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Autore: Akasha13    11/09/2018    0 recensioni
"La gelosia è un mostro dagli occhi verdi, che dileggia il cibo di cui si nutre." (William Shakespeare)
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Antonio Dawson, Hank Voight
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve anime, dopo aver terminato la Long-Fic eccomi di nuovo ma con una One-Shot, scritta di getto. La storia è nata da un’idea improvvisa durante il rewatch della puntata 2x07 ma non seguirà la trama di nessun episodio. In più ci tengo a precisare che, diversamente da quanto accaduto nella Long-Fic, qui i personaggi potrebbero risultare un po’ OOC. Fatte tutte le specifiche del caso non mi resta che augurarvi buona lettura, ci ritroviamo a fine storia.



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Era successo di nuovo, tutte le volte che un caso s’intrecciava con la SVU di New York Antonio, sentiva un’inspiegabile fitta all’altezza dello stomaco.
Adam era tornato trafelato, con nuove informazioni sul rapimento che stavano seguendo, e appena sentito “traffico di minori”, la fitta arrivò immediata perché sapeva che Hank avrebbe chiamato subito New York, più precisamente sapeva che avrebbe chiamato Olivia Benson.
Ad Antonio piaceva il sergente Benson, la trovava un poliziotto di alta caratura morale, eppure tutte le volte che si aggirava per il 21esimo un senso di oppressione invadeva il suo petto, come se faticasse a respirare liberamente. Ricordava ancora il primo caso che le due squadre avevano seguito congiuntamente e rammentava il suo smarrimento mentre entrava e usciva da stati d’animo che faticava a comprendere. A essere del tutto onesto non era riuscito a capire cosa gli stesse accadendo e non lo capiva nemmeno adesso che, rigido alla sua scrivania quasi a trattenere il fiato, guardava con la coda dell’occhio Hank che leggeva i nuovi dati prodotti da Adam.
-Va bene, io mi metto in contatto con l’Unità Vittime Speciali di New York per sapere se hanno dei casi analoghi, voi continuate a seguire tutte le altre piste e a sentire i vostri informatori- disse Voight, finito di leggere quella dannata cartellina.
Ed eccole le sensazioni familiari che mandavano in confusione Antonio e che lo facevano sentire come sulle montagne russe, quasi privandolo del giusto controllo per ragionare lucidamente, ogni qual volta entrava in gioco la SVU.
Cercò di scrollarsi di dosso tutti quei sentimenti negativi e di tornare al lavoro ma si ritrovò molto più spesso a controllare, con la coda dell’occhio, il suo capo dentro all’ufficio. Fino a quando non lo vide sorridere allo schermo del proprio pc e un moto di stizza lo pervase, tanto che si alzò bruscamente dalla sedia mandandola a sbattere sullo schedario, così forte da far trasalire Erin che lo guardò interrogativamente –Ehi Antonio, tutto ok?-
-Sì, tutto ok, ho bisogno d’aria- non disse altro e afferrato il giubbotto, si precipitò giù per le scale maledicendosi di non riuscire a controllare qualsiasi cosa gli stesse effettivamente accadendo.
Tornò mezz’ora dopo e mentre la squadra si ragguagliava reciprocamente sugli sviluppi del caso, i suoi timori divennero realtà quando Voight, uscito dal suo ufficio, annunciò -ho sentito la Benson, sono sulle tracce di questo traffico di minori da più di tre mesi, pensano che la base operativa sia qui a Chicago quindi prenderanno il primo volo e si uniranno al caso.-
Non si aspettava l’ondata di rabbia che lo colpì e fu grato di dover uscire per controllare degli indirizzi con Alvin, che di solito non parlava molto, perché non era sicuro di potersi controllare e di non urlare in faccia a chiunque gli rivolgesse la parola, Voight su tutti. Quando tornarono, dopo più di quattro ore, il suo stato d’animo era migliorato la rabbia sparita e la respirazione sembrava tornata regolare, fino a quando non arrivò in cima alle scale e alzò la testa.
Antonio non si era aspettato di essere il primo, con Alvin, a rientrare, ma soprattutto non si era aspettato di salire l’ultimo gradino, alzare la testa e trovare Voight da solo con la Benson, uno davanti all’altra che si sorridevano stringendosi la mano. La visione di quella scena, per motivi che non riusciva a comprendere, gli mozzò il respiro con la stessa potenza di un pugno ben assestato all’altezza dello stomaco, dolore compreso.
Si riscosse solo quando avvertì la presenza si Alvin al suo fianco ma capì dallo sguardo di Voight che qualcosa l’avesse tradito, anche se era tornato in se abbastanza da salutare e ragguagliarli sulle ricerche. Fanculo pensò, sarà dura mantenere i nervi saldi e questo caso sarà lungo e complesso, pregò in cuor suo di essere abbastanza lucido da non fare casini.
Hank sapeva che in Antonio c’era qualcosa che non andava con la SVU di New York, se n’era accorto già la prima volta che avevano lavorato insieme ma adesso che era la terza volta ne era più che certo, quello che non capiva è cosa ci fosse di sbagliato. Non aveva mai indagato, si era detto che può capitare di non trovarsi in sintonia con persone di altri distretti, soprattutto se è gente di altre città, ma il detective era uno che andava d’accordo con tutti, diavolo quello difficile era lui mica Antonio! Eppure tutte le volte che la SVU veniva anche solo nominata il detective s’irrigidiva, diventava nervoso e dopo ciò che aveva appena visto, si disse che era arrivato il momento di indagare, Antonio aveva sicuramente qualcosa che non andava e la causa pareva essere Olivia.
Il caso però aveva la precedenza e quindi tutto il resto avrebbe dovuto attendere.

