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Autore: bicorn    07/09/2018    4 recensioni
What if?
E se la storia fosse andata diversamente?
Se Clarke Griffin non fosse vissuta nello spazio durante tutti quegli anni, se i suoi antenati fossero stati tra i pochi sopravvissuti alla tempesta nucleare che ha distrutto la terra?
Se Clarke fosse stata una terrestre, sarebbe andata diversamente?
E se..Clarke fosse stata una sangue nero, come sarebbero andate le cose? Quale sarebbe stato il suo rapporto con Lexa?
Ho provato a scoprirlo con questa ff dando sfogo a tutta la mia fantasia, enjoy!
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Anya, Clarke Griffin, Lexa, Luna, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Voglio dedicare questa fan fiction alla mia più grande fan:
la mia persona, compagna e amore di una vita.

 


 

Primo capitolo.
 

Pioveva.

Gli occhioni stanchi di Clarke seguivano la corsa disperata delle goccioline sulla finestra, immaginando di correre allo stesso modo per fuggire da lì.

Non ci voleva stare in quel posto.

Aveva solo otto anni. Otto anni quando i suoi genitori, leader della ouskejon kru, il clan della scogliera, l’avevano spedita a TondDC senza troppe cerimonie.

Aveva pianto, gridato, li aveva implorati: perché dei genitori avrebbero dovuto spedire la loro unica bambina in una città che non conosceva, da sola, accudita da completi sconosciuti?

Tu sei speciale, piccola mia. Conosco persone che ucciderebbero per avere il tuo sangue nelle loro vene.”

Ora aveva tredici anni, e aveva capito.

Lei era una natblida, una sangue nero, e come tale aveva diritto al trono. Questo non prima però di aver ucciso dodici suoi coetanei nel giorno del conclave.

Perché a questo la stavano preparando: ad uccidere; a governare, con l’aiuto dei precedenti comandanti, un popolo di uomini e donne pronti ad eseguire ogni suo comando.

Comprendeva l’importanza della sua missione, ma non riusciva ad accettarla.

Da quando era lì, da quando erano iniziati gli allenamenti pochi mesi prima, si era chiesta se fosse effettivamente pronta per guidare il suo popolo.

Forte era la nostalgia di casa, dei suoi genitori, del suo clan. Ma ancora più forte era la nostalgia del mare: immersa com’era nelle foreste, nella selvaggina, non vedeva il mare di casa sua da anni ormai. E questo era il suo più grande rimpianto.

A questo si aggiungeva il fatto che non aveva nemmeno un amico lì.

Le uniche persone con cui aveva a che fare erano le sue sguattere, i suoi allenatori e gli altri sangue nero. E una delle prime regole dell’ascensione, era quella di non familiarizzare con chi un giorno avresti dovuto uccidere.


 

Si era recata all’allenamento pomeridiano, nonostante la pioggia scrosciante; osservava la ferocia e la freddezza dei suoi compagni di allenamento e non vi si riconosceva.

Clarke Griffin aveva l’animo più nobile, buono e puro sulla faccia della terra. Come avrebbe mai potuto uccidere qualcuno un giorno?

Klark”, la voce ferma della sua heda, Anya, arrivò alle sue spalle, seguita subito dopo da una lama puntata a pochi centimetri dal suo naso.

“Ti voglio più attenta, principessa”, pronunciò Anya scherzosa, facendola sorridere.

La tanto temuta comandante. Il loro allenatore più importante, probabilmente la sua unica vera amica.

Anya si era presa cura dell’animo sensibile di Clarke fin da subito. L’aveva presa sotto la sua ala protettrice, difendendola dalle angherie del mondo e dei suoi compagni di allenamento. Sapeva quanto certi guerrieri potessero essere spietati sin da piccoli.

Clarke alzò improvvisamente la spada e disarmò Anya, facendola barcollare e quasi cadere a terra.

La comandante la guardò sbalordita. Per quanto potesse essere tenera d’animo, era forte. Molto forte. Forse le teneva testa solo la temibile Luna.

Clarke allungò una mano per farla rialzare, quando i suoi occhioni blu furono attirati dalla testa pelata di Titus: una serie di risolini e commenti sulla testa lucente del protettore della fiamma si diffusero attorno a lei, facendola sorridere.

Solo dopo che Anya gli si era avvicinata, notò una piccola figura alla sinistra di Titus: una ragazzina.

Tutti i natblida si avvicinarono incuriositi, compresa Clarke: non doveva essere più piccola di lei; con la testa china e i capelli intrappolati in una treccia, non proferì parola.

Anya l’attirò a se con un braccio “Goufa, ragazzi miei, è con grande onore che vi presento Lexa kom trikru, l’ultimo dei tredici sangue nero: è un guerriero molto valoroso.”

Lexa alzò lo sguardo sentendo il suo nome, e immediatamente incontrò un paio di occhi blu che la scrutavano curiosi. Clarke e Lexa si osservarono per un tempo indefinito, fino a quando la ragazzina mora non abbassò di nuovo il capo sotto il peso degli sguardi inquisitori e diffidenti dei suoi nuovi compagni.


