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Autore: Naco    09/09/2018    4 recensioni
Sono passate due settimane dal matrimonio di Miki e Umibozu e la situazione tra Ryo e Kaori pare addirittura peggiorata. Perché? Cosa è successo? A complicare il tutto, ai nostri amici viene proposto un incarico che non possono assolutamente rifiutare… anche se questo li porterà a fingere di essere marito e moglie!
Genere: Commedia, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Nuovo personaggio, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'After the finale'
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VI
Rivelazioni

«Otome-san?» domandò incredula Keiko, indietreggiando, gli occhi fissi sulla donna che brandiva una pistola davanti a sé.
«Fukuoka-san, mi dia immediatamente quel fascicolo. Non voglio farle del male». promise, nonostante non accennasse ad abbassare l’arma.
«Come ha fatto ad entrare? Il cancello…»
La donna sorrise sardonica, avvicinandosi alle due. «Tanta tecnologia e non vi siete resi conto dell’apertura che c’è nella rete di protezione? Certo, è ben nascosta dalle piante, ma se aveste avuto un personale più attento ve ne sareste accorti. O forse l’hanno fatto di proposito, sperando che qualcuno la usasse, prima o poi».
«Perché è qui? Che significa tutto ciò?» Stavolta fu Kaori a porre la domanda, posizionandosi davanti a Keiko in modo tale da farle da scudo se la donna avesse sparato.
«Voglio solo quel fascicolo. Se me lo date, vi prometto che vi lascerò andare sane e salve».
«Perché vuole queste carte? Cosa vuole farsene?»
«Voglio renderle di pubblico dominio. Voglio che il nome di Satoshi Fukuoka, di Kunihiro Kataoka e di quello schifoso di Shin’ichi Hisashi affondino finalmente, come è giusto che sia!» spiegò la donna, facendo qualche passo verso di loro: d’istinto, anche Keiko e Kaori si fecero indietro, finché il loro indietreggiare fu bloccato da un armadio di metallo.
«Non capisco…»
«Non serve che lei capisca, Keiko-san. Mi dia quelle carte o sarò costretta a sparare ad entrambe!» ribadì Miyuki, premendo lentamente il grilletto.
«Ma perché?» Kaori non riuscì a trattenersi, l’arma ormai a pochi centimetri dal proprio volto. Che cosa stava succedendo? Cosa c’entrava Otome-san in quella storia?
«Perché Miyuki Otome altri non è che tutto ciò che rimane della famiglia di Kumiko Sagara, l’ex segretaria di Shin’ichi Hisashi» esclamò una voce.
Le tre donne voltarono istintivamente la testa: dalle scale che dallo studio portavano lì avevano appena fatto il loro ingresso Ryo e Moriyama.
«Keiko! Kaori-san!» urlò il medico lanciandosi verso le due, ma Miyuki si riprese in fretta e si spostò di qualche centimetro, in modo da avere una chiara visione di tutti i presenti, continuando a tenere Kaori sotto tiro.
«Stia fermo lì se non vuole che la faccia fuori», minacciò.
Kaori, però, quasi non ci fece caso, troppo sconvolta da quello che aveva appena sentito: «Ma… nel fascicolo che ci ha inviato Reika c’è scritto che Sagara-san non ha più parenti in vita!»
«Questo perché in realtà tra le due non c’è alcun legame di sangue. Non è così, Miyuki-san?»
Per tutta risposta, la donna sorrise. «Ha indovinato Kamiya-san: Kumiko non è realmente una mia parente, ma ci siamo sempre volute bene come se fossimo davvero sorelle. Mia madre ha lavorato come commessa nel negozio dei suoi genitori e noi siamo praticamente cresciute insieme. Per me, Kumiko è una sorella a tutti gli effetti».
«Otome-san» Kaori, guardinga, fece un passo verso di lei «Vogliamo portare questi documenti alla polizia. Anche noi desideriamo che Sagara-san abbia giustizia. La prego, ci lasci andare!»
