Genere: fantascienza
Tipo: one shot
Personaggi: James T. Kirk, Leonard H. McCoy
Coppia: slash
Rating:
PG-13, giallo
Avvertimenti: movieverse,
lime
PoV: terza persona
Disclaimers: i personaggi non sono
miei, ma di Gene Roddenberry (J.J. Abrams). I personaggi e gli eventi in questo
racconto sono utilizzati senza scopo di lucro.
Blackout
Con un sussulto il turbo-ascensore si arrestò di colpo.
“Che succede?” sbottò McCoy irritato, non amava trovarsi chiuso in uno
spazio tanto ristretto.
“A quanto pare, si è bloccato tra i ponti sette e sei” spiegò Jim pigiando
il tasto dell’interfono.
“Scotty! Il dottor McCoy ed io siamo bloccati nel turbo ascensore.”
“Ho visto, capitano, ci sto già lavorando!” assicurò. Pochi istanti dopo si
spensero tutte le luci.
“Oddio no” si lamentò il dottore colto dal panico.
“Va tutto bene Bones. Sta calmo, ci tireranno fuori.”
A tentoni raggiunse il pannello di controllo e premette il pulsante
dell’intercom ma non accadde nulla.
Soffocò un’imprecazione e in quel momento si accese la luce di emergenza.
Non era un granché ma almeno non erano al buio.
L’ufficiale medico capo si era lasciato scivolare sul pavimento e Jim lo
raggiunse vedendo quanto fosse preoccupato.
“Ci sono io qui con te; Scotty ci tirerà fuori in un baleno” cercò di
rassicurarlo, sapeva che il capo ingegnere era in gamba ma doveva capire cosa avesse
procurato quel blackout.
“Leonard siamo al sicuro, non ci capiterà niente” tentò di rassicuralo,
facendolo voltare verso di sé. Il dottore annuì poco convinto.
I minuti passavano e tutto rimaneva immutato o quasi.
“Non ti sembra faccia più caldo?” domandò dopo un po’ Leonard.
“No, è solo una tua impressione” mentì l’altro.
“Perché Scott ci impiega così tanto?” piagnucolò insofferente per quella
assurda situazione.
“Deve trovare il problema per poi risolverlo.”
“Molto incoraggiante” sbottò il dottore.
Il silenzio calò nuovamente tra loro, anche se Jim poteva avvertire il
nervosismo dell’amico crescere di momento in momento, temeva che sfociasse nel
panico da un momento all’altro.
“Jim?”
“Si?”
“Da quanto siamo chiusi qui dentro, secondo te?”
“Forse una decina di minuti, forse qualcosa di più.”
“Lo dici solo per tranquillizzarmi.”
“Non lo so Bones, non credo da molto…” non mentiva del tutto in quella
situazione era facile perdere la cognizione del tempo.
Altri minuti si addensarono uno dietro l’altro e Kirk si sollevò mettendosi
in ginocchio con un sorriso strano che il dottore non riuscì a interpretare.
“Dobbiamo trovare qualcosa per fare passare il tempo e distrarre la mente.”
McCoy inarcò un sopracciglio “Hai qualche idea?” domandò curioso.
“Oh sì” rispose con un sorriso smagliante avvicinandosi al suo volto.
McCoy rimase scioccato quando le labbra del suo capitano, del suo amico, di
Jim si posarono sulle sue in un bacio affamato e profondo.
Impiegò qualche secondo a reagire ma, invece di respingerlo, affondò una
mano in quei capelli biondi e gli fece reclinare la testa indietro, schiuse le
labbra permettendo al suo capitano di esplorare la sua bocca.
“Wow” bisbigliò Jim sollevandosi appena, giusto per riprendere fiato.
“Forse hai ragione, comincia a fare caldo qui” asserì strattonandogli la
maglia.
“Sì” confermò sollevandogli le braccia permettendo al dottore di sfilargli
le maglie accarezzandogli la pelle sudata.
Kirk fece altrettanto, stuzzicandogli con le dita i capezzoli, tornando a
divorargli le labbra come se da quello dipendesse la sua vita.
Si mise cavalcioni su di lui sfregando le loro erezioni intrappolate nei
pantaloni. Kirk gettò la testa indietro quando McCoy gli succhiò con forza la
base del collo.
“Bones” gemette affondando le dita nei capelli scuri dell’altro.
Le luci si accesero all’improvviso.
“Cazzo” sbottò Kirk allarmato.
“Capitano?” la voce di Scotty.
Kirk si mise in piedi con un gemito: l’erezione che aveva nei pantaloni era
quasi dolorosa.
“Kirk” gemette umettandosi le labbra.
“State bene?”
“Sì.”
“Abbiamo trovato il guasto e ripristinato l’energia tra due minuti,
dovrebbe ripartire.”
