parve infinito. Mio nonno era morto due settimane prima. Avevamo fatto un bel funerale, se mai un funerale si possa definire bello. Mia nonna fiera nella sua compostezza, come mai l’avevo vista, non aveva versato una lacrima per quell'uomo che aveva amato tutta la vita. Inaspettatamente invece avevo visto crollare mia madre, la sua sobrietà di donna di successo era stata incrinata dalla morte dell’uomo con cui aveva preso le distanze e che solo la mia nascita era riuscita a far riavvicinare. Lacrime silenziose le rigarono il viso e poi ci fu quell’esplosione liberatoria, quel pianto rotto dai singhiozzi che mi rimbombò dentro e pensai al tempo sprecato in inutili discussioni che mia madre in quell’istante rimpiangeva.
La sigaretta si consumò tra le dita e i miei pensieri volarono via col fumo, leggeri. Ripresi a lavorare.
 
Alzarmi all’alba fu molto faticoso, per fortuna assaporavo già una piccola gita in campagna con mia nonna. Nonostante mi stessi recando da lei per sistemare le cose di mio nonno, sapevo che non avrebbe rinunciato a mostrarmi gli alberi di pesco e mandorlo che circondavano la casa. Avevo sempre amato da bambina quei posti magici e gli splendidi colori e profumi che offrivano in ogni momento dell’anno, la primavera però era sempre stata la mia stagione preferita. Ero felice di tornare nei luoghi della mia infanzia.
Uscii di corsa da casa. Il taxi mi aspettava sotto casa. Il traffico non era intenso e arrivammo all’aeroporto con quell’ora di anticipo che mi sarebbe servita per sbrigare tutte le procedure prima dell’imbarco.
Pensai a mia nonna e a quanto si sentisse sola adesso in quella grande casa in campagna, a quanto avesse dato a tutti noi per tutti quegli anni e a quanto le nostre risate avessero riempito quei luoghi prima che i meccanismi della vita e gli impegni del lavoro l’avessero privata di noi.
Il volo andò bene. Scesa dall’aereo raccolsi i miei bagagli e cercai con lo sguardo mia nonna tra le tante persone che aspettavano, mi vide e sollevò la mano in segno di saluto e un po’ come per segnalare la sua posizione. Indossava un semplice vestito blu con al petto una spilla in filigrana, regalo del nonno, i capelli raccolti in una crocchia brizzolata. Una figura elegante e fiera, questa era mia nonna.
Mi baciò entrambe le guance e mi passò delicatamente le mani sul viso, io l’abbracciai forte e mi parve per un attimo di avere dieci anni e nessun pensiero triste.
Avevo insistito perché mi facesse guidare fino a casa. Ci fermammo ad ammirare il panorama, Seleone dominava dall’alto il mare, un piccolo golfo dalla sabbia sottilissima e dalle acque verdi, un mondo meraviglioso in una splendida isola. Respirai a pieni polmoni quell’aria pulita poi tornammo in macchina e ci dirigemmo verso casa. In cucina mia nonna aveva preparato un’abbondante colazione. Su un piatto, coperta da un canovaccio da cucina, c’era una bellissima torta di mele, delle pesche sciroppate e della marmellata
Chiacchierammo un po’ mentre gustavamo la colazione poi portammo le valigie nella mia camera. E lei mi disse: ”In soffitta ci sono tantissime cose di nonno e sono sicura che saresti felicissima di andare a curiosare, proprio come quando eri bambina. Vorrei tanto che prendessi la macchina fotografica di nonno, so che ti piaceva tanto e lui l’ha conservata per te, dopo pranzo andremo a curiosare in soffitta tra polvere e ricordi. Il prossimo fine settimana verrà a trovarmi una vecchia amica. Sono passati almeno quaranta anni dal nostro ultimo incontro e vorrei tanto ritrovare le foto e tutte quelle cose che sono rimaste sepolte in soffitta e che riguardano quei giorni magnifici che abbiamo trascorso insieme”.