Miyuki scoppiò a ridere. «Giustizia? Che ne sapete voi di giustizia? Se voi portate quelle carte alla polizia, loro le faranno sparire, esattamente come hanno insabbiato tutto un anno fa».
«Insabbiato? Vuol dire che non è stata Sagara-san a farsi indietro?» chiese Kaori.
«Certo che no. Kumiko era più che determinata a denunciare quell’essere schifoso. Solo che, quando il poliziotto che l’aveva presa in custodia si allontanò per prenderle qualcosa da bere, nella stanza entrò un’altra persona. Un uomo sul libro paga di Fukuoka, probabilmente. In sintesi, consigliò vivamente a Kumiko di cambiare idea se non voleva che la sua vita fosse rovinata per sempre: Hisashi aveva alle spalle Kataoka, una persona così potente che avrebbe potuto distruggere il suo futuro e quello di tutte le persone a lei care, per dimostrarle chi era il più forte. Era quello che voleva? E poi, anche se avesse denunciato Hisashi per tentata aggressione, chi mai le avrebbe creduto? Per convincerla le aveva anche lasciato un cospicuo assegno. Ma a Kumiko non interessavano i soldi, temeva solo che la sua denuncia avrebbe avuto delle ripercussioni anche su di me e sulle persone che più amava, così rinunciò».
A Kaori finalmente fu tutto chiaro. «Quindi, gli incidenti, l’assassinio di Fukuoka… è stata lei, non è vero?»
Miyuki annuì, senza mai perdere di vista i quattro. Kaori era colpita da tanta tenacia: si vedeva che stava soffrendo, mentre stava raccontando quello che era capitato alla sua amata sorella, eppure non aveva perso la concentrazione per un solo istante.
«Allora vivevo all’estero e sentivo Kumiko solo telefonicamente. All’improvviso, notai un cambiamento in lei: era più riservata del solito e non era più allegra come prima. Così sono tornata in Giappone e lei, quando mi ha avuta di fronte, non è riuscita a mentire e mi ha raccontato tutto. Io non ci volevo credere: volevo andare da quell’uomo e spaccargli la faccia con le mie mani. Ma lei mi supplicò di non farlo: io avevo la mia vita, non era giusto che me la rovinassi per colpa sua. Ma io non l’avrei abbandonata, mai. Nonostante sia più piccola di me, Kumiko è sempre stata quella forte. A sedici anni, persi mia madre a causa di una malattia che non lasciava scampo e mi ritrovai completamente sola. Furono lei e suo padre a prendersi cura di me: avendo perso da piccola sua madre, sapeva cosa voleva dire non avere più accanto a sé una persona così importante. Io, invece, non avevo mai conosciuto mio padre, quindi per me la morte di mia madre, dell’unica persona che avevo, fu uno shock terribile. Se io ho ripreso in mano la mia vita, se mi sono iscritta all’università, lo devo a loro due che mi hanno aiutata tanto e finanziata economicamente. Quando anche suo padre ci ha lasciati, lei non si è mai abbattuta, ma ha cercato sempre di farsi forza e di non pesare sugli altri. Ma adesso toccava a me proteggere la mia sorellina. Non avrei mai permesso che quell’uomo la facesse franca: doveva pagare»
«Se voleva vendetta, perché ha aspettato quasi un anno? Perché non si è vendicata subito?» domandò ancora.
«Perché, per quanto possiate credere il contrario, all’inizio, io non volevo fare del male a nessuno. Quando mi sono presentata per il colloquio, tutto quello che volevo era trovare le prove che dimostrassero che Kumiko aveva detto la verità. Solo che, per quanto cercassi, non trovavo assolutamente nulla, né nell’ufficio di Hisashi né in casa sua - qualche volta mi mandava a prendere dei documenti e quindi era facile per me indagare senza che se ne rendesse conto.