“Grazie… Scotty.”
“Tutto bene capitano?”
“Si è solo che cominciava a mancare l’aria qui dentro” spiegò lanciando
un’occhiata a Bones che fissava il pavimento.
Kirk posò la fronte sulla paratia davanti a sé cercando di schiarire la
mente, vide Leonard rivestirsi lentamente.
“Bones” mormorò non sapeva cosa dire accucciandosi al suo fianco, trasse un
respiro profondo ma la sua erezione non voleva saperne di calmarsi.
“È meglio così” mormorò McCoy, ma Kirk scosse la testa. Uno scossone gli
fece perdere l’equilibrio e finire addosso all’ufficiale medico capo.
“Vuoi davvero che finisca qui?” domandò fissandolo negli occhi.
Sentì il turbo ascensore accelerare a breve si sarebbero aperte le porte.
Il dottore non rispose abbassando lo sguardo.
Kirk si alzò in piedi e s’infilò la maglia nera appena in tempo.
“Capitano!” esclamò Scotty sollevato nel vedere che stavano bene “Mi
dispiace di averci impiegato tanto, ma…”
“Non si preoccupi, ha fatto un ottimo lavoro.”
“Quanto siamo rimasti chiusi lì dentro?” domandò al primo ufficiale.
“Trentadue minuti punto dodici.”
“Dottore tutto okay?” chiese Scotty vedendo il medico alzarsi in piedi.
“Sto bene ora se volete scusarmi, vado a farmi una doccia” disse uscendo
dall’abitacolo senza guardare il capitano, Kirk fece un passo e l’altro si
voltò “Non ti azzardare a seguirmi” ringhiò per poi voltarsi e andare via a
passo svelto.
“Capitano, posso farle una domanda?” chiese Spock alla fine del loro turno,
quando furono soli nell’ascensore.
“Certo.”
“Cosa è successo tra lei ed il dottore?”
Kirk si irrigidì all’istante “Non sono cose che la riguardano” rispose un
po’ bruscamente.
Quella stessa sera, Kirk fissava il soffitto della sua cabina, non riusciva
a dormire, continuava a vedere l’espressione di Leonard e quell’espressione gli
faceva male al cuore.
Forse, doveva ammetterlo, aveva esagerato, però il dottore non lo aveva
respinto.
***
Passata una settimana, Jim cominciava a preoccuparsi: Bones lo evitava, non
andava nemmeno in plancia a bighellonare come era suo solito.
Entrò nel proprio alloggio alla fine del turno, quella situazione stava
diventando insostenibile.
Chiamò l’infermeria, la voce della Chapel rispose squillante.
“Può dire al dottor McCoy di venire nel mio alloggio? Non mi sento troppo
bene” mentì se c’era una cosa che sapeva che Leonard non avrebbe mai rifiutato
era vedere come stava.
“Mi spiace, capitano, ma il dottor McCoy ha terminato il turno dieci minuti
fa e si è ritirato nel suo alloggio chiedendo di non essere disturbato, vuole
che dica al dottor Carter di venire da lei?”
Il giovane rimase in silenzio un istante “No, fa lo stesso” rispose, tanto
sapeva che Christine aveva intuito la sua bugia “Kirk chiudo.”
Si diresse a grandi passi verso l’alloggio di Bones, si fermò a fissare la
porta; sul display lameggiava la luce rossa: era bloccata.
Suonò e attese paziente, ma non accadde nulla. Suonò una seconda volta e
una terza.
Bene, se voleva il gioco duro, lo avrebbe avuto.
“Dottor McCoy apra questa porta, immediatamente, è un ordine!” scandì a
voce abbastanza alta che l’altro, all’interno, lo avrebbe sicuramente sentito.
Passarono degli interminabili secondi, stava per ripetere l’ordine quando
la luce sul display divenne verde e la porta si aprì docile davanti a lui.
Kirk entrò con un sospiro. Bones era in piedi in mezzo alla stanza, le
braccia incrociate sul petto e un cipiglio tutt’altro che mansueto.
“Se non ne fosse informato, capitano, il mio turno è terminato quindici
minuti fa. Se ha urgenza c’è il dottor Carter in servizio” sentenziò con un
tono gelido, duro e formale che non gli aveva mai rivolto.
“Dobbiamo parlare, Leonard” iniziò fissandolo negli occhi tornando su un
tono più colloquiale.
“Non abbiamo niente da dirci” lo interruppe “E ora, se non ti dispiace,
vorrei riposare, sono molto stanco.”
“Spiegami almeno perché sei in collera con me.”
Il dottore fece due passi e gli si parò davanti, così vicino che poteva
sentire il suo respiro sul viso.
“Credevo fossi mio amico! Che non avresti mai approfittato di una mia
debolezza” sibilò a denti stretti.