 

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Se le prime due collaborazioni con la SVU gli erano sembrate logoranti per i suoi nervi beh, questa l’aveva provato oltre ogni limite.
Era felice fosse finita ed era felice che la squadra potesse tornare alla sua solita routine perché si sentiva drenato completamente. Certo, era sicuro che Voight prima o poi l’avrebbe chiamato nel suo ufficio per un chiarimento, le varie sfuriate che aveva riservato ad Adam e Jay nelle ultime ore del caso non erano passate inosservate al sergente, e in realtà nemmeno a lui, ma non riusciva a capire cosa avesse, sapeva soltanto che se non si fosse sfogato con loro avrebbe urlato al suo capo e quello era fuori discussione, ci teneva a rimanere vivo dopotutto.
Steso sul letto e con la mente ormai più leggera, dopo 20 ore di lavoro praticamente ininterrotto per riuscire a chiudere quel caso maledetto, cercava di comprendere il perché di quello tsunami che ogni volta si abbatteva su di lui all’arrivo del sergente Benson. Non cavò un ragno dal buco come sempre ed esausto si addormentò.
Al turno successivo era quasi sollevato quando Voight non lo convocò nel suo ufficio per dei chiarimenti, così come si sentì sollevato anche nei giorni seguenti, ma arrivato a due settimane senza che il sergente facesse accenno alla sua condotta a dir poco bizzarra durante il caso con la SVU, cominciò a sentirsi stranamente irritato. Arrivato alla terza settimana era furioso e quello tsunami di emozioni, che normalmente provava solo durante la presenza della Benson, si ripresentò più forte che mai facendogli perdere il controllo, questa volta con Kevin.
Cominciò a credere di essere diventato pazzo, o semplicemente che il lavoro gli stesse causando qualche problema, perché non trovava normale essere nervoso per non aver ricevuto un richiamo sul suo comportamento anomalo durante un caso. Eppure eccolo lì, a farsi saltare i nervi soltanto perché il suo capo gliela faceva passare liscia, ma era davvero questo il motivo?
Antonio s’interrogò su quel punto, o meglio ci provò prima di essere bloccato, mentre rientrava al distretto dalla porta sul retro, da Voight. Trasalì e congelò sul posto, mentre il suo cervello gli faceva presente che non era una reazione normale nemmeno quella.
 

Hank l’aveva visto il comportamento di Antonio durante il caso con la SVU, le sfuriate che aveva propinato ad Adam e Jay senza motivo gli avevano fatto alzare pericolosamente il livello di guardia nei confronti del detective. Gli era ormai chiaro cosa stesse accadendo nella mente di Antonio, si chiedeva soltanto se quest’ultimo ne avesse preso coscienza e se avesse intenzione di risolvere la cosa a breve. È per quello che aveva atteso che fosse il detective a presentarsi alla porta del suo ufficio per dargli una spiegazione e mettere le carte in tavola, però dopo l’ultimo scatto d’ira capì che avrebbe dovuto prendere in mano le redini della situazione. era ovvio che Antonio non avesse fatto chiarezza dentro di se. Beh si disse, lo aiuterò io a farla e una volta per tutte.
Ed è per quello che lo attese, a quell’orario insolito, nella stanza sul retro.


