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Autore: Nao Yoshikawa    09/09/2018    1 recensioni
Esistono tanti tipi di famiglia.
E ognuno cerca la propria a modo suo.
Takumi e Soma, Kuga e Tsukasa, Megumi e Shinomiya, Ryou e Akira, sono coppie tra loro diverse, ma accomunati da un desiderio comune: quello di costruirsi una famiglia.
Ma tra problemi, malintesi e situazioni avverse, le cose non saranno per niente facili.
TRATTO DAL SECONDO CAPITOLO:
Tsukasa si portò una mano sul viso. Per quale assurdo motivo in natura aveva permesso a Kuga di prendere la situazione in mano?
“Kuga… abbassa la voce”.
Terunori però gli fece segno di tacere.
“Se ho detto che le pago vuol dire che le pagherò. Cosa pensate che siamo noi, dei barbari? E’ solo un piccolo ritardo, può capitare, amico. Ah, sì? E lo sai io cosa ti rispondo, vaffa...”
“No, no, no!”, Tsukasa gli strappò prontamente il telefono dalle mani. “Pronto? Sì, chiedo scusa, mio marito è un po’ nervoso. Certo, ma certo, assolutamente, non si preoccupi. Grazie, mille grazie. Buona giornata”.
Chiuse la chiamata. Poi sospirò e guardò Kuga, il quale se ne stava imbronciato.
“Terunori, ti prego, per favore… potresti evitare di litigare con ogni essere vivente e non?”
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai, Yaoi | Personaggi: Kuga Terunori, Souma Yukihira, Takumi Aldini, Tsukasa Eishi, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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14 - Complessi& strane voglie

Le notti non erano mai state tanto lunghe. Dormire era diventato raro. E pensare che Shinomiya aveva creduto di poter avere un po' di tempo prima di dover affrontare le notti in bianco. Quest'ultime invece erano, per sua grande gioia, già arrivate.
"Ah, Kojiro", si lamentò Megumi, seduta sul letto. "Ho fame. Ho voglia di anguria. E poi vorrei un panino con il salame. E un hamburger".
L'uomo, avvilito, guardò l'orologio che segnava le due e mezza di notte.
"Ma è notte fonda, non puoi aspettare domani?". Lei scosse il capo con energia.
"No che non posso!", piagnucolò. "Non riuscirò a dormire. Non lo sai che le voglie di una donna vanno accontentate?"
"E che succede se non lo faccio?", domandò paziente.
Megumi strizzò gli occhi.
"Non lo so, ma sicuramente niente di buono! Ti prego Kojiro, accontentami!".
Capendo che non avrebbe avuto scelta, Shinomiya decise di alzarsi e cercare i suoi vestiti. Non avrebbe mai immaginato che si sarebbe ritrovato a fare una cosa del genere, era a dir poco assurdo.
"E va bene, vado. Ma non ti assicuro che riuscirò a trovare tutto"
"Grazie! E mi prendi anche delle olive? Ah, e una torta al cioccolato! Ho finito!".
Lui le lanciò un'occhiata sconvolta.
"Meno male".
Nonostante il freddo e la neve - era già dicembre - tra non molto sarebbe stato natale, fu obbligato a uscire di casa, saltare in auto e girare per un quarto d'oro nella speranza di trovare un mini-market aperto. E per sua fortuna ne trovò uno. Recuperò quasi tutto, tutto eccetto l'anguria. Sperò che Megumi capisse, dopotutto si trovavano in inverno pieno!
Se si soffermava a pensare a quanto la sua vita fosse cambiata in così poco tempo, quasi non riusciva a crederci. E il cambiamento maggiore non era ancora arrivato, perché tra non molto tempo ci sarebbe stata un'altra persona di cui prendersi cura. A certe cose era meglio non pensare, giusto per non entrare in panico. Già, panico. Proprio lui che ne aveva affrontate tante e che non temeva niente, andava in panico. Questo non avrebbe fatto bene alla sua reputazione. Infilò la chiave nella serratura, nella mano reggeva il sacchetto, ed entrò nella casa buia. Dopo aver posato tutto in cucina, tornò in camera da letto, sorprendendosi però di non trovare lì Megumi.
"Eh? Megumi, ma dove sei?".
