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Autore: Sjack    07/09/2018    3 recensioni
Ciao a tutti! Questa è la prima ff che pubblico (alla fine mi sono fatto convincere dalle insistenze di un'amica), spero possa piacervi.
Gild Tesoro X Stella
Tesoro era rimasto solo all'interno della stanza. Quei momenti di assoluto silenzio lo mettevano a disagio, al punto che si innervosiva e iniziava a pensare. Nella mente, gli tornarono alla memoria dei vecchi ricordi. Ripensò a quella volta che fù tradito dai suoi amici, la rabbia ancora lo faceva impazzire. Oppure a quella volta che incontrò Do Flamingo di persona, quell'essere spregevole che forse non era poi così diverso da lui. Ma più di tutto, ripensò a Stella.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Tesoro era rimasto solo all'interno della stanza. Quei momenti di assoluto silenzio lo mettevano a disagio, al punto che si innervosiva e iniziava a pensare. Nella mente, gli tornarono alla memoria dei vecchi ricordi. Ripensò a quella volta che fù tradito dai suoi amici, la rabbia ancora lo faceva impazzire. Oppure a quella volta che incontrò Do Flamingo di persona, quell'essere spregevole che forse non era poi così diverso da lui. Ma più di tutto, ripensò a Stella. Precisamente, ricordò il momento in cui la vide per la prima volta: Tesoro si aggirava per le vie della città in balia della fatica e del dolore, così decise di fermarsi un istante, non accorgendosi che fossero le sbarre della casa d'aste. Delirante com'era, si mise a cantare la canzone che aveva composto da bambino: “…se mai ci fosse un posto a questo mondo, saresti tu…” e continuava, con uno stile romantico d’altri tempi, difficile da pensare, dato che l'aveva scritta quando era ancora un bambino di sei anni. 
“Che bella quella canzone” disse una voce, dopo che aveva finito di cantare. Si voltò con lentezza e vide una ragazza, seduta all'interno della gabbia, illuminata da una luce artificiale posta sul soffitto della stanza. Tesoro la guardò, cercando di scrutarla nella penombra. Era per metà nascosta dal buio di quel  luogo angusto, come se l'ombra la proteggesse dai pericoli del mondo esterno. Aveva i capelli biondi che emanavano una luce calda e distinta come quella dei raggi solari. Gli occhi azzurri, sembravano due pietre blu, che nella cornice del suo volto, era come se fossero incastonate in un gioiello dorato. Indossava anche una maglia di colore azzurro molto scolorito, con evidenti segni di logoramento. La ragazza aveva un aspetto trasandato e disordinato, ma questo non incideva sulla sua bellezza. Dalla sua corporatura, si notava quanto  fosse malnutrita e trascurata dai suoi carcerieri, ma più di tutto, quello che gli risultò facile notare, era il collare grigio che aveva al collo, simbolo evidente dello stato sociale della giovane.
“Ti piace la canzone?” le rispose Tesoro. I dolori, causati dalle percosse ricevute, gli rendevano difficile anche parlare, ma lui trovò la forza di intonare di nuovo il ritornello. Lei era intenta ad ascoltarlo, come ipnotizzata dalle parole e da quella dolce melodia che risuonava armoniosa nell'aria, accompagnata dalla voce del ragazzo.
“L'hai scritta tu?” domandò lei imbarazzata, come se si vergognasse a parlare. Tesoro la guardò meglio; alla seconda occhiata si accorse dei lividi che la ragazza aveva sulle zone scoperte del corpo. Non era una schiava come altri, era un giocattolo. I “giocattoli” erano quella categoria di schiavi che venivano comprati per sfogare gli istinti che si desidera. Erano considerati meno degli oggetti, i giocattoli venivano picchiati, maltrattati, usati come scale per scendere dalla carrozza e le donne, come oggetti di piacere. Tesoro capì che la ragazza non era imbarazzata, quanto più si sentiva impaurita a parlare senza permesso.
“Sì l'ho scritta io, è una vecchia canzone, avevo sei anni quando l'ho composta”
“è molto profonda, un bambino di sei anni come può scrivere una cosa simile?”
“Perché io non ero un bambino come gli altri”.
