Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Napee    10/09/2018    1 recensioni
Il ragazzo si appoggiò pigramente con la schiena al muro, rilassando la sua posizione ed assumendo una posa ben poco elegante, ma nessuno osò fiatare a riguardo.
Vedeva milioni di volti semicelati sfilargli davanti senza davvero vederli, solo gli occhi restavano impressi. Quegli occhi che cadevano sempre sulla sua figura senza che lui lo volesse davvero.
Per un momento, si pentì di essersi presentato alla festa.
Gli accordi erano già stati presi senza il suo consenso, la sua presenza non era affatto richiesta, tuttavia gradita.
Presto gli si sarebbe parata davanti una giovane nobildonna, magari accompagnata dal padre, che avrebbe mostrato un fittizio interesse sulla sua vita sentimentale.
Sospirò frustrato di non avere l’opportunità di isolarsi da quel covo brulicante di serpi e potersi ritirare suonando la sua lira magari.
Genere: Angst, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elia Martell, Lyanna Stark, Rhaegar Targaryen, Robert Baratheon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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4. Di litigi dolorosi e messaggi d’amore


 

Il principe raggiunse le sue stanze lentamente, con un sorriso innamorato ad adornargli le labbra, entrò nella camera afosa a causa della calura e solo un fastidioso silenzio lo accolse.
Elia, dinnanzi alla finestra, con la schiena dritta ed impettita da nobildonna orgogliosa, scrutava gli ubriachi signori che se la spassavano al banchetto di quella sera.
Neppure si volse ad accoglierlo, sebbene lui sapesse benissimo che l’aveva udito entrare.
Rhaegar osservò la moglie, stupito e sorpreso da quel suo comportamento singolare.
Poteva immaginarne il motivo, ma Elia non gli si era mai mostrata tanto indifferente nonostante la sua costante sfacciataggine nei confronti delle dame.
Non si era mai spinto oltre ad un sorriso ammaliante o un baciamano garbato, tuttavia, al torneo, aveva compiuto un gesto così eclatante che solamente uno stolto non avrebbe compreso che si trattasse di una dichiarazione d’amore.
Decise di ignorarla anche lui.
Forse aveva bisogno di tempo, forse aveva bisogno dei suoi spazi, ma sicuramente la sua presenza non era gradita e parlarle sarebbe risultato un errore madornale che l’avrebbe innervosita ulteriormente. Rispettare il suo silenzio, i suoi sentimenti feriti e la volontà d’ignorarlo, era la decisione migliore.
Si avvicinò al letto e prese a sganciarsi l’armatura corvina sulla quale svettava lo stemma scarlatto della casa reale.
Slegò i laccetti in cuoio dalle spalle, dalla vita, e la protezione ricadde a terra con un tonfo sordo.
Sfilò gli stivali e li abbandonò accanto all’armatura.
La mente ed il cuore ancora invasi da quel piacevole tepore che gli aveva lasciato l’incantesimo della sua Lyanna.
Poco prima, dopo il torneo, era certo che il mondo si fosse fermato soltanto per permettere a loro due di scambiarsi quel fugace attimo di complicità. Quel peculiare sortilegio che li aveva stregati entrambi, pareva aumentare d’intensità ogni qualvolta che i loro occhi s’incontravano.
Un piacevole sfarfallio allo stomaco lo sorprese al sol ricordo del suo sorriso sincero sulle labbra quando, indossando la corolla, l’aveva incoronata come sua regina: Sovrana indiscussa del suo cuore e della sua anima.
Quel blu delle rose che componevano la corona, discostava piacevolmente dal castano cioccolato dei suoi capelli, creando una visione di eterea bellezza che lo avrebbe accompagnato nei suoi sogni per anni ed anni.
“Stai pensando a lei?” la voce di Elia gli parve dura e fredda come il ghiaccio e, per un attimo, stentò a riconoscerla come quella della consorte.
Esitò qualche secondo prima di rispondere, voltandosi per guardare la schiena fieramente  eretta della moglie.
“Sì.” Era inutile mentire. Non aveva alcun senso e non vi vedeva alcuna ragione per farlo.
