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Autore: Nazuhi    08/09/2018    2 recensioni
In un pomeriggio di aprile, Byron si ritrova suo malgrado a varcare la soglia di una strana libreria. Non sa perché si trova lì, o perché quel luogo riporta a galla sentimenti che credeva di aver superato. Sa solo che, forse, la stagione delle piogge non è poi così lontana come aveva sempre creduto.
***
Lanciò un’ultima occhiata all’insegna, ripromettendosi di portarci Chris uno di quei giorni; era abbastanza sicuro che avrebbe gradito. E sperava anche che avrebbe apprezzato il regalo e che avrebbe compreso ciò che a parole non era ancora in grado di dirgli. Il suo dolore, la sua perdita e quella ferita mai del tutto rimarginata.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Byron Arclight/Tron
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The Fisher King

“He, who was living, is now dead
We, who were living, are now dying
With a little patience.” 

T.S. Eliot – “The waste land”

 

Byron non sapeva perché fosse entrato lì dentro. Forse era stata l’insegna logora sopra l’ingresso ad attirarlo, o forse il vetro opaco della vetrina. Non era neanche un negozio in cui valesse la pena entrare. Era solo una libreria vecchia e polverosa, incastrata tra gli alti palazzi del quartiere. A prima vista sembrava una di quelle erbacce secche che si facevano strada tra le crepe del marciapiede e che ricrescevano imperterrite ogni volta che qualcuno si prendeva la briga di strapparle. Ecco, quella vecchia libreria gli ricordava decisamente un’erbaccia. Se ne stava aggrappata con le unghie e con i denti a quel luogo e agli edifici nuovi pur di continuare ad esistere. Pur di rimanere lì dov’era. Per certi versi gli assomigliava. Forse era per questo motivo che lui aveva varcato il suo ingresso.
Si guardò intorno, sbirciando le costole scollate dei numerosi libri usati accatastati sulle mensole. La maggior parte erano in giapponese, ma ce n’erano alcuni europei. Quasi tutti classici, quasi tutti libri che Byron conosceva o aveva letto.
«Cerchi qualcosa, bambino?» fece una voce sottile proveniente da un punto imprecisato alle sue spalle. Si voltò. Dietro ad un corto bancone di legno, c’era un piccolo ometto dal volto coperto di rughe. Gli sorrise, e le rughe del collo non si distesero neanche di mezzo centimetro. I pochi capelli che adornavano la testa piccola e tondeggiante erano bianchi come la neve, gli occhi sembravano enormi dietro alle spesse lenti. Era uno strano vecchietto, forse troppo anche per uno come Byron.
«Sto solo dando un’occhiata» gli rispose, tornando a scrutare i volumi che aveva davanti al naso.
«Quei libri sono troppo difficili per te. Perché non provi con la sezione da bambini?»
Byron sollevò di nuovo lo sguardo. Nonostante fossero trascorsi mesi da quando era tornato a condurre una vita quasi normale, non aveva ancora fatto l’abitudine ad essere considerato poco più di un bambino delle elementari. La sua indipendenza era una delle tante cose a cui era stato costretto a dire addio.
«Sto cercando un libro per mio fratello maggiore» disse. Era una mezza bugia, ma non c’era motivo di dirlo al proprietario. E poi voleva davvero comprare qualcosa per Chris. Visto che era entrato lì dentro, perché non approfittarne? Il ragazzo avrebbe gradito, o almeno così sperava.
«E quanti anni ha?»
«Venti.»
Il vecchietto raddrizzò gli occhiali sul naso a patata e si lasciò sfuggire un piccolo colpo di tosse.
«Sai più o meno che genere preferisce? O il suo autore preferito?»
«Legge di tutto, tranne i romanzi rosa e il fantastico. Per quanto riguarda il suo autore preferito, non saprei.»