Poi, quattro mesi fa, sentii una conversazione privata tra il direttore e il signor Kataoka. Non che volessi origliare, ma stavano litigando e le loro parole mi giunsero forti e chiare: il signor Kataoka ricordò al direttore che non doveva dimenticarsi che era in debito con lui per quella storia di "quella pazza esaltata", quindi non doveva azzardarsi a contraddirlo. Capii subito che parlavano di lei».
La donna fece una piccola pausa per prendere fiato. «Sentii la rabbia crescere dentro di me: quei due parlavano in quel modo di Kumiko e io non potevo far nulla per fargliela pagare. Perciò, decisi che potevo vendicarla in un altro modo: il signor Kataoka aveva insabbiato tutto per il suo buon nome e per quello della struttura e io avrei fatto di tutto per rovinarglielo. E così cominciai a inscenare piccoli incidenti. Speravo che i clienti accusassero il centro di negligenza, così mi concentravo per lo più su quelli abituali e più facoltosi. Purtroppo, dato le mie mansioni, non mi era possibile muovermi all’esterno senza dare troppo nell’occhio, ma del resto l’albergo brulica di attività e di personale, quindi è stato piuttosto facile organizzare tutto. Ma non è accaduto niente: il signor Hisashi è riuscito sempre a salvare le apparenze, pagando forti somme di denaro. Ma, testarda, ho insistito ancora: ero disposta a tutto pur di rovinarli».
«Ma alla fine è arrivata ad uccidere un uomo», stavolta fu Ryo ad intervenire.
«Sì. Un paio di settimane fa, Hisashi-san mi disse di buttare un po’ di vecchie carte che non gli servivano più. Fu allora che, in un vecchio deposito di cui non sapevo l’esistenza, trovai la copia di un assegno che il signor Kataoka aveva versato al signor Fukuoka pochi giorni dopo l’incidente di Kumiko. Lo mostrai al signor Hisashi per chiedergli dove avrei dovuto riporlo e lui quasi me lo strappò di mano, dicendo che era carta straccia e che ormai non serviva più, perché tanto "quella troietta era sistemata". Non mi ci volle molto per fare due più due e capire cosa fosse successo.
Conoscevo il signor Fukuoka: era un cliente fisso della struttura, ma non pensavo che i due fossero in rapporti così stretti. Mi era anche giunta voce che fosse una persona con un carattere difficile e che solo sua moglie e pochi altri fossero in grado di sopportarlo. Una volta qualcuno gli disse scherzosamente che sarebbe stato capace di vendere sua moglie, pur di fare soldi. E sapete che cosa rispose?» domandò rivolgendosi a Keiko «Che, in fondo, non si poteva mai dire: se un giorno si fosse stancato di lei, forse lo avrebbe fatto davvero.»
Alle proprie spalle, Kaori sentì un singhiozzo soffocato.
«E quando gli fu fatto notare che non poteva dire sul serio, lui replicò che nessuno è insostituibile, soprattutto le donne. Del resto, alle donne interessavano solo vivere nel lusso, quindi avrebbe potuto trovare un’altra compagna nel giro di poco tempo, se avesse voluto. Non riuscivo a crederci. Non solo aveva rovinato la vita della mia amatissima Kumiko, ma l’avrebbe fatto persino con la persona che diceva di amare. Quello che mi fece ancora più rabbia fu il constatare che non solo non si vergognava affatto delle proprie azioni, ma se ne vantava come se fosse una cosa divertente! Lo odiavo, ancor più di Kataoka e Hisashi e desideravo che la pagasse cara per tutto. Così, decisi di aumentare la posta: forse, almeno stavolta, avrei raggiunto il mio scopo!
Tutti sapevano che Fukuoka amava frequentare la piscina quando ancora non c'era nessuno in giro, e non fu difficile sistemare il filo da pesca. Se fosse affogato, tutti avrebbero pensato a un incidente. Peccato che il bagnino sia arrivato in tempo per salvarlo. Così, ho dovuto cambiare tattica.
