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Autore: shinigami di fiori    15/09/2018    0 recensioni
Fiducia? La cosa più inutile del mondo.
Però ricordava quell'isola, e ricordava la paura.
Ricordava che, lottando contro i suoi istinti, alla fine si era fidato.
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Crocodile, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Aprì gli occhi con fatica, il sole picchiava così forte da fare male.
Li richiuse immediatamente, sentendo i raggi scottargli la fronte.
Sentiva intorno a sé i versi dei gabbiani, il rumore delle onde infrangersi sul quella che doveva essere una spiaggia.
Decise di farsi forza e alzarsi, il corpo doleva uvunque.
Aveva la sabbia appiccicata ai vestiti bagnati e ricoperti di sale, la testa pulsava e sentiva la bocca completamente asciutta.
I capelli corvini spettinati pieni di alghe e un accaldamento insopportabile.
Era seduto sulla sabbia, osservava il mare tranquillo davanti a sé.
Poi spostò lo sguardo lentamente, ispezionando la zona.
Era un’isola.
Bhe, era più che sufficiente essere vivo.
Cercò di alzarsi in piedi ma ricadde subito dopo, lasciando manate di sabbia vicino alla conchiglie.
Un dolore intenso all’altezza del fianco destro lo costrinse a terra, immobile.
Dopo aver ispezionato i suoi indumenti capì che la sua maglia non era  umida solo a causa del mare; sollevandola vide una brutta ferita sul fianco, sanguinante e terribilmente dolorosa.
Era uno squarcio tremendo e non aveva di che curarsi, ovviamente.
 
“Devo essermela fatta cadendo dalla nave”
 
Strizzò gli occhi e si sfilò la maglia nera con movimenti cauti, il dolore era lancinante.
Tamponò la ferita e poi la cinse intorno alla vita facendo uno stretto nodo per bloccare il sangue.
Si sentiva malissimo tra la nausea, la fame, la sete, la stanchezza e il dolore.
Si voltò nuovamente dando le spalle al mare e si portò una mano al viso, assciugandosi il sudore.
Era un’isola tropicale apparentemente deserta; non vi erano segni di civiltà, solamente pini dall’altezza vertiginosa.
Pini su un’isola del genere? Bhe, quello era il Nuovo Mondo, non c’era da stupirsi.
Sicuramente ci sarebbero state stranezze ben peggiori tra quegli alberi mastodontici.
Dove finiva la sabbia iniziava l’erba, gialla in prossimità della sabbia e sempre più smeralidina vicino alla vegetazione.
Il ragazzino sbuffò, tirandosi i capelli corvini all’indietro e sentendoli come paglia a causa del sale e della sabbia.
Si sollevò con fatica, reggendosi la parte lesa che tirava e bruciava.
Si spostò verso gli alti scogli alla ricerca di ombra, muovendosi appoggiato alle pareti viscide e coperte di alghe.
Salì con fatica su una roccia, troppo alta per essere raggiunta dal mare tranquillo ma bassa abbastanza da essere scalata con facilità dal ragazzo.
Si alzò e osservò da una panoramica migliore:
il mare era calmo, in cielo nemmeno una nuvola, gli aghiflogli danzavano piano accompagnati dal vento e non vi era traccia di segni di vita.
 
“Merda...”
 
I suoi stanchi occhi grigi intravidero una giovane palma, isolata da ogni altra pianta; cresceva nella sabbia circondata da sterpi morti e secchi.
I grandi gusci marroni sotto le grande fronde illuminarono gli occhi del giovane che, ignorando il dolore, balzò giù dallo scoglio e raggiunse l’albero.
Raccolse un cocco e lo tirò contro ad un sasso per romperlo, ma questo semplicemente rimbalzò depositandosi sula sabbia dorata.
 
“Tsk...”
 
