L’agenzia gli aveva
assicurato che la macchina messa a sua
disposizione godeva del rifornimento di benzina necessario per
attraversare
senza problemi l’intero tratto di autostrada che gli
interessava per arrivare
sino a Trenwith. Tuttavia, una volta acceso il motore, Ross si rese
conto che la spia
del carburante lampeggiava di una luce rossa piuttosto eloquente. Ormai
sarebbe
stato inutile lamentarsi e chiedere indietro i suoi soldi, visto che
quel pezzo
d’antiquariato era l’unico disponibile al momento e
non ci sarebbe stato
nient’altro di meglio da scegliere se non prima di
mezzogiorno.
Per fortuna, qualche ora prima del
decollo, Ross aveva
prelevato del denaro dal bancomat dell’aeroporto per disporre
di una certa
liquidità in caso ne avesse avuto bisogno per rimediare ad
emergenze come quella,
perciò non poté far altro che sperare che la
macchina lo conducesse almeno fino
alla stazione di servizio più vicina.
Dopo circa tre chilometri, si
materializzò alla sua vista
proprio quello che cercava, quasi fosse un miraggio.
Rallentò per svoltare a
sinistra e immettersi nella lunghissima coda di macchine che lo
precedevano,
cercando nella sua borsa da viaggio un paio di occhiali da sole per
proteggersi
da quella mattinata particolarmente luminosa.
A giudicare dal tempo, il suo ritorno
in Cornovaglia sembrava
già segnato da un inizio se non altro caloroso.
Così, preso dal buon umore,
aumentò il volume della radio e aspettò
pazientemente il suo turno, lanciando
di tanto in tanto uno sguardo al paesaggio che lo circondava, mentre
una
bellissima sensazione di sollievo si faceva spazio nel suo cuore
nostalgico.
“Ragazza, è da
due ore che aspetti qui! Si può sapere cosa
ne vuoi fare di quel randagio?”
Il proprietario del punto di
rifornimento sbraitò contro una
macchina accostata vicino al bar, richiamando l’attenzione di
molti degli
autisti in coda, tra cui Ross. La ragazza sostenne senza paura lo
sguardo
minaccioso dell’uomo, continuando ad accarezzare il pelo di
quel cane che non
voleva saperne di andare via da lì, chiaramente
traumatizzato anche a causa
della ferita che aveva su una zampa.
Di fronte alla testardaggine della
chioma rossa che faceva
capolino da dietro la macchina, il benzinaio reagì
afferrando un vecchio tubo d' acciaio con l’intenzione di
costringere il cane ad allontanarsi dalla sua
proprietà. Con la lingua che gli sporgeva da un angolo della
bocca, lasciò che
un suo dipendente lo sostituisse e si incamminò con
determinazione verso il
malcapitato.
Ross aveva osservato con attenzione
tutte le fasi di quella
scena assurda che si stava svolgendo davanti ai suoi occhi, facendo il
tifo per
la ragazza, di cui riusciva a scorgere soltanto i bellissimi capelli rossi,
e il
meticcio che lei tentava di difendere disperatamente dalla violenza
dell’uomo. Ma,
quando intuì che la situazione avrebbe potuto degenerare, non esitò nemmeno un secondo
a precipitarsi fuori dall’automobile per disarcionare quel
bruto che si stava per
lanciare contro il cane.
Un urlo si levò nel
momento in cui l’arma mirò il suo
obiettivo. La ragazza si schierò in difesa del cane, pronta
a ricevere il colpo
lei stessa piuttosto che vedere soffrire ulteriormente
l’animale che aveva
appena salvato da un incidente potenzialmente mortale.
Il sacrificio le fu risparmiato. Ross
gettò via con un colpo
solo quell’arma improvvisata e insieme ad essa
l’uomo che la impugnava.
“Cosa diavolo hai fatto,
eh? L’avevo quasi preso quel figlio
di…”
La ragazza rimase quasi pietrificata,
con gli occhi ancora
protetti dalle mani che le nascondevano il viso, spiando con cautela
tra le dita ciò che succedeva a qualche metro di distanza da dove
si trovava. Dopo aver constatato che il
pericolo era scampato, aprì rapidamente lo sportello della
macchina e sistemò
sul sedile posteriore la povera creatura spaventata.
“Non avere paura, adesso
andiamo via da qui. Te lo
prometto.”