Ero a conoscenza del fatto che Fukuoka prendesse il Provigil, perché una volta mi chiese con discrezione di recuperargli una confezione. Dal suo comportamento capii che sua moglie non ne sapeva nulla e questo giocò a mio favore. Certo che ha sposato proprio una brava persona, eh!» commentò, ancora una volta rivolgendosi a Keiko; stavolta, la vedova non reagì.
«Sono laureata in chimica e ho lavorato in un’azienda farmaceutica: per me è stato uno scherzo creare una compressa molto simile a quelle che lui prendeva, ma con una concentrazione molto più alta di modafinil*. L’avevo preparata nel caso in cui il primo primo piano fosse fallito, e sono contenta di essere stata così lungimirante. A pensarci ora, forse avrei dovuto farlo dall’inizio, ma temevo che avrei rischiato più facilmente di farmi scoprire. Perciò, appena vi lasciai» lanciò un’occhiata veloce ai due sweeper «prima che Fukuoka tornasse nella propria stanza, recuperai un pass-partout, mi intrufolai nella stanza dei Fukuoka e sostituì una pillola con quella da me preparata: se qualcuno mi avesse vista gironzolare da quelle parti, avrei potuto dire che volevo accertarmi che la cameriera fosse già passata per le pulizie quotidiane, ma non ebbi nessun problema. Era fatta: non importava quando avrebbe preso la compressa, se quando fosse tornato a casa sua o in albergo, avrebbe comunque fatto il suo effetto. Se qualcuno avesse fatto l’autopsia, tutti avrebbero pensato che era stato incauto e aveva assunto una pillola di troppo. Sarebbe stato visto come un semplice incidente o al massimo come un tentato suicido. Ma poi,» stavolta, quando si voltò verso Keiko, i suoi occhi trasmettevano solo rancore «poi lei se ne è uscita con la storia dell’omicidio e ha chiesto ai Kamiya di trovare l’assassino di suo marito. Così ho iniziato a tenervi d’occhio.
Signora Kamiya, lo sa che dall’ufficio di Hisashi è possibile ascoltare le telefonate in uscita dal mio ufficio? È stato in questo modo che sono riuscita a scoprire del pacco: purtroppo, non ho avuto modo di sbarazzarmene subito, e ho dovuto nasconderlo, sperando di riuscire a farlo sparire prima che l’avreste ritrovato, ma sfortunatamente non sono arrivata in tempo. Non aveva importanza: è bastato tenerla d’occhio e seguirvi. E chi l’avrebbe detto che avreste trovato le prove che ho cercato per un anno intero? Adesso che sapete la verità, datemi quel fascicolo e facciamola finita».
Kaori si posizionò meglio davanti a Keiko incerta: perché si era creata quella situazione? Loro in fondo volevano la stessa cosa, perché Miyuki non se ne rendeva conto?
Un lampo di determinazione baluginò nello sguardo della donna e allora Kaori comprese: lei non si fidava di nessuno. Nessuno aveva creduto a Kumiko: anche in albergo erano girate tante voci e solo alcune la dipingevano come una vittima; molti pensavano che si fosse inventata tutto e che fosse solo un’arrivista. Era logico che Miyuki preferisse occuparsene di persona. Ed era abbastanza disperata da premere il grilletto se solo avessero fatto una mossa falsa.
Guardò verso Ryo, cercando una soluzione: anche lui doveva essere arrivata alle sue stesse conclusioni, perché fece un piccolo cenno con la testa, a significare che non doveva rischiare.
«D’accordo» Keiko scostò dolcemente Kaori e si posizionò sulla traiettoria della pistola. «Quello che è capitato a Sagara-san è colpa di mio marito: queste persone non c’entrano nulla, perciò prenda questi documenti e le lasci andare» disse, tendendole il fascicolo.
Miyuki fece qualche passo per avvicinarsi a Keiko e afferrare il dossier e, istintivamente, abbassò l’arma di qualche centimetro. Questo diede a Kaori la possibilità di lanciarsi su di lei per tentare di disarmarla, ma la donna colse il suo movimento e, presa dal panico, si voltò nella sua direzione e fece fuoco; Kaori vide con chiarezza il proiettile partire dalla canna della pistola, ma ormai non poteva cambiare direzione per schivare il colpo.
