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Autore: Etali    10/09/2018    5 recensioni
Un bambino inconsapevole del futuro che lo aspetta scorge, che vaga per il suntuoso palazzo di Cartagine, la figura di una regina del passato, fiera e bellissima nell'eco della sua sconfitta.
Quella visione accompagnerà il piccolo per tutta la vita, nelle vicende che lo porteranno a diventare colui che la storia ricorda come il più grande generale di tutti i tempi.
Genere: Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità greco/romana
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I passi del bambino risuonavano leggeri per le stanze del palazzo.
Rincorso dalla sua stessa ombra sgattaiolava ridendo per i corridoi, beandosi di uno dei pochi sprazzi di semplice libertà infantile che gli erano concessi. Aveva ancora qualche minuto prima che i discorsi del padre con i generali terminassero, e intendeva sfruttarli appieno. Imboccò di corsa una scalinata e sbucò in una larga stanza suntuosa, con le pareti color porpora e delle grandi finestre che davano sul mare. Annibale si fermò a riprendere fiato, guardandosi intorno. La stanza a prima vista gli era sembrata vuota, ma improvvisamente scorse dietro una colonna una figura che si muoveva in un fruscio di vesti.
Ebbe l’impulso di girarsi e precipitarsi nuovamente giù per le scale, ma qualcosa lo trattenne. Fece un piccolo passo avanti, per riuscire a vedere chi fosse la figura. Da dietro la colonna uscì una donna. Era piuttosto giovane, avvolta in una lunga veste bianca. Un acconciatura elegante le tratteneva i lunghi capelli scuri e le incorniciava il viso serio. Era di una diafana bellezza che il bambino non aveva mai visto negli affreschi. Si muoveva per la stanza con portamento regale, calcando ogni passo come se conoscesse ogni mattonella su cui poggiava il piede. Il bambino rimase a guardarla incantato, mentre lei si voltava e poggiava a sua volta gli occhi su di lui.
In quel momento la voce del padre che lo chiamava giunse dalla tromba delle scale. Amilcare comparve qualche istante dopo alle spalle del figlio. Il bambino volse la testa a guardarlo e poi cercò di nuovo la donna con lo sguardo, ma di lei nella stanza non scorse più traccia. Confuso seguì il padre che gli aveva fatto cenno di avvicinarsi a una delle larghe finestre. Il vento portava loro l’odore salmastro del porto. Seguendo ciò che gli veniva detto, Annibale spinse lo sguardo oltre il davanzale, oltre la città frenetica e il mare. Il padre gli stava dicendo di spingersi ancora oltre, dove sorgeva una città che intendeva schiacciare il mondo nel suo pugno. Che già una volta aveva affrontato Cartagine e che sarebbe stata punita per ogni pena inferta al loro popolo. Ma per quanto aguzzasse la vista il bambino non riusciva a scorgere altro che le onde che si infrangevano le une sulle altre, spinte da forze invisibili.
Si accorse invece che da un angolo della stanza, la donna era tornata ad accostarsi a loro, appoggiandosi con un sospiro al davanzale. Amilcare non sembrava accorgersene. Neppure lei guardava gli altri due, teneva lo sguardo fisso al confine dell’orizzonte, stringendosi al petto le braccia come a tentare di confortarsi da uno strazio infinito. Il piccolo pensò che magari lei riusciva a vedere ciò di cui parlava suo padre. Negli occhi di lei però si specchiava uno strano dipinto, di navi in partenza che solcavano quello stesso mare. Annibale distolse lo sguardo, poi con un moto di sgomento si accorse che una macchia di sangue che non aveva notato prima le si allargava sul ventre.
 
Per molti anni, anche dopo che i Barca ebbero lasciato le coste africane, Annibale non rivide più Didone. Però l’immagine di quella sofferenza che le aveva letto negli occhi mentre scrutava il mare lo accompagnò come un rumore di fondo della sua esistenza, per tutti gli anni avvenire.
Tornò a visitarlo, dietro le palpebre sigillate dal sonno, solo molto tempo dopo, quando ormai del bambino che giocava per il palazzo gli erano rimasti solo gli occhi vivaci. Gli mostrò la sua storia, la sua giovinezza, come la città in cui lui stesso era cresciuto non era che frutto del suo ingegno, gli anni di solitudine e come alla fine era stato l’amore a infliggerle il colpo mortale. Didone era al suo fianco quando le porte di Sagunto cedettero. Annibale scorse il suo sorriso nel profilo delle Alpi che si stagliava all’orizzonte. E quando dopo molti anni di vittorie e sconfitte Annibale vide il riflesso del proprio viso, solcato da rughe e cicatrici, nella coppa di veleno che stava per bere, quasi gli venne da sorridere pensando quanto il fato fosse stato ilare.
   
 
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