 

Poche ore dopo, erano tutti riuniti nella mensa comune della torre di comando. Clarke sedeva sola come al solito, gustando il suo cibo in silenzio e bramando il suo letto come se fosse la cosa più importante del mondo. Gli allenamenti di oggi l’avevano distrutta, e come se non bastasse, Luna non le aveva dato tregua; non capiva perché ce l’avesse così tanto con lei, cosa aveva fatto di male per essere tormentata così tanto? Luna era forte, popolare, acclamata da tutti gli allenatori, cosa diavolo voleva da lei?

Un rumore tonfo catturò la sua attenzione: la ragazzina nuova era a terra, il cibo completamente rovesciato sul pavimento, mentre due ragazzini ridevano sguaiatamente alle sue spalle.

Non avrebbero dato tregua nemmeno a lei.

Lexa si limitò ad alzarsi, gettò quel che rimaneva della sua cena nell’immondizia e non degnò i suoi compagni di uno sguardo.

Poi, sorprendendo Clarke, si sedette nel suo stesso tavolo, di fronte a lei. Tenne la testa bassa, mentre mangiava compostamente quel poco che era riuscita a salvare della sua cena.

Clarke, sentendosi stranamente in dovere di aiutare la nuova arrivata, divise a metà il suo panino e la sua banana e glieli allungò sul vassoio.

Lexa alzò lo sguardo, sorpresa “perché sei gentile con me?”

Clarke alzò le spalle “quando sono arrivata qui, ero spaventata esattamente come te. Avrei tanto voluto un’amica all’epoca, quindi..ecco.”

“Io non sono spaventata”, rispose immediatamente Lexa indurendo lo sguardo.

Si rese conto di essere stata troppo dura con lei, così addolcì la voce “ma grazie.”

Clarke le sorrise teneramente, il primo vero contatto umano dopo anni, e insieme finirono la propria cena in un piacevole silenzio.


 

Quella stessa notte, i maledetti incubi che tormentavano Clarke tutte le notti, vennero interrotti da una voce che chiamava il suo nome.

Sbarrò gli occhi e si alzò, immersa in un bagno di sudore “cosa succede?” Domandò ancora mezza addormentata. Solo dopo notò Lexa che la stava fissando con un sorriso mal celato sulle labbra.

“Perché stai ridendo?” Chiese Clarke, alzando un sopracciglio.

“Perché sei buffa con i capelli arruffati. Vieni, voglio farti vedere una cosa.”

Clarke si alzò dal letto e la seguì incuriosita. Uscirono sul terrazzo del proprio dormitorio e la ragazza nuova alzò il viso puntando il naso all’insù.

“Cosa ci facciamo qui?”

“Guarda”, rispose Lexa indicando un punto indefinito nel cielo.

Clarke alzò anche lei lo sguardo e le vide: una miriade di stelle cadenti stavano attraversando il cielo, illuminando il buio di TondDC.

Clarke spalancò la bocca e Lexa la guardò sorridendo “ma è bellissimo!”

“Lo so”, disse Lexa riportando il naso all’insù “ogni volta che c’erano le stelle cadenti, ero solita a guardarle con mio padre”, continuò sommessamente.

La piccola Griffin notò la tristezza nella sua voce e la guardò, dimenticandosi completamente dello spettacolo in cielo; le strinse la mano per mostrarle il suo supporto e appoggiò la testa sulla sua spalla.

“Perché mi hai portata qui?” Chiese genuinamente interessata. Lo sguardo incollato sul suo profilo.

Lexa fece spallucce “avevi ragione. Ho bisogno di un’amica anche io.”

Clarke sorrise. Non le era sfuggito il leggero rossore sulle sue guance.



 



*Angolino di bicorn*
 
Beh? Indovinate chi è tornata con i suoi deliri sulle clexa?

Alloraaaaa, dopo un anno di silenzio non credo ci sia molto da dire. Chi mi ha seguito con la precedente raccolta (e chi non lo ha fatto, gli consiglio di leggerla subito) sa quanto ci ero affezionata. Ma nel momento in cui non ho avuto più idee e ispirazione, nel momento in cui non mi piaceva più quello che scrivevo, mi sono trovata costretta a chiuderla.

Quindi è stata una piacevolissima sorpresa, si anche per me, tornare a scrivere dopo tutto questo tempo..le idee non mancano, è il tempo che non c'è. Però sono riuscita a ritagliarmi un angolino per mettere giù questa piccola idea che mi frullava nella testa da un po', quindi eccola qui.
Non conto di farla uscire lunghissima, almeno 3 o 4 capitoli, ma sono quasi sicura di riuscire a portarla a termine questa volta. L'intenzione c'è.

Quindi niente, fatemi sapere cosa ne pensate, anche se vi fa schifo e non volete che continui, sono aperta ad ogni tipo di critica e consiglio! 

Un'altra cosa: il fandom clexa non molla. Mai. Nemmeno a distanza di anni.





 
  
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