Ross prese la rincorsa per poterla
raggiungere prima che lei
entrasse in auto e partisse a tutta velocità,
“Aspetti! Posso fare qualcosa per
lei?”
“Oh, no. Ha fatto
già tanto, non credo sia il caso di
privarla ulteriormente del suo tempo.” La ragazza si
voltò verso di lui,
rivelando uno splendido paio di occhi azzurri. Era molto magra, ma non
troppo
esile ed emanava un carisma raro, attraverso delle espressioni e degli
atteggiamenti in cui Ross riusciva curiosamente a ritrovare una parte
di se
stesso.
Si guardarono intensamente, poi la
ragazza distolse lo
sguardo in preda all’imbarazzo.
“Mi scusi se l’ho
messa a disagio. E’ solo che…niente, scusi
di nuovo. La stanchezza inizia a farsi sentire.” Ross si
sporse per guardare
meglio la ferita sulla zampa del cane, togliendosi gli occhiali da sole
per
ispezionarla meglio. Era stata fasciata con una sciarpa dal tessuto
leggero, da
cui traspariva il colore del sangue ormai secco.
“Vedo che se la cava bene
con le fasciature. Mi dica, come
ha…?”
“Per prima cosa gli ho
messo su una museruola, precisamente
quella offertami da un signore che ha deciso gentilmente di aiutarmi
togliendola al suo
bulldog. Poi ho disinfettato la zona interessata con della semplice
soluzione
salina, sa la porto con me per via delle lenti… Dopo aver
irrorato anche un ago
da cucito che mi ritrovavo nella borsa, ho preso del filo interdentale
e ho
cucito i lembi di pelle. Infine ho protetto la ferita con la mia
sciarpa, e
questo è tutto.” Concluse con un sorriso
soddisfatto sulle labbra.
“Bene, ora si spiega tutto.
Lei è un medico, suppongo.”
“Un medico specializzando.
E pensare che oggi avrei dovuto
iniziare il mio tirocinio! Ma non importa, almeno qui sono stata
d’aiuto.”
Ross la incoraggiò,
“Si consoli pensando alle conseguenze
che questo inconveniente avrà su di me. Ovviamente
dovrò cercare un altro punto
di rifornimento, solo che non credo che la macchina
camminerà ancora per molto.”
“Potrei darle io un
passaggio, se vuole. Dove deve andare?”
“Lei conosce Trenwith? Non
è troppo lontano da qui.”
“Oh, certamente. Io abitavo
a Illuggan, conosco benissimo
quella zona.” Si interruppe, sforzandosi di ricordare un
dettaglio che in quel
momento sembrava volersi dileguare inconsciamente dalla sua
memoria… In realtà,
sentiva che quello non era il momento di rivangare il passato e che
tutto
sommato sarebbe stato meglio lasciarsi alle spalle anche quei pochi
ricordi
felici che si ostinava a tenere conservarti per poter ritornare ogni
tanto su
quelle scogliere solitarie dove da piccola si rifugiava per sfuggire
alle botte
di suo padre. A volte ci tornava col pensiero per ripararsi da un
altro tipo
di colpo, quello infertole dalla solitudine e dalla paura del futuro.
Solamente
quando il dolore subito, a causa del peso della povertà e
del vizio, aveva la
meglio sul suo umore, la lontananza da casa le appariva come una
benedizione e
il sentimento di tristezza decisamente più sopportabile del
bruciore alle
piaghe che le marcavano la schiena.
Anche la cicatrice disegnata su un
lato del viso di quello
sconosciuto raccontava una storia, probabilmente difficile come la sua,
che la intrigava
e intimoriva al tempo stesso. Non conosceva nemmeno il suo nome, ma era
sicura
di averlo già visto da qualche parte.
“Io mi chiamo Demelza
Carne, mi scusi se non mi sono
presentata prima. Allora, pronto per partire?”
Dopo aver spostato la macchina in
un’area di sosta e
trasferito i suoi bagagli in quella di Demelza, Ross prese posto sul
sedile accanto al suo. Dentro di lui sentiva che era esattamente di
questa svolta che
aveva bisogno per iniziare ad avvertire davvero il calore di casa e,
chissà,
magari Demelza lo avrebbe condotto persino più lontano di
quanto riusciva ad
immaginare.