Ne raccolse un paio e li tenne in grembo, iniziando a camminare.
Era riluttante ad attraversare la vegetazione, ma esplorare aveva la prorità assoluta...Doveva trovare una fonte d’acqua e de cibo.
Il terreno era muschioso, l’aria afosa ed era facile inciampare nelle radici dei grandi alberi.
Vi erano punti in cui i raggi del sole difficilmente toccavano il terreno della foresta, e queste zone venivano abbracciate da una strana oscurità.
Il ragazzo strinse le noci di cocco e continuò a cammiare; teneva le orecchie tirate e stava sempre all’erta.
Ma sembrava davvero un’isola disabitata, persino dagli animali.
La fitta al fianco lo costrinse a rallentare e a rivalutare i suoi piani; per quanto piccola, non sarebbe riuscito ad esplorare tutta l’isola in quelle condizioni...Aveva bisogno di nutrirsi e riposare.
Ma soprattutto doveva fare qualcosa per quella ferita dato che disinfettarla con l’acqua di mare non sembrava essere servito a molto.
Sentiva il sangue sgorgare ad ogni movimento brusco, ad ogni passo e ad ogni colpo di tosse.
Si guardò intorno, asciugandosi il sudore dalla fronte.
Un rifugio, doveva trovare un rifugio.
I suoi occhi erano pesanti, le gambe tremavano.
Ed ecco che tra i cespugli, le alte radici e giganteschi tronchi dei pini una caverna si ergeva in tutta la sua grandezza, a non molti metri da lui.
Gli occhi del corvino si riaccesero, le sue gambe trovarono nuovamente stabilità a contatto con la terra.
Si mosse velocemente verso la grotta buia, qualsiasi pericolo ci fosse stato all’interno ci avrebbe pensato sul momento.
Sentì i suoi passi rimbombare dal fondo e dedusse che doveva essere piuttosto ampia.
I suoi occhi si abituarono subito all’oscurità permettendogli di intravedere la circonferenza della sua dimora: c’erano rocce di calcare sul terreno, sul soffitto e persino sulle pareti.
Era circolare e non sembravano esserci ospiti indesiderati.
Il ragazzino sospirò rilassato prima di notare la più bella cosa della giornata...Sul fondo della grotta un buco dalla forma irregolare ospitava una pozza d’acqua grande abbastanza da poerci entrare tutto d’un pezzo.
Il ragazzo si avvicinò, depositando le noci di cocco vicino ad una roccia calcarea.
Osservò l’acqua scura, così profonda e avvolta dall’ombra da non riuscire nemmeno a vedere il suo riflesso.
Non era acqua stagna, sembrava esserci un collegamento con l’esterno.
Allungò la mano e la posò sulla superficie...Era gelida.
Se la portò alle labbra, leccando con la punta della lingua le gocce che si erano depositate sulle dita.
Il giovane strinse i denti seccato, sputando a terra.
 
“Acqua di mare...”
 
Si sciolse la maglia dalla vita, la bagnò nella fredda acqua dela grotta e se la legò di nuovo, sperando che alleviasse un pò il dolore.
Si sistemò accando alla parete umida, tenendo le noci in grembo.
 
“Devo trovare un modo per lasciare quest’isola”
 
Prese un sasso e iniziò a colpire ripetutamente il frutto con la poca forza che gli era rimasta.
Non riusciva a creparlo, solo a scalfirlo.
Respirava affannosamente, era affamato e assetato...Voleva davvero che quello stupido frutto collaborasse un pò.
Colpì un’altra volta la noce e, all’ennesimo fallimento, si abbandonò con la testa contro alla parete.
Guardava il soffitto e contava le punte di calcare che sembravano puntarlo con colpevolezza.
Chiuse piano gli occhi abbandonandosi alla quiete di quella grotta e alla sua umidità.
L’ennesimo ragazzino che finiva nella grinfie di una nava di schiavi...Banale.
A cosa era servito scappare da quegli schiavisti?
A cosa era servito sopravvivere nel Nuovo Mondo se poi bastava un naufragio a farlo fuori?
Ma lui non aveva nessuna intenzione di rimanerci secco...No, c’erano ancora delle cose che voleva fare.
Il mondo era popolato da persone interessanti, dentro quella che sarebbe diventata l’era del Re dei Pirati.
Pirati...Si, ce n’erano di uomini formidabili.
Gold Roger, quello che si stava facendo notare più di tutti, era un giovane uomo pieno di ambizione.
Il ragazzino socchiuse gli occhi.
Un altro...Era Barbabianca.
 
-No...Newgate...-sussurrò il giovane alla grotta, come se gli stesse confidando i suoi più oscuri segreti.
 
Per il mondo era Barbabianca, lui lo aveva visto molto da vicino in un’isola situata nella seconda metà della Rotta Maggiore.
L’uomo dai biondi capelli cenere lo aveva sorpreso a rubare in un locale e, quando le guardie chiesero all'uomo se avesse visto il ragazzo che stavano cercando...
 
-Mi dispiace, non ho visto nulla-
 
Il ragazzino sorrise a quel ricordo, sorrise quando da dietro il muretto ascoltò le imprecazioni della guardia a quell’affermazione.
L’uomo poi lo aveva salutato con un cenno della mano mentre gli dava le spalle, prima di sparire all’interno della sua nave, la MobyDick.
Si ricordava del nome del grande galeone perchè lo aveva letto sui giornali e, a dirla tutta, da allora si era sempre informato sulle avventure dell’uomo.
Avrebbe voluto rivederlo...
 