Solo in seguito si accorse della porta del bagno aperta e della luce accesa. Si avvicinò e si accorse che la ragazza stava china sul water, praticamente accasciata.
"Ehi!", esclamò. "Ti senti bene?". Lei scosse il capo.
"No, non sto bene", disse sofferente. "La colpa è della nausea, non mi lascia in pace. Ti prego, stammi vicino"
"Certo, sono qui", la tranquillizzò stringendole la mano. Subito dopo, un conato di vomito colse Megumi, costringendola a rimettere tutto ciò che fino a quel momento era stato nel suo stomaco.
Shinomiya alzò gli occhi al cielo. Nella gioia e nel dolore. Probabilmente questo era compreso.
"Adesso ti senti libera?".
La ragazza annuì lentamente. Fece per alzarsi, ma ovviamente l'equilibrio era del tutto assente.
"Aspetta!", Shinomiya la afferrò. "Ferma, ci penso io a te". Poco dopo la prese in braccio, era sempre stata così minuta e magra che non aveva mai avuto problemi. Era come una bambina, ma di fatto non lo era. La riportò a letto, adagiandola sul materasso.
"Umh...", si lamentò lei. "Grazie di prenderti cura di me".
Lui parve sorpreso.
"Perchè mi ringrazi? Sono tuo marito, devo prendermi cura di te". Megumi sorrise. Aveva l'espressione di una che sarebbe crollata di lì a poco, ma in verità le sue intenzioni erano ben altre.
"Adesso vorrei una pizza"

Rindou si stava trovando a vivere le stesse situazioni della sua compagna di avventure, quindi nausee, sbalzi d'umore e voglie. Soltanto che Kuga e Tsukasa affrontavano la cosa in maniera un po' diversa. Poiché assolutamente volevano accontentare tutte le voglie dell'amica, prendevano la scusa per sfidarsi.
"Io la accontenterò di più!", esclamò Kuga.
"Tu sei solo un povero illuso. Sarò io a saziare le sue voglie", affermò Tsukasa. Rindou guardava i due sorpresi, rendendosi conto di quanto effettivamente quella conversazione fosse equivoca.
"Sentite, non mi importa, l'importante è che io mangi. Qui abbiamo fame!".
"Arrivo!", esclamò Terunori. "Tranquilla, ti servo subito!". Tentò di nascondere una risata portandosi una mano davanti al viso. Doveva ammettere che avere tutte quelle attenzioni ed essere un po' viziata non le dispiaceva. E poi, questo l'aiutava a distrarsi dalla questione Eizan. Quel bastardo! Come aveva potuto essere così insensibile? Oh, ma in fondo si stava parlando di lui, che cosa si aspettava? Nel suo profondo, però, aveva sperato che le cose potessero andar bene. Perché non poteva accettare la sua condizione e basta?
"Ecco qua!", esclamò porgendogli un piatto. "Mangia, mangia!". Lei strabuzzò gli occhi, ma poiché stava stravedendo dalla fame, non ci pensò due volte ad assaggiare. Subito dopo sent' la lingua pizzicare.
"Oh mio Dio, ma è così piccante! Kuga, vuoi far nascere tuo figlio con già  con un trauma?"
"Questo non è un trauma! E poi non brucia così tanto"
"Umh, sempre il solito egocentrico", lo prese in giro suo marito.
"Tu sta zitto. So già che sarai migliore di me in tutto, quindi non fare battute!", esclamò puntandogli il dito contro.
Kuga avrebbe voluto far passare tale frase per una battuta, ma in verità era stato talmente serio da non riuscirci.  Aveva davvero rivelato la sua paura?
"Kuga...?".
Lui si schiarì la voce.
"Cosa? Senti, lava tu i piatti, io sono stanco".
Rindou guardò Eishi.
"Credo che qui qualcuno abbia bisogno di parlare".

Ryou dormiva beatamente e profondamente, quando sentì due mani aggrapparsi a lui. Yukio infatti si era arrampicato sul letto e lo aveva svegliato.
"Eh?", domandò lui seccato. "Ma che c'è? Yukio? Non dirmi che è già mattina". Il bimbo scosse il capo. Sembrava piuttosto spaventato.
"Ho fatto un brutto sogno".
Ryou si massaggiò gli occhi.
