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Autore: Ksyl    11/09/2018    1 recensioni
Dopo gli spari della 8x22
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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5.

Lo dimisero prima del previsto, solo dietro reiterate insistenze. Se fosse rimasto in quel letto ancora per un altro giorno avrebbe dato fuoco all'intero ospedale.
Non erano convinti che fosse la scelta giusta, ma, vista la sua ferra intenzione ad andarsene a ogni costo, avevano infine acconsentito ai suoi voleri. Del resto non erano nella posizione di fermarlo. Piuttosto sarebbe evaso.
Dopo un lungo ed estenuante tira e molla durato qualche giorno, la notizia della sua imminente libertà arrivò in un mattino pieno di sole. Quello in cui, secondo quanto comunicatogli da Allison, avrebbero diminuito il dosaggio dei farmaci di Kate, fino al suo graduale risveglio.
Era eccitato e atterrito al tempo stesso. Forse era così che lei si era sentita il primo giorno del suo nuovo incarico come capitano.

Indossò i vestiti che sua madre gli aveva portato – non aveva intenzione di rivedere mai più quelli con cui era arrivato in ospedale - e attese nervosamente in corridoio che finissero di preparare i suoi documenti. Ascoltò le raccomandazioni fingendosi interessato, ma senza capire una parola.
Tornò a casa in taxi con Alexis, anche se avrebbe preferito rimanere da solo. Si trattava solo di un paio di ore, poi sarebbe corso in ospedale di nuovo e non se ne sarebbe andato finché non l'avesse portata via con sé.
L'ingresso al loft fu più difficile del previsto. Anche se si era ripromesso di un indulgere in pensieri morbosi, l'occhio gli cadde nel punto della cucina in cui avevano rischiato di morire. Fu rapido a distogliere lo sguardo e a dirigersi verso la loro camera da letto. Dovevano svuotare la casa e rinnovare l'intero arredamento. Dovevano ristrutturarla. O venderla, e trasferirsi altrove, anche in un'altra città. Dovevano celebrare il loro nuovo inizio.

A quello avrebbe pensato più tardi, adesso non c'era tempo. Si infilò rapidamente sotto la doccia, anche se glielo avevano sconsigliato, per via dei punti. Si era giustificato convincendosi che, con un po' di attenzione, non avrebbe commesso danni. Più o meno.
Era più debole di quanto gli piacesse ammettere, ma il desiderio di vederla finalmente sveglia lo riempiva di energia nervosa. Decise di radersi, perché voleva baciarla a lungo, senza graffiarla con la barba lunga di qualche giorno.
Cercò di mangiare quello che Alexis gli aveva preparato. Lui non sarebbe stato in grado di mettersi ai fornelli, non solo perché era faticoso rimanere in piedi. Non aveva fame e non aveva voglia di parlare. Le era grato perché si stava occupando di lui, ma trovava superiore alle sue forze gestire l'apprensione della figlia quando doveva i conti con la propria.
Il tempo scorreva in un lento stillicidio. Castle non riusciva a rimanere seduto fermo e composto. Il suo intero corpo bramava per tornare da lei.
Prima del previsto si alzò in piedi. Alexis lo guardò con aria di rimprovero.
"Non è troppo presto? Kate si sveglierà solo nel pomeriggio".
Castle non rispose, reprimendo l'irritazione. Si chinò a baciarla sulla testa, ringraziandola. Riusciva a immedesimarsi in lei e capiva come dovesse sentirsi, ma in ogni caso, niente e nessuno sarebbe riuscito a fermarlo.
Forse avrebbe dovuto aspettare a lungo il suo risveglio, ma non c'era nessun motivo per cui dovesse vivere la lunga attesa a casa invece che accanto al suo letto.
Era grato per la vicinanza della sua famiglia, ma lui e sua moglie erano quasi morti. Entrambi. Aveva bisogno di stare con lei, dovevano farsene tutti una ragione.
Fece il percorso a ritroso, questa volta non temendo che qualcuno lo rapisse. I loro nemici erano tutti morti, o in prigione. Erano liberi, per la prima volta dopo tanti anni.