«Ryo!» fu il suo unico pensiero, mentre la pallottola, inesorabile, si muoveva verso di lei.
All’improvviso, si udì un altro colpo di pistola e la pallottola venne fatta in mille pezzi; Miyuki non ebbe neanche il tempo di accorgersi di quello che era accaduto, che Kaori le piombò addosso, mentre un altro proiettile allontanava la pistola dalla mano della segretaria e la faceva volare lontano da lei.
«Kaori-san, tutto bene?» Moriyama si precipitò verso di lei preoccupato.
«Sto bene, non si preoccupi, la pallottola non mi ha neanche sfiorata» lo tranquillizzò, accettando la mano che lui le aveva teso.
«Ma si rende conto di cosa ha fatto?» l’uomo era pallido come un morto «Avrebbe potuto ucciderla!»
Kaori si toccò la testa con una mano: «Beh, non avevo altra scelta. E poi….» istintivamente la ragazza lanciò un’occhiata al proprio socio. Era certa che sarebbe intervenuto.
«Maledetti, maledetti! Lo sapevo, non dovevo fidarmi di voi!» stava intanto continuando a urlare Miyuki, in preda ormai a una crisi di nervi. Kaori la guardò impietosita: anche se l’aveva quasi uccisa, provava un profondo dispiacere per lei. Probabilmente, al suo posto, avrebbe fatto anche lei carte false per salvare suo fratello.
Ryo le fu subito accanto. «E invece sbaglia. Presto la polizia sarà qui e potrà consegnare lei stessa quei documenti all’agente preposto. Si fidi di lei, è un’ottima poliziotta e una persona onesta, anche se non paga mai i suoi mokkori!»
Kaori tossicchiò: possibile che non pensasse ad altro, anche in un momento simile?
«Miyuki-san,» anche Keiko si inginocchiò accanto alla donna «mi dispiace davvero non aver capito quale fosse la vera natura di mio marito: pensavo che fosse semplicemente molto burbero e che con un po’ di gentilezza avrebbe smussato gli angoli del suo carattere. E invece mi sbagliavo di grosso: era la sua indole il vero problema. E la cosa peggiore è che non mi sono accorta di nulla. Per questo, vorrei fare ammenda e cercare di aiutarla come posso. Questo non giustifica le sue azioni, ma le prometto che, finché lei non potrà prendersi di nuovo cura di Sagara-san, mi occuperò io di lei. Me lo permetterà?»
Miyuki scoppiò a piangere tra le braccia di Keiko, mentre, dall’alto, si avvertivano già i rumori dei passi concitati dei poliziotti che finalmente erano arrivati.


La polizia non ebbe neppure bisogno di interrogare Miyuki, perché questa si consegnò di sua spontanea volontà. Saeko la scortò via senza neanche ammanettarla, ma promettendole che avrebbe fatto tutto il possibile per rendere giustizia a Kumiko e a tutte le vittime delle angherie perpetuate da Fukuoka: come infatti avevano potuto constatare sfogliando i vari fascicoli, Kumiko non era stata l’unica vittima dei raggiri dell’uomo.
«È una fortuna che Fukuoka fosse un uomo così metodico: abbiamo tutte le prove che ci servono e qualcosa mi dice che troveremo ancora il nome di Kataoka fra queste carte. Bel colpo!» li lodò andandosene.
«Tsè, praticamente noi abbiamo fatto tutto il lavoro e lei si prende la gloria!» commentò Ryo incrociando le mani dietro la testa.
«Kamiya-san, non so come ringraziare lei e Kaori-san: se non fosse stato per voi, gli sporchi affari di mio marito non sarebbero mai venuti a galla. Ma come ha fatto a trovarci?».