Elia si voltò nella sua direzione, fronteggiandolo con i suoi occhi scuri dardeggianti di nera rabbia, ma tuttavia arrossati da un pianto che era evidentemente stato soppresso dal suo orgoglio dorniano.
“Perché.” Non era neppure una domanda. Ma Elia meritava una risposta.
“L’ho sempre amata.” Confessò semplicemente. Non v’era esitazione o vergogna nelle sue parole, solo la semplice verità e la consapevolezza che, nell’ammetterlo ad alta voce, era davvero felice.
“Non sono stata una brava moglie? Ti ho forse fatto qualche torto? Non ho mai avuto alcun uomo a scaldarmi il letto che non fossi tu.”
“Sei stata una moglie esemplare, Elia. Sarai una regina degna ed una saggia consorte, ma il mio cuore no t’è mai appartenuto.” Si avvicinò a lei, tentando di consolarla non appena scorse quelle lacrime abbandonare i suoi occhi.
“Non osare, Rhaegar!” tuonò irata, alzando una mano nella sua direzione come tacito monito.
“Non osare avvicinarti un passo di più a me. Rispetta almeno questo mio volere.”
“Ti ho sempre rispettata, Elia.” Parole sincere, ma inutili e futili menzogne dovevano parere alle orecchie della donna.
“Non ho mai avuto altra donna che te a scaldarmi il letto. Non ho mai generato bastardi, solo i nostri figli sono il frutto dei miei lombi…”
“Ma a chi sei rimasto fedele? A me o al pensiero di lei?” lo interruppe con un grido disperato, strozzato dai singhiozzi.
Il dubbio che nacque nella sua mente, fu un colpo troppo duro da sopportare per Elia.
Silente, uscì dalla stanza.
Quello era il loro addio. La loro storia, il loro matrimonio, era finito in quel momento.
Rhaegar si sdraiò pesantemente sul letto e, stremato, si coprì gli occhi con l’avambraccio.
La domanda di Elia ancora per la testa e l’illusione beffarda di non conoscere la risposta con cui ingannarsi, a torturargli la mente.
In verità, il suo cuore sapeva che il corpo era rimasto fedele a quel sogno d’amore mai realizzato.

Quella mattina, al sorgere de sole, il principe, sua moglie e la loro scorta di guardie,  tornarono ad Approdo del Re.
Un silenzio assordante infestava il loro cammino, solo il calpestio degli zoccoli dei destrieri sul terreno ed alcuni singhiozzi sommessi provenienti dalla carrozza a scandire il tempo.
La mente dell’erede al trono ancora invasa dall’immagine della lupa, immaginando un finale differente per il giorno precedente, fantasticando su un incontro di labbra con il cuore leggero e non attanagliato dal senso di colpa.
Quel pianto nascosto gli bruciava il petto come avrebbero fatto un milione di lame infuocate.
Sospirò sconfitto.
Il suo amore sconfinato aveva appena avuto un cenno di realtà, ma le lacrime di Elia erano fin troppo vere e poteva figurarsele benissimo, mentre scorrevano sulle guance bronzee della sua consorte.
In quel momento, il  solo pensare alla bellissima Lyanna, lo faceva sentire ancora più in colpa.
Spronò il cavallo facendogli aumentare il passo, finché non giunse accanto alla carrozza.
“Elia.” La chiamò, ma il freddo rumore metallico della chiusura della finestrella, fu la sua unica risposta.
Non voleva parlargli. Non aveva torto.
Sospirò ancora. Cosa poteva fare di più?
Non l’aveva mai amata ed illuderla ancora con un’unione effimera e non desiderata sarebbe stato oltremodo crudele.
Lui non la possedeva, non poteva… non era un oggetto.
Con che diritto avrebbe mai potuto legarla a sé a doppio filo in un matrimonio non voluto?
Perché continuare quella recita insensata?
Mille domande, mille dubbi, ma nessuna risposta ad indicargli la via corretta per non ferirla ulteriormente.
Dopotutto, non l’amava, ma la rispettava.
Elia era sempre stata una donna forte, seppur eccessivamente succube di una società maschilista, e vedere quella pallida immagine sbiadita della donna orgogliosa che era, lo stava distruggendo.
