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Autore: Lamy_    15/09/2018    0 recensioni
Andy alle spalle ha un passato burrascoso, costellato da dipendeze e da un matrimonio finito, e davanti a sé ha un futuro incerto.
Ianira alle spalle ha un passato fatto di abbandoni, prima suo padre e poi il padre di suo figlio Damian, e davanti a sé ha un futuro ricco di speranze.
Che cosa succede quando l'incertezza di Andy incontra la speranza di Ianira?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andy Biersack, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2. DISCHI, DONNE, WISKHEY
 
Ianira stava scaldando il latte in un pentolino mentre sorseggiava già il terzo caffè della giornata. Non aveva dormito molto, zio Fred aveva accompagnato Damian e lo aveva messo a letto verso le undici e mezzo, però per lei il sonno non era sopraggiunto. Si era addormentata sul divano soltanto verso le cinque del mattino e alle nove si era già svegliata. Era il due settembre e il liceo era ancora in vacanza, perciò non aveva impegni. Aveva trascorso le ore insonni a preparare due torte: una per Damian e una per Andy. Riteneva quella torta un gesto di gratitudine nei confronti del suo vicino, un modo per ringraziarlo ancora una volta del suo aiuto. Lo aveva sentito uscire alle due del mattino e rientrare mezz’ora dopo con una busta. Doveva ammettere che, quando voleva, sapeva essere un’impicciona. E poi, non era mica un reato spiare di tanto in tanto il proprio vicino, che tra l’altro era un gran bel ragazzo. Non poteva negarlo: era rimasta colpita dalla bellezza di Andy, quel forte contrasto tra i capelli neri e gli occhi azzurri le aveva fatto un certo effetto. Inoltre, i numerosi tatuaggi sparsi sulle braccia, sulle dita e sul collo l’avevano attratta ancora di più. Scosse il capo, non poteva pensare ad un uomo dopo tutto quello che le era capitato. Non si fidava del genere maschile, eccetto di suo figlio. Non a caso avvertì due piedi correre in soggiorno e subito vide Damian fiondarsi da lei, così lo prese in braccio e gli schioccò un sonoro bacio sulla guancia.
“Buongiorno, pulce.”
“Ciao, mammina! Ho fame.”
“Vai a sederti da bravo, tra poco si fa colazione.”
Damian si sedette al tavolino rotondo vicino alla finestra e sistemò la tovaglia che la mamma aveva lasciato sulla sedia. Vivendo da soli, Ianira gli aveva insegnato molte cose, sebbene fosse ancora piccolo, perché era necessario che tutti collaborassero in casa. Il piccolo faceva tutto con educazione e volontà, era un bambino straordinario.
“Quella è per me?” domandò Damian, indicando una teglia sul forno.
“Sì, è per te. E’ quella al cocco, la tua preferita.”
Senza pensarci oltre, il bambino si munì di forchetta e piattino, in attesa che la mamma lo servisse. Ianira ridacchiò, quel bambino aveva uno stomaco troppo grande per la sua età. Quando il latte fu pronto, lo versò nella tazza di Batman e lo portò a tavola insieme alla torta. Damian iniziò a mangiare senza badare a nulla, spensierato come sempre. Ianira gettò un’occhiata fuori dalla finestra e per poco non si strozzò con la torta quando intravide Andy, in bagno, con un asciugamano in vita. Abbassò gli occhi e continuò a mangiare, anche se l’immagine del petto e dell’addome tatuati e tonici del giovane vicino l’avrebbe accompagnata per tutta la giornata. Frattanto, Damian aveva spazzolato la torta ed era tutto preso a svuotare la tazza di latte.
“Oggi andiamo a scuola, mammina?”
“No, pulce. L’asilo inizia tra due settimane. Oggi andiamo a fare la spesa e poi andiamo a trovare zio Fred al negozio di musica.”
“Posso avere un gelato?”
L’innocenza con cui il figlio le porse quella domanda la fece sorridere e gli accarezzò i ricci castani.
“Certo che puoi avere un gelato, a patto che tu faccia il bravo.”