«Sono stato io a mettere in allarme Kamiya-san» s’intromise Moriyama «Quando sono tornato nella stanza, ho visto che non c’eravate più e che mancavano anche le chiavi della mia auto. Mi avete fatto prendere un colpo!»
Keiko si scusò regalandogli un sorriso colpevole.
«Ci siamo incrociati nella hall dell’albergo. Ero tornato in camera per vedere se tra i fogli che ci aveva mandato Reika ci fosse qualche informazione in più su eventuali fratelli o sorelle di Sagara-san, ma nei documenti non ce n’era traccia» proseguì Ryo rivolgendosi alla propria socia, «Quando non ti ho trovata, ho pensato che fossi uscita a fare una passeggiata e non ho dato molto peso alla cosa, perciò sono tornato subito giù e ho fatto un controllo veloce nel registro dei dipendenti: Miyuki Otome è stata una delle poche persone ad essere stata assunta nel resort in questo ultimo anno, ma l’unica ad essere stata all’estero fino a poche settimane prima dell’assunzione. Come ulteriore prova, ho telefonato a Saeko, per chiedere qualche altra informazione più dettagliata su Miyuki e mi ha confermato che era orfana di entrambi i genitori e che sua madre aveva lavorato per la famiglia Sagara prima di morire. Non ci è voluto molto per fare due più due».
«Ma come sapevate che eravamo qui?»
«Non lo sapevamo. Ma era l’unico luogo dove avreste potuto trovare delle informazioni sulle attività di Fukuoka. Perciò, abbiamo preso in prestito l’auto di Hisashi e ci siamo precipitati qui» spiegò. «Anche se dubito che il direttore sarà molto contento di come ritroverà la sua macchina, visto che abbiamo dovuto sfondare il cancello per poter entrare!» aggiunse divertito.
«C’è una cosa che non mi è ancora chiara» domandò Kaori. «E Mutta-san? Perché ha tentato di fargli del male?»
«Quello è stato l’unico vero incidente di tutta questa storia» le spiegò Ryo. «Mi sono accorto che, alcuni inservienti, per evitare di fare tutto il giro dell’albergo per raggiungere le cucine, lasciano il camion dei rifornimenti proprio dove parcheggia Mutta-san ed entrano dalla piccola porticina che c’è di fronte, che è sempre chiusa, ma che collega molto più in fretta l’esterno con la dispensa. Evidentemente, durante il trasporto delle merci, il camion ha avuto una perdita d’olio e non se n’è accorto nessuno».
«È chiaro: con tutti questi incidenti mirati, è logico che abbiamo tutti pensato che anche quello lo fosse».
«Già» Ryo si voltò verso la propria partner e, per la prima volta dopo molti giorni, le sorrise. «Alla fine avevi ragione tu, Kaori: il colpevole non era Moriyama».
A quella reazione, Kaori arrossì, non sapendo cosa dire. Avrebbe dovuto essere contenta per aver vinto la sua sfida con Ryo, ma in realtà avvertiva soltanto un grande vuoto di cui non riusciva a spiegarsi bene la causa. Forse era solo il dispiacere che provava per Keiko: non doveva essere stato facile, per lei, realizzare così all’improvviso che razza di persona potesse essere suo marito.
Ryo, nel frattempo, si accostò a Moriyama: «Mi dispiace averla accusata ingiustamente: sono stato precipitoso,» ammise.
«Oh, non si preoccupi, Kamiya-san: anche io, al suo posto, avrei sospettato di me». minimizzò il giovane.
«Potete anche smetterla di chiamarmi così: il nome Kamiya era solo una copertura. In realtà siamo stati assunti dal signor Kataoka per far luce sugli incidenti che si sono verificati nel suo resort. Il mio nome è Ryo Saeba».
«Oh. Quindi non siete neanche sposati?» chiese Keiko, sorpresa.
«No, siamo solo colleghi. Piacere di conoscerla di nuovo, sono Kaori Makimura». La sweeper le tese la mano e le sorrise.