“Elia, so che non vorresti ascoltarmi, ma parlerò lo stesso.”
Udì un leggero fruscio di stoffe e la carrozza ondeggiò lievemente. Probabilmente Elia si era spostata.
“Non ho intenzione di mentirti ancora, le mie parole saranno una promessa che intendo mantenere.”
Nessuna risposta, ma se lo aspettava dopotutto.
Lei non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di una risposta anche sgarbata.
“Quando giungeremo ad Approdo del re, voglio redigere un documento ufficiale con cui sarà annullato il nostro matrimonio.
I nostri figli resteranno comunque gli eredi al trono dopo di me. Non perderanno né titoli né privilegi… e nemmeno tu, se vorrai.”
Un altro movimento all’interno della carrozza. Aveva attirato la sua attenzione.
“Potrai vivere ancora nella fortezza rossa o tornare a Dorne… la scelta spetta a te.
Sarai di nuovo una donna libera, potrai sposarti ancora ed avere nuovi compagni. Sarà come se il nostro matrimonio non fosse mai stato celebrato.”
Il rumore della finestrella che si apriva, fu il suono più soave che avesse mai udito.
Un leggero sorriso gli sfuggì dalle labbra, ma si apprestò a celarlo velocemente.
Si voltò verso la carrozza ed il cuore perse un battito nel vedere le condizioni deplorevoli in cui versava il viso della moglie.
Le lacrime rigavano le guance ed inondavano gli occhi, cerchi scuri circondavano le cavità oculari ed un colorito pallido le scavava il volto.
“Perché fai tutto questo? Cosa te ne torna di comodo?” Chiese con tono duro.
“Niente.” Rispose il principe con onestà, mentre riportava lo sguardo dinnanzi a sé.
Vederla in quello stato e sapere di esserne la causa, era una tortura atroce con la quale non voleva trattenersi un minuto di più.
“Non voglio qualcosa, non pretendo niente. Non sono nella condizione di poterlo fare.”
Lo sguardo sospettoso ed ostile della donna gli bruciava l’epidermide e poteva quasi affermare con certezza che stesse tentando di incenerirlo.
“Cerco solo di rimediare… non ti meriti una vita triste, Elia.” Aggiunse infine, stringendo le briglie del destriero fino a far scricchiolare i guanti di pelle.
La sensazione di disagio che gli attorcigliava lo stomaco non pareva volergli lasciare tregua e parlare della felicità di Elia, quando lui stesso l’aveva disintegrata, pareva un paradosso troppo crudele da sostenere.

Il resto del viaggio fu caratterizzato da un’assordante silenzio pregno di rancore e dissapori.
L’aria era densa di tensione e persino i cavalieri della scorta si guardavano bene dal ciarlare per paura delle conseguenze.
Mai un sospiro volò fino ad Approdo de Re, mai una parola ruppe quella bolla di cristallo che pareva averli inghiottiti.

Dopo pochi giorni, Elia ed i loro figli si spostarono in un’altra ala del castello.
La più lontana, rispetto a quella dov’era collocata la camera che divideva con il principe.
Anche in questo caso, mai una parola volò fra i due coniugi.
Tutto ciò che doveva essere espresso, era stato detto.
Inutili e futili parole sarebbero state solo uno scherzo crudele con cui si sarebbero illusi e feriti.
Rhaegar osservò la mascella contratta di Elia mentre firmavano il documento di annullamento.
Saette fiammeggianti volavano dai suoi occhi sprizzanti odio ed ostilità.
Il principe accennò un sorriso diretto al ventre rotondeggiante della principessa dorniana.
In quel grembo appena accennato, vi era l’ultimo dei suoi eredi.
“Vorrei essere presente al parto, quando sarà il momento.” Osò lui, rompendo quel muro ostile di silenzio.
“No.” Secca, aspra concisa. Come il morso di una serpe.
“È mio figlio, Elia. Non puoi impedirmi di comportarmi da padre.”
“Su questo, Vostra Grazia ha ragione…” intervenne il Gran Maestro Paycelle, divenendo l’oggetto di sguardi ostili e minacciosi da parte della dorniana.
“Potreste lasciarci da soli, Gran Maestro?”