Gli era costato molto pronunciare quell’ultima frase. Il vecchio libraio gli aveva appena fatto realizzare che non sapeva quasi più nulla dei suoi figli. Erano trascorsi molti anni dall’ultima volta che aveva avuto il tempo e la volontà di interessarsi a loro, tanto che non sapeva più se i loro gusti erano cambiati o se fossero rimasti uguali a quelli di un tempo. Avrebbe dovuto chiederglielo, prima o poi, ma non era sicuro che ne valesse la pena. Aveva davvero senso cercare di tornare quelli di una volta? Non era meglio continuare a vivere come sconosciuti?
Il vecchietto scese dalla seduta su cui era arroccato e gli si avvicinò. Sistemò di nuovo gli occhiali sul naso e si grattò a lungo il mento, con fare pensieroso.
«Tu non sei di origine giapponese, dico bene?»
Byron annuì. «Neanche mio fratello lo è.»
«Che lingue conosce?»
«Inglese, giapponese e mastica un po’ di francese. Ma non deve preoccuparsi, è un ragazzo molto intelligente e non ha problemi a imparare una nuova lingua.»
«Ho capito. Ho diversi libri stranieri, potremmo provare a guardare tra quelli.»
Il libraio gli fece segno di seguirlo e, insieme, si avventurarono tra le numerose librerie stipate nel piccolo locale. La luce era soffusa e Byron vedeva strati su strati di polvere aleggiare dovunque guardasse.
Ad un certo punto il vecchietto si fermò davanti ad una libreria che sfiorava quasi il soffitto e gli indicò qualche scaffale.
«Qui ci sono quelli in lingua inglese. Ho qualche volume di Dostoevskij, Chechov, Hemingway, Garcia Marquez, Charms, Dickens e Conrad. E tanti altri più contemporanei. C’è anche questo libro che mi è stato venduto pochi giorni fa, è di Eliot e si intitola “La terra desolata”.» Prese il volume e glielo mostrò. Era un’edizione di pregio, ben rilegata e dalla copertina rigida. Era tenuto molto bene, senza pieghe, né altri difetti; il suo aspetto sembrava cozzare con quello di tutti gli altri libri ammucchiati lì dentro. «Non è un romanzo, ma un poemetto. Il cliente che me l’ha venduto sembrava un po’ dispiaciuto, come se ci tenesse e non fosse sicuro di volerlo dare via.»
Glielo porse e Byron lo afferrò. Un tempo Chris adorava cercare di sviscerare i significati nascosti di quel componimento. Chissà se era cambiato, da allora. Forse non gli piaceva più Eliot, forse non provava piacere nel sondare la profondità delle sue parole. Forse non gli piaceva neanche più leggere, ma lo faceva solo per una questione di abitudine. Erano troppe, le cose che non sapeva di lui, e il pensiero di essersi perso così tanto della vita dei suoi figli lo faceva stare male. Lo faceva sentire arido, vuoto, come il mondo descritto da Eliot. Forse quel libro era un segno di qualche dio. Forse avrebbe potuto aiutarlo a cercare di comunicare di nuovo con i suoi ragazzi. Le ferite che gli aveva lasciato il tradimento di Faker e la sua sete di vendetta avevano prosciugato anche la più piccola goccia di umanità che aveva tentato di conservare, finché non era rimasto altro che aridità e fuoco. E a soffrirne di più erano stati i suoi amati figli.
«Prendo questo» disse, ad un certo punto. Il vecchietto accennò un largo sorriso e lo accompagnò di nuovo verso il bancone.
Era stata una scelta impulsiva, Byron lo sapeva, ma il suo istinto gli aveva detto che quello era il libro giusto per costruire di nuovo qualcosa di solido. Era una bella edizione, che meritava di finire nella libreria del figlio, accanto a quella che gli aveva regalato anni addietro. Sì, il suo istinto gli diceva che quel libro lo avrebbe riavvicinato a Chris. In fondo doveva esserci un motivo se i suoi piedi lo avevano portato dentro quella strana libreria.
Pagò il libro e uscì. Lanciò un’ultima occhiata all’insegna, ripromettendosi di portarci Chris uno di quei giorni; era abbastanza sicuro che avrebbe gradito. E sperava anche che avrebbe apprezzato il regalo e che avrebbe compreso ciò che a parole non era ancora in grado di dirgli. Il suo dolore, la sua perdita e quella ferita mai del tutto rimarginata.
«Non ero né vivo né morto, e non sapevo nulla, mentre guardavo il silenzio, il cuore della luce» mormorò, mentre si incamminava verso casa.

  
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