“Spaziale!”
Ianira ancora non capiva per quale motivo Damian usasse la parola ‘spaziale’ per indicare stupore e felicità, forse l’aveva sentita in un cartone e ora la ripeteva ad oltranza.
“Andiamo a prepararci, pulce. Quei ricci hanno bisogno di una bel lavaggio!”
 
 
Andy si sciacquò la faccia un paio di volte, il suo cervello non voleva proprio svegliarsi. Aveva dormito poco, la testa gli faceva male e gli brontolava lo stomaco, ma in frigo non aveva nulla da mangiare. Tornò in camera e si vestì, indossando la polo rossa da lavoro, e si passò un filo di gel tra i capelli per tenerli abbastanza in ordine. Gli aveva tagliati solo due settimane prima, eppure erano già ricresciuti. Indossò le collane, l’orologio e l’anello di un teschio al dito medio della mano sinistra e una fascetta argentata all’indice destro, dopodiché si spruzzò qualche goccia di profumo. Mentre cercava il cellulare e le chiavi della macchina, vide la bottiglia di whiskey che era uscito a comprare nella notte. Era ancora sigillata e piena, non ne aveva bevuto nemmeno un goccio. Infatti, si sentiva uno straccio. Ricordò a se stesso il mantra che il suo terapista gli aveva insegnato: vivendo un giorno per volta; assaporando un momento per volta; accettando la difficoltà come sentiero per la pace. Lo ripeté finché i battiti del cuore non rallentarono, allora riaprì gli occhi e decise di nascondere la bottiglia nello sgabuzzino. Quando fu sul punto di uscire, sulla soglia per poco non sbatté contro qualcuno. Ianira e un bambino gli sorridevano a pochi centimetri. La ragazza indossava un semplice vestito azzurro a maniche corte e un paio di sandali bianchi, alle orecchie pendevano due piccole pietre blu.
“Ciao … ehm … ti serve qualcosa?”
“Oh, no, non mi serve nulla. Io e Damian – e qui fece cenno al bambino attaccato al vestito – siamo qui per ringraziarti per tutto l’aiuto di ieri. Sai, io non dormo quando cambio materasso, così stanotte mi sono messa a cucina e ti ho preparato una torta ai mirtilli e il caffè.”
Andy non poteva credere che Ianira fosse così gentile, non aveva mai conosciuto una persona tanto amabile. Le sorrise e accettò il cesto di vimini.
“Grazie per la torta, stavo giusto morendo di fame. Comunque, smettila di ringraziarmi, ma puoi tranquillamente prepararmi altri dolci!”
Ianira sorrise di rimando, era la prima volta che lo trovava più rilassato e disposto. Vide Andy abbassare la testa e seguì il suo sguardo cristallino: Damian contornava con il dito il logo di Batman sul suo braccio.
“Scusalo, è che Batman è il suo supereroe preferito. Andiamo, Damian, non infastidire il signore.”
“No – si precipitò a dire Andy – lascialo fare, è una sensazione piacevole.”
Intanto, curioso com’era, Damian stava già toccando tutti i tatuaggi che la sua bassa statura gli permetteva di raggiungere. Andy rimase sorpreso, era da tempo che nessuno gli dedicava una carezza tenera. Ianira lesse nei suoi occhi una profonda tristezza e in parte lo comprese, anche lei era stata triste a causa del padre di Damian.
“Sei colorato! Spaziale!” esclamò il piccolo tutto contento, tirando il braccio di Andy.
“Spaziale?” domandò allora il ragazzo a Ianira, che ridacchiò.
“Ripete quella parola quando qualcosa gli piace molto.”
“Oh, quindi io gli piaccio molto?”
Quella domanda la spiazzò, adesso alla tristezza si era aggiunta una lancinante solitudine.
“Certo che gli piaci! A lui piacciono solo le belle cose e le belle persone.”
Ad interrompere il loro gioco di sguardi fu Damian, che scrollò la mano della mamma per richiamarla.
“Andiamo sul carrello, mammina?”