 
Un frusciare di acqua lo fece sussultare.
Gli sembrò di aver dormito per ore e i suoi occhi gli sembrarono molto più leggeri.
Afferrò il sasso con cui stava cercando di rompere la noce di cocco poco prima e rimase in silenzio, in posizione di difesa.
Aveva un ginocchio posato a terra e aspettava con impazienza che i suoi occhi si abituassero di nuovo al buio...Tempo che sembrava non arrivare mai.
Veniva dalla pozza d’acqua, sentiva come se qualcuno ci stesse giocando dentro.
I suoi occhi chiari iniziarono a vedere qualcosa e li strizzò con fatica:
due pozze nere come la pece puntate verso di lui, una cascata di capelli bianchi sparsi sulla terra della grotta, due lunghe braccia snelle che reggevano quella figura fuori dall’acqua e, alle sue spalle, una grande coda da drago marino.
Immediatamente il ragazzino si sollevò spaventato, sentendo il suono di un enorme serpente strisciare sulla terra.
Teneva gli occhi fissi su quella creatura, ora completamente visibile: la grande coda iniziava prima delle gambe, sostituendole, e arrivava fino alla pozza dell’acqua, scomparendo ingoiata dal buco oscuro.
Si stava...trascinando verso di lui?
Subito il ragazzino fu tentato di scappare fuori dalla grotta, ma il comportamento di quella creatura lo costrinse a rimanere immobile.
Aveva come l’impressione che, dando le spalle a quella cosa, sarebbe morto in meno di cinque secondi.
Rimasero fermi, a guardarsi.
Il corvino stringeva la pietra nelle mano tremante, peccato non fosse stata affilata come avrebbe voluto.
La cratura si trascinò ancora fuori dall’acqua senza staccare gli occhi completamente neri dal corpo del ragazzino, prudente.
La coda rimaneva nell’acqua...Era davvero lunga e ricoperta di squame azzurre e verdi.
La sua estremità finalmente uscì dall pozza: le due pinne finali avevano qualcosa di strano dato che quella destra era molto più lunga e ben messa della sinstra.
Le squame riflettevano la poca luce presente dall’entrata della grotta...In quel punto i grandi pini erano meno fitti e permettevano ai raggi di nutrire la vegetazione.
I lunghi capelli chiari a cascata scendevano oltre la schiena, arrivando alla metà della sua natura.
 
“è una sirena? No...Che diavolo è?” si chiese il ragazzino, muovendosi piano per allontanarsi quando la vedeva avanzare ma ben attento a non mostrare aperture.
 
Solo quando strizzò gli occhi ulteriormente riuscì a intravedere la pelle del colore del mare in tempesta, chiara come il cielo autunnale, come la nebbia.
Gli occhi neri come la pece, nessuna sclera bianca, semplicemente un abisso scuro.
Il petto era coperto da una pezza scura che le lasciava scoperta la pancia e la parte davanti della grande coda.
Strisciò fino ad arrivare dove il piccolo era seduto poco prima e inziò ad osservare le macchie di sangue e le noci di cocco.
 
“Un dragone marino? ” la osservava mentre con la mano accarezzava dove il ragazzino si era rilassato.
 
La creatura sollevò lo sguardo verso l’ospite, guardò la terra, poi ancora il ragazzo.
Il bruno osservò le noci di cocco scalfite lasciate incustodite proprio vicino a quella cosa, maledicendo il mondo intero.
La cratura allungò una mano verso i frutti.
 
-No, fermati-! urlò istintivamente il ragazzino.
 
Era l’unico cibo che aveva trovato e non aveva le forze per procurarsene dell’altro.
 
A causa del volume elevato della sua voce la creatura sembrò spaventarsi; agguantò entrambe le noci di cocco e saltò nel buco dell’acqua, schizzando ovunque quando anche la lunga coda ritoccò la superficie, inghiottendola.
 
-Maledizione-! urlò il ragazzino, buttandosi a sedere a terra e prendendosi la testa tra le mani. Sentì la sua voce rimbalzare per tutta la grotta.
 
-Merda...- sussurrò, rassegnandosi.
 
Improvvisamente qualcosa venne spedito fuori dalla pozza, attirando nuovamente l’attenzione e la paura del piccolo naufrago.
Due, tre, e quattro volte in totale qualcosa balzò fuori dal buco, atterrando sul terreno umido della caverna con dei rumori sparsi.
Il ragazzino subito osservò di nuovo la pozza, ma del mostro non vi era più traccia.
Si concentrò sui rumori, ispezionando la grotta con lo sguardo.
Camminò fino alla roccia calcarea più grande dove aveva sentito atterrare qualsiasi cosa fosse stato sputato fuori dal mare, e quello che vide lo confuse non poco.
 
Quattro parti di noci di cocco, due frutti tagliati perfettamente a metà.
 
Il ragazzino subito le mangiò avido, senza distogliere lo sguardo dalla pozza d’acqua che, nella sua mente, altro non rappresentava che un collegamento con il mondo dei demoni.
 
 
 



Angolo autrice
Salve, eccomi tornata per la seconda volta nel fandom di One Piece :D
Eh si, lui sarà il protagonista indiscusso di questa storia.
Vi ringrazio, a chi deciderà di accompagnarmi in questo viaggio, nel passato di un personaggio che Oda nemmeno si sogna di rivelare XD
Aggiornerò ogni sabato, a volte anche prima,
Alla prossima!
-Shinigami di fiori-
  
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