Kirk corrugò la fronte “Non ho approfittato di niente! Eravamo in due in
quell’ascensore!” gridò sentendosi punto sul vivo.
“Se non avessi voluto sarebbe bastato dirlo! Bastava chiedere ed io mi
sarei tirato indietro. Credi che ti avrei forzato a fare qualcosa che non
volevi” sbraitò scuotendo la testa, non poteva accettare che Leonard potesse
anche solo pensare che lui fosse quel genere di persona.
L’espressione dell’altro mutò e abbassò lo sguardo.
“Hai risposto al mio bacio! È stato fantastico ed ho sentito quanto questo
ti eccitasse. Quindi, io, non ho approfittato di niente!” concluse calcando con
enfasi sull’ultima parola.
Vide il dottore contrarre la mascella e stringersi un po’ nelle spalle.
“Il problema non è mio, Leonard; io so esattamente la portata dei miei
sentimenti per te” confessò con un lieve sorriso e vide lo stupore allargarsi
in quelle iridi scure.
“Tu hai paura di essere ferito, dopo quello che hai passato e lo capisco.
Se è di tempo che hai ancora bisogno… io aspetto, ma smetti di evitarmi. Perché
questo mi ha fatto davvero male in questi giorni” concluse attendendo in
silenzio.
“Hai ragione… ragione su tutto” ammise piano.
Leonard si allontanò e si sedette sul bordo del letto prendendosi la testa
tra le mani.
“Ti rendi conto che se non si fosse riaccesa la luce noi due…”
“Avremmo fatto l’amore” concluse per lui accucciandosi davanti a lui. “Ed è
un pensiero così terribile?”
“No, ma non era in un turbo-ascensore che avevo immaginato la nostra prima
volta.”
Kirk sorrise a quella confessione, sedendosi accanto a lui “A no? Dove
allora?” chiese curioso, vedendolo arrossire un po’.
“Avanti!” lo spronò, sospingendolo a sdraiarsi e facendo altrettanto,
sostenendosi la testa con una mano. “Ho molta fantasia e non mi sconvolgo quasi
di nulla” disse con un sorriso incoraggiante.
“Non c’è nulla di sconvolgente: c’è un campo, non lontano dalla casa dove
abitava mio padre. Con una vecchia quercia secolare. Il cielo limpido d’estate
l’erba profumata sotto alla schiena.”
“Sembra un bel posto” mormorò Kirk con gli occhi chiusi visualizzando nella
sua mente il luogo.
“Lo è. Mio padre ha chiesto a mia madre di sposarla in quel posto. Avrei
voluto fare lo stesso, ma Sophia odiava la compagna. Era così diversa da me.”
“Perché l’hai sposata?”
“Perché l’amavo e perché credevo nell’amore eterno e che nulla ci avrebbe
diviso: sciocco, giovane e innamorato” bisbigliò infinitamente triste.
Kirk gli posò una mano sul volto facendolo voltare verso di sé: era raro
che Leonard si lasciasse andare a simili confidenze soprattutto da sobrio. Se
era di questo che aveva bisogno lui avrebbe semplicemente ascoltato.
“Hai ragione, Jim, ho paura di lasciarmi coinvolgere di nuovo. Ho paura di
investire le mie energie ed ho il terrore di essere abbandonato ancora” spiegò
sospirando, mentre una lacrima scendeva lungo lo zigomo. Kirk asciugò quella
lacrima con le labbra, lo sentì sorridere.
“Sono ben consapevole dei sentimenti che provo per te, ammetto che sono
stato destabilizzato, all’inizio, perché non avrei mai creduto di innamorarmi
del mio migliore amico, ma è successo e basta.”
“Perché non me lo hai mai detto?”
“Per codardia e perché il tuo comportamento è sempre stato ambiguo nei miei
confronti.”
Il capitano si sollevò a sedere “Non è vero!” protestò.
“Non te ne rendi nemmeno conto potrei farti una miriade di esempi.”
Jim si sporse su di lui “Allora cercherò di essere più chiaro: posso
baciarla dottor McCoy?”
Leonard sorrise: “Permesso accordato, capitano.”
Jim affrettò il passo ed entrò nel turbo ascensore “Buon giorno” salutò.
McCoy si limitò a fare un cenno con il capo.
L’elevatore partì, ma poco prima di arrivare in plancia si bloccò.
“Oh, no. Non di nuovo” si lagnò il dottore, volgendosi verso il capitano e
l’ultima cosa che vide prima che luci di spegnessero fu il sorriso affilato di
Jim.
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Note dell’Autrice.
Mamma mi sono tre anni che non scrivo e non pubblico niente e poi
eccomi qui con questa shot su un fandom che conosco bene.
Grazie a chi è arrivato in fondo a questa storia.
A presto (speriamo)
Un Kiss
Bombay