Le feci mille domande, come un fiume in piena la travolsi, ma lei sorrise divertita e promise che mi avrebbe raccontato tutto dopo aver riposato e pranzato, prima saremo andate a curiosare tra i campi “Ho tante cose da mostrarti, e devi vedere come crescono bene le mie piante”, non insistetti oltre e mentre ci incamminavamo tra le piante di pesco mi disse che il ritratto di mio nonno appeso all’ingresso era proprio opera di questa misteriosa amica, lo aveva dipinto tempo prima quando mio nonno, come nel ritratto, era giovane e bellissimo. Nel dipinto mio nonno legava delle piante di vite con uno spago, il suo sguardo si perdeva in lontananza oltre l’artista che lo aveva immortalato. Alla fine del pranzo guardai mia nonna con un po’ di impazienza e quasi mi vergognai, lei preparò il caffè e mi disse divertita :”Lo sai che mi piace berlo subito dopo pranzo, però potresti iniziare a salire in soffitta, apri le finestre e fai entrare un po’ di luce”.
Non me lo feci ripetere e corsi in soffitta. La luce la illuminò; bauli e scatole riempivano la stanza, in un angolo c’erano le canne da pesca del nonno, i cestini per la raccolta dei funghi, due col manico rotto, mia nonna conservava tutto. Una vecchia macchina da cucina della mia bisnonna, la mia palla blu e tante altre piccole cose che mi misero un’infinita nostalgia per quello che era stata la mia infanzia felice. Mi sedetti sulla vecchia sedia a dondolo e mi cullai chiudendo gli occhi e facendomi scaldare il viso dai raggi del sole che entravano dalla finestra. Presa dai miei pensieri non sentii mia nonna arrivare.”Dormi?”, mi disse. ”Si sta proprio bene qui”, risposi.
Mia nonna aprì un enorme baule “americano“ e spostò il lenzuolo che copriva il contenuto e iniziò a tirare fuori dei vari oggetti. Un album di foto, delle foto singole, un mazzo di lettere legate con uno spago, degli acquerelli che avevano come soggetto Seleone, finalmente la macchina fotografica. “Questi acquerelli?”, chiesi. “Sono miei”, mi disse. “Non sapevo che sapessi dipingere, li trovo molto belli”. “E’ stata una parentesi della mia vita, tanto tempo fa”.
Mia nonna disse a bassa voce: “La donna del dipinto, l’amica che verrà a trovarmi..vediamo un po’”. Si mise a cercare tra le foto e poi soddisfatta me ne porse una. ”Eccola!”.
Era il volto di una ragazza di profilo, un volto radioso, un magnifico sorriso scopriva i denti candidi. I capelli raccolti sulla nuca erano nerissimi e delle ciocche le segnavano delicatamente il volto. Veramente una splendida donna. “Parlami di lei”. Le dissi continuando a sfogliare l’album. “Come l’avete conosciuta? Era una vecchia amica?”
“Era amica di entrambi, mia e del nonno”. Cominciò la nonna. “L’avevamo conosciuta un’estate al mare. Vidi Mercedes per la prima volta una mattina. Mia suocera non era ancora arrivata sulla spiaggia…”. Lo disse guardando attraverso la finestra aperta e perdendosi per un attimo in altri ricordi.
“E quindi…?”. La destai dai suoi pensieri, volevo ascoltare il resto della storia. Mi sorrise e continuò riemergendosi nei ricordi di quell’estate.