“Sì, andiamo a fare la spesa. Scusa per il disturbo, Andy. Ti auguriamo buona giornata!” disse lei, sorridendogli.
“Buona giornata anche a voi.”
Prima che le porte dell’ascensore si chiudessero, la testa riccioluta di Damian spuntò per salutarlo con la manina.
“Ciao!”
Andy rise e ricambiò il saluto con la mano.
“Ciao, Damian!”
 
 
Il ‘Mermaid Chant’ era il negozio di musica più piccolo e il più famoso di Santa Monica. Nel centro della città, a pochi metri dal molo, il negozio si ergeva su un pontile e si affacciava sul parco divertimenti. Fred lo aveva acquistato all’età di venti anni e da allora lo aveva fatto crescere sino a vincere prestigiosi riconoscimenti. Da trentacinque anni era il pioniere della buona musica. Andy spense la sigaretta e si tolse gli occhiali da sole, il suo capo desiderava vederlo sempre in ordine. La cosa gli faceva venire da ridere perché, se c’era una cosa in disordine in quel negozio, era Andy stesso. Da lontano, appostati sul retro, vide i suoi colleghi Benjamin, Maya e Nolan, i quali stavano bevendo caffè e fumando. Quando si avvicinò, la ragazza dai capelli verdi gli fece un cenno con la testa.
“Alla buon’ora, Biersack. Sei addirittura in anticipo di cinque minuti!”
Era vero, Andy negli ultimi due mesi arrivava sempre in ritardo di mezzo’ora o di un’ora, ma non dormiva e il suo malumore andava limato prima di incontrare gente.
“Pensa agli affari tuoi, Maya. Campi cento anni!” scherzò lui, poi le diede un rapido bacio sulla guancia e si appoggiò alla ringhiera. Le rubò di mano la sigaretta e la fumò tutta.
“Oggi arriva il nuovo capo, che seccatura.” Disse Nolan, spaparanzato sul materasso ad acqua che avevano comprato per i momenti di riposo. Fred doveva sottoporsi ad un intervento al ginocchio l’indomani e aveva lasciato la gestione temporanea del negozio a sua nipote. Di lei, però, non sapevano un granché.
“Come può essere una seccatura se non la conosci?” chiese Benjamin, gli occhiali sulla punta del naso e le mani in tasca. Nolan gli lanciò un’occhiata di sbieco e fece ricadere la testa sulla superficie molliccia del materasso.
“La conosco. So che è una donna, che ha un figlio, e che è abbastanza bruttina. Ho visto una sua foto e ha l’aria di essere una che se la tira.”
“Lei ha sempre parole così cortesi per gli altri?”
Il quartetto fu sorpreso dalla voce di una donna e si voltò verso di lei. Andy rimase pietrificato: Ianira era lì, a pochi passi da lui. Era stata lei a parlare. Nolan si tirò su e si grattò il collo in imbarazzo, aveva offeso il capo e già prevedeva una ramanzina.
“Mi perdoni. Sono un idiota.”
“Oh, non metto in dubbio che lei sia un idiota. Non è carino da parte sua giudicare qualcuno senza conoscerlo e sulla base del suo aspetto fisico. Io sarò anche brutta fuori, ma lei è brutto dentro, il che è peggio.”
La severità di Ianira zittì tutti. Andy si meravigliò di quel suo atteggiamento risoluto, quando un’ora prima era stata tanto accorta con lui. Però aveva ragione, l’aspetto fisico non è un parametro di giudizio valido. Maya spezzò la tensione quando tese la mano verso Ianira, che la strinse con un sorriso appena accennato.
“Piacere, sono Maya Rivers.”
“Io sono Ianira Lewis. Come avrete capito, sono la nipote di Fred e lo sostituirò fino al suo ritorno. Ci aspettano tre settimane di collaborazione e, mi auguro, di rispettosa convivenza.”
“Io sono Benjamin, e loro sono Andy e Nolan.” Intervenne un ragazzo paffuto, con la barba bionda e occhiali spessi. Ianira gli strinse la mano, poi fece lo stesso con Andy, fingendo di non conoscerlo, e infine si rifiutò di stringere quella di Nolan.