«Perciò, Keiko-san!» Ryo appoggiò una mano sulla spalla della donna «Adesso che siamo ufficialmente tutti e due liberi, possiamo anche dare sfogo al nostro amore!» se ne uscì all’improvviso, provando a baciarla.
«Sei sempre il solito maiale! Ma non ti vergogni?» Com’era prevedibile, il fido martello di Kaori apparve pronto a fare giustizia e a difendere una povera fanciulla indifesa.
Ryo era ormai pronto a vedersi spiaccicato contro il pavimento ma, improvvisamente, il martello perse potenza, cadendo a terra con un piccolo tonfo.
E con esso, anche Kaori si accasciò, priva di sensi.



* Principio attivo contenuto nel Provigil.


Una piccola precisazione.
Mentre scrivevo questo capitolo, mi sono chiesta se non dovessi rendere l’aggressione subita da Kumiko qualcosa di più serio e farla diventare una violenza vera e propria. Ho ricacciato subito indietro l’idea per due motivi. Punto primo: questa è una fanfiction, nata per divertimento, scritta per far divertire; parla di omicidi, tentate aggressioni e argomenti simili, ma si tratta di una storia tutto sommato leggera. E una violenza sessuale vera e propria è un tema troppo delicato per inserirlo in un contesto simile (almeno dal mio punto di vista). In seconda analisi, proprio in virtù del fatto che sarebbe stato un crimine molto più grave, non solo per chi lo avrebbe commesso ma anche e soprattutto per la vittima, sono del parere che la storia non si sarebbe mai svolta in questo modo: Miyuki non avrebbe fatto tanti sforzi solo per affondare il buon nome del resort; nel suo odio per Hisashi e nel desiderio di proteggere la sua adorata sorellina, io sono certa che l’avrebbe ucciso. E la stessa Kumiko avrebbe subito conseguenze ben peggiori, soprattutto sul piano emotivo.


Note dell’autrice
Ebbene sì, la colpevole era davvero Miyuki Otome, come qualcuno aveva immaginato. Devo migliorare ancora molto come giallista, eh? ^^
In realtà, in un primo momento, quando ho iniziato a plottare questa storia, sebbene avessi immaginato il movente degli incidenti sempre legato alla storia di Kumiko, il colpevole era tutt’altra persona (tipo a un fidanzato che poi non è mai stato inserito) e per l’omicidio avevo davvero pensato ad Hisashi (quindi sì, doveva trattarsi di due casi completamente diversi); poi, però, ho finito per odiare Hisashi e ho pensato che la mia antipatia fosse troppo forte e che qualcuno avrebbe subito sospettato di lui; nel contempo, l’aura di Miyuki si è fatta sempre più forte e alla fine si è assunta il ruolo di sabotatrice e assassina. Ma all’inizio, l’avevo immaginata davvero come una semplice assistente che aveva sentito le voci sul proprio capo e aveva cercato di tenerlo a debita distanza. XD Ovviamente, non so se sia davvero possibile preparare una compressa come quella creata da Miyuki, ma spero scuserete la licenza: dopotutto, siamo nel mondo di City Hunter.
Perdonatemi se il caso è stato troppo scontato, cercherò di far meglio la prossima volta (ecco, se magari Ryo collaborasse, invece di farsi un sacco di fisime mentali, sarebbe meglio U_U). Spero anche che la narrazione non risulti troppo noiosa, visto che la prima parte è quasi un monologo di Otome-san. Tuttavia, credo di aver finalmente capito come mai, in certi romanzi, arrivi il momento in cui il colpevole di turno snocciola tutta la propria storia: o usi questa tecnica oppure impieghi capitoli e capitoli per spiegare in modo diverso tutti gli elementi. E la mia non voleva essere una storia poliziesca, ma un modo per aiutare i nostri amici a confrontarsi con i loro sentimenti.
Comunque, adesso che l’indagine è conclusa, non crediate che le cose siano finite qui, eh? Abbiamo ancora un problema bello grande da risolvere. XD
   
 
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