"Ah... emh... okay. Akira!", esclamò scuotendolo. "Svegliati"
"Ah", si lamentò lui. "Che c'è? Qual è il problema?"
"Il bambino ha fatto un brutto sogno"
"Ah", fece  lui mettendosi seduto. "Ne vuoi parlare?". Il bambino si era seduto sul letto, stringendo il suo orsacchiotto.
"Ho sognato la mamma. E l'incidente", mormorò con la voce spezzata e tremando. Hayama allora gli accarezzò la testa.
"Va bene. Ormai  è passato. Fa male, lo so. Ma con il tempo farà meno male". Ryou si massaggiò la testa. In genere non avrebbe fatto nulla del genere, ma non poteva essere così cattivo con lui.
"Fallo dormire con noi". Hayama lo guardò sorpreso.
"Davvero?"
"Sì", sospirò. "Insomma, se Yukio lo vuole..."
"Sì!", esclamò. "Lo voglio, lo voglio!". Senza farselo ripetere due volte, il bambino si infilò fra i due, sentendosi immediatamente più tranquillo e protetto. Akira sorrise mentre guardava negli occhi suo marito.
"Perché mi guardi così?"
"Perché ti amo", sussurrò poggiando la fronte sulla sua. Quel dolce gesto e quella frase lo fecero arrossire.
"Ma ti sembrano cose da dire?". Yukio rise.
"Mi piace tutto questo". Ryou sbuffò, in verità si sentiva piacevolmente colpito. Spense la luce e immediatamente Yukio si aggrappò a lui, abbracciandolo stretto stretto. Rimase qualche secondo immobile, poi però si sciolse e ricambiò la stretta.

Kuga era andato a rifugiarsi in camera sua. Si stava togliendo il grembiule, mentre sbuffava. Cos'era quell'assurda insicurezza? Lui non era mai stato insicuro. O, per meglio dire, era sempre stato molto bravo a fingere di non esserlo, perché adesso doveva essere così difficile?
Tsukasa lo raggiunse poco dopo. Aveva visto nei suoi occhi un certo timore che non gli era però indifferente.
"Kuga..."
"Eh... cosa? Che c'è? Perché mi hai seguito?", domandò nervoso.
"Perché hai la faccia di una persona che deve dirmi qualcosa"
"Io non devo dire niente".
"Io invece penso proprio di sì", si avvicinò afferrandolo per mano e sedendosi accanto a lui. "Coraggio. Sono giorni che ti vedo strano. Per caso è per qualcosa in merito alla gravidanza? Sei preoccupato? Dovresti parlarne con me".
Kuga fece una smorfia. Non aveva mai amato mostrare le sue debolezze, sopratutto se tanto socche.
"Non è niente di importante, davvero. È soltanto una mia fissazione"
"Ovvero?".
Terunori sbuffò.
"Okay. Insomma, è chiaro che tu sarai molto più capace di me con questa cosa. E tutto ciò mi fa sentire in competizione. Ti sembra normale? Certo che no!".
Eishi lo guardò stupito per qualche attimo, poi prese a ridere.
"E adesso perché stai ridendo?"
"Perché effettivamente è proprio da te. Detto sinceramente a me piace questa sana competitività che c'è fra noi. E poi... io meglio di te? Ti sei forse dimenticato della mia ansia? Al massimo sarò il genitore noioso"
"Ah, dici così solo per farmi contento", borbottò.
"D'accordo, allora facciamo così. Visto che in questo caso non vuoi competere, allora dovremmo forse fare un gioco di squadra.Questa è una sfida che dobbiamo affrontare insieme. E non nasconderti se hai dubbi o paure, perché io non mi nasconderò di certo".
Kuga fu portato a sospirare istintivamente. Adesso si sentiva stranamente meglio, più sollevato.
"Sono stupido", piagnucolò.
"Ma va, non è vero. Su, vieni qui", sussurrò attirandolo a sé in un abbraccio a prendendo ad accarezzargli con dolcezza i capelli. Poi sentirono Simba guaire.
"Simba?", chiamò Kuga. "Cosa c'è?". Ciò che il cane voleva era portare l'attenzione su Rindou, la quale si era appallottolata sul divano a piangere.
"Oh, accidenti", sospirò Terunori. "Okay, il gioco di squadra inizia adesso. Emh, emh... Rindou... ti senti bene?"