Incrociò Allison appena oltrepassò le porte del reparto. Dopo diverso tempo trascorso insieme a parlare di Kate, si era instaurato tra loro un amichevole cameratismo. Castle era arrivato a sospettare che avesse un debole per la loro storia, o, semplicemente, faceva il tifo per loro. Forse non le era mai successo di imbattersi in un caso quasi disperato – che alla fine si stava avviando verso una conclusione positiva. O così, almeno, sperava.
Entrarono insieme nella stanza di Kate. Castle si accomodò nella sua poltrona, con uno stato d'animo del tutto opposto a quello dei giorni precedenti.
Era diversa. Avevano già iniziato a procedere alla complessa opera del suo ritorno alla coscienza. Il respiro era più forte e regolare, le labbra rosee, segno che la circolazione era adeguata. Non appariva più a un passo dalla morte – si appuntò di evitare di fare commenti del genere davanti a lei – era solo immersa in un sonno profondo. Per la prima volta da qualche tempo, gli sembrò viva. Gli sembrò la sua Kate.
Desiderò toccarla, senza tutte le necessarie precauzioni con cui si era avvicinato a lei fino a quel momento, attento a non svegliarla, a non disturbarla, a non compromettere la situazione in modi che non riusciva nemmeno a figurarsi.
Non c'era nessun motivo, ormai, per non farlo.
Le accarezzò i capelli, lasciando la mano aperta appoggiata sulla sua guancia calda. Anche quello era cambiato.
Rimase ad aspettare a lungo, finché qualcosa modificò l'atmosfera della stanza, che divenne elettrica. Kate mosse le palpebre. Il cuore di Castle si fermò.
Con molta più naturalezza di quanto si fosse immaginato, nelle lunghe ore trascorse al suo capezzale, Kate si svegliò. Aprì gli occhi come aveva sempre fatto da quando era iniziata la loro relazione. Sorridendogli.
"Ehi", sussurrò Castle con voce soffocata dall'emozione. Non avrebbe voluto mostrarsi tanto sentimentale, ma si trattava pur sempre di sua moglie appena tornata nel regno dei vivi.
"Buongiorno, Kate". Non si era accorto che Allison era entrata nella stanza in punta di piedi. Forse aveva un sesto senso quando si trattava di loro, non se lo spiegava diversamente.
Castle smise di interessarsi del mondo esterno, imbrigliato nelle iridi nocciola screziate d'oro che lo fissavano, ancora confuse.
Kate focalizzò la sua attenzione sull'estranea che l'aveva chiamata per nome.
"Lei è Allison. È Il tuo medico".
A Castle sembrò doveroso occuparsi delle presentazioni, anche se non aveva idea di cosa prevedesse l'etichetta in quelle circostanze.
"Come si sente, Kate?".
Castle voleva avvertirla che usare così spesso il nome di sua moglie avrebbe potuto innervosirla, ma preferì rimanere in silenzio. Magari era un modo per verificare le sue condizioni.
"Stanca", fu la prima parola che pronunciò Kate, con voce impastata. Tornò a voltarsi verso di lui.
"Sei vivo?", gli chiese con stupore misto a sollievo.
Castle avrebbe voluto scusarsi, andare fuori, appoggiarsi a un muro e morire dentro. Aveva temuto a lungo che avrebbe riportato danni neurologici anche se lo avevano rassicurato del contrario. E se avesse perso la memoria? Ci erano già passati. Non era una cosa così fuori dal comune.
"Sì, sono vivo. Anche tu". Lo disse per specificarlo bene a lei, a se stesso e a tutte le divinità che erano state benevole con loro.
"Che cosa è successo?".
Allison le spiegò brevemente a quale tipo di intervento era stata sottoposta, qual era la sua prognosi, quanto tempo era rimasta priva di coscienza, ma non aggiunse altro.
Kate annuiva, cercando di assorbire le nuove informazioni.
"Vi lascio soli per qualche minuto, mi aspettano in un altro reparto. Ne riparliamo più tardi". Gli lanciò un'occhiata complice, prima di andarsene.
Kate aveva gli occhi chiusi, forse si era assopita di nuovo. Lo avevano avvertito che sarebbe potuto succedere spesso.
"Rick?".
Sentirsi chiamare dalla sua voce familiare gli fece una strana impressione. Quella stanza era stata immersa in un silenzio tombale - doveva smetterla, davvero – per la maggior parte del tempo.
"Perché chiami il mio medico per nome?".
Castle scoppiò a ridere. Era proprio da Beckett svegliarsi dal coma, se pur indotto, e mostrarsi gelosa.
"Non sapendo se saresti sopravvissuta ho voluto portarmi avanti e cercare la mia quarta moglie".
Troppo presto? Gli venne il dubbio di aver esagerato. Non voleva agitarla. Però l'aveva detto continuando ad accarezzarle i capelli e a sorriderle innamorato. Doveva aver capito che stava scherzando.