La sua risposta era piena di orgoglio e di presunzione, ma era proprio come diceva lui. Tesoro era un ragazzo speciale, che purtroppo la sorte aveva concepito in una dimensione non agiata. Il padre era stato fatto schiavo per debiti e non l'aveva più visto. Non ricordava nemmeno come fosse  il suo nome, l’unico ricordo che gli aveva lasciato era un anello, con sopra un'incisione: “Gild”. 
Era il cognome della sua famiglia, uno di quei cognomi che non sono nati per essere ricordati nel tempo. Tuttavia, la vita non era stata del tutto severa con lui, Tesoro aveva una voce da far invidia agli angeli. Era nato per lo spettacolo, sapeva recitare, ballare e intrattenere ma più di tutto, la sua voce commuoveva le persone. 
La ragazza rimase incuriosita dalla risposta di Tesoro. Voleva sapere di più da lui, così, con un po' di paura, lo pregò di spiegarle il perché di quell'affermazione.
“Volevo essere una star, essere applaudito dal pubblico dopo aver cantato, ricevere gli omaggi della platea e fare tanti soldi da poter comprare le persone, questo era il mio sogno"
"Io ero una ballerina, danzavo in giro per il mondo a bordo di una nave e giravamo per i porti di tutto il mondo.”
“Come sei finita lì dentro?” le chiese Tesoro indicando le sbarre della gabbia.
“Sono stata venduta qui dopo essere stata catturata da alcuni pirati. Hanno attaccato la nostra nave, hanno ucciso il capitano e hanno reso schiavi molti dei miei compagni. Alcune persone mi comprano per qualche giorno, giocano con me e poi mi riportano qua” 
Tesoro ritrovò le energie e si girò, in modo da poter guardare la ragazza mentre parlavano. Per un attimo i due ragazzi incrociarono lo sguardo e si fermarono così. Ebbe la sensazione di non aver mai visto qualcosa di più bello. Un’emozione strana lo aveva invaso, forse era a causa delle percosse ricevute, ma si sentiva felice. Tesoro involontariamente fece un sorriso, di quelli sinceri e spontanei e la ragazza con gli occhi blu gli rispose sorridendo a sua volta. Le sbarre che li dividevano erano improvvisamente sparite e i due giovani  erano immersi in un’armonia di sguardi, forte abbastanza da spazzare via tutto il resto e lasciarli li, in quell’ istante che per Tesoro era l'inizio di qualcosa di bellissimo.  
Quel momento magico fu interrotto dal rumore di un chiavistello. Una fonte di luce, proveniente dal fondo della stanza irradiò la parte restante della cella. Un uomo entrò nella sala con un vassoio e una piccola ciotola. Era molto alto e con le spalle larghe, ma l'addome gonfio lo faceva sembrare più vecchio di quanto fosse in realtà, sintomo evidente dell’eccesso di vino e altri alcolici. Non rivolse una parola alla ragazza, ne si infastidì quando vide Tesoro fuori le sbarre, posò il vassoio con la ciotola e andò via chiudendo la porta alle sue spalle. Il suono delle mandate della serratura sancì la fine della visita e i due ragazzi poterono tornare a parlare.
“Ti fanno mangiare così poco?” chiese Tesoro.
“Per vendermi devono tenermi nutrita, e il carceriere Al è spesso gentile con me perché dice che gli ricordo sua sorella. La signora delle aste invece ha sempre qualcosa che non le piace e ci lascia gli avanzi dei pasti andati a male”. Tesoro si sentì mancare per un istante. Sapeva benissimo come ci si sente a non mangiare e gli dispiaceva vedere la ragazza in quelle condizioni. Era una vita triste, così provò a cambiare argomento per non far star male la ragazza.
“Non mi hai detto il tuo nome?” disse Tesoro sperando che la ragazza si risollevasse.
“Mi chiamo Stella”
“Stella come?”
“Solo Stella, il mio cognome non lo ricordo. Sulla nave mi chiamavano tutti così, allora ho deciso che sarebbe stato il mio nome”.
Tesoro rimase sorpreso da quel nome, non aveva mai conosciuto qualcuno con quel nome.