"No che non  mi sento bene!", esclamò isterica. "Mi sento maledettamente emotiva. Mi manca Eizan"
"Ma come fa a mancarti uno così?", chiese Tsukasa.
"Non lo so, però mi manca. Perché non mi vuole?"
"Il problema non sei tu, è lui che è un codardo. Se è un vero cavaliere tornerà", la tranquillizzò Tsukasa.
"Col cavolo che torna, ha già fatto abbastanza danno!".
Rindou però prese a piangere con più forza.
"Aiuto, morirò da sola. Sarò una zitella triste e depressa"
"Ma va, non sarai sola. Ci sono io, c'è Tsukasa. I nostri amici... e anche Lion-Lionne! Farà parte della tua vita!"
"Insisti ancora con quei nomi?".
La ragazza tirò su con il naso.
"Giusto, è vero... io non sono sola, ma non posso pesare su di voi per sempre. Quando il bambino nascerà dovrò trovarmi un lavoro... e una casa"
"Per quello c'è tempo. Piuttosto, hai qualche voglia?".
Lei ci pensò su.
"Sesso"
"Cosa?!"
"Beh? Sono gli ormoni!"
"Amh... emh...", Tsukasa era diventato bordeaux. "Non credo potremmo aiutarti"
"Se volete io posso anche guardarvi mentre fate le vostre cose"
"Eh... no", chiarì Kuga. "Cavolo, questo non lo avevo messo in conto".

Takumi e Soma si stavano ritrovando ad affrontare  uno degli impegni da genitori che prima o poi arrivavano: lo svezzamento. Kou stava seduta dritta sul seggiolone, gli occhi grigio-verdi spalancati in un'espressione curiosa.
"D'accordo, Kou. Proviamo. Non puoi andare avanti solo con il latte per sempre, ti pare?", domandò avvicinando un cucchiaino alla sua bocca. La bambina assaggiò, facendo poi una smorfia e sbrodolandosi.
"Oh, no", si lamentò. "Ti prego, non sputare tutto. Soma, come va con Hajime?"
"Eh.. tu che dici?", domandò avvilito  suo marito, il quale si trovava con la maglietta sporca di crema di riso. Il bambino, dal canto suo, aveva ben pensato di afferrare il cucchiaino e iniziare ad agitarlo e a fare una serie di versi.
"Effettivamente questa roba ha un sapore orribile", sospirò il rosso. "Non sarebbe meglio provare con qualcos'altro?"
"Tipo cosa, del ramen?", domandò seccato.
"Quella è un'idea! Noi siamo due grandi cuochi, non possiamo far mangiare ai nostri figli della roba del genere"
"Quando avranno i denti e potranno masticare potrai cucinare loro quello che vuoi, fino ad allora temo che dovrai arrangiarti", sospirò Takumi con pazienza, chinandosi su sua figlia e pulendole il viso.
"Lo sai cosa dovremmo fare? Inventare dei pasti per neonati simili a quelli degli adulti. Stesso sapore ma consistenza diversa. Sì, posso provare". Il biondo spalancò gli occhi. Non c'era cosa peggiore di Soma che sperimentava cose strane.
"Sappi che non ti permetterò di usare i nostri figli come cavie!".
Ovviamente suo marito non lo avrebbe ascoltato mai e poi mai. Scosse il capo, attirato poi da Kou che aveva preso ad agitare le mani e a fare dei versi.
"Che c'è piccola?", domandò. Poi, guardando verso la finestra, capì da cosa sua figlia era stata attratta. Candidi fiocchi di neve stavano cadendo, poggiandosi anche sul davanzale.
"Ma guarda, nevica", sussurrò. "Tra poco sarà Natale. Il nostro primo natale insieme. E pensare che un anno a fa quest'ora non avrei mai immaginato di ritrovarmi con due piccoli bambini di cui prendermi cura. Sarà speciale, non è vero?". A quel punto la bimba gli regalò il sorriso più dolce che potesse esistere. Dopodichè ne seguì un rumore di piatti che venivano poggiati sul tavolo.
"Oh, Takumi! Penso di aver fatto l'invenzione del secolo!".
Subito il biondo scattò in piedi, prendendo in braccio i due piccoli.
"Scappiamo prima che sia troppo tardi".
   
 
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