"Te lo scordi", fu la repentina risposta.
Non era cambiato niente. Era sempre la sua Kate.
Si mosse nel letto, cambiando posizione, con una smorfia di dolore. Castle temette che qualche tubo infilato nel suo corpo si fosse staccato – aveva perso il conto di quanti ne aveva – ma non era successo nulla.
"Mi hai portato tu i fiori?".
Preferì evitare di risponderle che no, era stato un suo ammiratore segreto, pensa Beckett, perfino quando sei incosciente affascini gli uomini. Non avrebbe apprezzato. Doveva contenersi perché capiva che stava rapidamente prendendo la strada dell'isteria, per via del fatto di poter interagire con lei dopo tanto tempo e perché aveva sempre quella notizia di nessuna importanza da darle. Quella che avrebbe cambiato il loro futuro.
"Sì, sono miei".
"Grazie. Sono belli. Sono gli stessi che mi hai regalato la prima volta".
Era proprio così. Erano gigli bianchi. Si era fermato a comprarne un mazzo prima di salire da lei.
Sembrò studiarlo meglio.
"Che cosa è successo? Sei già stato dimesso?".
"Sì. Stamattina. Te lo racconterò un'altra volta, adesso sei stanca. Non vuoi provare a dormire?".
Non voleva rimanere da solo, ma d'un tratto non era più sicuro di ricordare il discorso ben confezionato con cui le avrebbe dato la lieta novella.
"No. Penso di aver riposato abbastanza".
Era il momento di dirle le cose come stavano. Aspettare avrebbe solo peggiorato la situazione e Allison stava per tornare. Le prese la mano. Kate gliela strinse di rimando. Come erano cambiate le cose.
"Kate...".
Lo guardò incuriosita. Doveva aver fatto quella cosa con il mento per la quale lo prendeva sempre in giro. Gli diceva che capitava sempre prima che se ne uscisse con qualche perla di saggezza sulla vita e sul mondo.
"Ti ricordi quando siamo stati al Black Door Hotel, qualche settimana fa?".
Kate strinse gli occhi.
"Se è un modo per controllare che io non abbia problemi di memoria, voglio tranquillizzarti. Non ho dimenticato niente della tua vita da playboy".
Era un sollievo. Si era svegliata con il solito buonumore condito da una dose massiccia di sarcasmo.
Castle non aggiunse nulla.
"D'accordo. Sì. Me lo ricordo. È stata una notte divertente".
Era decisamente un modo molto neutro di definire la faccenda. Si erano piùche divertiti.
"Mi stai dicendo che vuoi che ci torniamo, appena starò meglio?".
Perché parlava così tanto? Se l'era immaginata confusa e insonnolita e invece aveva davanti il solito detective in forma smagliante.
"No. Però possiamo tornarci quando vorremo avere il nostro secondo bambino. Sembra portar bene".
"Quale secondo bambino? Non abbiamo nemmeno parlato di avere il primo e già stai pensando...".
Ammutolì, finalmente. Temeva che sarebbe andata avanti a blaterare all'infinito.
"Non... non è possibile", fu l'unica frase che riuscì a mormorare, scossa.
"È possibile", confermò impassibile e segretamente divertito.
Kate abbassò le palpebre, chiudendolo fuori. La capiva, non era un colpo facile da assorbire.
Li riaprì con violenza.
"Io. Ti. Ammazzo!", gli ringhiò contro.
Decisamente non se lo era aspettato.
"Non è colpa mia!". Era una sua impressione o era il discorso più surreale che avessero mai fatto, tenendo conto che si trattava di loro due?
"E di chi sarebbe?!". Era decisamente arrabbiata. Con lui.
"Ok, tecnicamente, a meno che tu non mi nasconda qualcosa...". Occhiata furibonda. "Sono io il responsabile, ma questo non significa che...".
"È quel momento in cui faresti meglio a chiudere la bocca", lo rampognò stizzita.
D'accordo, avrebbe fatto silenzio.
Allison tornò da loro. Forse lei avrebbe avuto maggiore fortuna.
"Va tutto bene qui?", si informò, percependo una certa tensione tra loro.
"Se vuole diventare la sua quarta moglie, io non ho niente in contrario. Glielo lascio volentieri", fu la risposta caustica di Kate.
"No, grazie. È già stato abbastanza faticoso così. Non so come faccia a gestirlo".
Ehi, ehi, ehi. Si stavano coalizzando contro di lui? Era ingiusto. Non aveva fatto niente di male.
Kate tornò seria.
"Il bambino sta bene? È sopravvissuto a tutto questo?". Cercò la sua mano e la strinse forte, mentre aspettava ansiosa le risposte che Allison si accingeva a darle in modo esaustivo. Alla fine del lungo discorso si voltò verso di lui, sorridendogli radiosa. Era già cambiata.

   
 
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