Antonio non si era certo aspettato un’imboscata, non lì e non a quell’ora della notte dopo un turno di 12 ore, ma poi quasi sorrise a se stesso, stava parlando pur sempre di Voight.
Si riscosse a quel pensiero e chiuse accuratamente la porta dietro di se, per poi rimanere immobile davanti al sergente che, adesso che processava meglio la scena, era davvero troppo vicino a lui, così tanto che se avesse allungato una mano avrebbe potuto toccarlo.
Istintivamente deglutì a vuoto, incerto se lo strano senso di panico, imbarazzo e qualcos’altro che non riusciva a collocare, derivasse da quella forma di pazzia di cui sicuramente era affetto, non vedeva altri motivi per il suo comportamento delle ultime settimane. Poi il sergente parlò e anche la respirazione cominciò a essere difficoltosa.
-Antonio dobbiamo parlare, da soli.-
L’agitazione che s’impossessò di lui gli fece dubitare di essere lo stesso detective che prendeva a calci in culo criminali ogni giorno, cosa diavolo gli stava prendendo?
Stinse le mani a pugno così forte da farsi sbiancare le nocche e quel lieve dolore lo fece tornare subito in se, tanto da riuscire a parlare –senti sergente so già cosa vuoi dirmi e mi dispiace, per tutto, non so cosa mi stia succedendo ma non ricapiterà.-
Sperava che quello fosse abbastanza da far demordere Voight ma si sbagliava, lo vide fare un passo avanti e istintivamente lui fece mezzo passo indietro, continuando a stringere più forte i pugni.
Hank intanto stava registrando ogni più piccolo movimento del corpo di Antonio, ogni sfumatura della voce, ogni singola ruga che gli solcava il viso, sapeva che era al punto di rottura, bastava toccare la corda giusta e lui sapeva benissimo quale fosse.
-Antonio guardami, dimmi cosa c’è che non va con Oliva Benson.-
Ed eccolo lì, vide il momento esatto in cui la corda aveva vibrato e poi si era spezzata, la scintilla di rabbia mista a dolore che per giorni aveva visto bruciare negli occhi del detective, Hank era pronto, sperava lo fosse anche l’altro.
A quella richiesta, e udendo quel nome, Antonio sentì montare dentro di se tutte le emozioni negative che aveva cercato di tenere a bada per settimane, fluirono in lui come un torrente in piena, un torrente tossico che brucia le vene e annebbia il cervello, esplose.
-Cosa diavolo c’entra adesso la Benson!- iniziò a sbraitare gesticolando scompostamente.
-Perché, perché deve sempre entrarci lei, me lo dici? Se t’interessa così tanto perché non le chiedi di uscire, anzi no, perché non ti trasferisci a New…-
Non riuscì a finire la frase, si ritrovò la testa bloccata dalle mani del sergente mentre le sue labbra erano chiuse da quelle di Hank.
Rimase come congelato, con gli occhi sbarrati, Voight lo stava baciando, cazzo, Hank lo stava baciando!
Il detective non riuscì a processare quell’informazione correttamente però perché Voight si separò dalle sue labbra e mentre leggeva lo shock nei suoi occhi, lo apostrofò –hai finito?-
Antonio sbatté le palpebre e il suo cervello iniziò a funzionare di nuovo, si rese conto che tutte le emozioni negative delle ultime settimane erano scomparse, la nebbia che offuscava la mente, svanita, adesso vedeva tutto chiaramente.
La sua era gelosia lo era sempre stata!
Tornò a fissare Hank, erano ancora così vicini che i loro respiri si mescolavano, e ciò che lesse dentro i suoi occhi gli scaldò così tanto il cuore che non poté fare a meno di dichiarargli la verità, quella verità che lui aveva appena compreso ma che l’altro sospettava da settimane.
-Il mostro dagli occhi verdi Hank.-
Voight trattenne a stento una risata mentre lo punzecchiava bonariamente -Shakespeare, veramente?-
-Oh sta zitto- lo rimbeccò il detective.
Hank sorrise mentre Antonio si sporgeva per ricambiare quel bacio che, poco prima, l’aveva scioccato.
E mentre il bacio diventava sempre più profondo e passionale entrambi pensarono la stessa cosa “il mostro dagli occhi verdi sarà sempre una parte di noi e non sarà facile conviverci ma almeno adesso è tutto chiaro e soprattutto, siamo insieme.”
Perché quello che Antonio ignorava era quanto Hank fosse geloso di lui, ma l’avrebbe scoperto, oh se l’avrebbe scoperto.

 


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Se siete arrivati fin qui, vi ringrazio e spero che la lettura sia stata di vostro gradimento.
Qualora la storia vi fosse piaciuta vi sarei grata lasciaste una recensione e se avete critiche o commenti costruttivi ricordatevi che sono sempre ben accetti perché, non mi stancherò mai di ripeterlo, nella vita non si smette mai di imparare.
Un abbraccio, alla prossima.



 
   
 
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