“Tu come ti chiami?” domandò Stella.
“Io sono Tesoro. Gild Tesoro, piacere di conoscerti” rispose lui con fare spavaldo.
“Piacere mio, Tesoro” e la ragazza si lasciò andare in una risata spontanea. Tesoro la guardò stupito, non si aspettava una reazione simile.
“Lo trovi divertente?” disse con un tono di voce severo.
“Perdonami ma non ho mai sentito nessuno chiamarsi così”
“Perché io non sono come gli altri” e i due ragazzi si lasciarono andare in una risata che li portò via per un istante dalla realtà in cui vivevano. 
Ripensando a quel momento, Tesoro accennò un sorriso amaro, che immediatamente si trasformò in lacrime di rabbia. Gli mancava Stella, più di tutto al mondo. Mentre piangeva, una mano gli toccò la spalla come se volesse consolarlo. Lui alzò lo sguardo e la vide: “Stella?” disse incredulo.
“Ciao Tesoro”
“Ci sei anche tu?”
“Non me ne sono mai andata, te l'ho promesso quando mi hanno portata via. Il mio cuore non si può comprare, l'ho dato a te”
“Ma ti ho vista morire, com’è possibile?” le chiese Tesoro, che non credeva ai suoi occhi.
“Io vivo dentro di te, nei tuoi ricordi più belli e in quelli tristi e bui. Sono sempre stata qui.” Le rispose la ragazza, toccando il cuore di Tesoro con la mano.
“Che cosa sei diventato amore mio? Perché fai tutto questo?”
“Perché in questo mondo chi non ha i soldi non ha il potere, può solo essere lo schiavo di qualcun altro” disse Tesoro. Il tono della sua voce era aumentato e si era incattivito. Cominciava a tremargli la mano e si percepiva la tensione che aveva dentro, dalle sue parole.
“E pensi che questi soldi ti daranno indietro la tua felicità? Guardati, sei un dio eppure sei solo e triste”.
“Questi soldi, sono il mio riscatto.” Lo sguardo di Tesoro sembrava quello di un demone. Gli occhi erano pieni di dolore, sull'orlo di piangere. “Volevo solo che fossi felice” riprese lui, “mi bastava un altro po' e avrei potuto comprarti. Potevamo avere una vita normale, con una famiglia, dei bambini e magari un giorno avremmo solcato i mari con una nave tutta nostra. Ora ho tutto l'oro del mondo, ma non sono felice”.
Lacrime scendevano dagli occhi di Tesoro, le stesse che scesero il giorno che Stella fu portata via. Tesoro aveva trovato il suo posto nel mondo, e quando Stella fu venduta al Drago Celeste, scelse la via della schiavitù pur di seguirla.
“Quando ti hanno portata via, ho promesso che li avrei resi tutti schiavi. Dovevo avere talmente tanti soldi da diventare il più potente uomo al mondo.” Effettivamente lo era quasi diventato. I nobili mondiali lo rispettavano e la sua imbarcazione era considerata una nazione indipendente. Tesoro era riuscito in quello che aveva promesso grazie al suo frutto del mare, il Gold Gold.
“Non sei così, la persona che conosco io era buona e gentile, tu sei qualcosa che non conosco.”
“Io sono Gild Tesoro” la interruppe lui. Le sue parole risuonarono nella stanza come una sentenza. Una porta si aprì e Tesoro si voltò di scatto; Baccarat entrò nella stanza.
“Signore sta bene? L'ho sentita urlare”
“Sì, era solo una prova per il timbro”
“Lo spettacolo sta iniziando, tra pochissimo tocca a lei”
“Va bene andiamo, sono pronto” Si alzò dal divano e seguì Baccarat verso l'uscita della sala. Chiuse la porta alle sue spalle e andò giù per le scale.
“Signore?” disse la giovane “Secondo lei cos’è l’intrattenimento?”
Tesoro la guardò, non si aspettava quella domanda. Ci penso un attimo, sorrise e poi rispose alla domanda: “Il momento in cui i sogni si trasformano in disperazione. Questo si che è vero intrattenimento” E andò giù verso il teatro, a fare quello che sapeva fare: lo spettacolo.
   
 
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