“Bene, direi di metterci al lavoro. Ho molto da imparare!”
Il gruppo rientrò in negozio, Nolan con la coda tra le gambe, mentre Andy tenne la porta aperta per far entrare Ianira.
“Tu sei la nipote di Fred? Incredibile.”
“Stamattina non ho fatto caso alla tua camicia e al logo stampato sopra, altrimenti te lo avrei detto.”
Gli occhi azzurri del ragazzo si spostarono sul pavimento, era strano il rapporto che si stava creando tra di loro. Ianira sospirò, forse delusa dal suo silenzio. Andy si morse le labbra e tornò a guardarla, era illuminata dai raggi del sole e sembrava quasi un’allucinazione. E sarebbe potuta esserlo, se si fosse scolato quella bottiglia di whiskey a cui, invece, aveva resistito.
“Non ti preoccupare. Mi fa piacere lavorare con te, almeno non dovrò sopportare Nolan da solo.”
“Allora andiamo a lavorare, collega.”
“Dov’è Damian?” le domandò, mentre si chiudeva la porta alle spalle. Ianira lo seguì dentro il negozio, fino all’ufficio di Fred, dove entrò e lasciò la borsa sulla scrivania.
“L’ho lasciato con zio Fred e Serge, lo aiuta a tenere il morale alto e non pensare troppo all’operazione.”
Andy inarcò il sopracciglio e storse le labbra.
“Chi è Serge?”
Ianira lo guardò allibita e poi scoppiò a ridere, sedendosi sulla comoda poltrona nera.
“Serge è lo storico fidanzato francese di Fred! Non lo sapevi?”
“Che tuo zio è gay ed ha un fidanzato? No, ovviamente non lo sapevo!”
La reazione esagerata del ragazzo la fece ridacchiare.
“Stanno insieme da venticinque anni. Serge abita un po’ a Parigi e un po’ qui. E’ uno chef, perciò viaggia molto.”
“Ricapitolando: Fred è gay e ha un fidanzato francese, tu sei sua nipote, sei la mia vicina  e adesso sei anche il mio capo. E io che credevo che Santa Monica fosse una città monotona!”
Ianira sorrise e si portò una mano sulla fronte, era una situazione assurda. Andy, contro lo stipite della porta, ridacchiava, una ciocca gli cadde davanti agli occhi e si passò una mano tra i capelli per tirarli indietro.
“Chissà che altro ci riserva il futuro, Andy.”
“Lo scopriremo, miss Lewis.”
 
 
Ianira era esausta. Erano le cinque del pomeriggio e la giornata lavorativa non era ancora finita, ma lei non credeva di poter resistere altre due ore. Fred l’aveva lasciata ad occuparsi di tutte le forniture e delle bollette da pagare, inoltre doveva mettere in regola l’assicurazione sanitaria dei dipendenti. Dopo quella chiacchierata con Andy, si era chiusa nel suo ufficio e aveva lavorato senza sosta, eccetto per la chiamata con suo zio e con Damian. Al negozio erano arrivate almeno duecento persone in poche ore e lei ne fu compiaciuta, Fred non smentiva mai la sua bravura. Qualcuno bussò alla porta e fu l’occasione per staccare la spina per qualche istante.
“Avanti.”
La testa verde di Maya sbucò dalla porta con espressione preoccupata.
“Mi dispiace disturbare, ma in sala abbiamo bisogno di lei. C’è un problema con una cliente.”
“Grandioso.” Borbottò Ianira, si alzò e si fece accompagnare nella sala principale, quella dedicata ai vinili. Un gruppo di persone accerchiava una ragazza lacrime, Nolan e Andy. Ianira si fece spazio e raggiunse il fulcro della vicenda.
“Buongiorno. Sono la responsabile del negozio. Che sta succedendo?”
“Lui mi ha molestata!”
Intercettando lo sguardo della giovane, capì che l’accusato era Nolan. Andy, al suo fianco, se ne stava immobile come una statua.
“Venite nel mio ufficio e ne parliamo meglio. Andy, vieni anche tu!”