La richiesta di Elia lo sorprese, ma non lo diede a vedere.
In verità, un confronto verbale fra loro serviva da molto tempo.
Il documento calibrava alla perfezione i diritti ed i doveri dei due, ma soltanto politicamente.
Gli eredi non erano mai menzionati se non per la linea di successione della corona.
Il Gran Maestro uscì dalla sala con passo lento e strascicato, incespicando sui suoi passi goffamente.
I due nobili attesero pazientemente in silenzio finché la porta non venne richiusa con un sordo cigolio.
“Hai scelto di uscire dalle nostre vite, Rhaegar. Non puoi restare in bilico.” Esordì lei freddamente, riservandogli uno sguardo di silenzioso rimprovero.
“No, Elia. Non sono uscito dalle vostre vite, sono uscito soltanto dal tuo letto.”
“E che differenza vuoi che faccia?!”
“C’è differenza!” Sbottò il principe stringendo i pugni fino a conficcarsi le unghie nei palmi.
Elia era vendicativa e fin troppo sleale. Le aveva concesso tutto quello che poteva, non sarebbe mutato niente per lei o per i loro figli, ciononostante lei persisteva rancorosa, continuando una silenziosa guerra che lui non voleva neppure intraprendere.
“Amo i nostri figli e tu non li porterai via da me solo per uno stupido capriccio!” Tuonò infine, scrutandola severo e glaciale.
Non l’avrebbe impietosito, non sarebbe riuscita a farlo desistere.
I suoi figli avrebbero avuto un padre, nonostante le rimostranze della madre.
“Stai distruggendo una famiglia per uno stupido capriccio!” Gridò lei in risposta, cercando di trattenere le lacrime che già le inumidivano gli occhi.
“Non è così, Elia… i miei sentimenti sono sinceri e so che ci lega qualcos-…”
“Vi lega qualcosa?!” Lo interruppe lei con aria inorridita.
“È tutta una tua fantasia, Rhaegar! Lei non ti ama, nemmeno ti conosce!”
“Nemmeno tu mi conosci davvero! Abbiamo passato così tanto tempo assieme e tu non ti sei mai accorta che il mio cuore batteva per un’altra!” Rispose lui esasperato, lasciandosi cadere pesantemente su una delle lussuose sedie che circondavano l’ampio tavolo ricolmo di carte e documenti.
Il silenzio cadde pesante, teso e denso come sempre fra loro.
La mascella del principe era contratta, le sopracciglia minacciosamente arcuate, mentre gli occhi fissavano un punto indefinito del tavolo. Una perfetta espressione irata ed offesa.
Ancora stentava a credere che sua moglie, l’amorevole madre dei suoi eredi, avesse pronunciato simili parole crudeli.
“Quindi adesso è colpa mia? Dovevo accorgermi che mio marito fantasticava su un’altra donna?” Chiese lei in un sussurro flebile, senza osare guardare nella sua direzione.
“No, Elia, tu non hai colpe. Sono io che non sono mai stato sincero con te.” Rispose lui stremato, massaggiandosi le tempie con movimenti circolari delle dita.
“Ma almeno lasciami rimediare con i miei figli. Lasciami essere padre, loro non devono pagare per le mie colpe.”
La donna abbassò lo sguardo accennando un leggero segno d’assenso con la testa.
Quelle parole erano giuste, i loro figli non dovevano soffrire a causa loro o per i loro litigi.
La dorniana si avviò verso l’imponente portone in legno scuro, mentre il ticchettio dei tacchi si espandeva nella stanza silenziosa.
Toccò la maniglia fredda, ornata con preziosi ricami dorati, e la strinse nel pugno fino a che non le sbiancarono le nocche.
“Non assisterai al parto, ma puoi stare fuori dalla stanza.
I bambini puoi vederli quando vuoi…”
Fece quasi violenza su sé stessa per costringersi a pronunciare quelle parole.
“Loro chiedono spesso di te.”
E così dicendo, spalancò l’uscio e se ne andò silenziosamente, soffocando i singhiozzi che le scuotevano il petto con una mano premuta saldamente contro le sue labbra.