“La tua bisnonna quella mattina si stava occupando della campagna e aveva dato a noi il compito di sistemare le cose sulla spiaggia. Durante i preparativi, notammo una ragazza che camminava sugli scogli, ci vide anche lei e seguendo la strada, un sentiero tra scogli e ginepri, ci raggiunse. Indossava un corto vestito arancione con sotto dei calzoncini, a piedi nudi e con un blocco da schizzi sotto il braccio arrivò fino a noi. “Buon giorno”, ci disse, “Non mi ero mai spinta così lontano ma ero curiosa di vedere questa parte di spiaggia.” In un sacchetto di stoffa teneva delle conchiglie e ci disse che erano una delle sue tante passioni, faceva la governante in una famiglia “in continente”, le persone per cui lavorava erano partite per la Francia e quella volta lei non era andata con loro ma ne aveva approfittato per andare a trovare i suoi e passare l’estate con loro. Ci lasciammo con la promessa di rivederci uno dei giorni a seguire per bere un caffè insieme. Passò una settimana e poi dopo pranzo fu proprio mia suocera a parlare di lei, ne parlò ricordando come fosse stata una bambina dolcissima, un po’ solitaria persa in un mondo di sogni e riccioli neri. Conosceva sua madre: “Una brava donna”, disse. Le dissi del nostro incontro e dell’invito a prendere il caffè da loro. La tua bisnonna non se lo fece ripetere due volte, la cosa le piacque molto e, per non presentarsi a mani vuote ad una visita, dopo aver avvolto della paniscedda in un canovaccio da cucina, andammo a trovare la zia di Mercedes. Anche loro campeggiavano sulla spiaggia ma a differenza del nostro il loro accampamento era pieno …come dire?... di “ornamenti”, fili di conchiglie. Sua madre quasi leggendomi i pensieri, mi disse che era opera di Mercedes e che aveva voluto rendere tutto più allegro e in “armonia” con quello che ci circondava, essere un tutt’uno col mare. Mercedes non era sulla spiaggia in quel momento ma lavava le stoviglie nel piccolo boschetto di ginepro che circondava la spiaggia. Di lì a poco arrivò con una caffettiera. Dopo il caffè andammo a fare una passeggiata, parlammo un po’ di tutto, poi chiesi a Mercedes del suo lavoro di come fosse diverso stare fuori casa lontano dai suoi cari, di quanto magari ne soffrisse e di come per lei fosse difficile, pensavo che per me lo sarebbe stato. Mi disse che dal principio lo era stato ma che poi aveva imparato ad amare anche quella che era la sua nuova vita. “Spesso mi sono sentita triste e ancora di più lo ero quando vedevo le persone felici di stare con i loro cari”, ci confessò, “ma poi ho imparato che le cose positive che ti circondano, la gioia anche se ti colpisce indirettamente e qualcosa che vale la pena portarti nel cuore. Concluse con un sorriso che le illuminò il volto.
A quel breve incontro ne seguirono degli altri e una sera mentre eravamo seduti accanto al fuoco, avevamo cantato tutta la sera accompagnati dal solo sottofondo delle onde, poi Mercedes ci lesse le sue poesie. In silenzio la ascoltammo e alla fine uno scrosciare di applausi ruppe il silenzio. Tuo nonno fischiò con le dita e alzò il bicchiere per brindare in suo onore, l’invidia mi fece salire le lacrime agli occhi ma per fortuna tuo nonno lo scambiò per commozione e mi abbracciò forte riuscendo a farmi sentire una stupida. Il suo grande dono era proprio quello di riuscire a trasmettere gioia nel prossimo, serenità, era per questo che praticamente chiunque la conoscesse finiva prima o poi per chiederle un consiglio o confidare un segreto imbarazzante. Le volevo molto bene, era impossibile non volergliene ma quando partii quell’estate per tornare al suo lavoro ne fui un po’ felice. Mia nonna mi guardò ed io non capii il significato di quello sguardo, sapevo solamente che cercava dopo tanti anni di recuperare un rapporto con una persona che le aveva dato tanto e che gliene avrebbe dato ancora se solo lei lo avesse voluto.
Scendemmo dalla soffitta e preparammo la cena. La storia di mia nonna mi aveva affascinato, pensavo a tutte le cose che spesso ci portano a fare delle scelte e di come privandoci della gioia di alcuni momenti la nostra vita possa prendere un'altra strada. Per fortuna le strade di mia nonna e Mercedes si sarebbero incrociate nuovamente. Due giorni erano volati ed io quella mattina sarei dovuta tornare a casa ma non mi sentivo malinconica come quando ero arrivata da mia nonna, mi sentivo piena di armonia e gioia
Sentii mia nonna parlare al telefono. Mercedes aveva anticipato il viaggio e sarebbe andata quello stesso giorno da mia nonna, l’avrebbe accompagnata suo figlio. Ero tanto felice per mia nonna e sinceramente mi dispiaceva non potermi fermare per salutarla. Mentre prendevo la strada per l’aeroporto incrociai una macchina, dovevano essere gli ospiti di nonna ed io guardai e per un attimo il mio sguardo incrociò quello della donna seduta in macchina. Mi bastò una sguardo e un sorriso luminoso per farmi capire che Mercedes non era cambiata e che mia nonna avrebbe passato una indimenticabile settimana.
   
 
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