Benjamin e Maya confortarono la clientela che il dilemma si sarebbe risolto e invitò i presenti a proseguire con tutta calma. Quando Ianira fece accomodare la vittima lontana dai due ragazzi, si sedette accanto a lei e le diede un bicchiere d’acqua. La ragazza singhiozzava ancora.
“Raccontami com’è andata. Come ti ha molestata?”
“Io stavo sfogliando i vinili quando si è avvicinato per darmi una mano. Ho accettato, ma le cose sono degenerate quando ha cominciato a fare apprezzamenti troppo spinti sul mio fisico. Ho cercato di allontanarmi e di uscire, però lui mi ha afferrata per il polso. L’altro, quello con i tatuaggi, è intervenuto per aiutarmi.”
Ianira in cuor suo fu sollevata nel sapere che Andy non era coinvolto, ma era soprattutto disgustata dall’accaduto.
“Mi dispiace per quello che ti è capitato. Me ne prendo la colpa in prima persona e provvederò a risarcirti nel migliore dei modi, ma ciò non cancella l’offesa che hai subito. Da donna posso capire come ti senti. Chiama pure la tua famiglia e lascia che ne parlino con me.”
La ragazza annuì e uscì in corridoio per chiamare la madre.
“Io …” tentò di dire nolan ma Ianira sollevò il palmo per metterlo a tacere.
“Sei licenziato, questo è ovvio. Ti avverto che ti denuncerò alla polizia come molestatore e finirà sulla tua fedina penale.”
“Non può denunciarmi! Le ho solo detto che ha un bel culo! Non mi sembra un crimine!”
Nolan si gettò in avanti e Andy gli mise una mano sul petto per impedirgli di muovere un altro passo verso la donna.
“Datti una calmata, Nolan. La ragazza chiaramente era offesa dai tuoi commenti, eppure tu hai continuato fino a farla piangere. Te la meriti la denuncia.”
Ianira non staccò gli occhi di dosso a Nolan, guardandolo come se gli trivellasse la coscienza putrida che assecondava ogni suo gesto.
“Andy, per favore, accompagnalo fuori dal negozio con discrezione.”
Andy non disse una parola, si limitò ad afferrare il braccio del collega e a spingerlo fuori dalla stanza. Nolan, una volta fuori, si scrollò le sue mani di dosso e si sistemò la camicia sgualcita.
“Avresti dovuto difendermi con quella stronza che mi accusava! Sei un amico del cazzo, Biersack!”
“Per la miseria, smettila di urlare! Come ti posso difendere quando le accuse sono vere?”
“Fanculo a te, a lei, e a tutto questo cazzo di negozio!” strillò Nolan, mentre si incamminava con rabbia verso l’uscita sul retro.
“Che tranquilla giornata di lavoro!” esordì Benjamin alle sue spalle, e Andy gli riservò un’occhiataccia.
“Torniamo dentro, dai.”
 
 
“Mamma, posso accendere la TV?”
Ianira ispezionò il piatto di Damian per accertarsi che avesse mangiato, allora gli sorrise.
“Vai pure, pulce.”
Mise le stoviglie nel lavandino colmo d’acqua e iniziò a sciacquarle con calma. Aveva avuto una giornata infernale tra l’essere la nuova arrivata ed essere quella che denuncia un dipendente. I genitori della ragazza aggredita avevano solo chiesto di fare più attenzione in quanto erano molte le ragazze che trascorrevano ore intere in quel negozio, al che Ianira aveva promesso loro che sarebbe stata più vigile. Dopo la chiusura si era recata dalla polizia per sporgere denuncia e aveva atteso un’ora, poi era andata dall’altro capo della città per prelevare Damian da zio Fred. Era esausta e non vedeva l’ora di mettersi a letto. Mentre si accingeva ad asciugare le prime posate, suonò il campanello. Aperta la porta, non si stupì che fosse Andy. Aveva i capelli umidi e profumava di menta, doveva essere uscito dalla doccia pochi minuti prima.
“Ciao, Andy. Che ci fai alla mia porta?”