Rhaegar osservò il cielo tingersi con i colori del fuoco, mentre i raggi solari intraprendevano una danza abbagliante contro le scure tenebre che li avrebbero inghiottiti di lì a poco.
Il profilo del regno, la vastità dei suoi domini, si espandevano fin oltre l’orizzonte visibile ai suoi occhi.
L’immensità ai suoi piedi, il mondo sotto di sé, ma a cosa poteva servirgli se non poteva avere colei che davvero il suo cuore agognava?
Le parole di Elia gli rimbombarono in testa come un mormorio lontano.
Che fosse la sua coscienza a parlare?
Stava davvero gettando tutto alle ortiche per una mera fantasia?
Sospirò esausto poggiando la nuca contro la solida colonna alle sue spalle, mentre una gamba gli ciondolava pigramente al di fuori del balcone.
“Lyanna…” bisbigliò il suo nome con solennità, accarezzandolo dolcemente con la lingua e godendo del suono soave che gli giungeva alle orecchie.
Un nome così bello, per una fanciulla altrettanto splendida.
Riesumò, per l’ennesima volta nella sua mente, il ricordo di lei con la corolla turchina ad incorniciarle il capo.
Il forte contrasto del castano dei capelli con il roseo pallore dell’incarnato, la deliziosa sfumatura cerulea che schiariva le sue iridi argentee e il timido rossore delle sue guance.
Sarebbe stata una regina bellissima.
La più bella che il regno avesse mai conosciuto, persino i Sette Dei sarebbero rimasti incantati dalla bellezza di quel fiore d’inverno.
Un sorriso malinconico si aprì sulle labbra del principe.
Chissà se si era davvero figurato tutto e basta…
Chissà se la sua mente si era presa gioco di lui...
Amare una donna che nemmeno conosce, poteva esistere condanna peggiore?
Vivere nel costante ricordo dei suoi sguardi fugaci, della sua voce melodica o dei suoi sorrisi dedicati ad altri.
“Davvero il mio amore è solo mera immaginazione?” Chiese con lo sguardo rivolto verso gli ultimi raggi morenti.
Quasi come se lo avesse udito, un gracchiare stridente gli giunse alle orecchie come in risposta a quella sua domanda.
Rhaegar osservò attentamente il corvo messaggero che andava volando stancamente verso di lui, esattamente sul balcone della sua camera.
“Un messaggio?” Chiese fra sé e sé scrutando il piccolo pennuto scuro che approdava proprio dinnanzi a lui.
Pigramente, l’animaletto sporse la zampetta nella sua direzione in un chiaro invito per il principe.
Con delicatezza, Rhaegar prese il piccolo rotolino di carta fra le mani e lo distese con le dita per riuscire a scorgere il messaggio segreto.
Gli occhi s’ingrandirono sconcertati e stupiti, mentre il suo animo gioiva segretamente leggendo quel nome assai caro al suo cuore.
Scorse le parole avidamente, divorandole una dopo l’altra come se ne andasse della sua vita e, quando infine raggiunse la parola “matrimonio” il suo cuore arrestò l’euforica corsa che stava compiendo.
Finì di leggere il messaggio, sconcertato e distrutto da quei miseri segni d’inchiostro.
No… non poteva finire così…
Perché mandare a lui il messaggio?
Cosa poteva fare?
Come poteva impedirlo?
Scese dal balcone e rientrò nella sua stanza. Mille domande gli aleggiavano nella mente e la consapevolezza di non poter fare nulla iniziava a stargli davvero stretta.
Prese qualche biscotto ed un bicchiere con dell’acqua.
Come poteva giungere fino a Grande Inverno senza destare sospetti?
Ed una volta lì?
Tornò sul balcone e sbriciolò i biscotti dinnanzi al piccolo corvo esausto, ponendogli accanto anche il bicchiere con l’acqua.
Si passò una mano fra i capelli indomabili, ripensando alle parole accorate e supplichevoli che aveva letto.
Quindi, non si era immaginato tutto!
Qualcosa li legava davvero… altrimenti perché chiedere il suo aiuto?
Un ruggito animalesco squarciò l’aria della sera appena calata.
Un drago imponente troneggiava su una delle torri del castello, squadrandolo come se volesse chiamarlo.