“Volevo chiederti se hai davvero sporto la denuncia. Sai, poco fa mi ha chiamato Nolan per dissuaderti.”
Ianira guardò Damian sdraiato sul divano a canticchiare la sigla di un cartone e chiuse la porta alle sue spalle, restando in corridoio con il suo vicino.
“L’ho denunciato senza perdere tempo. La polizia mi ha detto che Nolan ha diversi precedenti per guida in stato di ebbrezza e per disturbo della quiete pubblica.”
Andy irrigidì la mascella e si mise le mani in tasca, aveva lo sguardo colpevole.
“Quindi tu sai …”
“Sì, lo so. So che anche tu fai abuso di alcol, il tuo nome compare insieme a quello di Nolan in alcuni verbali.”
“Io ho smesso di bere.” Si difese il ragazzo ma Ianira fu irremovibile. Era ferma come quando aveva licenziato Nolan.
“Ascolta, Andy, a me non interessa la vita dei miei dipendenti fuori dal negozio. Non voglio e non devo immischiarmi nei tuoi affari. La vita è tua e sei tu a decidere come spenderla, a me non devi dare spiegazioni. Spero solo che i tuoi problemi non intacchino il negozio.”
Andy si morse la guancia dall’interno, si sentiva gettato via come un sacco della spazzatura. Se Ianira gli era sembrata la gentilezza in persona il giorno prima, adesso gli sembrava la moralità in persona.
“Ho recepito il messaggio. Niente casini.”
“Già, niente casini. Adesso devo rientrare. Buonanotte.”
Prima che Andy potesse rispondere, la porta si chiuse, lasciandolo allibito per qualche istante.
 
 
Eccolo, di nuovo, seduto, la bottiglia di whiskey ad un palmo dal naso. La fissava nella speranza di resistere. Doveva farlo. Avrebbe potuto berne un solo goccio e scaricarla nel water. No. Non poteva. Non doveva. Poteva resistere. Sì, poteva farcela. Dopo la riabilitazione aveva smesso del tutto, ma poi i problemi lo avevano soffocato tutti insieme e lui si era soltanto consolato come meglio sapeva fare. Udiva le risate di Ianira e Damian provenire dal soggiorno, erano forti e gioiose. Lui, invece, sedeva al buio di fronte ad un vecchio nemico. Gli venne in mente la risata di Jennifer, amava farla ridere per quelle rughe che le si formavano intorno agli occhi. Amava Jennifer e basta. Erano stati insieme per sei anni, era stata la sua prima ragazza seria ed era stata l’amore della sua vita. Tutte cose successe una vita fa, una vita decisamente migliore. Il pensiero di Jennifer quasi lo obbligava a stappare quella bottiglia e a berla a grandi sorsate. No. Non poteva. Lo aveva promesso a sua madre, aveva promesso di smetterla con quella merda che gli aveva rovinato la vita e che lo aveva quasi ucciso in più occasioni. Si accese una sigaretta, doveva placare la mente e sfogare i nervi. Ianira gli aveva riservato lo stesso sguardo deluso che sua madre gli aveva rivolto quando, tornato dall’ennesima sbronza, era crollato al suolo. Gli vennero gli occhi lucidi, sua madre lo credeva felice e sobrio a Santa Monica, e in realtà era spesso triste e brillo. Si alzò, tirò fuori dal frigo la torta di Ianira e andò a letto a mangiarla. Era soffice e squisita. Una forchettata seguì l’altra fino a quando non restarono solo le briciole. A stomaco pieno, non ci pensava più a bere. Prese il whiskey e lo fece scorrere nel water, dopodiché lo scaricò. Buttò la bottiglia e spalancò la finestra per liberarsi del pregnante odore di alcol nel soggiorno. Fumò una, due, tre, sette sigarette. A bassa voce recitò il mantra che da anni lo aiutava a restare concentrato: che io possa essere ragionevolmente felice in questa vita.
 
 
 
Salve a tutti! :)
Ecco che la storia e i personaggi iniziano a delinearsi.
Chissà che succederà tra Andy e Ianira.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

 
  
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