I suoi occhi gialli dardeggiavano nel rosso cielo del tramonto, andando tremendamente in contrasto con  la sua coriacea pelle color pece.
Rhaegar studiò quell’animale come se lo vedesse per la prima volta.
Draghi così mastodontici erano assai rari negli ultimi anni, ricordava di averli visti così grandi solo nella sua prima infanzia, e quello, molto probabilmente, era uno dei più vecchi ancora esistenti in circolazione.
Si avvicinò al parapetto, affascinato ed incantato dalla bestia pericolosa. Sentiva come una sorta di richiamo verso di essa, qualcosa lo attraeva inesorabilmente, una strana forza mistica che gli suggeriva di avvicinarsi ancora, ancora ed ancora.
Senza neppure rendersene conto, si ritrovò in bilico sul parapetto con il braccio steso verso l’animale.
Gli occhi della bestia lo squadravano insistentemente come se volessero comunicare in una lingua a lui sconosciuta.
Il drago abbassò il muso con reverenziale lentezza, quasi come se stesse compiendo un inchino.
Che volesse mostrarsi mansueto dinnanzi a lui?
Che gli stesse dimostrando di non essere un pericolo?
L’animale si avvicinò lentamente al suo balcone,  gattonando sulle guglie fino a raggiungere il tetto della camera del principe.
Il corvo volò via terrorizzato in un fruscio gracchiante di piume e crepitii.
Rhaegar avanzò sull’ampio parapetto, tendendosi verso l’alto per avvicinarsi all’animale.
Allungò una mano verso di lui, verso il suo muso, senza mai interrompere il contatto mistico che ancorava i loro occhi assieme.
Cos’era quello strano incantesimo?
Perché sentiva di potersi fidare di quella bestia?
Il drago allungò il collo verso il basso, avvicinando il muso squamoso verso quella mano tesa innocuamente verso di lui.
Un gesto innaturale per un animale praticamente selvatico, ma Rhaegar intuì che quello altro non era che un modo per comunicare con lui il suo volere.
Che volesse essere cavalcato da lui?
D’un tratto, l’essere imponente si voltò di schiena, allungando la lunga coda verso il principe, fino a farla sfiorare sul pavimento del balcone.
Spine aguzze spiccavano dalla pelle coriacea in due file distinte, espandendosi per tutta la schiena ordinatamente.
La coda si mosse leggermente verso di lui, facendosi sfiorare dalla mano del principe per poi essere leggermente ritratta verso l’alto.
Salire…  Rhaegar doveva salire sul suo dorso e cavalcarlo.
Il drago gli stava deliberatamente chiedendo di salirgli in groppa e cavalcarlo.
Un sorriso stupito abbellì le sue labbra, esternando il suo stupore per quella situazione pressoché surreale.
Stregato, incantato, si aggrappò alla lunga coda dell’animale ed iniziò ad arrampicarsi su di essa, issandosi e scalando la bestia fino a raggiungerne il dorso squamoso.
Prese posto fra le file aguzze di spine e si ancorò ad esse mantenendo una presa salda e sicura.
Carezzò la pelle coriacea dell’animale con delicatezza, udendo in risposta un gorgogliante ringhio d’apprezzamento.
Ancora stentava a crederci.
Un drago imponente e selvatico si lasciava cavalcare da uno sconosciuto, anzi glielo stava proprio chiedendo…
“Spero davvero che tutto questo non sia frutto della mia immaginazione…” bisbigliò fra sé e sé, ricevendo in risposta un ruggito roco e gutturale, quasi come se avesse capito le sue parole e gli stesse rispondendo.
“Portami a Grande Inverno.” Esordì infine, solenne ed autoritario, afferrando saldamente le spine che spuntavano dalla carne della bestia.
Il drago compì qualche passo sul tetto, concitato ed esuberante, poi spiccò il volo verso il nero cielo stellato che li sovrastava.




Vi lascio il link alla mia pagina autore: https://www.facebook.com/Napeeefp/

Vi annuncio anche che ho organizzato mensilmente le pubblicazioni di os inedite e nuovi capitoli delle long in corso. Nella pagina troverete il calendario :)
A presto! <3
  
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